Corte d'Appello Napoli, sentenza 13/03/2025, n. 1257
CA Napoli
Sentenza
13 marzo 2025
Sentenza
13 marzo 2025
0
0
05:06:40
CA Napoli
Sentenza
13 marzo 2025
Sentenza
13 marzo 2025
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesi
Sul provvedimento
Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
PRIMA SEZIONE CIVILE
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Fulvio Dacomo Presidente
Dott. Antonio Mungo Consigliere
Dott.ssa Federica Salvatore Consigliere relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel procedimento contrassegnato con il n. 5140/2019 R.G., avente ad oggetto “Impugnazione di lodi nazionali (art. 828 c.p.c.)”, fissato per la trattazione scritta all'udienza collegiale del 19.6.2024 e vertente:
TRA
AF AN (c.f. [...]), rappresentato e difeso, giusta procura alle liti rilasciata a margine dell'atto di citazione in appello, dagli avv.ti MODESTINO ACONE (c.f.
[...]) e PASQUALE ACONE (c.f. [...]) ed elettivamente domiciliato presso lo studio Associato Verde, sito in Napoli alla via G. Martucci n. 48;
APPELLANTE
E
NO ER (c.f. [...]), rappresentata e difesa, giusta procura alle liti rilasciata a margine della comparsa di costituzione in appello, dall'avv. GIOVANNI
COLACURCIO (c.f. [...]) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in
Serino alla via Terminio n. 48;
APPELLATA
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con domanda del 12.4.2016 la sig.ra LI TE, a mezzo dell'avv. Giovanni
Colacurcio, formulava istanza di arbitrato, con contestuale nomina del proprio arbitro, per sentire
1
accertare la risoluzione del contratto di cessione di azienda (“Minimarket UR EF) sottoscritto tra le parti in data 14.10.2002, per l'inadempimento di UR NO (nel contratto indicato come “cedente”) - il quale non aveva provveduto entro il termine pattuito (31.12.2004) alla stipula dell'atto pubblico di cessione, nonostante i ripetuti solleciti -, nonché per sentirlo condannare al pagamento della somma di € 51.645,68, pari al doppio della penale confirmatoria concordata nel predetto contratto di cessione del 2002.
Con lodo arbitrale emesso in data 20.6.2019 la terna arbitrale, composta dal Presidente, avv.
Giuseppe Palmieri, e dai due componenti di parte, avv. Antonio Venezia (per la proponente) e avv.
Antonio LI (per il resistente UR), a maggioranza dei primi due, riconosceva, in via preliminare, la propria potestas iudicandi sulla domanda azionata, rilevando che, sebbene la clausola compromissoria fosse contenuta solo nel contratto di fitto di azienda sottoscritto tra le parti in data 10.2.2003 (art. 14) - invocato dal sig. UR quale atto sostitutivo del precedente contratto di cessione di azienda del 2002 -, essa ricomprendeva anche le questioni scaturenti dal precedente contratto di cessione della medesima azienda sottoscritto tra le parti in data 14.10.2002. A fondamento della decisione adottata, il lodo evidenziava il carattere unitario del rapporto regolato dai due contratti, la natura vincolante della pronuncia resa nel 2007 dal Tribunale di Avellino - il quale, decidendo sulla medesima domanda oggetto dell'arbitrato, con sentenza di improcedibilità n.
1911/2007 aveva riconosciuto la deferibilità della controversia in favore del collegio arbitrale -, nonché il comportamento delle parti che, non avendo sollevato nessuna eccezione in merito sino al rilievo officioso (avvenuto all'adunanza del 19.10.2018), di fatto avevano accettato la potestas iudicandi del collegio arbitrale. Nel merito della controversia, sempre a maggioranza, il collegio arbitrale dava atto che la sig.ra LI aveva fornito la prova dell'avvenuto pagamento di gran parte del prezzo pattuito nell'atto di cessione di azienda (nella misura di € 66.231,62), depositando copia degli assegni posdatati consegnati al sig. UR (dagli arbitri ritenuti non contestati neppure con riferimento all'avvenuto incasso), nonché allegando il pagamento (anch'esso ritenuto non contestato) di 33 rate mensili di 1.219,14 ciascuna e riconosceva che l'atto di fitto di azienda sottoscritto in data 10.2.2003 non aveva i caratteri della novazione e, quindi, era inidoneo a sostituire il precedente atto di cessione di azienda, ancora operante tra le parti. Su tali premesse, riscontrato l'inadempimento di UR NO all'obbligo assunto di sottoscrivere l'atto notarile di cessione entro il 31.12.2004, dichiarava la risoluzione del contratto di cessione di azienda datato
14.10.2002 e condannava il convenuto UR NO al pagamento della somma di € 51.645,68, oltre interessi, a titolo di restituzione del doppio della penale confirmatoria prevista dall'art. 7 del contratto di cessione di azienda dell'ottobre 2002.
2
Avverso tale decisione, comunicata alla parte dal Presidente della Terna Arbitrale tramite PEC in data 27.6.2019, ha proposto impugnazione di lodo il sig. UR NO, deducendo, da un lato, il difetto di potests iudicandi in capo agli arbitri per le questioni inerenti il contratto di cessione di azienda sottoscritto il 14.10.2002, nel quale non era prevista nessuna clausola compromissoria;
e, dall'altro lato, la nullità del lodo per contrasto con gli artt. 829, primo comma, nn. 1 e 4 c.p.c., essendo stato pronunciato in mancanza di convenzione di arbitrato e, comunque, fuori dei suoi limiti.
Costituendosi in giudizio, LI TE ha contestato l'atto di impugnazione, ribadendo l'efficacia vincolante della decisione di appartenenza della controversia agli arbitri, contenuta nella sentenza del Tribunale di Avellino del 12.12.2007 e, in ogni caso, l'inammissibilità del rilievo officioso della possibile mancanza di potestas iudicandi (essendo rimessa all'esclusiva eccezione di parte) e, comunque, l'inammissibilità della censura dell'impugnante relativa alla mancanza di una clausola arbitrale nel contratto del 2002, in quanto non tempestivamente eccepita ai sensi dell'art. 817, secondo comma, c.p.c.
All'udienza collegiale del 19.6.2024, la causa, trattata in modalità scritta, è stata riservata in decisione, previa concessione dei termini di cui all'art 190 c.p.c.
Va, preliminarmente, esaminata la tempestività dell'impugnazione.
E' pacifico tra le parti, oltre che documentalmente provato, che il lodo è stato comunicato al sig.
UR dal Presidente del Collegio arbitrale in data 27.6.2019 e che nessuna notifica dello stesso gli
è stata inoltrata dalla controparte.
A norma dell'art. 828 c.p.c. “L'impugnazione per nullità si propone nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo…L'impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell'ultima sottoscrizione…”.
Orbene, costituisce principio generale, consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale l'atto idoneo a far decorrere il termine breve per impugnare è solo la notificazione del provvedimento fatta dalla parte vittoriosa alla controparte;
mentre tale termine non decorre per la conoscenza che la parte abbia avuto aliunde della decisione impugnata (in termini, Cass.,
17420/2004, secondo la quale: “Il termine di novanta giorni stabilito dall'art. 828, primo comma, cod. proc. civ. per l'impugnazione del lodo decorre dalla data della notifica del lodo medesimo ad istanza di parte, della quale non costituisce equipollente la comunicazione integrale, a cura degli arbitri, ai sensi dell'art. 825, primo comma, cod. proc. civ., ancorché tale comunicazione sia eseguita (con forma più rigorosa di quella prevista della spedizione in plico raccomandato) mediante notificazione dell'ufficiale giudiziario”).
L'impugnazione in esame è, quindi, senza dubbio tempestiva.
3
Sempre in via preliminare va rilevato che quello impugnato è un lodo rituale.
Costituisce affermazione pacifica in giurisprudenza quella per cui “In tema di arbitrato, la distinzione tra quello rituale e quello irrituale s'impernia sulla volontà delle parti, che nella prima figura mira a pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., mentre nella seconda si limita ad affidare all'arbitro la soluzione di controversie attraverso il mero strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento, con l'impegno di considerare la relativa decisione come espressione della propria volontà. Ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione del lodo, non rileva, peraltro, la natura dell'arbitrato prevista dalle parti, bensì la natura dell'atto in concreto posto in essere dagli arbitri, sicché il lodo, allorché sia reso nelle forme di cui agli artt. 816 e ss. c.p.c., è
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
PRIMA SEZIONE CIVILE
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Fulvio Dacomo Presidente
Dott. Antonio Mungo Consigliere
Dott.ssa Federica Salvatore Consigliere relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel procedimento contrassegnato con il n. 5140/2019 R.G., avente ad oggetto “Impugnazione di lodi nazionali (art. 828 c.p.c.)”, fissato per la trattazione scritta all'udienza collegiale del 19.6.2024 e vertente:
TRA
AF AN (c.f. [...]), rappresentato e difeso, giusta procura alle liti rilasciata a margine dell'atto di citazione in appello, dagli avv.ti MODESTINO ACONE (c.f.
[...]) e PASQUALE ACONE (c.f. [...]) ed elettivamente domiciliato presso lo studio Associato Verde, sito in Napoli alla via G. Martucci n. 48;
APPELLANTE
E
NO ER (c.f. [...]), rappresentata e difesa, giusta procura alle liti rilasciata a margine della comparsa di costituzione in appello, dall'avv. GIOVANNI
COLACURCIO (c.f. [...]) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in
Serino alla via Terminio n. 48;
APPELLATA
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con domanda del 12.4.2016 la sig.ra LI TE, a mezzo dell'avv. Giovanni
Colacurcio, formulava istanza di arbitrato, con contestuale nomina del proprio arbitro, per sentire
1
accertare la risoluzione del contratto di cessione di azienda (“Minimarket UR EF) sottoscritto tra le parti in data 14.10.2002, per l'inadempimento di UR NO (nel contratto indicato come “cedente”) - il quale non aveva provveduto entro il termine pattuito (31.12.2004) alla stipula dell'atto pubblico di cessione, nonostante i ripetuti solleciti -, nonché per sentirlo condannare al pagamento della somma di € 51.645,68, pari al doppio della penale confirmatoria concordata nel predetto contratto di cessione del 2002.
Con lodo arbitrale emesso in data 20.6.2019 la terna arbitrale, composta dal Presidente, avv.
Giuseppe Palmieri, e dai due componenti di parte, avv. Antonio Venezia (per la proponente) e avv.
Antonio LI (per il resistente UR), a maggioranza dei primi due, riconosceva, in via preliminare, la propria potestas iudicandi sulla domanda azionata, rilevando che, sebbene la clausola compromissoria fosse contenuta solo nel contratto di fitto di azienda sottoscritto tra le parti in data 10.2.2003 (art. 14) - invocato dal sig. UR quale atto sostitutivo del precedente contratto di cessione di azienda del 2002 -, essa ricomprendeva anche le questioni scaturenti dal precedente contratto di cessione della medesima azienda sottoscritto tra le parti in data 14.10.2002. A fondamento della decisione adottata, il lodo evidenziava il carattere unitario del rapporto regolato dai due contratti, la natura vincolante della pronuncia resa nel 2007 dal Tribunale di Avellino - il quale, decidendo sulla medesima domanda oggetto dell'arbitrato, con sentenza di improcedibilità n.
1911/2007 aveva riconosciuto la deferibilità della controversia in favore del collegio arbitrale -, nonché il comportamento delle parti che, non avendo sollevato nessuna eccezione in merito sino al rilievo officioso (avvenuto all'adunanza del 19.10.2018), di fatto avevano accettato la potestas iudicandi del collegio arbitrale. Nel merito della controversia, sempre a maggioranza, il collegio arbitrale dava atto che la sig.ra LI aveva fornito la prova dell'avvenuto pagamento di gran parte del prezzo pattuito nell'atto di cessione di azienda (nella misura di € 66.231,62), depositando copia degli assegni posdatati consegnati al sig. UR (dagli arbitri ritenuti non contestati neppure con riferimento all'avvenuto incasso), nonché allegando il pagamento (anch'esso ritenuto non contestato) di 33 rate mensili di 1.219,14 ciascuna e riconosceva che l'atto di fitto di azienda sottoscritto in data 10.2.2003 non aveva i caratteri della novazione e, quindi, era inidoneo a sostituire il precedente atto di cessione di azienda, ancora operante tra le parti. Su tali premesse, riscontrato l'inadempimento di UR NO all'obbligo assunto di sottoscrivere l'atto notarile di cessione entro il 31.12.2004, dichiarava la risoluzione del contratto di cessione di azienda datato
14.10.2002 e condannava il convenuto UR NO al pagamento della somma di € 51.645,68, oltre interessi, a titolo di restituzione del doppio della penale confirmatoria prevista dall'art. 7 del contratto di cessione di azienda dell'ottobre 2002.
2
Avverso tale decisione, comunicata alla parte dal Presidente della Terna Arbitrale tramite PEC in data 27.6.2019, ha proposto impugnazione di lodo il sig. UR NO, deducendo, da un lato, il difetto di potests iudicandi in capo agli arbitri per le questioni inerenti il contratto di cessione di azienda sottoscritto il 14.10.2002, nel quale non era prevista nessuna clausola compromissoria;
e, dall'altro lato, la nullità del lodo per contrasto con gli artt. 829, primo comma, nn. 1 e 4 c.p.c., essendo stato pronunciato in mancanza di convenzione di arbitrato e, comunque, fuori dei suoi limiti.
Costituendosi in giudizio, LI TE ha contestato l'atto di impugnazione, ribadendo l'efficacia vincolante della decisione di appartenenza della controversia agli arbitri, contenuta nella sentenza del Tribunale di Avellino del 12.12.2007 e, in ogni caso, l'inammissibilità del rilievo officioso della possibile mancanza di potestas iudicandi (essendo rimessa all'esclusiva eccezione di parte) e, comunque, l'inammissibilità della censura dell'impugnante relativa alla mancanza di una clausola arbitrale nel contratto del 2002, in quanto non tempestivamente eccepita ai sensi dell'art. 817, secondo comma, c.p.c.
All'udienza collegiale del 19.6.2024, la causa, trattata in modalità scritta, è stata riservata in decisione, previa concessione dei termini di cui all'art 190 c.p.c.
Va, preliminarmente, esaminata la tempestività dell'impugnazione.
E' pacifico tra le parti, oltre che documentalmente provato, che il lodo è stato comunicato al sig.
UR dal Presidente del Collegio arbitrale in data 27.6.2019 e che nessuna notifica dello stesso gli
è stata inoltrata dalla controparte.
A norma dell'art. 828 c.p.c. “L'impugnazione per nullità si propone nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo…L'impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell'ultima sottoscrizione…”.
Orbene, costituisce principio generale, consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale l'atto idoneo a far decorrere il termine breve per impugnare è solo la notificazione del provvedimento fatta dalla parte vittoriosa alla controparte;
mentre tale termine non decorre per la conoscenza che la parte abbia avuto aliunde della decisione impugnata (in termini, Cass.,
17420/2004, secondo la quale: “Il termine di novanta giorni stabilito dall'art. 828, primo comma, cod. proc. civ. per l'impugnazione del lodo decorre dalla data della notifica del lodo medesimo ad istanza di parte, della quale non costituisce equipollente la comunicazione integrale, a cura degli arbitri, ai sensi dell'art. 825, primo comma, cod. proc. civ., ancorché tale comunicazione sia eseguita (con forma più rigorosa di quella prevista della spedizione in plico raccomandato) mediante notificazione dell'ufficiale giudiziario”).
L'impugnazione in esame è, quindi, senza dubbio tempestiva.
3
Sempre in via preliminare va rilevato che quello impugnato è un lodo rituale.
Costituisce affermazione pacifica in giurisprudenza quella per cui “In tema di arbitrato, la distinzione tra quello rituale e quello irrituale s'impernia sulla volontà delle parti, che nella prima figura mira a pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., mentre nella seconda si limita ad affidare all'arbitro la soluzione di controversie attraverso il mero strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento, con l'impegno di considerare la relativa decisione come espressione della propria volontà. Ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione del lodo, non rileva, peraltro, la natura dell'arbitrato prevista dalle parti, bensì la natura dell'atto in concreto posto in essere dagli arbitri, sicché il lodo, allorché sia reso nelle forme di cui agli artt. 816 e ss. c.p.c., è
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi