Corte d'Appello Roma, sentenza 22/01/2024, n. 201

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Roma, sentenza 22/01/2024, n. 201
Giurisdizione : Corte d'Appello Roma
Numero : 201
Data del deposito : 22 gennaio 2024

Testo completo




R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI ROMA
PRIMA SEZIONE CONTROVERSIE LAVORO E PREVIDENZA in persona dei magistrati:
- dr.ssa V D S - Presidente -
- dr. V S - Consigliere -
- dr. V R C - Consigliere relatore - all'udienza del 18.1.2024 ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1866 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2021, vertente
TRA
, rappresentati e difesi, per procura speciale alle liti depositata telematicamente Parte_1 insieme al ricorso in appello, dall'avvocata S P, con la quale e presso la quale elettivamente domicilia.
-APPELLANTE-
E
e Parte_2 Parte_3
-APPELLATI CONTUMACI-
OGGETTO: Appello avverso la sentenza n. 1403/2020 pronunciata dal Tribunale di Velletri, sezione lavoro e pubblicata in data 16.12.2020.
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da ricorso in appello e come da verbale dell'udienza del
18.1.2024.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. si appella a questa Corte contro la sentenza in epigrafe indicata, con la Parte_1
quale il Tribunale di Velletri ha respinto il ricorso d lei proposto in primo grado al fine di conseguire, previo accertamento della natura subordinata dell'intercorso rapporto lavorativo, la condanna dei suoi ex datori di lavoro, e a pagarle la somma Parte_2 Parte_3 di € 5.025,81 per differenze retributive, comprensive di TFR.
L'appellante lamenta che la decisione impugnata, pur ritenendo accertata la natura
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subordinata del rapporto lavorativo, ha poi interamente respinto il ricorso asserendo che «la lavoratrice non indica a fondamento della propria domanda di condanna dei datori di lavoro il livello contrattuale di cui chiede il riconoscimento e sulla cui base è stata quantificata la pretesa creditoria fatta valere» e che «tale elemento non è inoltre neppure ricavabile dai conteggi depositati, che non riportano alcun riferimento utile a individuare il livello contrattuale richiesto».
Ad avviso dell'impugnante, tale argomentazione sarebbe erronea, perché: (a) il ricorso introduttivo indicava puntualmente il CCNL invocato e le mansioni svolte (nella specie, quelle di colf e baby sitter), così permettendo agevolmente di individuare il livello di (auspicato) inquadramento;
(b) la somma percepita da essa ricorrente, peraltro, non era stata contestata dalle parti convenute, sicché il Tribunale avrebbe comunque potuto (e, aggiunge, dovuto) liquidare TFR e tredicesima mensilità, secondo i conteggi per come prodotti. Chiede, dunque, la riforma della sentenza appellata, con accoglimento dell'originaria pretesa.
e sebbene validamente citati in giudizio, restano Parte_2 Parte_3 contumaci e tali sono dichiarati.
Ricostituito il contraddittorio ed acquisito telematicamente il fascicolo di primo grado, all'udienza del 18.1.2024, l'appello era discusso come da verbale e deciso come da dispositivo.
2. Pregiudizialmente deve essere dichiarata la contumacia di e di Parte_2
i quali, sebbene validamente evocati in appello, non si sono costituiti nel Parte_3 presente grado.
3. Il Tribunale, pur ritenendo dimostrata la sussistenza inter partes di un rapporto di lavoro subordinato, ha poi interamente respinto il ricorso proposto in primo grado da Parte_1
affermando che «nel ricorso depositato la lavoratrice non indica a fondamento della propria domanda di condanna dei datori di lavoro il livello contrattuale di cui chiede il riconoscimento e sulla cui base è stata quantificata la pretesa creditoria fatta valere» e che «tale elemento non è inoltre neppure ricavabile dai conteggi depositati, che non riportano alcun riferimento utile a individuare il livello contrattuale richiesto».
Tale motivazione e la conseguente statuizione di reiezione, come correttamente argomenta l'impugnante, non sono condivisibili.
Il Tribunale, infatti, non si è avveduto, in primo luogo, che il ricorso introduttivo di primo grado espressamente richiamava il CCNL relativo al lavoro domestico (cfr. § 8), peraltro indicato
(sub. n. 4, ultima pagina del ricorso) anche nell'indice dei documenti offerti in comunicazione e contestualmente prodotto al momento dell'instaurazione del giudizio.
La lavoratrice poi aveva puntualmente allegato di aver svolto mansioni di colf e di baby- sitter (cfr. § 1 del ricorso) e del pari puntualmente precisato i singoli compiti che le erano stati affidati dai datori di lavoro (cfr. § 2 del ricorso), così assolvendo pienamente all'onere allegatorio Pag. 2 a 5

su di lei gravante, atteso che tali deduzioni erano più che sufficienti al fine di individuare il livello di inquadramento al quale ella aveva diritto.
La sentenza gravata, inoltre, non si è neppure avveduta che l'attuale appellante si era limitata a reclamare in giudizio soltanto il TFR, i ratei di tredicesima mensilità e l'indennità per le ferie non godute ed a calcolarle sulla base del compenso mensile che assumeva pattuito e percepito nel corso del rapporto di lavoro e la cui pattuizione e corresponsione gli odierni appellati, costituiti in primo grado, non avevano in alcun modo contestato.
E' quindi corretto il rilievo dell'appellante, laddove asserisce che il giudice anche senza ricorrere ad una CTU avrebbe agevolmente dovuto e potuto liquidare (quanto meno) TFR e tredicesima mensilità in base ai conteggi prodotti unitamente al ricorso, poiché, osserva la Corte,
l'omessa produzione o allegazione del contratto collettivo non incide né sull'an di detti emolumenti, né tanto meno sul loro quantum, essendo stati calcolati sulla base del salario mensile pattuito, che, quand'anche maggiore rispetto ai minimi retributivo di cui al CCNL, costituirebbe comunque lecito trattamento di maggior favore ex art. 2077, comma 2 c.c.
4. Le argomentazioni che precedono devolvono alla Corte la rivalutazione dell'intera domanda dell'originaria attrice e quindi anche l'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro, atteso che la statuizione di integrale reiezione del ricorso adottata dal
Tribunale inibisce il formarsi del giudicato interno sulla qualificazione giuridica della fattispecie dedotta in giudizio.
Nella specie, le considerazioni del primo giudice, per quanto superflue nell'economia della decisione, appaiono giuridicamente corrette e pienamente aderenti alle risultanze istruttorie, valutate anche alla luce delle deduzioni difensive delle parti datoriali.
La stessa memoria di costituzione in primo grado degli originari resistenti, infatti, come già rilevato dalla sentenza gravata, contiene allegazioni in fatto sufficienti al riconoscimento della subordinazione, poiché essa ammette la continuità della prestazione e l'erogazione di una retrobuzione fissa mensile, dolendosi dell'abbandono del posto di lavoro «senza preavviso» ed allegando che la lavoratrice «ha sempre usufruito delle ferie per un periodo di almeno 15 giorni consecutivi».
Tali circostanza hanno trovato piena conferma nella prova orale (si rimanda per brevità ai
§§ 4.1 - 4.2 della sentenza gravata), dalla quale emerge anche la soggezione della lavoratrice ad un orario predeterminato dalla parte datrice di lavoro e la prestazione di attività lavorativa principalmente all'interno dell'abitazione dei resistenti.
Il materiale istruttorio acquisito al giudizio, tuttavia, non consente di ritenere che tale rapporto di collaborazione abbia avuto la maggior durata dedotta in ricorso (ossia dal 1.5.2012 al 15.11.2014, poiché l'unico teste che ha riferito sul punto con maggior precisione - ossia Pag. 3 a 5

figlio di e comunque particolarmente attendibile, per aver Persona_1 Parte_2 vissuto nell'ambiente domestico per tutto il lasso temporale qui rilevante (quindi a conoscenza diretta dei fatti narrati) e più che equanime nella sua narrazione - ha riferito che «la ricorrente ha lavorato presso l'abitazione di mia madre dal settembre/ottobre 2012 fin al settembre/ottobre
2014».
Il rapporto di lavoro, dunque, sulla cui durata il primo giudice non si è in alcun modo interrogato, deve ritenersi protratto dal 1.10.2012 al 1.10.2014, con la conseguenza che spetterà alla lavoratrice l'intera tredicesima dell'anno 2013, i 3/12 di quella dell'anno 2012 e i 9/12 di quella dell'anno 2014 e quindi, apparendo corretti i conteggi attorei di primo grado nella parte in cui ne determinano l'importo unitario: € 162,51 per l'anno 2012, € 650,00 per l'anno 2013 e €
490,95 per l'anno 2014, per un complessivo importo di € 1.303,46.
Deve, al contrario, essere negato il diritto all'indennità per ferie non godute, emergendo dalle parole del già citato teste che la lavoratrice non prestava la propria opera per il Per_1 periodo estivo (nel quale ella comunque assume essere stata retribuita) ed essendo stata confermata la circostanza della fruizione delle ferie anche dal teste amico dei resistenti, Tes_1
laddove la generica dichiarazione di («non mi risulta che la ricorrente si sia Parte_4
assentata dal lavoro, ad esempio per ferie, nel periodo di due anni») non è idonea a contraddire le diverse e più puntuali affermazioni dell e del Per_1 Tes_1
Alla pacifica cessazione del rapporto di lavoro segue il diritto della lavoratrice alla percezione del TFR, che ben può essere determinato in base ai già ricordati conteggi, fremo restando che nella sua effettiva quantificazione dovrà tenersi conto dell'accertata minor durata del rapporto di lavoro (anche per quel che attiene alla diversa quantificazione delle tredicesima così spettante) e del mancato riconoscimento dell'indennità per ferie non godute.
Ne risulta un minor TFR di € 881,73 per un complessivo credito della lavoratrice di €
2.185,19 che andrà maggiorato degli accessori di cui all'art. 429, comma 3 c.p.c., ossia della rivalutazione monetaria e degli interessi legali dalla data di maturazione dei singoli crediti.
5. Ne consegue, dunque, in accoglimento parziale dell'appello ed in riforma della sentenza appellata, la condanna di e di , in solido tra loro, a pagare a Parte_3 Parte_2 la complessiva somma di € 2.185,19, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria Parte_1
dalla maturazione di ogni singolo credito.
Le spese del doppio grado seguono la soccombenza.
In primo grado la lavoratrice era stata ammessa, in via provvisoria con delibera adottata il
26.4.2017 dal locale Consiglio dell'Ordine, al beneficio del Patrocinio a Spese dello Stato, tanto che in data 2.2.2021 l'allora procuratore costituito per ha presentato al Tribunale di Parte_1
Velletri istanza per la liquidazione delle proprie competenze.
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Tale ammissione non risulta in alcune modo revocata, sicché la condanna alla refusione delle spese del giudizio di primo grado va pronunciata in favore dello Stato (art. 133 TUSG).
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