Corte d'Appello Bari, sentenza 21/10/2024, n. 1310
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI BARI
SEZIONE LAVORO
composta dai signori Magistrati:
Dott.ssa V O Presidente
Dott.ssa M S Consigliere
Dott. P M Consigliere relatore alla pubblica udienza del 03/10/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. 954/2023 R.G. promossa da:
rappresentata e difesa dall'Avv. LOMBARDI Parte_1
MARIAMICHELA
APPELLANTE
contro
:
rappresentato e difeso dall'Avv. LARONCA LUCA Controparte_1
BATTISTA e dall'Avv. LONGO MARIA CARMELA
APPELLATO
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con sentenza del 15.2.2023, l'adito Tribunale di Bari così statuiva sulla domanda proposta da , operatore di esercizio, par.158: Controparte_1
< a percepire durante i periodi di ferie Controparte_1
annuali, nei limiti di 28 gg., una retribuzione, inclusiva di indennità di presenza,
ulteriore indennità di presenza, indennità di interruzione turno, diaria ridotta A3, e
l'indennità agente unico / monoagente;
- condanna la società convenuta al pagamento, in favore del ricorrente, della complessiva somma di € 3.049,04, oltre accessori, a titolo di differenze retributive per il periodo intercorrente tra gennaio 2016 e dicembre 2021;
…>>.
A tale riguardo il primo giudice aveva depurato il conteggio di parte ricorrente “da quanto percepito per buoni – pasto”, in quanto “il valore dei pasti o il cd. buono pasti, salva diversa disposizione, non è elemento della retribuzione concretandosi lo stesso in una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale (Cass. civ., Sez. lav., 09/08/2016, n. 16834). Si ricade, pertanto, nel novero della esclusiva finalità di coprire spese accessorie che sopravvengano in occasione dell'espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro” (statuizione non oggetto di gravame incidentale da parte del lavoratore).
2. Con ricorso del 13.8.2023 la nterponeva Parte_1
appello.
L' appellato resisteva con apposita comparsa.
3. Con il primi quattro motivi deduce l'errata applicazione dell'art. 7 della Pt_1
Direttiva CE n. 88/2003 nonché dell'art. 2109 Cod. Civ. e dell'art. 10 del D.Lgs n.
66/2003, osservando che la direttiva citata si limita a stabilire il diritto alla retribuzione delle ferie, senza in alcun modo imporre agli Stati membri criteri prestabiliti per la relativa determinazione e tantomeno prevedendo il concetto di retribuzione omnicomprensiva o globale di fatto;
inoltre, a dire dell'appellante, il concetto di retribuzione non risulta previsto e disciplinato nel diritto comunitario ma, anzi, è espressamente escluso, né tantomeno è prevista una disposizione specifica che disciplini la retribuzione dovuta durante le ferie, posto che l'art. 7 della Direttiva CE
88/2003 cit. si limita a sancire il diritto irrinunciabile alle ferie nei limiti delle quattro settimane all'anno.
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Ancora, le disposizioni dei CCNL applicabili alla fattispecie e, in particolare, l'art. 6 del CCNL 23.7.1976, in base al quale durante i periodi di ferie al Controparte_2
lavoratore spetta la retribuzione normale di cui all'art. 6 dello stesso CCNL e successive modifiche, oggettivamente consentono al lavoratore in ferie di percepire, non già una retribuzione “appena sufficiente”, bensì una retribuzione comprendente tutte le voci c.d. fisse previste dalla contrattazione nazionale, con esclusione soltanto delle voci variabili.
La normativa contrattuale di settore inerente il calcolo della retribuzione feriale indiscutibilmente assicura quindi ai lavoratori una retribuzione del tutto equivalente a quella percepita durante i periodi di effettivo svolgimento della prestazione lavorativa, sicchè nessun contrasto con la disposizione di cui all'art. 7 della direttiva
n. 2003/88/CE sarebbe in concreto ravvisabile.
Lamenta altresì che, nel caso di specie, il complessivo ammontare degli emolumenti aggiuntivi indicati in ricorso rappresenterebbe una percentuale del tutto inidonea a dissuadere il dipendente dal fruire delle ferie, rinunciando al riposo annualmente spettategli, potendo comunque percepire nel periodo feriale tutti gli emolumenti che costituiscono la retribuzione normale, individuati dal CCNL, sicchè il trattamento retributivo assicurato nei periodi feriali non può considerarsi affatto peggiorativo rispetto a quello ordinario.
Per il resto (pagg. 16/20 dell'appello), si passano in rassegno le varie indennità riconosciute dal primo giudice, evidenziandone, da un lato, la scarsa apprezzabilità dei relativi importi, dall'altro l'insussistenza del prospettato nesso intrinseco con le mansioni svolte dall'istante e, ancora, la natura di mero rimborso spese delle indennità di diaria e trasferta.
Infine, come detto sopra, si contestava in ogni caso il quantum debeatur ed i conteggi avversi, posto che occorreva fare riferimento al solo “periodo minimo” di ferie (24 giorni lavorativi) e non al numero di ferie contrattualmente previsto e che il Tribunale era incorso in un ulteriore errore allorché aveva computato le indennità spettanti per ciascun anno sulla base di 28 giorni anche per gli anni (2018 e 2021) in cui il
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lavoratore, “sulla scorta della stessa documentazione da questa prodotta, ha usufruito di soli 27 giorni di ferie”.
4. I suddetti motivi sono solo in parte fondati per le ragioni che seguono.
4.1. Come ben chiarisce Cass. 19716/2023, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha precisato che con l'espressione "ferie annuali retribuite" contenuta nell'art. 7, n. 1, della direttiva n. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, "deve essere mantenuta" la retribuzione, con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria (nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C-350/06 e C- 520/06, Schultz-Hoff e altri).
Ciò che si è inteso assicurare è una situazione che, a livello retributivo, sia sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall'esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'Unione (cfr. C.G.U.E. e altri, C-155/10 Per_1
del 13 dicembre 2018 ed anche la causa To.He. del 13/12/2018, C-385/17).
Qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore Europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un'efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente
C.G.U.E. del 13/01/2022 nella causa C-514/20).
4.2 Sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, la S.C. ha più volte affermato che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti le ferie contenute nella direttiva
93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva
2003/88/CE, recepita anch'essa con il D.Lgs. n. 66 del 2003), per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo
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"status" personale e professionale del lavoratore (cfr. anche Cass.17/05/2019 n.
13425).
Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l'indennità sostitutiva assolve, si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo "status" personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass.
30/11/2021 n. 37589).
Proprio in applicazione della nozione c.d. "Europea" di retribuzione, nell'ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, poi, si è chiarito che, nel calcolo del compenso dovuto al lavoratore nel periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane, si deve tenere conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo integrativa e a tal fine si è ritenuta la nullità della disposizione collettiva (l'art. 10 del
c.c.n.l. Trasporto Aereo - sezione personale navigante tecnico) nella parte in cui la esclude per tale periodo minimo di ferie evidenziandosi il contrasto con il D.Lgs. n.
185 del 2005, art. 4 (decreto di attuazione della direttiva 2000/79/CE relativa all'Accordo Europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile) interpretando tale disposizione proprio alla luce del diritto
Europeo che impone di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione Europea di remunerazione delle ferie, in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l'attività lavorativa (cfr. Cass.23/06/2022 n. 20216).
“….Pertanto, qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore, come il tempo trascorso in volo per i piloti di linea, deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell'ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali.
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All'opposto, gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell'espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro, come le spese connesse al tempo che i piloti sono costretti
a trascorrere fuori dalla base, non devono essere presi in considerazione nel calcolo dell'importo da versare