Corte d'Appello Palermo, sentenza 24/01/2024, n. 139

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Palermo, sentenza 24/01/2024, n. 139
Giurisdizione : Corte d'Appello Palermo
Numero : 139
Data del deposito : 24 gennaio 2024

Testo completo


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Palermo, Prima Sezione Civile, riunita in camera di consiglio e composta dai signori:
1) Dott. Giovanni D'Antoni Presidente rel.
2) Dott.ssa Daniela Pellingra Consigliere
3) Dott.ssa Maria Letizia Barone Consigliere ha emesso la seguente
SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1144/2020 del R.G. di questa Corte di Appello, riassunta in questo grado di giudizio ex 392 c.p.c. da
AN AU, nato a [...], l'[...] C.F. [...], elettivamente domiciliato in Palermo, via Goethe n. 22, presso lo studio dell'Avv.
Gaetano Mario Pasqualino (C.F. [...];
gaetanomariopasqualino@pecavvpa.it) dal quale è rappresentato e difeso appellante contro
Ministero dell'Interno (C.F. 80202230589, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in Palermo, Via Valerio Villareale 6, ope legis domicilia appellato
e nei confronti di
PROCURATORE GENERALE
***
Conclusioni per l'appellante:
Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello adita, in accoglimento della domanda attrice ed applicando il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte:
1
- accertare e dichiarare il diritto dell'appellante Sig. AN AU allo status di rifugiato politico, poiché‚ la sua situazione rientra nella definizione di cui alla
Convenzione di Ginevra del 28.07.1951, ordinando alle Amministrazioni convenute l'emissione di ogni opportuno provvedimento compresa la concessione del permesso di soggiorno;

- in subordine: accertare e dichiarare il diritto dell'appellante Sig. AN AU alla protezione umanitaria di cui all'art. 5 co. 6° del D. Lgs. 286/1998;
per l'effetto ordinare alla Pubblica Amministrazione convenuta con ogni opportuna pronuncia
– in conseguenza dei suddetti accertamenti – l'obbligo, ognuno per quanto di propria competenza, di concedere all'attore un permesso di soggiorno in Italia per motivi umanitari.
Con vittoria di diritti e onorari e spese, anche del giudizio di AZ (cfr. pag.
4 della Sentenza della Suprema Corte – all.1) con distrazione in favore del sottoscritto difensore che si dichiara antistatario.
Conclusioni per l'appellato:
Voglia la Corte di Appello
Respingere l'avverso ricorso in riassunzione siccome infondato sia in fatto che in diritto.
Vinte le spese
Conclusioni per il P.G.:
Chiedo la conferma del provvedimento del Tribunale di Palermo del 6.10.2016.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso per cassazione del 05.12.2018, AN AU, cittadino del Ghana, proponeva impugnazione avverso la sentenza n. 1992/2018, dei giorni 14 settembre – 08 ottobre 2018, con cui la Corte di Appello di Palermo, Prima Sezione
Civile, confermando l'ordinanza di rigetto del Tribunale di Palermo dei giorni 6-17 ottobre 2016, gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato oltreché il permesso di soggiorno per motivi umanitari ex art. 5, co. 6, del D.lgs 286/98.
2. La Corte di AZ, con sentenza n. 10296/2020, depositata il 29 maggio
2020, in accoglimento del primo motivo di ricorso e ritenendo assorbito il secondo,
2
cassava la sentenza impugnata nella parte in cui non aveva esaminato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato alla luce delle specifiche e puntuali informazioni circa la situazione generale esistente nel Paese di origine.
In particolare, in relazione alle censure accolte, la Suprema Corte riteneva che la
Corte di Appello avesse violato le norme disciplinanti lo status di rifugiato e il diritto d'asilo per non aver citato alcuna fonte informativa a supporto della descrizione della situazione generale esistente in Ghana, richiedendosi, al contrario, che l'esame della stessa, operato dal giudice del merito, venga svolto in modo specifico e dando conto delle fonti di informazione consultate.
3. Con atto di citazione notificato il giorno 27 agosto 2020, AN AU ha riassunto la causa ex art. 392 c.p.c. innanzi a questa Corte di Appello e ha chiesto, in applicazione dei principi diritto enunciati dalla AZ, il riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, del diritto alla protezione umanitaria ex art. 5, co. 6, D. Lgs 286/1998.
Regolarmente instaurato il contraddittorio, con comparsa depositata l'11 febbraio 2021 il Ministero dell'Interno ha chiesto il rigetto dell'appello perché infondato;
il P.G. ha chiesto la conferma del provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo.
Con note del 30.08.2022 il AN AU ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione in ordine al diritto al rilascio del permesso per protezione speciale o per motivi umanitari, essendo oramai il richiedente destinatario di un permesso di soggiorno per “lavoro subordinato”.
A seguito dei chiarimenti richiesti dalla Corte con l'ordinanza dei giorni 15-20 febbraio 2023, l'appellante ha insistito, per mezzo delle note depositate il 22 giugno 2023, nei motivi e nelle conclusioni per come indicate nell'atto di riassunzione.
4. Rimessa all'udienza del 24 novembre 2023, dopo taluni rinvii dovuti a ragioni
d'ufficio, il procedimento, svoltosi secondo le modalità di cui all'art. 127 ter c.p.c.,
è stato assunto in deliberazione sulle conclusioni trascritte in epigrafe, giusta ordinanza del 27 novembre 2023, con assegnazione del termine di 20 (venti) giorni,
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ai sensi dell'art. 190 c.p.c., per il deposito della comparsa conclusionale, e di ulteriori 20 (venti) giorni per eventuali memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. Si deve, in via preliminare, chiarire che il D.L. 17 febbraio 2017 n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017 n. 46, novellando il D.Lgs. 28 gennaio 2008 n. 25, ha riformato il rito previsto per l'impugnazione dei provvedimenti in tema di riconoscimento della protezione internazionale, disponendo, all'art. 21 comma 1, che le modifiche apportate si applicano alle cause
e ai procedimenti giudiziari introdotti dopo il centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del predetto D.L. (18 febbraio 2017).
Ora, nel caso che ci occupa, l'appellante ha introdotto il presente giudizio con ricorso depositato in data 7 marzo 2016, ossia in epoca antecedente al 18 agosto
2017, data di entrata in vigore della indicata riforma, in base alla quale, secondo il disposto del comma 13° dell'art. 35 bis del D. Lgs. 28/1/2008, non è più previsto il reclamo avverso il provvedimento pronunciato dal giudice di primo grado, il quale sarà solamente ricorribile per AZ (Cass. n. 20629/2021), per tali ragioni, l'appello proposto da AN AU deve ritenersi formalmente ammissibile.
6. Tanto precisato, deve procedersi, adesso, alla disamina del primo motivo di appello, relativo alla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, alla luce dei principi di diritto enucleati dalla Suprema Corte.
In particolare, come statuito dalla Corte di AZ nell'ordinanza di rinvio,
“nei giudizi di protezione internazionale l'esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione dell'art. 8, comma 3, d. lgs. n. 25/2008, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. 11101/19)”.
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Ebbene, con l'impugnazione del provvedimento emesso dal Tribunale di
Palermo in data 6 ottobre 2016 l'appellante ha censurato la parte in cui il Giudice di prime cure, erroneamente, aveva negato il riconoscimento dell'invocata tutela internazionale connessa al riconoscimento dello status di rifugiato di cui agli artt. 7
e 8 D. Lgs. n. 251/07, e ciò avuto riguardo alla sua storia personale, narrata in sede di audizione, a torto non reputata rispondente ai requisiti richiesti ai fini del riconoscimento della tutela e nella quale, secondo la prospettazione del richiedente, erano emerse circostanze tali da far ritenere che quest'ultimo nel proprio Paese di origine fosse vittima di persecuzione per motivi religiosi.
7. Ora, ai fini del decidere, va rammentato che la disciplina sullo status di rifugiato (introdotta con la Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata in
Italia con legge 24 luglio 1954 n. 722, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, ratificato con legge 14 febbraio 1970 n. 95) ha trovato regolamentazione interna nel D. L.vo 19 novembre 2007 n. 251, che ha dato attuazione alla Direttiva 2004/83/CE, e nel D. L.vo 28 gennaio 2008 n. 25, che, a sua volta, ha dato attuazione alla Direttiva 2005/85/CE;
gli aspetti sostanziali – cioè le condizioni per l'accesso alle varie misure – sono regolati dal primo dei due decreti legislativi.
In base all'art. 2 lett. e) del D.L.vo 251/2007 si considera rifugiato “il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate
e non può, o a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione di cui all'art. 10”.
La normativa definisce, altresì, in cosa debbano consistere gli “atti di persecuzione”. Ne tratta l'art. 7 del citato D. L.vo, che, per comodità del lettore, viene di seguito riportato:
<Ai fini della valutazione del riconoscimento dello status di rifugiato, gli atti di persecuzione, ai sensi dell'art. 1 A della Convenzione di Ginevra, devono alternativamente:
5 a) essere sufficientemente gravi, per loro natura e frequenza, da rappresentare una violazione grave dei
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