Corte d'Appello Milano, sentenza 22/03/2024, n. 69

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Milano, sentenza 22/03/2024, n. 69
Giurisdizione : Corte d'Appello Milano
Numero : 69
Data del deposito : 22 marzo 2024

Testo completo

N.R.G. 1008/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI MILANO
SEZIONE LAVORO
Composta da
Dott. Giovanni Picciau Presidente
Dott. Roberto Vignati Consigliere
Dott. Andrea Onesti Giudice Ausiliario – relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 524/2023 estensore Dott.ssa
Julie Martini promossa da
IP SI AR (C.F. [...]), rappresentata e difesa dall'avv. ANDREA
ZAMBRANO e dall'avv. CLAUDIO ZAMBRANO ([...]) elettivamente domiciliata in
MILANO, LARGO AUGUSTO 3, presso il primo difensore
APPELLANTE
CONTRO
INPS - ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE (C.F. 80078750587), con il patrocinio dell'avv. VIVIAN CRISTIANA (c.f. [...]), elettivamente domiciliato in
MILANO, VIA M.E.G. SAVARE' 1 (Ufficio Legale Distrettuale INPS) presso il difensore
APPELLATO
CONCLUSIONI
PER L'APPELLANTE
Riformare integralmente la sentenza del Tribunale di Milano n° 524/2023 pubblicata l'11/4/2023 e per
l'effetto;

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a) Ritenere e dichiarare che l'assegno di pensione INPS categoria SDAI n. 06358852 è pienamente cumulabile con i redditi della ricorrente prodotti nell'anno 2019 con condanna dell'INPS a ricostituire
l'importo dell'assegno mensile di pensione dal 1° gennaio 2020 nella misura di euro 3.831,18 lordi;

b) Condannare l'INPS al pagamento in favore della ricorrente dell'importo lordo di euro 8.067,10 relativo alla decurtazione sugli assegni di pensione che ha trattenuto successivamente al 31.5.2022;

c) Condannare l'INPS al pagamento in favore della ricorrente dell'importo netto della somma di euro
2.103,36 che, a decorrere dal mese di febbraio 2022, le è stato trattenuto dall'INPS sugli assegni di pensione a titolo di “recupero credito” e degli ulteriori importi che l'INPS ha trattenuto a tale titolo successivamente al 31.5.2022.
d) Condannare l'INPS al pagamento in favore della ricorrente dell'importo di euro 1.500,00 ex art. 96
c.p.c.
o della diversa somma che, anche in via equitativa, dovesse essere ritenuta di giustizia.
- Il tutto con interessi come per legge dalla singola trattenuta al saldo;

Con vittoria di spese e compensi di lite.
PER L'APPELLATO rigettare l'appello e per l'effetto rigettare il ricorso proposto in primo grado da IA IA PA in quanto infondato e sfornito di prova.
Con vittoria di spese ed onorari, anche ai sensi dell'art. 96 cpc. Salvo ogni altro diritto.
Con riserva di ogni ulteriore deduzione di merito ed istruttoria che si rendesse necessaria od opportuna in relazione alle deduzioni di controparte o d'ufficio, e con riserva di produrre gli eventuali documenti utili che dovessero pervenire dai competenti uffici amministrativi.
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza n. 524/2023 pubblicata in data 11.04.2023 il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso promosso da PA IA IA

contro

INPS, condannando parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell'ente convenuto. Con ricorso depositato in data 06.05.2022 l'odierna appellante -titolare di assegno di pensione ai superstiti categoria SDAI n. 06358852- aveva adìto il Tribunale lamentando che
l'INPS, con provvedimento in data 8.11.2021, le aveva comunicato che, sulla base dell'esame della dichiarazione dei redditi dell'anno 2019, aveva riscontrato una situazione di "incumulabilità con i redditi prevista dall'articolo 1, comma 41 della legge 335/1995 per le pensioni di reversibilità” e che pertanto, con riferimento al periodo gennaio 2020 – novembre 2021, le erano state corrisposte quote non spettanti di pensione ai superstiti per complessivi euro 28.098,96 al lordo delle ritenute. Sulla base di tale ricalcolo
l'Istituto previdenziale aveva perciò, con decorrenza 1.1.2020, ridotto l'importo dell'assegno mensile di pensione portandolo dagli originari euro 3.831,18 ad euro 2.660,39 ed aveva chiesto la restituzione dell'importo netto di euro 23.137,15, da effettuarsi con trattenuta sull'assegno mensile di pensione per 44
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rate mensili. La ricorrente sosteneva la nullità del provvedimento Inps e quindi l'insussistenza dell'indebito, data la permanenza del requisito reddituale per mantenere l'intero trattamento;
infatti, la stessa aveva dichiarato per l'anno 2019 un reddito complessivo di euro 51.226,00 così composto: euro
49.641,00 pensione di reversibilità SDAI (ex INPDAI), ed euro 1.585,00 reddito da fabbricati (abitazione principale non soggetta a IMU) con l'effetto che il reddito imponibile ai fini IRPEF era stato di soli euro
49.641,00 in quanto il reddito da fabbricati relativo all'abitazione principale era reddito soggetto a tassazione separata e ad imposta sostitutiva non assoggettabile a IRPEF, quindi non cumulabile ai fini della determinazione dell'importo della pensione.
La ricorrente precisava anche di avere percepito nel corso del 2019 redditi di capitale soggetti a imposta sostitutiva del 26% per complessivi euro 35.228,00 e minusvalenze assoggettate ad imposta sostitutiva per euro 3.940,00, redditi che comunque non rilevavano ai fini della riduzione della pensione.
Si costituiva ritualmente l'INPS contestando gli assunti avversari. Gli ulteriori redditi percepiti dalla PA nel 2019 e ritenuti non cumulabili con la pensione sono quelli assoggettati ad imposta sostitutiva e precisamente quelli contenuti nel quadro RM della dichiarazione reddituale (redditi soggetti a tassazione separata ed a imposizione sostitutiva) ovvero “redditi mobiliari da fonte estera” pari ad euro 35.228,00.
Sosteneva la legittimità del provvedimento impugnato, dal momento che, a seguito di verifica dei redditi percepiti dalla ricorrente nel 2019, era emerso che la stessa aveva superato il limite reddituale previsto per tale anno.
Il primo Giudice respingeva il ricorso, rilevando che la normativa di riferimento (art. 1, comma 41, della
Legge n. 335/95) prevede: “… Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, nei limiti di cui all'allegata tabella F …”. Tale tabella indica tre fasce di reddito, rapportato al trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ed in relazione a tali fasce determina la quota percentuale di decurtazione della pensione ai superstiti, introducendo pertanto un limite alla cumulabilità tra la pensione ai superstiti e i redditi del beneficiario, senza ulteriori specificazioni
e senza esclusione di determinate tipologie di reddito.
Inoltre, “il messaggio n. 4023 del 5-10-16 dell'Inps -applicabile ratione temporis- ha annullato e sostituito integralmente l'allegato n. 1, Tabella 2 della Circolare Inps n. 195/2015.
La nuova tabella, che contiene l'elencazione delle tipologie di reddito che influiscono su ciascuna prestazione previdenziale/assistenziale, al punto 11, relativo alla “incumulabilità della pensione ai superstiti con i redditi, art. 1, comma 41, l. n. 335/1995 e s.m. e i.”, contempla espressamente “redditi da terreni e immobili diversi dalla casa di abitazione (Italia-estero)” e “redditi di capitale (Italia-estero)” e
“dividendi, redditi di partecipazione in società e imprese”.
pagina 3 di 12 Correttamente, pertanto, l'Inps ha computato nei redditi della ricorrente i redditi indicati nei quadri RM,
RT e RW”.
Con atto depositato in data 10/10/2023 PA IA IA ha proposto appello, insistendo per la riforma della sentenza di primo grado, con i seguenti motivi.
Con il primo motivo di appello (Ingiustizia della sentenza per erronea valutazione di allegazioni e prove di parte appellante - Erronea valutazione da parte del Tribunale della Circolare INPS n. 195 del 30.11.2015 del Comunicato INPS 28.9.2016 e del Messaggio INPS n° 4023 del 5.10.2016) viene lamentata l'erronea lettura data dal primo Giudice al messaggio INPS n. 4023 del 5.10.2016, dal momento che la “Rilevanza
11” (cioè il punto 11 dell'elenco dei redditi rilevanti ai fini della riduzione della pensione) indica un requisito fondamentale, che il Tribunale ha trascurato. La rilevanza 11 indica infatti testualmente: “Altri redditi assoggettabili all'IRPEF (assegni di sostentamento, redditi di capitale (Italia-estero), dividendi, redditi di partecipazione in società e imprese)” riguardando quindi tale rilevanza esclusivamente “Altri redditi soggetti ad IRPEF.” e non, come nel caso dei redditi della sig.ra PA “redditi di capitale e plusvalenze assoggettate ad imposta sostitutiva”. Il primo Giudice quindi, denuncia parte appellante, è arrivato a conclusioni in contrasto con quanto indicato dalle Circolari e dai Messaggi dell'INPS omettendo di considerare che la Rilevanza 11 prevede espressamente redditi soggetti ad IRPEF e non, come nella presente causa, redditi assoggettati ad imposta sostitutiva del 26%.
Con il secondo motivo di appello (Erroneo convincimento del Tribunale in merito a fatti ritenuti dallo stesso non contestati – Erronea valutazione degli atti delle parti in merito alla percentuale di incumulabilità della pensione) PA impugna il capo della sentenza in cui il Tribunale ha così statuito:
“In particolare, come ha spiegato nella memoria di costituzione, l'Inps ha fatto riferimento ai redditi da prestazione conseguiti nello stesso anno e ai redditi diversi conseguiti nell'anno precedente, ai sensi dell'art. 13, comma 6, della l. n. 122/2010, che ha modificato l'art. 35, commi 8 e 9, della l. n. 14/2009.
Del resto, la ricorrente non ha contestato la ricostruzione del reddito operata dall'Inps, se non per quanto riguarda la computabilità di alcune tipologie di reddito”.
Sul punto la Sig.ra PA lamenta l'inaccurato esame operato dal primo Giudice nella valutazione degli atti e dei documenti prodotti.
A pagina 10 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado nel capitolo “I redditi da capitale soggetti ad imposizione sostitutiva e le plusvalenze assoggettate ad imposta sostitutiva del 26%” aveva indicato i redditi dalla stessa realizzati nell'anno 2019 nella seguente misura: quali plusvalenze euro 35.228,00;
quali minusvalenze euro 3.940,00,
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