Corte d'Appello Ancona, sentenza 14/06/2024, n. 930

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Ancona, sentenza 14/06/2024, n. 930
Giurisdizione : Corte d'Appello Ancona
Numero : 930
Data del deposito : 14 giugno 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D'Appello di Ancona
PRIMA SEZIONE CIVILE
R.G. 1135/2021
Riunita in camera di consiglio con l'intervento dei sigg. magistrati
Dott.ssa Annalisa Gianfelice Presidente rel.
Dott.ssa Paola De Nisco Consigliere
Dott. Vito Savino Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1135/2021 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2021 e promossa
DA
INTESA SANPAOLO S.P.A. codice fiscale e iscrizione al registro delle imprese di
Torino numero 00799960158, ” partita IVA 11991500015 ([...]) la quale ha incorporato UNIONE DI BANCHE ITALIANE SOCIETA' PER AZIONI rappresentata e difesa dall'Avv. Giovanni Carotti ed elettivamente domiciliata in
Ancona, C.so Mazzini 160, presso lo studio del predetto legale
APPELLANTE
CONTRO
ORTOCONSERVIERA CAMERANESE srl (partita IVA 00931700421), in persona dell'Amministratore Unico Maurizio Giacchetti, con sede in Camerano (AN) rappresentata e difesa dall'Avv. Francesco Tardella ed elettivamente domiciliata in
Ancona, C.so G. Mazzini, 170, presso lo studio del detto legale
APPELLATA
Oggetto: appello avverso sentenza n. 1164/2021 emessa dal Tribunale Civile di
Ancona in data 30.09.2021 in materia di contratti bancari/ripetizione dell'indebito
Conclusioni: come da note telematiche in atti.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Ortoconserviera Cameranese s.r.l. ha convenuto in giudizio Banca delle Marche spa con atto di citazione notificato il 27.03.2017, per la ripetizione ex art. 2033 c.c. della complessiva somma di € 55.003,15 illegittimamente addebitata dalla banca a titolo di interessi ultralegali, anatocistici, di commissioni di massimo scoperto non dovute, di oneri passivi e di spese non dovuti, nel corso dello svolgimento del c/c ordinario
n. 10275 acceso in data 14.03.1990.
Si costituiva UBI Banca spa contrastato l'azione proposta eccependo in particolare la prescrizione delle rimesse solutorie anteriori al decennio, deducendo l'infondatezza della domanda attrice e chiedendo in via subordinata dichiararsi la compensazione con il credito ancora vantato verso la società attrice.
Il Tribunale di Ancona ha ritenuto la inammissibilità della domanda di ripetizione dell'indebito, per essere il rapporto ancora aperto, l'ammissibilità della domanda di accertamento negativo proposta dalla società attrice, l'ammissibilità dell'eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie, la nullità della clausola degli interessi c.d. uso piazza, con conseguente applicazione degli interessi legali fino alla sopravvenuta stipula di una valida pattuizione scritta riferibile agli interessi, rinvenibile nel contratto sottoscritto il 10 marzo 2005, l'inconfigurabilità di un “fido di fatto”, l'illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi applicata dalla Banca per tutta la durata del rapporto, l'irrilevanza nella fattispecie in esame del TAE, trattandosi di un rapporto di conto corrente a cui in ogni caso è escluso si applichi l'art. 117 TUB, la nullità della pattuizione della cms per il periodo in cui il conto corrente non è stato affidato ma solo scoperto, in aderenza alla ratio dell'art. 2 bis comma 1° L n. 2/2009;
ha quindi rideterminato il saldo del conto corrente, applicando il c.d. saldo zero sul primo
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estratto conto prodotto dalla società attrice, in € 106.849,55 a favore della correntista alla data del 31.03.2017.
Intesa SanPaolo spa, incorporante UBI Banca spa, proponeva impugnazione avverso la predetta sentenza.
Si costituiva Ortoconserviera Cameranese chiedendo il rigetto dell'appello.
All'esito dell'udienza del 29.01.2024, raccolte le conclusioni tramite trattazione scritta, la causa veniva trattenuta in decisione e venivano concessi alle parti i termini ex art.
190, comma 1, c.p.c.
.
Va innanzitutto predicata l'infondatezza della eccezione di inammissibilità dell'appello per violazione dell'art. 342 c.p.c., spesa dalla società appellata, per avere parte appellante omesso di indicare: le parti del provvedimento che si intende appellare
e le modifiche richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal Giudice di prime cure, nonché le circostanze da cui deriverebbe la violazione di legge e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. Dalla lettura complessiva dell'atto di appello è possibile evincere con sufficiente chiarezza quali siano le contestazioni mosse al provvedimento di primo grado;
l'appello risulta compiutamente formulato, in quanto indica o comunque consente di individuare le parti dell'ordinanza che si intendono appellare, delimitando così l'oggetto dell'impugnazione, nonché le censure all'iter logico- giuridico seguito dal Tribunale e che si assume errato.
Il rapporto bancario oggetto di giudizio è stato esaminato tramite consuelenza contabile: il CTU ha provveduto alla ricostruzione del rapporto di conto corrente numero 10275 fino al 31/03/2017 partendo dal primo estratto conto del 1 gennaio 1995;
il conto è stato riordinato per data contabile in quanto il contratto iniziale non prevedeva la pattuizione delle valute, sono state eliminate dal conteggio tutte le CMS le spese e le competenze, sono stati applicati gli interessi legali fino al 09/03/2005 ( in data
10/03/2005 è stato stipulato un contratto in cui vengono indicati i tassi di interesse), mentre per il periodo successivo sono stati confermati i tassi di interesse applicati dalla banca;
è stata eliminata la capitalizzazione trimestrale delle competenze passive
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per tutta la durata del rapporto;
non sono state individuate rimesse solutorie prescritte in quanto il CT ha rilevato che il contratto di conto corrente era affidato (dal 31/12/94 al
31/12/2001 per lire 10.000.000, dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2002 per euro
5.160,00, dal 1 gennaio 2003 al 19 gennaio 2006 per euro 2.165,00, dal 20 gennaio
2006 al 27 Marzo 2007 per euro 80.000,00).
Con il primo motivo di gravame la Banca contesta l'operato che CTU, che, nella indagine sulle rimesse solutorie prescritte, avrebbe tenuto conto di “fidi di fatto”, in spregio dell'ordinanza emessa in data 30.03.2021, ove si escludeva espressamente che il conto corrente fosse affidato;
osserva che il primo contratto di apertura di credito è quello sottoscritto in data 20.01.2006, mentre non possono essere considerati estratti conto e scalari che non forniscono in alcun modo la prova scritta di una apertura di credito;
deduce che tutte le rimesse intervenute sul c/c anteriormente a tale data vanno considerate solutorie e quindi prescritte.
Il motivo è infondato.
Come è noto, ai fini della prescrizione per attribuire natura solutoria ovvero ripristinatoria alle rimesse è necessario verificare se il rapporto, nel periodo ultradecennale, era assistito o meno da un'apertura di credito, determinandone
l'importo.
La Corte di Cassazione con ordinanza n.17982 del 22.06.2023, riguardante il caso di un rapporto bancario sorto nel 1990, ovverosia in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge n.154/1992 (norma poi trasfusa nel TUB), il cui art.3 (poi confluito nell'art.117 TUB) ha introdotto l'obbligo della forma scritta per i contratti bancari, ha statuito che laddove il contratto di conto corrente disciplini anche l'apertura di credito
– ancorché non ne preveda la misura del tasso d'interesse – e sia provato che la condotta assunta dalla banca in merito allo scoperto di conto non possa considerarsi espressione di una mera tolleranza, bensì, di contro, indice di un vero e proprio obbligo di messa a disposizione di fondi a favore del correntista, non occorre che questi esibisca in giudizio la copia del contratto di apertura di credito.
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Afferma la Cassazione: Ciò detto, va anzitutto osservato che nel regime previdente all'entrata in vigore della L. n. 154 del 1992, art. 3, il quale ha imposto l'obbligo della forma scritta ai contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari, era consentita la conclusione per facta concludentia di un contratto di apertura di credito, alla luce del comportamento rilevante della banca (Cass. 24 giugno 2008, n. 17090: la sentenza ha riguardo alla fattispecie del pagamento di assegni privi di copertura;
ipotesi sottesa anche al precedente arresto di Cass. 11 marzo 1992, n. 2915). Quel che rileva, a tal fine, non è il mero fatto della situazione di scoperto di conto, con una pluralità di adempimenti agli ordini trasmessi, bensì la pattuizione, pur realizzabile, come si è detto, per facta concludentia, di un obbligo della banca di eseguire operazioni di credito bancario passive (Cass. 23 aprile 1996, n. 3842): è poi appena il caso di avvertire che resta esclusa, in questa, sede, alcuna rivalutazione degli elementi di fatto che hanno portato i Giudici di merito al positivo accertamento del perfezionamento del negozio. Dunque un problema di documentazione del contratto di apertura di credito, quanto al valido perfezionamento dello stesso in epoca anteriore all'entrata in vigore della cit. L. n. 154 del 1992, e al successivo testo unico, i quali hanno imposto - rispettivamente all'art. 3, comma 1, e al all'art. 117, comma 1, la forma scritta dei contratti bancari, non si pone affatto…Le disposizioni contenute nel D.M. 24 aprile

1992, e nelle istruzioni della Banca d'Italia, al pari delle prescrizioni di cui alla Delib.
C.I.C.R. 4 marzo 2003, emanata in attuazione dell'art. 117, comma 2, t.u.b., escludono che il contratto di apertura di credito, qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto, debba essere documentato a sua volta,
a pena di nullità (Cass. 9 luglio 2005, n. 14470;
più di recente: Cass. 27 marzo 2017, n.

7763;
Cass. 22 novembre 2017, n. 27836).

Nel caso di specie, l'art. 6 del contratto di conto corrente regolamenta le condizioni di quello di apertura di credito, salvo che per gli interessi passivi, la cui misura, in assenza di pattuizione scritta va determinata, grazie
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