Corte d'Appello Lecce, sentenza 12/03/2024, n. 202

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Lecce, sentenza 12/03/2024, n. 202
Giurisdizione : Corte d'Appello Lecce
Numero : 202
Data del deposito : 12 marzo 2024

Testo completo

r.g. 989/2019
n. 989/2019 R.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce – Sezione 2a civile – composta dai Signori:
1) Dott.ssa Raffaella Brocca - Presidente
2) Dott.ssa Consiglia Invitto - Consigliere
3) Avv. Eugenio Scagliusi - Giudice Ausiliario Estensore sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 4 Aprile 2023 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. 989/2019 R.G., promossa da
RO LA (C.F.: [...]) e RO AL (C.F.:
[...]), rappresentati e difesi dagli avv.ti NI Tommaso De Mauro e Carlo
Caniglia;

APPELLANTI contro
AL MA IA (C.F.: [...]), rappresentata e difesa dagli avv.ti
MAlaura Lapenna, Alberto Lapenna, Silvia Lapenna
APPELLATA – APPELLANTE INCIDENTALE nonché
RO TA, in qualità di erede di RO ON, contumace
ALTRA APPELLATA
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da note di trattazione scritte depositate per l'udienza di precisazione delle conclusioni del 04.04.2023.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
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r.g. 989/2019
Con atto di citazione notificato il data 10.03.1994 i coniugi LA OR e AL SE, premesso di aver acquistato da NI OR la piena proprietà di un fondo rustico con annessi fabbricati in
Carovigno, alla C.da Montecaliolo, denunziavano aver constatato come MA OS LI ne detenesse una porzione (una zona olivetata materialmente separata dal resto del fondo, nonché due stanze facenti parte del fabbricato rurale e di una striscia di terreno retrostante detto fabbricato) e che, vieppiù, la stessa LI nel Maggio 1993 avesse asportato circa 30 “camions” di terra, opponendosi peraltro al rilascio di quanto detenuto e così impedendo ai nuovi proprietari ogni opera di trasformazione della azienda agricola acquistata, oltre al restauro ed utilizzazione della casa rurale. Per tali ragioni adivano il
Tribunale di BR chiedendo dichiarare MA OS LI detentrice abusiva e senza titolo di quanto in premessa, con sua condanna al rilascio ed al risarcimento dei danni;
con condanna al pagamento delle spese di lite.
La convenuta OS MA LI si costituiva in giudizio deducendo come la Sezione Speciale per la
Riforma Fondiaria di Puglia Lucania e Molise in data 01.04.1963 avesse assegnato a AN OR un podere in agro di Carovigno e che l'assegnatario, con contratto di mantenimento o contratto di vitalizio alimentare del 01.10.1965, dunque anteriormente all'integrale pagamento del prezzo in favore dell'Ente di Riforma, avesse alienato il relativo ius ad rem al figlio AN, che in corrispettivo si obbligava
a fornire al padre vitto, alloggio ed assistenza per tutta la durata delle vita, oltre che a pagare i canoni annuali ed a condurre materialmente l'azienda agricola. In virtù di tale alienazione, sul podere in oggetto si costituiva un consorzio associativo di persone tra AN OR, suo figlio AN ed il coniuge di questi, essa convenuta OS MA LI, il fratello IU ed i figli dei coniugi OR –
LI, con reciproca assistenza, solidarietà, comunione e, soprattutto, l'esercizio in comune dell'attività agricola. Deceduto il 22.12.1969 AN OR, OS LI riferiva di aver proseguito nella conduzione dell'azienda agricola unitamente al proprio coniuge, AN OR, deceduto il 05.09.1980.
Da quel momento, la conduzione del podere da parte di OS MA LI, d'intesa con i cognati, veniva limitata dalla zona olivetata separata dal residuo fondo rustico dalla strada comunale, dalle due stanze facenti parte del fabbricato rurale e dalla striscia di terreno retrostante il fabbricato;
tutta la restante parte veniva riservata ai cognati, per quanto di fatto essa OS MA ne proseguisse la gestione. La convenuta precisava come l'Ente di Riforma con lettera del 30.09.1998 avesse invitato solo i cognati, NI, AR,
AN e IU OR, figli superstiti di AN OR, alla designazione dell'erede per il subentro nel rapporto di conduzione ed assegnazione, di seguito assegnandolo ad NI OR con rogito del
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19.05.1990 e poi autorizzandolo alla vendita formalizzata successivamente in favore dei signori LA
OR e AL SE. Così precisati i fatti di causa, la convenuta rivendicava i diritti derivanti dalla permanenza sul fondo della sua famiglia e sua propria (in quanto coniuge superstite di AN OR) ininterrottamente a far data dal 1965 dinanzi all'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura di BR, così esperendo il tentativo di conciliazione previsto dall'art.46, l. n. 203 del 03.05.1982. Nel contempo, costituendosi in giudizio la convenuta formulava domanda riconvenzionale ed eccepiva la competenza della
Sezione Specializzata Agraria a conoscere la controversia;
deduceva la qualità di erede (in concorso con i suoi cinque figli) del marito subentrato insieme agli altri fratelli nel patrimonio del defunto AN
OR e che come tale doveva partecipare al procedimento di subentro attivato dall'Ente di Riforma, procedimento dunque nullo per rilevato difetto di notifica, riverberandosi la nullità anche sul successivo assenso alla vendita del podere;
chiedeva dichiararsi la nullità di tale vendita;
chiedeva chiamarsi in causa
l'alienante;
gradatamente, chiedeva condannarsi gli attori e l'alienante NI OR al pagamento dell'indennizzo per le migliorie apportate al fondo, con riconoscimento del diritto di ritenzione sino all'effettivo versamento di quanto dovutole.
Con ordinanza del 26.04.2000 il Tribunale rigettava la eccezione preliminare di incompetenza del
Tribunale Ordinario.
OS MA LI proponeva regolamento di competenza avverso detta ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, che con sentenza n. 9081 del 20.02.2001 lo rigettava confermando la cognizione del
Tribunale di BR in composizione ordinaria.
Gli attori LA OR e AL SE riassumevano a mezzo ricorso.
OS MA LI eccepiva l'estinzione del giudizio per essere stato riassunto a mezzo ricorso e non già a mezzo citazione ed in violazione dei termini a comparire, depositando comunque il proprio atto di intervento nel quale spiegava difese – anche nel merito – e richieste probatorie.
Rilevata la possibilità di definire il giudizio in via preliminare, il Tribunale invitava le parti a precisare le conclusioni ed, eseguito detto adempimento anche nel merito, la causa veniva riservata.
Con sentenza n. 780 del 01.10.2002 il Tribunale rigettava la eccezione di estinzione del giudizio e, pronunziando nel merito, in accoglimento della domanda di LA OR e AL SE dichiarava
OS MA LI detenere senza titolo i beni oggetto della domanda giudiziale, così condannandola al rilascio;
accoglieva la domanda di risarcimento danni proposta dagli attori, per l'effetto condannando
OS MA LI al pagamento, in loro favore, in solido, di Euro 1.600,00 oltre interessi dalla
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domanda al soddisfo;
condannava, infine la convenuta al pagamento delle spese di giudizio.
OS MA LI impugnava detta sentenza riproponendo l'eccezione di estinzione del processo nel rilievo che la riassunzione, dopo l'emanazione della sentenza sul regolamento di competenza, avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi dell'art. 125 c.p.c. e quindi con atto di citazione e non già con ricorso, peraltro con le conseguenze di nullità derivanti il mancato rispetto degli artt. 163 e 164 c.p.c., non senza ribadire come comunque fosse spirato il termine di sei mesi previsto dal rito. Nel merito, reiterava tutte le proprie domande, ragioni ed eccezioni, chiedendo dichiararsi la nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio con NI OR, rigettarsi la domanda principale, accogliersi la domanda riconvenzionale di nullità del contratto di trasferimento del fondo;
subordinatamente, riconoscersi i propri diritti di indennizzo e migliorie.
Si costituivano in giudizio gli appellati LA OR e AL SE, opponendo le avverse contestazioni.
La Corte di Appello con sentenza n. 485 del 02.09.2004, superate le eccezioni riguardanti l'estinzione del processo, esposta in motivazione la inidoneità del provvedimento dell'Ente di Riforma del 19.05.1990 e,
a conseguenza, la nullità del procedimento di subentro e la nullità derivata del contratto di vendita intercorso tra il subentrante (NI OR) ed i coniugi LA OR e AL SE, posto in essere da soggetto privo della qualità di “assegnatario subentrato”, affermava la qualità di litisconsorte necessario in capo ad NI OR poiché, a monte della declaratoria sulla validità o nullità della compravendita, occorreva un intervento giudiziale caducatorio con efficacia costitutiva del provvedimento di subentro. Per tal ragione la Corte dichiarava la nullità della sentenza e rimandava le parti davanti al Primo Giudice.
LA OR e AL PO proposero ricorso per la cassazione di tale sentenza;
resistette con controricorso OS MA LI.
Tuttavia la LI senza attendere il giudizio di legittimità, riassumeva la causa dinanzi al Tribunale di
BR integrando il contraddittorio con TA OR, figlia unica di NI OR, deceduto, che rimaneva contumace.
Con sentenza n. 816 del 26.09.2007 il Tribunale di BR dichiarava improponibile l'atto di riassunzione della LI in ragione della pendenza del giudizio di Cassazione.
Questa sentenza venne impugnata dalla LI e la Corte di Appello adita
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