Corte d'Appello Firenze, sentenza 08/11/2024, n. 517

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Firenze, sentenza 08/11/2024, n. 517
Giurisdizione : Corte d'Appello Firenze
Numero : 517
Data del deposito : 8 novembre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano La Corte di Appello di Firenze Sezione lavoro nelle persone dei Magistrati: dr. F B Presidente, relatore dr. E T Consigliera dr. S C Consigliera nella causa iscritta al n. 419/2023 RG, proposta da

Parte_1 avv. C C, E N appellante nei confronti di
Controparte_1 avv. F S appellato
Avente ad oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Firenze, quale giudice del lavoro, n. 15/2023, pubblicata il 12.1.2023.
All'udienza del 26 settembre 2024, con separato dispositivo, ha emesso la seguente
S E N T E N Z A
Il Tribunale di Firenze, con la decisione oggi impugnata, ha accolto il ricorso del lavoratore contro il suo datore di lavoro, ed ha Controparte_1 Parte_1 dichiarato il suo diritto alla inclusione di alcune voci retributive variabili nella base di calcolo della retribuzione in godimento durante il periodo di godimento delle ferie.
Si tratta, in particolare, della:

1. indennità di turno ex art. 5 lettera a) dell'A.N. 21/5/1981;

2. indennità lavoro domenicale ex art. 5 lettera b) dell'A.N. 21/5/1981;

3. indennità turno 18 metri;

4. premio evitati sinistri;

5. indennità vendita e informazioni;

6. indennità mansione controllo/conducente;

7. indennità forfettaria ritardi;

8. compenso biglietti a bordo.


Il lavoratore ricorrente ha dedotto la illegittimità delle norme contrattuali nazionali e degli accordi aziendali che escludono la computabilità di tali emolumenti ai fini del calcolo della retribuzione feriale ed ha chiesto, quindi, la condanna di Parte_1 al pagamento in suo favore delle conseguenti differenze retributive.
La domanda del lavoratore si basa sul presupposto che l'esclusione di tali voci variabili dalla base di calcolo della retribuzione dovuta durante il periodo di ferie (26 giorni all'anno) determini una riduzione del compenso ricevuto tale da produrre un effetto dissuasivo, ossia da poter indurre il lavoratore a non fruire delle ferie a lui spettanti.
Il Tribunale di Firenze ha accolto la sua domanda del lavoratore ricorrente sulla base dei seguenti argomenti:
La Direttiva 88/2003 art. 7 ha fissato un concetto di retribuzione nel periodo feriale di natura
“teleologica” e considerata quindi l'esigenza che le condizioni economiche in godimento durante il periodo feriale debbano essere “paragonabili” a quelle del periodo di lavoro affinché il lavoratore non venga “dissuaso” dall'esercitare il proprio diritto alle ferie annuali, in caso di retribuzione composta anche da componenti variabili, queste ultime devono entrare a far parte della retribuzione spettante nel periodo di ferie quando per esse sussista un rapporto di funzionalità (“nesso intrinseco”) con le mansioni e ne sia compensato un “incomodo” oppure siano correlate allo status personale o professionale del lavoratore.
Tutte le indennità rivendicate, lungi dal coprire spese sostenute in occasione dell'espletamento della prestazione lavorativa, presentano un “nesso intrinseco” con le mansioni di “operatore di esercizio” svolte dal ricorrente.
Ad eccezione della indennità di lavoro domenicale (versata al ricorrente con una certa continuità solo negli anni 2013, 2014 e 2016, non corrisposta negli anni 2018-2020 – tranne gennaio 2018 – e riconosciuta solo saltuariamente negli altri anni), le altre voci sono state corrisposte con continuità, essendo state riconosciute pressoché ogni mese.
Per quanto riguarda l'effetto dissuasivo della riduzione della retribuzione durante il periodo feriale, il primo Giudice osserva che: non è persuasiva la ricostruzione fatta dalla resistente, che ha atomizzato le singole voci, indicando la percentuale di incidenza di ciascuna di esse rispetto alla complessiva retribuzione annuale lorda percepita dal ricorrente e quantificando la complessiva incidenza nel 4%.
Invero, tale incidenza deve essere verificata mettendo in relazione valori omogenei, relativi al medesimo intervallo.
In questo senso, ben più indicativo è stato il raffronto operato dal ricorrente tra l'importo lordo (e non netto) riconosciuto in buste paga “feriali” (intendendo per esse quelle che presentano periodo di ferie fruiti continuativamente) e buste paga “non feriali” (vd. pagg. 6 ss. note autorizzate), da cui risulta che l'importo complessivo delle componenti variabili oscilla da € 53,68 (busta paga “feriale”) ad € 155,78 (busta paga “non feriale”) oppure da € 45,98 (busta paga “feriale”) ad € 137,50 (busta paga “non feriale”), con una differenza senz'altro significativa in rapporto alla retribuzione mensile lorda percepita (circa € 2.000,00 – € 2.400,00) e tale da non rendere “paragonabile” a quest'ultima l'importo percepito durante il periodo feriale, così da realizzare un serio rischio che il lavoratore sia indotto a non prendere le proprie ferie.
Il Tribunale ha altresì ritenuto, citando la Cass. 26246 del 2022, non operante la prescrizione quinquennale dei crediti azionati nel corso del rapporto sul presupposto che “Il rapporto di lavoro indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92 del 2012 e del D. Lgs. n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di prederminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento dell'entrata in vigore della L n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948 n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”. ppella la sentenza, chiedendone la riforma, con in seguenti motivi. Parte_1
Secondo a sentenza appellata è errata laddove ritiene che l'esclusione Parte_1 delle indicate voci economiche dalla base di calcolo della retribuzione spettante durante il godimento delle ferie sia illegittima. Precisa parte appellante che la materia della retribuzione è sottratta alla competenza dell'Unione Europea e che la citata Direttiva 88/2003 non pone un principio di omnicomprensività del trattamento dovuto durante le ferie. La Direttiva, come chiarito dalla giurisprudenza, pone solo una FINALITA' ossia quella di evitare che una drastica riduzione della retribuzione durante le ferie possa indurre i lavoratori a rinunciare al riposo spettante. In questo senso, il nostro ordinamento (diversamente da quello inglese, ad esempio) fissa il principio della irrinunciabilità delle ferie e questo già garantisce l'effetto dissuasivo voluto dalla Direttiva (unitamente al fatto che sono previste sanzioni per il datore di lavoro che non consenta il godimento delle ferie ai suoi dipendenti).
Del resto, precisa parte appellante, il lavoratore oggi appellato ha regolarmente goduto delle ferie spettanti senza che la (minima) riduzione della retribuzione lo abbia dissuaso dal farlo.
Secondo la giurisprudenza, poi, il trattamento previsto durante le ferie deve essere
“paragonabile” a quello percepito quando si lavora ma non necessariamente identico. Nel nostro ordinamento, la determinazione del trattamento retributivo è rimessa alla contrattazione collettiva e ad essa i è attenuta. Parte_1
Con il secondo motivo, contesta la sentenza appellata laddove afferma Parte_1 il riconoscimento delle indennità richieste, senza che il lavoratore abbia provato che il mancato computo delle indennità oggetto di giudizio abbia negativamente inciso sull'effettivo esercizio del diritto alle ferie né che le indennità richieste abbiano le peculiari caratteristiche enucleate dalla CGUE. Infatti, secondo la Corte di Giustizia, in presenza di una retribuzione composta da una parte fissa ed una variabile, nella base di calcolo della retribuzione spettante durante le giornate di ferie, le voci variabili devono essere “prese in considerazione” laddove sussista un rapporto di funzionalità
(il cd. nesso intrinseco) con le mansioni e ne compensino un incomodo, ovvero siano correlate allo status personale o professionale del lavoratore.
Restano correttamente esclusi dal computo – sempre secondo la CGUE - i costi occasionali o accessori che insorgono in occasione dell'esecuzione dei compiti che incombono al lavoratore secondo il suo contratto di lavoro, dove per “costi occasionali” si intende le spese rimborsabili che di per sé non hanno natura retributiva.
Parte appellante si duole del fatto che il primo Giudice in alcun modo motivi le caratteristiche delle indennità che le ricollegherebbero intrinsecamente alle mansioni. Il Tribunale omette qualsiasi riferimento alla contrattazione collettiva che contiene invece la descrizione delle indennità e la specificità della composizione della retribuzione. Al contrario, dall'esame delle norme contrattuali, emerge chiaramente che, nelle giornate di ferie, il CCNL non si limita a garantire la cd. paga base, ma la implementa attraverso ulteriori elementi della retribuzione, ad eccezione delle indennità saltuarie e variabili, in cui rientrano quelle rivendicate dal lavoratore. Il
Tribunale non considera, secondo parte appellante, che la retribuzione feriale del lavoratore è “paragonabile” a quella percepita in giornate lavorative e a volte è addirittura superiore, come più volte evidenziato dalle difese dell'azienda, difese che però non sono state esaminate, né analizzate dal Giudice.
Con il terzo motivo, vengono esaminate le singole voci retributive e le norme contrattuali che le regolano, per evidenziare come esse siano prive del suddetto nesso
(intrinseco) con la professionalità del lavoratore ricorrente. In particolare, l'appello si sviluppa in modo specifico per l'indennità di e quella 18 metri. CP_2
Con il quarto motivo, contesta il metodo di calcolo con il quale il Parte_1
Tribunale di Firenze ha quantificato l'incidenza delle voci in
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