Corte d'Appello Catania, sentenza 15/07/2024, n. 1212
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
CORTE D'APPELLO DI CATANIA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d'Appello di Catania, Seconda Sezione Civile, composta dai Sigg.:
Dott.ssa Monica Zema Presidente
Dott. Nicolò Crascì Consigliere rel. est.
Dott.ssa Claudia Cottini Consigliere
Riunita in camera di consiglio, letti gli atti ed udito il relatore, ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A nella causa civile iscritta al n. 581/2023 R.G.A.C.C., promossa da:
LA OR IU (nato a [...] il [...], c.f. LBR GPP 69M31
H163Y) e CA ND (nata a [...] il [...],
c.f. [...]), rappresentati e difesi per procura in atti dall'Avv.
Santo Spagnolo (del Foro di Catania) presso il cui indirizzo di p.e.c. sono elett.te domiciliati,
Appellanti
contro
:
AR AT (nato a [...] il 1° luglio 1958, c.f. DMR SVT 58L01
H163P), AR IO (nato a [...] il [...], c.f. DMR GRG
64D24 H163A), AR VA (nato a [...] il [...], c.f.
[...]), NG IA (nata a [...] l'[...],
c.f. [...]) – quest'ultima anche in proprio, e tutti quali eredi di
TI IU (che era nato a [...] il [...]) - RL AR
(nata ad [...] il [...], c.f. [...]), tutti rappresentati e difesi per procura in atti (anche disgiuntamente) dagli Avv.ti Paolo
Daniele e Sabina Scollo (del Foro di Ragusa) presso i cui rispettivi indirizzi di p.e.c. sono elett.te domiciliati,
Appellati – Appellanti incidentali
AT NU (nata a [...] il [...], c.f. [...]), rappresentata e difesa per procura in atti (anche disgiuntamente) dagli Avv.ti Marco
Occhipinti e Renzo Segala (del Foro di Verona) presso i cui rispettivi indirizzi di
p.e.c. è elett.te domiciliata,
Appellata
OGGETTO: condannatorio.
In esito all'udienza di discussione finale della causa del 22.4.2024 – già fissata ex artt. 350bis e 281sexies c.p.c. - la Corte ha osservato.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Nella loro citazione introduttiva del giudizio di primo grado del 4.7.2017 – con cui convenivano innanzi al Tribunale di Ragusa i coniugi La OR IU e AN
ND - i coniugi TI IU ed IN IA, EN NU
e SG AR esponevano:
- di essere rispettivi proprietari di tre dei quattro appartamenti – dislocati tra il pianterreno ed il primo piano - della casa palazzata in Marina di Ragusa, via
Marco Polo nn. 1 e 3 (angolo piazza Dogana), e che tra le parti comuni dell'edificio fosse ricompresa, per espressa volontà testamentaria dell'originario unico proprietario dell'immobile SI IU, anche la terrazza a livello del quarto appartamento, al secondo piano dell'immobile,
- che tuttavia i convenuti, subito dopo aver acquistato detto appartamento al secondo piano per atto pubblico di compravendita in notar Vaudano del
25.2.2008, avevano “illegittimamente intrapreso opere di ampliamento del loro appartamento e di completo stravolgimento della terrazza ritenendola arbitrariamente cosa di loro esclusiva proprietà pur nella piena
consapevolezza che trattavasi di bene comune;
in particolare gli stessi, dopo avere arbitrariamente demolito la precedente copertura in calcestruzzo e avere, altresì, asportato la precedente ringhiera perimetrale della terrazza, hanno illegittimamente realizzato sulla stessa svariati lavori di ristrutturazione;
in particolare, hanno effettuato: 1) la realizzazione di una tettoia con doghe metalliche nella zona sud-ovest per una superficie complessiva di mq 39;
2) la realizzazione nella parte nord-est della terrazza di una doccia con pareti in vetro, con annessa pilozza;
3) l'allargamento della parete esterna del loro appartamento ed esattamente quella a sud dell'attuale camera da letto con contestuale occupazione di uno spazio della terrazza comune della larghezza di circa 15/20 cm;
4) lo spostamento e successiva allocazione in altra parte della terrazza di una scala in ferro che, in passato, aveva sempre permesso agli odierni attori di accedere all'ulteriore terrazzino di servizio ove sono allocati i serbatoi e le antenne tv, così per come accertato dalla ctu;
5) la ripavimentazione di una porzione di terrazza con piastrelle di ceramiche;
6) la realizzazione di un parapetto perimetrale della terrazza con lastre di vetro stratificato, queste senza alcun rinforzo, senza alcuna sicurezza ed in totale violazione della normativa antisismica;
7) la realizzazione, sotto la tettoia di cui al superiore punto 1), di una grande ed ingombrante cucina in muratura”,
- che avverso il completamento di tali illegittime nuove opere essi attori avevano tempestivamente adito il giudice cautelare ibleo con ricorso ex art. 688 c.p.c. del 5.2.2009, ricorso infine definito (in seguito al reclamo interposto avverso
l'ordinanza di rigetto pronunziata in prime cure) con ordinanza ex art.
669terdecies c.p.c. del 23.6.2009 con cui il Tribunale adito ordinava ai coniugi
La OR-AN “di non estendere ulteriormente la tettoia sulla terrazza, di non completare le docce ivi allocate, di collocare nuovamente la scala metallica al fine di consentirne l'utilizzo da parte degli altri condomini, nonché la sospensione di ogni altro lavoro intrapreso”: e ciò dopo aver “riconosciuto
espressamente ed approfonditamente la comproprietà della terrazza de qua - ed esattamente quella posta al secondo piano dello stabile sito in Marina di
Ragusa alla Via Marco Polo angolo Piazza Dogana - in quanto “la stessa rientra tra le parti comuni dell'edificio” così come desumibile dall'esame dei titoli di proprietà allegati in atti;
osserva il Collegio, a pag. 2 dell'ordinanza del 23.6.2009, che “la venditrice (degli odierni convenuti) non aveva la legittimazione a trasferire la proprietà esclusiva della terrazza non essendo titolare del relativo diritto”. Aggiunge ancora che
“la servitù di uso richiamata dal contratto di vendita del 25.02.2008 è una figura giuridica priva di significato”. Il Collegio inoltre, in conclusione, sempre in merito all'esame dei titoli ha ben avuto modo - a pag. 2 della citata ordinanza - di specificare che “dall'esame dei titoli di proprietà non solo non si rinvengono elementi tali da escludere in modo inequivocabile la comunione sulla terrazza ma si ricavano, piuttosto, risultanze nel senso dell'espressa attribuzione agli odierni reclamanti della comproprietà pro quota”,
- che, in spregio a quanto così riconosciuto dal giudice cautelare, i convenuti avevano invece completato i programmati lavori di ristrutturazione della terrazza de qua.
Dedotto che tutto quanto avevano così lamentato fosse già stato accertato, oltre che in seno al giudizio cautelare anzidetto, anche all'esito delle attività peritali che erano state ulteriormente disposte nel giudizio già instaurato con egual citazione di essi medesimi attori del 12.7.2012 - e che era rimasto definito con sentenza in mero rito del 10.2.2017 (di estinzione del processo per sua tardiva riassunzione, dopo che ne era stata dichiarata l'interruzione in seguito al decesso di SI AR, madre e dante causa di essa SG AR) - essi coniugi TI IU ed
IN IA, EN NU e SG AR dunque concludevano chiedendo che, previo ribadito riconoscimento delle loro ragioni comproprietarie, i
coniugi La OR IU e AN AR fossero condannati alla riduzione in pristino della terrazza de qua.
§§§
Costituitisi in contraddittorio i coniugi La OR IU e AN AR – nel contestare le pretese comproprietarie di parte attrice - specularmente richiedevano, in via riconvenzionale, che fosse riconosciuto e dichiarato che detta terrazza fosse di loro esclusiva proprietà e che fosse, consecutivamente, inibita agli attori ogni ulteriore molestia al loro diritto di proprietà esclusiva.
In subordine, ovvero per la denegata ipotesi che fosse stata riconosciuta la comproprietà della terrazza medesima, richiedevano che - integrando comunque quanto avevano nella specie eseguito attività, per un verso, di necessaria manutenzione del cespite e, per altro verso, opere in grado di consentire un uso più intenso del bene comune da parte di ciascun comunista - gli attori fossero condannati al rimborso pro quota delle relative spese.
§§§
Venuti in udienza, a fini istruttori veniva esclusivamente disposta la rinnovazione delle attività peritali.
Indi – raccolte le conclusioni delle parti, e posta la causa in decisione – il primo giudice osservava:
- che “la terrazza a livello svolgente funzione di copertura dei sottostanti piani dell'edificio – tale potendo qualificarsi la terrazza oggetto di controversia – rientra nella presunzione di proprietà condominiale a norma dell'art. 1117
c.c., quale parte necessaria all'esistenza del fabbricato da essa coperto, presunzione superabile solo quando in virtù del titolo di acquisto dall'unico originario proprietario dell'edificio venga stabilito il diverso regime della proprietà superficiaria della terrazza in favore dell'acquirente dell'immobile ad essa contiguo (Cass. n. 10323/96, n. 21340/17;
cfr. anche Cass. Sez. Unite
n. 7449/93);
precisa, poi, la Suprema Corte che, al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c.,
occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di una unità immobiliare dall'originario proprietario ad altro soggetto, atto dal quale, peraltro, “devono risultare in modo chiaro ed inequivocabile elementi rivelatori della esclusione della condominialità”
(Cass. n. 11877/02;
n. 3257/04 e n. 9093/07)”,
- che, ciò posto, “Nella fattispecie, l'esame deve prendere le mosse dal testamento olografo del 2.6.1967 di SI IU, originario proprietario dell'edificio oggetto di causa;
con riferimento a quest'immobile il de cuius lasciò, a titolo di legato, ai figli GI, AR e CE la “proprietà ed usufrutto”, rispettivamente, degli appartamenti al piano terreno, al primo piano ed al secondo piano, mentre lasciò l'altro appartamento al primo piano al figlio VA, istituito erede universale (cfr. doc. 4 degli attori);
nel testamento si precisa espressamente che “la terrazza su cui si affaccia
l'appartamento” al secondo piano – espressione letterale dal significato univoco riferita evidentemente alla terrazza oggetto di causa e non già a quella situata sull'ultimo piano dell'edificio, come