Corte d'Appello Roma, sentenza 12/09/2024, n. 2899

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Roma, sentenza 12/09/2024, n. 2899
Giurisdizione : Corte d'Appello Roma
Numero : 2899
Data del deposito : 12 settembre 2024

Testo completo

16
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
IV SEZIONE LAVORO
La Corte, composta dai signori magistrati:
- dott. Glauco Zaccardi Presidente rel.
- dott. Isabella Parolari Consigliere
- dott. Sara Foderaro Consigliere all'udienza del 10/09/2024 ha pronunciato la presente
SENTENZA nella causa iscritta al n. 268/2022 R.G. vertente
TRA
SI RI parte rappresentata e difesa dall'Avv. MURINEDDU FEDERICA
APPELLANTE
E
INPS parte rappresentata e difesa dall'Avv. SCARLATO PAOLA
APPELLATO
avente ad oggetto: appello avverso la sentenza 10081/2021 del Tribunale di Roma, pubblicata
l'1.12.2021


P.Q.M

.

Rigetta l'appello. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Pone il compenso della c.t.u., liquidato con separato provvedimento, definitivamente a carico delle parti in solido, giusta metà.
Roma, lì 10/09/2024
Il Presidente
Dr. Glauco Zaccardi


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 4.6.202, SI IC, premesso di aver presentato domanda di pensione di anzianità in data 28.6.2011, accolta dall'Inps, con provvedimento avente decorrenza 1 luglio 2011, ha dedotto di avere chiesto il 24.10.2017 la ricostituzione della pensione di anzianità per errata e/o parziale applicazione dell'art.4, comma 8, D.lgs.181/1997 e per mancato conteggio di una parte della contribuzione versata e/o accreditata risultante dall'estratto contributivo.
Ciò premesso, il ricorrente attuale appellante ha concluso domandando:
- di accertare e dichiarare l'illegittimità dei provvedimenti INPS di liquidazione della pensione;
di dichiarare che il numero di contributi della quota B era pari a 4028;

- di accertare che gli importi della quota B dovevano essere calcolati utilizzando tutti i contributi di cui sopra e che la quota B di tutti i supplementi doveva essere calcolata utilizzando come base di calcolo la media effettiva delle retribuzioni del periodo ridotte al limite della retribuzione imponibile ai fini previdenziali pari a lire 1000.000 rivalutate secondo indici Istat;

- di condannare, conseguentemente, il resistente odierno appellato al pagamento delle maggiori somme dovute a titolo di liquidazione della Quota B della pensione, spettante in misura di euro 2.455,80 mensili, anziché in euro 1.194,14, come liquidate dall'INPS.
Si è costituito in giudizio l'Inps, sollevando eccezione di decadenza dall'azione ai sensi dell'art. 47 del d.lgs. 639/1970, la prescrizione dei crediti azionati dal ricorrente attuale appellante e, nel merito, chiedendo il rigetto della domanda poiché infondata.
Con la sentenza indicata in oggetto il Tribunale di Roma ha accolto l'eccezione di decadenza formulata dal resistente odierno appellato, osservando come, a fronte di una liquidazione della pensione avvenuta in data 27.10.2011, la domanda giudiziale era stata proposta solo con atto depositato il 4.6.2020, quindi ben oltre il termine triennale di cui all'art. 47 del d.lgs. 639/1970
Avverso tale decisione ha proposto appello SI IC, censurando la decisione gravata per violazione e falsa applicazione del citato art. 47, dovendosi intendere la decadenza come mobile e non “tombale” e riproponendo nel merito le conclusioni già sottoposte al primo giudice e da questi non esaminate.
Al riguardo, pur prendendo atto della sentenza della Corte di Cassazione n. 36056/2022 intervenuta nelle more del giudizio, ha chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 8, del D.lgs. n. 182/1997 per violazione dell'art. 76 Cost.
Si è costituito l'INPS, richiamando il principio “pro rata temporis” delle leggi in materia succedutesi nel tempo e recepito anche dalle circolari Inps e la sentenza della Corte Cost. n. 202/2008 in materia.
Ha sostenuto l'Inps, in particolare, che anche per il calcolo della quota B di pensione resta fermo il limite del tetto massimo delle £ 315.000, rivalutato ai sensi dell'art. 1, comma 10, del D.lgs. n.
182/1997
, atteso che il suddetto art. 1 ha innalzato il limite massimo dell'art. 12, comma 7, del D.P.R.
n. 1420/1971 e che l'art. 4, comma 8, del D.lgs. n. 182/1997 rinvia all'art. 12 del D.lgs. n. 502/1992.
Ha, quindi, concluso chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
Con ordinanza del 23.1.2024, tenuto conto della contestazione in ordine all'esatto numero di contributi da riconoscere all'appellante per la Quota B, è stata disposta consulenza tecnica di ufficio contabile;
l'ausiliario nominato dalla Corte ha depositato tempestivamente il proprio elaborato.
All'esito della discussione orale e della successiva camera di consiglio, la causa è stata decisa come da dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello non può essere accolto.
Coglie nel segno la censura di violazione e falsa applicazione dell'art. 47 del d.lgs. 639/1970, per avere il Tribunale applicato la decadenza da tale norma prevista a tutti i ratei maturati sin dalla liquidazione e non solo a quelli precedenti il triennio antecedente la proposizione del ricorso giurisdizionale.
Sul punto, secondo l'indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione, alla quale questa Corte territoriale ritiene di aderire, richiamato dall'appellante (Cassazione, ordinanza 17430/2021), in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza triennale di cui all'art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall'art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif., dalla l. n. 111 del 2011, si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale.
Deve, quindi, essere esaminato il merito della domanda riproposta con l'appello.
Va premesso che, a seguito dell'entrata in vigore del D.lgs. n. 503/1992, il trattamento pensionistico spettante a coloro che, come la parte appellata, siano iscritti alla Gestione speciale del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo (istituita presso l'Inps a seguito della soppressione dell'ENPALS in virtù del D.L. n. 201/2011, art. 21, conv. con L. n. 214/2011), si compone di una "quota A" e di una "quota
B", nei termini delineati dall'art. 13 del D.lgs. n. 503/1992, secondo cui: la "quota A" corrisponde
"all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1 gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile"
(D.lgs. n. 503/1992, art. 13, lett. a));
la "quota B" corrisponde invece "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1 gennaio 1993", che viene liquidato secondo i più restrittivi criteri previsti dal D.lgs. n. 503/1992 quanto all'età pensionabile, ai requisiti contributivi minimi, alla retribuzione media pensionabile (art. 13, lett. b), D.lgs. cit.).
Ciò premesso, la materia del contendere concerne la determinazione della "quota B", corrispondente agli anni di anzianità contributiva successivi al 1 gennaio 1993, e, in particolare, se debba permanere anche per la "quota B" il limite della retribuzione giornaliera pensionabile di cui al D.P.R. n.
1420/1971, art. 12, comma 7.
L'appellante deduce, in buona sostanza, che, non contenendo l'art. 4, comma 8, del D.lgs. n. 182/1997 alcun richiamo al limite massimo di cui all'art. 12, comma 7, del D.P.R. 1420/1971, ma prevedendo piuttosto un rinvio al diverso limite della retribuzione annua pensionabile valevole per l'a.g.o.
(ancorché con l'adozione di un diverso criterio di determinazione della retribuzione giornaliera pensionabile ai fini dell'applicazione dell'aliquota di rendimento del 2% e con la precisazione che le quote di retribuzione giornaliera pensionabile superiori a tale limite sarebbero state computate secondo le aliquote di rendimento decrescenti previste dal D.lgs. n. 503 del 1992, art. 12), la quota B della pensione non potesse esser calcolata adottando il precedente limite di retribuzione giornaliera pensionabile fissato in L. 315.000 e soggetto a rivalutazione annuale.
Sulla questione si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 36056 del
9.12.2022, alla quale hanno fatto seguito numerose pronunce dello stesso segno (Cass. n. 36641/2022,
n. 36644/2022, n. 36646/2022, n. 36945/2022, n. 36946/2022, n. 36947/2022, n. 37043/2022, n.
3801672022, n. 38017/2022, n. 38018/2022, n. 867/2023, n. 868/2023, n. 869/2023, n. 870/2023, n.
1773/2023, n. 1774/2023, n. 1775/2023), che, a confutazione della tesi sostenuta costantemente da questa Corte territoriale sul punto, ha chiarito che: “molteplici e concordanti sono gli indici, di carattere tanto letterale quanto sistematico, che confermano la perdurante operatività del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile anche per la quota B della pensione”.
Queste in dettaglio le argomentazioni della S.C.:
8.- In chiave ricostruttiva, occorre ponderare, in primo luogo, la mancanza di un'abrogazione espressa.
Il massimale di cui al D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, è rimasto inalterato nell'avvicendarsi delle riforme del sistema previdenziale, che hanno investito anche il settore dei lavoratori dello spettacolo.
Tale limite, che si correla in linea generale a "una politica di contenimento della spesa pubblica" e alle esigenze di "risanamento delle gestioni previdenziali" (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del
1986, punto 10 del Considerato in diritto), è l'espressione di una scelta discrezionale del legislatore e costituisce il punto di equilibrio tra i contrapposti interessi.
Con riguardo alla disciplina dei lavoratori dello spettacolo, la Corte costituzionale ha riconosciuto che compete al legislatore la facoltà di individuare come base di calcolo della pensione una misura della retribuzione, inferiore a quella effettivamente percepita dal lavoratore (sentenza n. 202
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