Corte d'Appello Palermo, sentenza 27/05/2024, n. 306
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
CORTE D'APPELLO DI PALERMO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d'Appello di Palermo, sezione per le controversie di lavoro, previdenza e assistenza, composta dai signori magistrati:
1) dott. M G D M Presidente
2) dott. M D M Consigliere
3) dott. C A Consigliere relatore
Riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile iscritta al n° 442 R. G. anno 2022 promossa in grado di appello
DA
, in persona del legale rappresentante pro tempore, Parte_1 rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo presso i cui uffici siti in via V. Villareale n. 6, domicilia per legge.
Appellante
CONTRO
, elettivamente domiciliata in Palermo Controparte_1 nella via Mariano Stabile n. 139, presso lo studio dell'avv. A C, che la rappresenta e difende.
Appellata
Controparte_2
Appellato non costituito
All'udienza di discussione dell'11 aprile 2024 i procuratori delle parti hanno concluso come dai rispettivi atti difensivi.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso, depositato il 18 luglio 2018 innanzi il Tribunale G.L. di
Palermo, avendo premesso di avere lavorato alle Controparte_1 dipendenze dell sino al 31.12.2014, data in cui era stata posta Parte_1 in quiescenza, deduceva che, a seguito dell'apertura di un procedimento penale a suo carico e della sottoposizione della stessa, in data 9.5.2008, alla misura degli arresti domiciliari, era stata sospesa d'ufficio dal servizio con privazione della retribuzione
1
ed era stato contestualmente avviato nei suoi confronti, da parte della Parte_1
, il procedimento disciplinare.
[...]
Deduceva, inoltre, che a seguito della revoca - disposta in data 15/9/2008, con
Ordinanza dell'Ufficio del Giudice per le indagini preliminari - della misura cautelare degli arresti domiciliari, la aveva a sua volta revocato la Controparte_3 sospensione d'ufficio, provvedendo poi, una volta archiviato il procedimento penale, all'archiviazione del procedimento disciplinare. Lamentava di non avere ottenuto, nonostante l'esito del procedimento penale, la restituzione delle somme trattenute in conseguenza del provvedimento di sospensione cautelare (ossia il conguaglio tra le somme percepite a titolo di indennità alimentare e la retribuzione spettante) e domandava “Ritenere e dichiarare che la sig.ra ha diritto alle differenze Controparte_1 retributive sopra specificate per un ammontare complessivo pari ad € 9317,15 al lordo delle ritenute;
in subordine, ritenere e dichiarare che la sig.ra
[...]
ha diritto al pagamento della somma di € 9.317,15 a titolo di Controparte_1 risarcimento danni, a titolo di danno emergente e lucro cessante, ovvero ancora in estremo subordine a titolo di responsabilità extracontrattuale”.
Sosteneva, inoltre, che non essendo stata accertata alcuna responsabilità disciplinare nei suoi confronti, da parte del datore di lavoro - che non aveva attivato alcun procedimento in tal senso - il diritto alla restitutio dipendesse dall'esito del procedimento penale che era stato archiviato.
Si costituiva in giudizio il convenuto, eccependo il proprio difetto di CP_2 legittimazione passiva, e contestando nel merito le domande attoree, di cui chiedeva il rigetto.
Si costituiva in giudizio anche l , chiedendo il rigetto Parte_1 delle pretese attoree, sostenendo l'infondatezza del ricorso, dal momento che la sospensione dal servizio era stata determinata dalla privazione della libertà personale della sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari e che il CP_1 rivendicato conguaglio era, in tale ipotesi, subordinato alla pronuncia di sentenza definitiva di assoluzione o di proscioglimento, ipotesi difformi dal caso in esame.
Con sentenza n. 4033/2021, emessa in data 29 ottobre 2021, il Tribunale, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del , accoglieva il ricorso e CP_2 condannava l al pagamento in favore della ricorrente della Parte_1 somma di € 9.317,15, pari alle differenze retributive fra quanto percepito durante il periodo di sospensione cautelare e quanto avrebbe percepito ove fosse rimasta in servizio, oltre interessi come per legge.
2
Richiamato il contenuto della normativa del CCNL di comparto 2002 -
2005, come modificato dal Ccnl relativo al personale del comparto delle
Agenzia Fiscali per il quadriennio 2006-2009 (art.70 c.1), valutava che “Dalla normativa succitata emerge come nei casi di sospensione d'ufficio, che deve essere disposta dal datore per la durata della restrizione della libertà personale, la restitutio in integrum è ammessa nei soli casi di sentenza definitiva di assoluzione o proscioglimento”, giungendo alla conclusione che anche nel caso in esame, sebbene l'ipotesi di archiviazione del procedimento penale non rientri tra le ipotesi di restitutio contemplate dalla contrattazione collettiva, sia applicabile il sopra citato comma 8 dell'art. 70 del C.C.N.L., sulla scorta di una interpretazione estensiva.
Riteneva, in base ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, che per le ipotesi non espressamente contemplate dalla contrattazione collettiva- come avviene nel caso in esame ove non è considerata l'ipotesi di archiviazione del procedimento penale, in fase addirittura di indagini preliminare, con la formula “per non essere stata acquisita la prova della colpevolezza degli indagati per i reati per cui si procede”- debba rinvenirsi la soluzione alla luce sia del dato normativo e dell'interpretazione sistematica dello stesso, sia del dato fattuale rappresentato dalla valutazione operata dall'amministrazione con riguardo alla condotta del dipendente;
che nella specie, considerato che il procedimento penale si è arrestato alla fase delle indagini, venendo archiviato per assenza di prova circa la colpevolezza della , CP_1
e che a ciò ha fatto seguito la mancata irrogazione di qualsivoglia sanzione disciplinare, stante l'avvenuta archiviazione del relativo procedimento, deve ritenersi che spetti alla ricorrente il conguaglio di cui
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