Corte d'Appello Roma, sentenza 17/10/2024, n. 3453
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI ROMA
III SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA
composta da dr. Stefano Scarafoni Presidente rel. dr.ssa Maria Gabriella Marrocco Consigliere dr. Vincenzo Turco Consigliere all'udienza del 16 ottobre 2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella controversia in grado di appello iscritta al n. 1273/2022 del Ruolo generale Civile
– Lavoro e Previdenza
TRA
AN AO, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Elia e Daniela De Salvatore ed elettivamente domiciliata presso il loro studio sito in Roma, Largo Toniolo, n. 6;
APPELLANTE
E
INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, contumace;
APPELLATO
OGGETTO: appello avverso sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Roma n.
4101/2022, pubblicata in data 6 maggio 2022.
CONCLUSIONI APPELLANTE: Nel merito: in riforma della sentenza impugnata, condannare controparte alla rifusione integrale di onorari, diritti e spese di lite a favore dei sottoscritti procuratori antistatari, del giudizio di primo grado, per le motivazioni tutte espresse in narrativa;
Nel merito: accogliere la domanda attorea qualificando SO
l'oggetto di contestazione del debito, per le motivazioni tutte espresse in narrativa;
D) con vittoria di onorari, diritti e spese di lite a favore dei sottoscritti procuratori antistatari per il presente grado di giudizio.
Fatto e diritto
1. IA AO propone, in data 3 maggio 2021, ricorso al giudice del lavoro del Tribunale di Roma convenendo in giudizio l'Inps per sentir pronunciare l'inesistenza degli indebiti pari a € 903,24 e € 288,23 pretesi dall'istituto convenuto.
La ricorrente allega di essere co-erede della madre GI AM, titolare della pensione SO n. 27861919 e di aver ricevuto, in data 1° aprile 2021, una nota dell'Inps in cui le comunicava che “per il periodo dal 01/01/2011 al 30/11/2013 ha ricevuto un pagamento non dovuto sulla pensione cat. SO n. 27861919 per un importo complessivo di euro 903,24 per i seguenti motivi: sono state riscosse rate di prestazione in misura superiore a quella spettante in quanto l'importo dei redditi è superiore ai limiti stabiliti dalla legge. È stata corrisposta la maggiorazione sociale o l'aumento sociale della pensione non spettante a causa del possesso di redditi di importo superiore ai limiti stabiliti dalla legge”.
Allega di aver ricevuto, in pari data, altra nota dall'Istituto, di identico contenuto, per un importo pari ad € 288,23 e relativo al periodo dal 1° gennaio 2010 al 31 ottobre 2012.
Deduce di non aver ricevuto alcuna comunicazione da parte dell'Inps anteriormente al 1° aprile 2021.
In diritto sostiene la prescrizione del debito per la parte anteriore al 1° aprile 2011 e la maturata decadenza ex articolo 13 legge n. 412/1991.
Sostiene l'inesistenza dell'indebito per la violazione del principio di clare loqui da parte dell'Inps, con la conseguente impossibilità di contraddire nel merito da parte della ricorrente.
Conclude allegando come, in ogni caso, si tratta di indebito irripetibile data la natura previdenziale dello stesso, sottoposto a regime derogatorio rispetto alla disciplina ex articolo 2033 c.c. ai fini di tutelare il percettore in buona fede della prestazione previdenziale, anche nel caso di sopravvenuta carenza del requisito reddituale.
Si costituisce l'Inps contestando quanto da controparte sostenuto e chiedendo il rigetto del ricorso.
2. Ad esito di istruttoria documentale il Tribunale di Roma accoglie il ricorso dichiarando irripetibili le somme erogate fino al provvedimento che ha accertato
l'indebito e compensando le spese di lite.
La sentenza oggi impugnata preliminarmente qualifica la prestazione per cui l'Inps avanza richiesta di restituzione dell'indebito come di natura assistenziale.
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Rigetta, quindi, la richiesta di accertamento dell'intervenuta prescrizione e decadenza ex articolo 13 legge n. 412/1991 perché la ricorrente non ha nemmeno dedotto di aver presentato regolarmente dichiarazione dei propri redditi, né ha altrimenti dimostrato i redditi percepiti.
Continua, poi, il giudice a quo richiamando i principi espressi dalla Suprema Corte nella ordinanza n. 13223/2020 secondo cui, per l'indebito assistenziale, si deve escludere la ripetizione quando vi sia una situazione idonea a generare un affidamento in buona fede del percipiente, tra cui rientra anche l'ipotesi della carenza dei requisiti reddituali. La restituzione è dunque possibile solo a far tempo dal provvedimento di accertamento del venir meno dei requisiti, salvo il dolo dell'assistito.
3. Avverso tale decisione propone l'odierno appello la IA sulla base di un unico motivo d'impugnazione.
Nonostante regolare notifica, l'Inps non si è costituito.
3.1. Con l'unico motivo d'appello la IA lamenta la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per l'ingiusta compensazione delle spese di lite.
Si duole, inoltre, che nella parte motiva il giudice a quo abbia erroneamente qualificato
l'oggetto dell'indebito come prestazione assistenziale e non, invece, previdenziale, nonostante si tratti di pensione di reversibilità cat. SO.
4. L'appello è fondato.
4.1. La sentenza impugnata,
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