Corte d'Appello Roma, sentenza 08/04/2024, n. 736

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Roma, sentenza 08/04/2024, n. 736
Giurisdizione : Corte d'Appello Roma
Numero : 736
Data del deposito : 8 aprile 2024

Testo completo


REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI ROMA
III SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA composta da dr. Stefano Scarafoni Presidente rel. dr.ssa Maria Gabriella Marrocco Consigliere dr. Vincenzo Turco Consigliere
all'udienza di discussione del 21 febbraio 2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella controversia in grado di appello iscritta al n. 1078/2021 del Ruolo generale
Civile – Lavoro e Previdenza
TRA rappresentato e difeso dall'avv. Francesca Bufalini Parte_1 ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Viterbo, Via Vicenza 78;

APPELLANTE
E rappresentata e difesa dall'avv. Gian Luca Pinto ed Controparte_1 elettivamente domiciliata presso il suo studio in Firenze, Via Bonifacio Lupi 14;

APPELLATA
OGGETTO: appello avverso sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di
Viterbo n. 63/2021, pubblicata in data 11 febbraio 2021, non notificata.
CONCLUSIONI APPELLANTE: Piaccia alla Corte d'Appello adita riformare l'impugnata sentenza e per l'effetto:
Accertare e dichiarare il diritto del ricorrente al c.d. tempo tuta e all'indennità di cassa dall'assunzione ad oggi e, per l'effetto, condannare la al Controparte_2 pagamento in favore del ricorrente delle somme spettanti allo stesso per indennità di cassa, pari al 5% della paga base, e a titolo di tempo tuta da determinarsi a seguito di
CTU contabile e/o consulente del lavoro, o quelle somme maggiori o minori ritenute eque e di giustizia, oltre interessi dalla maturazione del diritto al saldo effettivo.
Con vittoria di spese e compensi come per legge oltre rimborso forfettario del doppio grado di giudizio, da distrarsi a favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario.
CONCLUSIONI APPELLATA: così come rappresentata e Controparte_1 difesa, chiede che la Corte di Appello di Roma, Sezione Lavoro, accolga le seguenti conclusioni:
Confermi la sentenza del Tribunale di Viterbo, Sezione Lavoro, n. 63/2021 pubblicata l'11.02.2021 e non notificata, respingendo il ricorso in appello proposto da con atto notificato in data 01.05.2021 per infondatezza in Parte_1 fatto e in diritto di tutte le domande proposte dall' appellante, con vittoria di spese del grado di appello.
Fatto e diritto

1. ricorre, in data 16 gennaio 2020, al giudice del lavoro del Parte_1
Tribunale di Viterbo allegando di essere stato assunto dal 22 gennaio 2008 dalla convenuta in qualità di farmacista addetto Controparte_3 alla vendita di farmaci non soggetti a prescrizione medica, inquadrato al livello 3° C del cooperativa e successivamente, dal 20 luglio 2012, sempre Organizzazione_1 al livello 3° par. 180 del medesimo CCNL.
Allega di svolgere la propria attività all'interno dell'ipermercato, nell'apposito reparto di parafarmacia destinato alla vendita dei farmaci da banco, separato e distinto rispetto al resto del negozio.
Rappresenta che la propria attività consiste nel provvedere alla sistemazione e al riordino degli scaffali, nel provvedere agli ordinativi dei medicinali e degli altri prodotti sanitari, nella gestione dell'inventario dei prodotti, nel monitoraggio delle scorte e delle scadenze, ma, soprattutto, nella vendita dei medicinali, con correlata gestione del denaro ricevuto dai clienti.
Deduce che l'attività sopra descritta coinvolge il maneggio del denaro, sicché ha diritto all'indennità di cassa prevista dall'articolo 188 del CCNL per il lavoratore che svolge attività di cassiere.
Allega, inoltre, che in qualità di farmacista è obbligato ad indossare il camice per tutta la durata dell'attività lavorativa, ciò non solo per un obbligo di natura deontologica, ma perché espressamente previsto dal Decreto del Ministero della
Salute del 9 marzo 2012 e dalle disposizioni aziendali.
Allega che la società convenuta ha dotato i propri store di un dispositivo marcatempo per regolare la durata dell'attività lavorativa dei propri dipendenti ed ha predisposto alcuni spogliatoi, con armadietti personali, nei quali i lavoratori possono munirsi
2
dell'abbigliamento lavorativo imposto dalla direzione del personale e dalle normative contrattuali specifiche di ciascun dipendente.
Deduce, quindi, di avere diritto alla retribuzione del tempo impiegato per il cambio della divisa da lavoro.
Conclude, quindi, chiedendo che sia accertato e dichiarato il suo diritto al c.d. “tempo tuta” ed all'indennità di cassa dall'assunzione alla data della domanda e, per l'effetto, che la società convenuta sia condannata al pagamento delle somme a lui spettanti a titolo di indennità di cassa, pari al 5% della paga base, ed a titolo di “tempo tuta” da determinare a seguito di c.t.u. contabile, oltre gli accessori di legge.

2.Si costituisce che osserva che l'articolo 188 del CCNL prevede, quali CP_1 presupposti per il pagamento dell'indennità di cassa, la continuità della prestazione e la responsabilità in relazione agli ammanchi.
Evidenzia che in virtù dell'Accordo integrativo aziendale del 1999, che ha abolito la responsabilità di cassa, i dipendenti del , in caso di Organizzazione_2 ammanchi e/o differenze cassa, non devono restituire alcun tipo di somma legata alla differenza.
Il lavoratore responsabile della differenza cassa subisce una sanzione disciplinare compresa tra un biasimo scritto e una sospensione, senza mai prevedere la restituzione del denaro.
Evidenzia che il ricorrente, dal 2014, ha ricevuto due lettere di contestazione per differenza cassa (una per € 29,78, l'altra per € 31,65) per le quali sono state previsti come provvedimenti due biasimi scritti, di cui solo uno applicato, senza operare trattenuta alcuna di somme di denaro al fine di ripristinare l'ammanco generato.
Quanto al c.d. “tempo tuta”, rileva che l'articolo 22 del Regolamento Aziendale per i Lavoratori delle Società del , di cui era stata consegnata Organizzazione_2 copia al ricorrente, prescrive che all'orario stabilito, “il lavoratore si deve trovare al proprio posto di lavoro con indosso la divisa e gli altri indumenti di lavoro, laddove siano previsti”. Il Regolamento, quindi, non fa menzione del luogo in cui i dipendenti devono indossare la divisa, essendo consentito a ciascun lavoratore di indossarla nella propria abitazione o altrove per poi raggiungere successivamente la sede di lavoro.
Né è prescritta alcuna tempistica in ordine allo svolgimento di tali operazioni.
Evidenzia, quindi, che si tratta di atti preparatori allo svolgimento della prestazione di lavoro, sottoposti alla diligenza del dipendente e non ricompresi nell'orario di lavoro.
Eccepisce, infine, la genericità della domanda di pagamento del tempo tuta e la prescrizione quinquennale di tutti i crediti da lavoro anteriori al 5 febbraio 2015.
3


3. Il processo è istruito con i documenti prodotti dalle parti.
All'esito, con la sentenza oggi impugnata, il giudice del lavoro del Tribunale di
Viterbo respinge il ricorso e condanna il alle spese di lite. Parte_1
Il giudice a quo così motiva la decisione: Il ricorrente rivendica l'indennità di cassa facendo richiamo all'art. 188, C.C.N.L.
Distribuzione Cooperativa, il quale prevede che: “Senza pregiudizio di eventuali procedimenti penali e delle sanzioni disciplinari, al seguente personale normalmente adibito ad operazioni di cassa con carattere di continuità - cassiere comune non di negozio, cassiere di negozio - quando detto personale abbia la piena e completa responsabilità della gestione di cassa, con l'obbligo di accollarsi eventuali differenze - compete un'”indennità di cassa o di maneggio di denaro” nella misura del 5% (cinque per cento) della paga base nazionale conglobata per le rispettive qualifiche”.
L'esame della disposizione consente di identificare i presupposti per l'insorgere del diritto alla indennità: il primo consiste nell'essere il dipendente "normalmente adibito ad operazioni di cassa con carattere di continuità";
il secondo è integrato dalla "la piena e completa responsabilità della gestione di cassa, con l'obbligo di accollarsi eventuali differenze".
Alla luce di tali elementi appare allora evidente come per la maturazione del diritto, non sia sufficiente che il ricorrente sia adibito alle operazioni di vendita con conseguente maneggio del denaro, ma è indispensabile che lo stesso sia addetto alle operazioni di incasso in modo ordinario, prevalente e continuativo, e che al maneggio consegua una piena responsabilità di gestione della cassa, nonché
l'obbligo, assunto contrattualmente, di accollarsi le perdite conseguenti ad eventuali ammanchi ancorché involontari.
Nel caso di specie il ricorso nulla deduce in ordine a tale presupposto.
Né dal contratto prodotto emergono previsioni di tal genere.
Parte ricorrente si è per contro limitato a fare richiamo alla
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi