Corte d'Appello Roma, sentenza 03/01/2025, n. 29
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI ROMA
SEZIONE DELLA PERSONA E DELLA FAMIGLIA
così composta:
Dott.ssa Sofia Rotunno Presidente
Dott.ssa Francesca Romana Salvadori Consigliere rel.
Dott.ssa Carlotta Calvosa Consigliere
riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II° grado iscritta al numero 4147 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2023 e vertente
tra
elettivamente dom.ta in Roma, Via A. Sogliano 70, presso lo Parte_1
studio dell'Avv Giuseppe Ametrano che la rappresenta e difende per procura in atti
appellante in riassunzione
e
elettivamente dom.ta in Roma, Viale delle Milizie 114, presso lo studio CP_1
dell'Avv Lucia Buononato che la rappresenta e difende per procura in atti
appellata in riassunzione
e
in persona del legale Controparte_2
rappresentante,
appellato in riassunzione non costituito
c con l'intervento del Procuratore Generale
OGGETTO: riassunzione del giudizio a seguito dell'annullamento della sentenza di appello n. 1981/2020 pronunciato dalla Corte di Cassazione con ordinanza
n. 10291/2023 nel giudizio di impugnazione della sentenza del Tribunale di Roma n
104/2017, depositata il 12/9/2017
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 104/2017, definendo il giudizio introdotto il
21.9.2015 dalla per l'accertamento della quota di pensione di reversibilità a Pt_1
lei spettante quale coniuge divorziata di deceduto il 26/9/2014, ha Persona_1
ripartito detta pensione al 50% fra le due coniugi (divorziata e superstite), condannando
l' , ente erogatore del trattamento pensionistico, a corrispondere le rispettive quote CP_2
con decorrenza dal mese successivo al decesso del detratti gli eventuali Per_1
importi già corrisposti e respinte le ulteriori domande formulate dall' CP_2
Proposto appello da parte della la Corte di appello di Roma, con la sentenza CP_1
n.1981/2020 del 20.4.2020, ha accolto il gravame, rigettando la domanda proposta da
e precisato i), da un lato, che i rispettivi 2 matrimoni della Parte_1
e della con il defunto avevano avuto durata il primo dal 1967 al 1998 Pt_1 CP_1
ed il secondo dal 2003 al 2014 e, dall'altro, che alla era stato attribuito un Pt_1
assegno divorzile di lire 1.200.000 mensili e che quest'ultima non si era risposata, ii) che, successivamente al divorzio, erano intervenuti ulteriori accordi tra gli ex coniugi
dapprima, nel febbraio 2001, per la riduzione dell'assegno Parte_2
divorzile (da lire 1.200.000 a 700.000) e, poi, per la cessazione dell'obbligo nel dicembre 2002 e febbraio 2003, iii) che il Tribunale non aveva ritenuto di dover tenere conto degli accordi tra gli ex coniugi (incontestati in punto di fatto) e, in particolare, di non poter riconoscere agli stessi la volontà della di rinunciare Pt_1
definitivamente all'assegno divorzile ed ai diritti conseguenti (quale il diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità) poiché non ratificati in sede giudiziale, iv) che la giurisprudenza di legittimità ha, nel tempo, ha sempre più riconosciuto autonomia negoziale e logica contrattuale alle pattuizioni tra coniugi ove non contrastanti con esigenze di protezione di soggetti minori ovvero più deboli, evidenziando che anche la giurisprudenza resa dalle Sezioni Unite di questa Corte
(sent. n. 22434/2018) era giunta ad affermare che, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità, la titolarità dell'assegno divorzile doveva coincidere con la titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno al momento della morte dell'ex coniuge e non già come titolarità astratta del diritto all'assegno già definitivamente soddisfatto con la corresponsione in una unica soluzione, v) che, al momento del decesso del risalente al 2014, questi non corrispondeva più l'assegno Per_1
divorzile alla a oltre dieci anni, dovendosi dunque ritenere che al momento Pt_1
del decesso del non sussisteva una situazione di contribuzione periodica ed Per_1
attuale in favore dell'ex coniuge che dovesse essere continuata con l'attribuzione della quota di pensione di reversibilità.
La sentenza, pubblicata il 20.4.2020, è stata impugnata dalla con ricorso per Pt_1
cassazione, affidato a quattro motivi, cui la e l' hanno resistito. La Corte ha CP_1 CP_2
. accolto il primo motivo, ritenendo che sono validi ed efficaci gli accordi integrativi ovvero meramente specificativi del contenuto delle disposizioni già regolate in sede di omologazione ovvero nella sede della decisione degli effetti del divorzio, mentre nel caso in esame si è al di fuori di tale ambito, visto che il presunto accordo negoziale era volto ad annullare l'assegno divorzile, “senza che tale annullamento sia stato deliberato nella competente sede di revisione delle condizioni di divorzio”,
. dichiarato assorbiti i restanti motivi, rinviando a questa Corte anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
La ha citato in riassunzione la e adducendo che per “apportare Pt_1 CP_1 CP_2
consistenti modifiche” al provvedimento di riconoscimento dell'assegno divorzile
“occorre sempre un intervento giudiziale” e chiedendo il rigetto dell'appello della CP_1
e la conferma della sentenza di primo grado, con vittoria delle spese dei giudizi di merito e di legittimità.
Nel costituirsi, la ha dedotto 1) l'inesistenza di procura alle liti in quanto conferita CP_1
a srl ed al legale rappresentante della stessa invece che
Avvocato>, apposte dalla nella Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà Parte_1
(autenticata da P.U del comune di Roma nel 2015, depositata in primo grado e che si rideposita pur essendo contenuta nelle