Corte d'Appello Bari, sentenza 26/11/2024, n. 1523

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Bari, sentenza 26/11/2024, n. 1523
Giurisdizione : Corte d'Appello Bari
Numero : 1523
Data del deposito : 26 novembre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE di APPELLO di BARI
Seconda Sezione Civile in persona dei magistrati
Filippo LABELLARTE presidente
Luciano GUAGLIONE consigliere
Paolo RIZZI consigliere, relatore ha pronunziato la presente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 347 del registro generale per gli affari contenziosi di secondo grado dell'anno 2022, posta in deliberazione sulle conclusioni delle parti all'udienza del 14 giugno 2024 con contestuale concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. e vertente
TRA
INTESA SANPAOLO S.p.a. (11991500015), elett.te domiciliata in Bari, alla via Garruba n. 57, presso lo studio dell'avv. Salvatore Giammaria, che la rappresenta e difende come da procura in calce all'atto di citazione in appello;

APPELLANTE
E
NI IL ([...]), AN
IL ([...]), HE CH
([...]) e HE IL (MZZ MHL 79C17
L328M), elett.te domiciliati in Bari, alla via Dante n. 201, presso lo studio dell'avv. Vincenzo Operamolla, che li rappresenta e difende come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello;

APPELLATI oggetto: contratto di conto corrente;
appello avverso la sentenza del

Tribunale di Bari n. 29/2022 del 3 gennaio 2022
Conclusioni


All'udienza del 14 giugno 2024 i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni a mezzo delle note di trattazione scritta, riportandosi ai rispettivi scritti difensivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato in data 22.5.2015, la MA s.a.s. di
IO MA & C. (d'ora in poi – breviter – solo “MA s.a.s.”) chiese al Tribunale di Bari di condannare Banca Apulia S.p.a. al pagamento di
€51.551,00, oltre interessi, a titolo di rimborso degli addebiti sul conto corrente per bonifici non autorizzati, con vittoria delle spese processuali.
A fondamento della domanda, l'attrice dedusse di operare nel settore delle scommesse e di aver sottoscritto con la Banca convenuta un contratto di
remoto banking servizio imprese web small”, nell'ambito del quale era stata abilitata ad effettuare operazioni di pagamento online. Riferì che, in data 15.11.2013, aveva riscontrato sull'estratto conto l'addebito di due bonifici bancari, avvenuti il precedente 13.11.2013, l'uno di €49.622,50, eseguito in favore di NA ON presso l'ufficio postale sito in Cagliari,
l'altro di €1.928,50, disposto presso la Banca Monte Paschi di Castelleone in favore di tale TE LI. Precisò di non aver mai autorizzato i predetti bonifici e di non conoscere i loro beneficiari, ragion per cui, in data
15.11.2013, aveva segnalato le operazioni alla Banca e provveduto a sporgere denuncia presso la Questura di Bari. Asserì che, in pari data, la convenuta, innanzi alle rimostranze della correntista, aveva comunicato i nominativi dei destinatari dei bonifici senza, tuttavia, bloccare le operazioni
e richiedere la restituzione delle somme. Dichiarò che, nonostante la nota di diffida del 19.11.2013, l'istituto di credito non aveva fornito i dati anagrafici dei beneficiari, impedendo così l'adozione di provvedimenti cautelari nei loro riguardi, salvo invitare la cliente a rivolgersi alle autorità di polizia.
Precisò di aver osservato quanto disposto dall' art. 11 del contratto e, in particolare, di aver richiesto alla Banca il blocco del servizio con segnalazione della frode, ovvero di aver sporto regolare denuncia all'autorità competente con consegna della relativa copia all'istituto di
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credito. Concluse, quindi, di aver diritto alla rettifica delle operazioni non autorizzate e alla restituzione della somma di €51.551,00 poiché la frode telematica in suo danno era stata resa possibile a causa della violazione delle norme di sicurezza dei sistemi informatici, di cui la convenuta era stata unica responsabile.
Costituendosi Banca Apulia S.p.a. eccepì, in via preliminare,
l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento della procedura di mediazione, ovvero la nullità della citazione ex art. 164, co. IV, c.p.c., e concluse per il rigetto della domanda, vinte le spese di lite.
La convenuta osservò che, in data 15.11.2013, IO MA, recatosi presso la filiale di Trani, aveva riferito di aver scoperto sul proprio conto
l'addebito di importo pari ad €51.551,00, relativo a 2 bonifici disposti in data 13.11.2013, ad opera di terzi e a mezzo di remote banking, dalla propria postazione. Chiarì che, in pari data, il MA aveva chiesto di disporre il richiamo dei medesimi bonifici, nonché di ottenere i riferimenti dei codici iban dei beneficiari, al fine di poter procedere alla denuncia presso le competenti autorità. Spiegò che la filiale di Trani, alle ore 12:04 del 15.11.2013, sulla scorta della sola denuncia “verbale” della correntista, aveva provveduto ad avvisare prontamente l'ufficio bonifici, invitando la cliente a chiamare il numero verde del Consorzio Triveneto, che, all'epoca dei fatti, aveva fornito il servizio di remote banking, e ciò al fine di bloccare la propria postazione. Asserì di aver provveduto – sempre il 15.11.2011 - a fornire alla correntista i dati dei beneficiari delle due operazioni, integrando tali informazioni con successiva nota del 20.11.2013, oltre ad inviare, alle ore 15,11 del 15.11.2013, dei messaggi di richiamo dei bonifici, pur in assenza della formale denuncia, quest'ultima avvenuta solo alle ore 18,00 del medesimo giorno. Precisò di essersi attivata per fornire alla cliente tutta
l'assistenza dovutale e che, solo per ragioni di privacy, aveva invitato
l'attrice a rivolgersi agli istituti di credito degli stessi beneficiari, la cui autorizzazione era indispensabile per la restituzione delle somme. Osservò che, dall'elenco accessi di remote banking, era emerso che i bonifici erano
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stati disposti da una postazione coincidente con quella abitualmente utilizzata dalla MA s.a.s., ovvero che l'accesso era avvenuto alle ore
12:26 del 13.11.2013, senza alcun errore di digitazione della password, mentre la disconnessione era stata eseguita alle ore 12,45. Concluse che il presunto truffatore aveva avuto conoscenza dei codici di accesso e della password, sicchè la MA s.a.s. avrebbe dovuto ritenersi responsabile in forza degli artt. 4 n.3, 5 n.2, e 13 del richiamato contratto, non avendo essa custodito i propri codici di accesso “con la massima cura e riservatezza”.
Contestò all'attrice di non aver denunciato tempestivamente la presunta truffa, ma di avervi provveduto solo dopo due giorni la sua realizzazione, pur avendo effettuato altri nove accessi tra il 13 e il 14 novembre 2013, in occasione dei quali avrebbe dovuto visualizzare i bonifici non autorizzati.
Esperita la procedura di mediazione, con esito negativo, e istruita la causa
a mezzo prova orale e c.t.u, il Tribunale di Bari, con sentenza n. 29/2022 del
3 gennaio 2022, in parziale accoglimento della domanda, ha condannato
Banca Apula S.p.a. al pagamento in favore dell'attrice della somma di
€49.622,50, oltre interessi, nonché a rifondere le spese di lite in virtù del criterio della soccombenza.
In particolare, il primo giudice, facendo proprie le conclusioni rassegnate dal c.t.u., ha ritenuto la convenuta responsabile dell'esecuzione non autorizzata del bonifico di €49.622,50, per non aver essa segnalato tempestivamente alla correntista l'anomalia dell'operazione, in mancanza della prova contraria della colpa grave dell'attrice, “nella specie la conoscenza o conoscibilità delle operazioni nell'arco temporale compreso tra le disposizioni del 13.11.2013 e la denuncia del 15.11.2013, ossia in tempo utile per impedire il perfezionamento delle operazioni di accredito”.
Ha osservato che l'istituto di credito, oltre ad assicurare un sistema di sicurezza ad autenticazione c.d. forte, avrebbe potuto provvedere, sempre nel rispetto delle pattuizioni contrattuali, all'attivazione “di strumenti di protezione o di notifica o di allarme in tempo reale per determinate
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Pertanto, accertate le concrete modalità di esecuzione del bonifico, non avvenuta a seguito di un attacco informatico on-line, ma attraverso la sottrazione dei codici di accesso (username e password) e del pin, il
Tribunale ha ricondotto l' operazione ad una “omissione negligente nella condotta della Banca, costituita dalla mancata, o comunque non provata, segnalazione tempestiva al cliente dell'anomala disposizione del bonifico dell'importo di €49.622,50, iniziativa che avrebbe consentito al correntista di attivarsi per la tempestiva inibizione di tale operazione”.
Di contro, ha escluso la colpa grave della correntista, secondo le contestazioni mosse dalla convenuta, non essendo stata dimostrata
l'effettiva visibilità e conoscenza in tempo reale delle annotazioni contestate, nonostante gli accessi eseguiti tra il 13 e il 14 novembre (cfr. pag. 7 della sentenza: “Al riguardo, infatti, il Ctu, pur sulla base della documentazione tutta acquisita, si è espresso in termini di verosimiglianza, segnalando la “presumibile conoscenza” sulla base della tipologia del conto corrente, del tipo a consultazione giornaliera, nonché dell'esecuzione di due bonifici in data 14.11.2013, senza tuttavia poter dare certezza delle precedenti registrazioni in tempo reale”).
Avverso la sentenza, con atto di citazione del 2.3.2022, ha proposto appello Intesa Sanpaolo S.p.a., quale società incorporante Banca Apulia
S.p.a., chiedendo, preliminarmente, di dichiarare estinto il credito della
MA s.a.s. per sua tacita rinuncia;
ha concluso, quindi, per la riforma della sentenza appellata e il rigetto della domanda, ovvero, in subordine, la riduzione della condanna in considerazione del concorso di colpa della correntista, oltre alla rifusione delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
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Si sono costituiti IO MA, AN MA, HE
NA e HE MA, chiedendo il rigetto dell'appello, con vittoria delle spese di lite.
Accolta l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, all'udienza del 14 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c.
Anzitutto, va disattesa l'eccezione di estinzione del credito sollevata dall'appellante, secondo cui la MA s.a.s., per effetto della sua cancellazione dal registro delle imprese, intervenuta nelle more del giudizio di primo grado, avrebbe rinunciato alla pretesa risarcitoria avanzata nei confronti di BancApulia S.p.a.
Con sentenza n. 6070 del 2013, le SS.UU. della Suprema Corte hanno affermato il principio per cui l'estinzione della società, quale conseguenza della cancellazione dal registro delle imprese, non comporta il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, realizzandosi invece un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l'obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali;
b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono egualmente ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, ma
"con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo” (conf. Cass. civ. 2024/n.5237;
2023/n.24246;
2021/n.35646;

2018/n.19303 e 2016/n.23269).
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In coerenza con il richiamato principio, è stato di seguito precisato che la rinuncia della società ai residui attivi e le sopravvenienze attive, quali sono i crediti litigiosi riscontrabili al momento dell'estinzione della società, non può presumersi in base al solo rilievo del mancato inserimento dei suddetti crediti nel bilancio di liquidazione o della semplice cancellazione dal registro delle imprese (in termini, Cass. civ. 2021/n. 3136).
Difatti, la remissione del debito è un atto negoziale che richiede una manifestazione di volontà, anche tacita, per cui è indispensabile che “la volontà abdicativa risulti da una serie di circostanze concludenti e non equivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito, comunicati al debitore e sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato in un congruo termine, di non volerne profittare;
i requisiti della univocità e della concludenza del comportamento abdicativo che devono essere riscontrati nel comportamento della società nel momento in cui essa si cancella dal registro delle imprese, al fine di individuarvi anche la rinuncia in ordine ai diritti di credito non ancora esatti o non liquidati - devono essere valutati con particolare rigore e cautela”, di guisa che, in loro assenza, “deve essere esclusa la volontà di remissione del debito” (in tal senso, Cass. civ. 2021/n. 27894).
Pertanto, non basta presumere, come nel caso di specie, una rinuncia al diritto azionato, non ancora giudizialmente accertato nell' an e nel quantum,
a fronte di una cancellazione richiesta dal liquidatore della società ed effettuata in corso di causa, essendo la rinuncia un'evenienza solo
possibile” e non certamente automatica.
Sotto un profilo di carattere processuale, poi, è proprio la mancata dichiarazione del difensore ex art. 300 c.p.c., ai fini della interruzione del processo e la prosecuzione del medesimo, pur dopo l'avvenuta cancellazione della società, ad escludere una volontà abdicativa, essendo ragionevolmente presumibile, piuttosto, che il difensore, mandatario della società, avesse in tal senso concordato con la stessa la linea difensiva da tenere, anche nell' interesse dei soci, il cui sostrato personale riemerge
pag. 7/15 proprio nel momento della cancellazione del soggetto collettivo” (Cass. civ.
2021/n.27894, cit.).
In definitiva, la rinuncia della società ai crediti sub iudice al momento della cancellazione dal registro delle imprese si realizza solo se tale rinuncia sia espressa in modo inequivocabile, non potendo predicarsi tale volontà abdicativa ove manchino indici univoci della sua esistenza;
in tale ultima ipotesi, invece, si deve ritenere realizzato un fenomeno di tipo successorio con
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