Corte d'Appello Bologna, sentenza 16/05/2024, n. 1063

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Bologna, sentenza 16/05/2024, n. 1063
Giurisdizione : Corte d'Appello Bologna
Numero : 1063
Data del deposito : 16 maggio 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Bologna Prima Sezione Civile
riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati:
dott. P M Presidente
dott. A A Consigliere
dott. R L R Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel procedimento camerale in grado d'appello iscritto al n. 649/2023 R. G.,
promosso da
nato a Parma il 13 aprile 1957 ed ivi residente in Sala Parte_1
B (PR), con il patrocinio dell'avv. C N.
- appellante -
Contro
nata a Parma il 14 marzo 1956 ed ivi residente via Montebello 45, Controparte_1
con il patrocinio dell'avv. M S e dell'avv. D F.
- appellata -
IN PUNTO A: appello contro la sentenza n. 421/2023 del Tribunale di Parma.
CON L'INTERVENTO DEL Procuratore Generale che ha ritenuto di non formulare
conclusioni
La Corte


udita la relazione della causa fatta dal Consigliere dott. R L R;

udita la lettura delle conclusioni prese dai procuratori delle parti;

letti ed esaminati gli atti ed i documenti del processo, ha così deciso:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE


1-Su ricorso di , il Tribunale di Parma, con la sentenza n. Parte_1
421/2023 del 27-31 marzo 2023, dopo avere pronunciato, con precedente sentenza
parziale n. 1585/2019, la cessazione degli effetti civili del matrimonio, contratto dal
predetto e da il 19 agosto 1989, ha posto a carico di Pt_1 Controparte_1
l'obbligo di versare alla a titolo di assegno divorzile, Parte_1 CP_1
entro il giorno 5 di ogni mese, mediante bonifico bancario la somma mensile di 350,00
Org_ Euro, annualmente rivalutabile secondo gli indici ha accertato il diritto di
alla quota del 40% dell'indennità di fine rapporto, maturata da Controparte_1
, ad essa spettante ai sensi dell'art.12 bis della Legge 898/1970 e Parte_1
conseguentemente ha dichiarato tenuto e condannato l' a corrispondere alla Pt_1
l'importo corrispondente di 14.405,69 Euro, oltre interessi e rivalutazione CP_1
dal dovuto al saldo;
ha accertato il diritto di alla quota del 40% Controparte_1
della ulteriore quota di TFR percepita o percipienda dall' tramite il fondo Pt_1
;
ha dichiarato compensate per metà le spese del procedimento e condannato Org_2
l' al rimborso, in favore della della restante metà, liquidata in Pt_1 CP_1
73,00 Euro per esborsi e 3.000,00 Euro per compenso professionale, oltre spese
forfettarie, Iva e Cpa.
2. – , con ricorso depositato in data 17 aprile 2023, ha proposto Parte_1
tempestivo appello avverso la sentenza predetta, affidandolo ai seguenti motivi:
pag. 2/22
A) contraddittoria ed errata interpretazione dell'art. 5 comma 6 della Legge n.898 del
1970, nel giudizio comparativo tra le posizioni economiche e patrimoniali degli ex
coniugi;
contraddizione tra le enunciazioni di principio e l'applicazione al caso
concreto;

B) errata ed omessa valutazione delle risultanze istruttorie;

C) violazione dell'art.12 bis della Legge 898/1970, che prevede che solo il coniuge
titolare di un assegno di divorzio possa chiedere e ottenere il 40% dell'indennità totale
di fine rapporto percepita dall'altro coniuge e riferibile agli anni in cui il rapporto di
lavoro è coinciso con il matrimonio;
tardiva proposizione, da parte della CP_1
della relativa domanda;

D)erroneità della attribuzione della quota del 40% della ulteriore quota di TFR,
percepita o da percepire da esso appellante, tramite il fondo Org_2
Si è costituita e ha resistito all'impugnazione, invocandone il Controparte_1
rigetto.
E' intervenuto il Procuratore Generale, il quale ha ri tenuto di non formulare
conclusioni.
La causa è stata trattata con rito camerale e trattenuta in decisione all'udienza del 5
marzo 2024.
3. – Osserva preliminarmente la Corte che, nel giudizio di divorzio in appello, che si svolge
secondo il rito camerale, ai sensi della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4, comma 15,
l'acquisizione dei mezzi di prova, e segnatamente dei documenti, è ammissibile sino all'udienza
di discussione in Camera di Consiglio, sempre che sulla produzione si possa considerare
instaurato un pieno e completo contraddittorio, che costituisce esigenza irrinunciabile anche nei
pag. 3/22
procedimenti camerali (Cass. civ., sezione I, n. 5876 del 13 aprile 2012 e n. 11319 del 27
maggio 2005;
Cass. Civ. Sez.VI n.11784 del 8 giugno 2016).
Discende da tale principio di diritto che possono essere utilizzati tutti i documenti prodotti nel
presente grado, essendosi instaurato sugli stessi un pieno e completo contraddittorio.
Preme, d'altra parte, sottolineare che la presente controversia non è soggetta alle norme
introdotte dalla riforma c. d. “Cartabia”, posto che il giudizio di primo grado è stato introdotto
nel marzo del 2019.
4- - Venendosi, quindi, al merito della controversia, devono essere esaminati congiuntamente il
primo e il secondo motivo del gravame di , per la loro stretta connessione, Parte_1
mirando l'appellante, con tali censure alla sentenza impugnata, al rigetto della domanda di
riconoscimento di assegno divorzile, formulata da . Controparte_1
Appare opportuno ripercorrere, innanzitutto, le ragioni che hanno condotto il Tribunale a
riconoscere il diritto di all'assegno divorzile e a fissarne l'importo in Controparte_1
350,00 Euro mensili.
Il Tribunale ha, in proposito, rilevato:
-che all'assegno divorzile doveva attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura
perequativo- compensativa, che discendeva direttamente dalla declinazione del principio
costituzionale di solidarietà, dovendosi tenere conto del contributo fornito dall'ex coniuge
economicamente debole alla formazione del patrimonio familiare e di quello personale degli ex
coniugi e delle aspettative professionali sacrificate;

- che, alla luce delle allegazioni delle parti, della informativa della Guardia di Finanza e delle
risposte fornite dagli Istituti Bancari e Assicurativi emergeva palese una sproporzione reddituale
tra le parti in causa;

pag. 4/22
- che , nato nell'aprile 1957, avente il titolo di perito meccanico, in Parte_1
costanza di matrimonio, a far data dall'aprile 2001, aveva svolto attività di tecnico informatico
alle dipendenze di di Parma;
Org_3
-che lo stesso dal 1agosto 2019 risultava in quiescenza e percepiva, a titolo di pensione,
l'importo mensile di 2.552,00 Euro nell'anno 2020 e di 2.570,00 Euro nel 2021;

- che l' aveva concluso un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con Pt_1
“ in forza del quale riceveva un compenso mensile lordo Org_4 Controparte_2
di 171,00 Euro, e viveva in appartamento condotto in locazione, per un canone annuo di
7.800,00 Euro;

-che , nata nel marzo 1956, avente il diploma di maestra, in costanza di Controparte_1
matrimonio aveva lavorato quale impiegata dell' ;
Organizzazione_5
-che le buste paga prodotte evidenziavano, nel 2020, introiti netti tra 1.436,00 e 1520,00 Euro
mensili;

- che la stessa dal mese di gennaio 2021 era in quiescenza e percepiva una pensione pari a
25.065,00 Euro annui lordi;

- che dall'estratto conto in atti risultava che accreditato alla un rateo pensionistico CP_1
mensile di 1.651,00 Euro;

-che gli ex coniugi avevano provveduto alla vendita della casa familiare, ricavando l'importo di
135.000,00 Euro;

-che la con rogito del 18 gennaio 2021, aveva acquistato un appartamento al prezzo CP_1
di 130.000,00 Euro;

-che era, dunque, configurabile una sproporzione tra i redditi, che vedeva nella 'ex CP_1
coniuge economicamente più debole;

pag. 5/22
- che dalle testimonianze assunte era emerso che aveva accudito Controparte_1
personalmente ed in via esclusiva i figli e nati il 28 ottobre 1985 e il 11 Per_1 Per_2
ottobre 1990, chiedendo, per conciliare il ruolo di madre e quello lavorativo, ripetute modifiche
dell'orario di lavoro o permessi, e aveva potuto iniziare ad esercitare l'attività di esaminatrice,
che richiedeva impegni pomeridiani in aggiunta al normale orario di lavoro presso la
Motorizzazione e spostamenti per recarsi presso le scuole guida di Parma e provincia, solo nel
2006, quando i figli erano già grandi;

-che le prove orali espletate avevano, altresì, fatto emergere che era Parte_1
entrato alla come progettista meccanico e, nel corso degli anni, si era dedicato a Org_3
tempo pieno al suo lavoro, facendo carriera e diventando responsabile dei processi di
informatizzazione dell'azienda anche all'estero, tanto è vero che, oltre ad effettuare trasferte in
Org Org_ Italia, si era recato anche all'estero ( , , , ), assentandosi da casa Org_7 Org_8
per periodi di 10- 15 giorni;

-che l'istruttoria svolta aveva permesso di accertare che, fin dall'inizio del matrimonio, i coniugi
avevano concordato che lo stipendio della moglie sarebbe stato utilizzato per far fronte alle
spese per i bisogni quotidiani della famiglia, mentre quello del marito sarebbe stato messo da
parte per destinarlo ai risparmi del nucleo;

-che tale circostanza trovava riscontro nelle condizioni di separazione consensuale del 5 luglio
2018, con le quali i coniugi avevano individuato i beni da dividere;

- che, in particolare, alla era stato assegnato il deposito di cui al “conto arancio” a CP_1
lei intestato, nonché l'ulteriore somma di 80.000,00 Euro, a stralcio di ogni sua spettanza in
ordine ai risparmi comuni, e una ulteriore somma di 5.250,00, a compensazione dei valori di cui
alla assegnazione dei veicoli;

pag. 6/22
- che la aveva, nel corso del giudizio, subito un incidente stradale a seguito del CP_1
quale aveva riportato menomazioni che incidevano sulla sua capacità lavorativa specifica di
casalinga nella misura del 10%;

- che, sulla base di quanto evidenziato, poteva essere riconosciuto alla assegno CP_1
divorzile dell'importo di 350,00 Euro.


5-Fatta la superiore premessa in fatto, avendo l' censurato l'interpretazione dell'art. 5 Pt_1
comma 6 della Legge n.898 del 1970, operata dal Giudice di prime cure, occorre soffermarsi sui
principi espressi sul tema dalla sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n.18287/2018.
Con la sentenza sopra citata, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato il
principio secondo cui, ai sensi dell'art.5 comma 6 della Legge n.898 del 1970, dopo le
modifiche introdotte dalla Legge n.n.74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di
divorzio , cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari tempo compensativa
e perequativa, richiede l'accertamento della inadeguatezza dei mezzi o comunque
dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei
criteri di cui alla prima parte della norma citata, i quali costituiscono il parametro di cui
si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla
luce della valutazione comparativa delle condizioni economico - patrimoniali delle
parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita
familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex
coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto. La Suprema
Corte ha, in particolare, sottolineato” ……..L'adeguatezza dei mezzi deve, pertanto,
essere valutata, non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma
anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare in funzione della vita
pag. 7/22 familiare e che, sciolto il vincolo, produrrebbe effetti vantaggiosi unilateralmente per
una sola parte. Il superamento della distinzione tra criterio attributivo e criteri
determinativi dell'assegno di divorzio non determina, infine, un incremento
ingiustificato della discrezionalità del giudice di merito, perché tale superamento non
comporta la facoltà di fondare il riconoscimento del diritto soltanto su uno degli
indicatori contenuti nell'incipit dell'art. 5, comma 6, essendone necessaria una
valutazione integrata, incentrata sull'aspetto perequativo-compensativo, fondata sulla
comparazione effettiva delle condizioni economico-patrimoniali alla luce delle cause
che hanno determinato la situazione attuale di disparità. Inoltre è necessario procedere
ad un accertamento probatorio rigoroso del rilievo causale degli indicatori
sopraindicati sulla sperequazione determinatasi, ed, infine, la funzione equilibratrice
dell'assegno, deve ribadirsi, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita
endoconiugale ma soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex
coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa
attuale. In conclusione, alla pluralità di modelli familiari consegue una molteplicità di
situazioni personali conseguenti allo scioglimento del vincolo. Il criterio individuato
proprio per la sua natura composita ha l'elasticità necessaria per adeguarsi alle
fattispecie concrete perché, a differenza di quelli che si sono in precedenza esaminati,
non ha quelle caratteristiche di generalità ed astrattezza variamente criticate in
dottrina………….”.
Tale orientamento è stato confermato anche di recente.
La Suprema Corte ha, in particolare, evidenziato (vedi Cassazione civile sez. I - 21/02/2023,
n. 5395)che, in tema di assegno divorzile, il giudice del merito ha la possibilità di riconoscere e
pag. 8/22
di quantificare il contributo con il fine di consentire al coniuge più debole non il conseguimento
dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in
concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita
familiare, anche tenendo conto delle aspettative sacrificate e delle possibilità di miglioramento
economico ancora esistenti. L' assegno divorzile può certo essere funzionale a compensare il
coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche
occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare
nel giudizio) al fine di contribuire ai bisogni della famiglia. È il caso in cui gli ex coniugi
abbiano, di comune accordo, convenuto che uno di essi sacrificasse le proprie realistiche
prospettive professionali-reddituali agli impegni casalinghi, così da ritrovarsi, a matrimonio
finito, in una condizione menomata da questa scelta e diversa da quella a cui tale coniuge
avrebbe potuto ambire. Il che non significa che l'assegno non possa essere riconosciuto, a
prescindere dalla concordata rinuncia a occasioni professionali, anche nelle ipotesi di
conduzione univoca della vita familiare, la quale (salvo prova contraria) esprime una scelta
comune, anche se tacita, compiuta nei fatti dai coniugi. Una simile definizione di ruoli
all'interno della coppia necessita nella fase post coniugale che sia assicurato, in funzione
perequativa, un adeguato riconoscimento del contributo (esclusivo o prevalente) fornito dal
richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del
patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge (anche sotto forma di risparmio), come
espressamente prevede uno dei criteri pari ordinati previsti dall'art. 5, comma 6, L. 898/1970
(Cassazione civile sez. I - 19/02/2024, n. 4328)
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi