Corte d'Appello Roma, sentenza 27/09/2024, n. 3072

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Roma, sentenza 27/09/2024, n. 3072
Giurisdizione : Corte d'Appello Roma
Numero : 3072
Data del deposito : 27 settembre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
IV SEZIONE LAVORO
La Corte, composta dai signori magistrati:
- dott. A N Presidente
- dott.ssa G P Consigliere rel.
- dott.ssa A L Consigliere
all'udienza del 24 settembre 2024 ha pronunciato la presente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 774/2021 R.G. vertente
TRA
, in persona del legale rappresentante pro tempore, Parte_1
rappresentato e difeso dagli Avv.ti G Z e G G, con cui elettivamente domicilia in Roma, al Viale Giuseppe Mazzini n. 88
APPELLANTE
E
, rappresentata e difesa dagli Avv.ti G B e T B B, CP_1
presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla Piazza Eschilo n. 37
APPELLATA
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, n.
5756/2020 pubblicata il 30/9/2020


Conclusioni delle parti: come in atti.
IN FATTO E IN DIRITTO

1. Risulta dagli atti che in data 9.3.2017 il e la ex dipendente Parte_1
1
stipulavano un verbale di conciliazione giudiziale, nel quale così pattuivano, per CP_1
quanto di interesse: Co offre alla signora nell'ambito del complessivo intento conciliativo a titolo di CP_1 incentivo all'accettazione del licenziamento alla stessa intimato la somma netta di euro 20.900,00, oltre l'ulteriore somma di euro 100,00 metti a titolo di transazione ex art. 1965 c.c. ed a saldo e stralcio di ogni pretesa” (punto 2);

le Parti si danno atto che alla sig.ra sono ancora dovuti gli importi da ultimo CP_1
cedolino paga (ferie non godute;
permessi retribuiti non goduti;
ratei di mensilità supplementari,

TFR, indennità di mancato preavviso), per un totale di Euro 132.495 lordo comprendente anche
Org_ eventuali quote accantonate presso il Fondo Tesoreria e per un importo netto di Euro
55.065,21;
il fornirà alla sua ex lavoratrice la documentazione di Parte_1 legge attestante la suindicata ritenuta fiscale effettuata
” (punto 3);
Co
la signora dichiara di accettare quanto offerto da l punto 2 che precede - per i CP_1
titoli espressamente indicati – e, ritenendosi completamente soddisfatta, dichiara di rinunciare – salvo quanto previsto al punto 3 che precede - ad ogni domanda, proposta nel succitato giudizio.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, la signora rinuncia, quindi, ad ogni diritto e pretesa CP_1 dipendente dall'impugnazione giudiziale del licenziamento alla stessa intimato, ad eccezione dei danni eventualmente riconosciuti all'esito di un instaurando giudizio di demansionamento e di mobbing, e di ogni altra pretesa connessa con tale futuro procedimento giudiziario nonché con quello relativo alle domande di differenze retributive, compreso il TFR, e maggiorazione di livello ed ogni danno biologico, esistenziale, patrimoniale ed indennità relativi, nonché delle domande azionate con il ricorso proposto dalla sig.ra dinanzi il Tribunale Civile di Roma, in funzione di Giudice CP_1
del Lavoro e recante n. di RG 24073/2016, nonché infine, in merito all'indennità dovuta per ferie maturate e conteggiata dalla ricorrente nella misura di dodici (12) ulteriori rispetto a quelli conteggiati da per il medesimo titolo” (punto 4);
CP_3
FI si impegna a corrispondere l'importo di cui al punto 3 che precede entro due giorni dalla stipula del presente verbale mediante bonifico bancario da effettuarsi presso le coordinate già note al partito;
in caso di ritardato o mancato pagamento entro tale termine potrà agire CP_1 immediatamente e forzatamente per l'importo dovuto, corrispondente al suddetto importo lordo di €

132.495,09, nei confronti del , valendo il presente verbale di Parte_1 conciliazione quale titolo esecutivo” (punto 6).
A causa del mancato pagamento delle somme concordate al punto 3 suindicato,
[...]
azionava in via esecutiva il predetto verbale di conciliazione giudiziale ed interveniva in CP_1 diverse procedure pendenti nei confronti del Movimento politico . Quest'ultimo Parte_1
2
proponeva opposizione innanzi al giudice dell'esecuzione ex art 615 c.p.c. nei confronti della ex dipendente e di altri creditori intervenuti. Riunite le procedure esecutive a quella CP_1
iscritta al n. 1346/16 R.G., il giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 14.12.2019 sospendeva
l'esecuzione promossa dalla limitatamente alla somma di euro 6.747,74 ed assegnava termine CP_1
per la riassunzione del giudizio di merito.
Con ricorso del 13.2.2020 il riassumeva il giudizio di merito Parte_1
innanzi al Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, chiedendo, nel merito, di accertare e dichiarare – con riferimento alla procedura esecutiva iscritta al n. 1349/2016 R.G. innanzi al Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro - che il diritto di credito di ammontava CP_1
alla somma netta di euro 55.065,21, ovvero alla somma lorda di euro 79.075,18. A sostegno dell'opposizione deduceva che l'importo lordo di euro 132.495,09, indicato nell'ultimo cedolino paga richiamato dal verbale di conciliazione, comprendeva somme già corrisposte alla ex dipendente o già Org_ versate all' e che figuravano in detto cedolino a fini meramente contabili. In particolare, la somma di euro 6.747,74 a titolo di contributi a carico dei lavoratori dipendenti e di contributo di previdenza
Org_ complementare era già stata versata all' mentre la somma di euro 38.835,00 lordi, a titolo di anticipazione del TFR richiesta dalla era già stata erogata a marzo 2014. CP_1
si costituiva in giudizio deducendo che: - non vi era prova del pagamento dei CP_1
contributi nella misura di euro 6.747,74;
- i pagamenti effettuati dal Parte_1
prima della sottoscrizione del verbale di conciliazione sia in favore della ex dipendente che in favore dell'ente previdenziale erano comunque superati dall'accordo raggiunto in sede di conciliazione giudiziale. Sosteneva, altresì, l'intervenuta cessazione della materia del contendere a seguito del provvedimento di assegnazione delle somme pignorate e sollevava, poi, alcune eccezioni preliminari: la nullità della procura alle liti depositata nel fascicolo telematico asseritamente senza la dovuta asseverazione di conformità all'originale;
la nullità della notifica del ricorso eseguita presso il domicilio eletto piuttosto che presso la residenza della parte;
la nullità del ricorso perché non notificato anche agli altri creditori pignoranti o intervenuti nelle procedure esecutive;
la tardività dell'opposizione (da qualificarsi come proposta ai sensi dell'art 617 c.p.c.) perché effettuata oltre il termine di 20 giorni normativamente previsto. In definitiva, chiedeva il rigetto dell'opposizione e la conferma del proprio credito anche per la somma rispetto alla quale il giudice dell'esecuzione aveva disposto la sospensione dell'esecuzione.
All'esito del giudizio, il giudice del lavoro, con sentenza n. 5766/2020 pubblicata il 30 settembre 2020, respinte le eccezioni preliminari proposte e ritenuta tempestiva l'opposizione, non concernente la regolarità formale degli atti esecutivi, ma il quantum del credito azionato, rigettava
l'opposizione stessa, condannando la parte opponente al pagamento di metà delle spese di lite, per la
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residua quota compensate.
Avverso tale decisione proponeva appello il Movimento politico per i seguenti Parte_1
motivi:
1) “Sulla illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata con riferimento ad un fatto decisivo della controversia e sulla nullità della sentenza per violazione della norma di cui al secondo comma dell'art. 101 cod. proc. civ.”: secondo la parte appellante la sentenza impugnata è viziata nella parte in cui, pur ritenendo accertata l'avvenuta anticipazione di parte del trattamento di fine rapporto e pur ritenendo che tale importo anticipato fosse stato riportato nella ultima busta paga con “davanti il segno meno”, ha ritenuto che non vi fossero sufficienti riscontri del fatto che tale importo (già anticipato ed indicato con segno negativo) dovesse essere in realtà considerato meramente figurativo e scomputato dal “totale competenze” indicato in busta paga;
indipendentemente dal carattere figurativo o meno dell'importo, il giudice “avrebbe comunque dovuto dare rilievo unicamente alla circostanza del conteggio della detta somma tra le voci costituenti il complessivo lordo “totale competenze” di cui all'ultimo cedolino paga”, così da accertare il necessario scomputo del predetto dato numerico dall'importo da corrispondere all'odierna appellata. Inoltre, il giudice avrebbe posto a fondamento della decisione una circostanza di fatto - ossia la presenza del “segno meno” vicino ad altre voci contabili inserite nell'ultimo cedolino de quo di cui non è stato richiesto lo scomputo dalla somma dovuta in sede di esecuzione - non sollevata da alcuna delle parti in causa, senza sollecitare il contraddittorio sulla stessa;

2) “Sulla violazione del principio di non contestazione di cui agli articoli 115 e 416 cod. proc. civ.”: la sentenza impugnata, secondo il appellante, sarebbe errata laddove, pur avendo Parte_1 ravvisato la fonte del credito per cui è causa nell'ultima busta paga e non già nel verbale di conciliazione (privo di valore novativo sul punto), non ha ritenuto accertata e pacifica - sebbene non contestata - la circostanza di fatto consistente nella corresponsione di un'anticipazione del TFR e
l'inserimento di detta somma all'interno del computo del complessivo importo indicato come “totale competenze” nell'ultimo cedolino, quale elemento contabile meramente figurativo e da scomputare;

3) “Sulla violazione degli articoli 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ.”: secondo parte appellante la sentenza impugnata sarebbe errata nella parte in cui non ha tenuto conto che dalla documentazione prodotta risulta la corresponsione di un'anticipazione del trattamento di fine rapporto maturato dall'odierna appellata, donde la necessità di detrarre tale somma dal computo del complessivo importo indicato sotto la voce “totale competenze” dell'ultimo cedolino paga;

4) “Sulla violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. nonché degli artt. 1988 e 2697 cod. civ.”: secondo parte appellante, anche laddove, per assurdo, il avesse errato Parte_1 nell'individuare la somma dovuta alla ex dipendente a titolo di spettanze di fine rapporto, comunque
4
il Tribunale - in applicazione di quanto previsto dall'art. 1988 cod. civ. - avrebbe dovuto ritenere fornita la prova contraria, avente ad oggetto la circostanza di fatto consistente nella avvenuta corresponsione di un'anticipazione del TFR, donde lo scomputo di tale importo già corrisposto;

5) “Sulla violazione degli articoli 61, 112 e 132 del codice di procedura civile”: il credito riconosciuto nel verbale di conciliazione era pari a 55.065,21 euro netti;
la sentenza, secondo il
Movimento appellante, ha errato allorché non ha accertato la mancata corrispondenza dell'importo lordo rivendicato dalla con la somma netta effettivamente dovuta, “somma che identifica CP_1
l'unico diritto di credito vantato dalla sig.ra – così come riconosciuto nel titolo esecutivo su CP_1 cui si controverte - al netto delle ritenute di legge”. Il primo giudice avrebbe altresì errato nel non ammettere, immotivatamente, l'istanza di espletamento di una consulenza tecnica, finalizzata alla lettura del documento contabile di cui si discute;
tale indagine avrebbe consentito di accertare
l'effettivo perimetro economico” del credito azionato;

6) “Sulla violazione degli articoli 2727, 2729 e 2697 cod. civ.”: la sentenza impugnata sarebbe, infine, errata in quanto il giudice non ha ritenuto provato l'avvenuto pagamento, da parte del
, della quota dei contributi previdenziali posti a carico della ex Parte_1
dipendente scomputando detta somma dal credito lordo azionato ex adverso.
Pertanto, la parte appellante chiedeva di riformare la sentenza impugnata ed accogliere il ricorso introduttivo del primo grado, accertando e dichiarando che il diritto di credito azionabile da nei confronti del , con riferimento e nell'ambito della CP_1 Parte_1
procedura esecutiva di cui n. 1349/2016 R.G. incardinata dinanzi al Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell'esecuzione, risulta pari all'importo lordo di euro 79.075,18 o ad altra somma di giustizia e, per l'effetto, disporre la restituzione degli importi conseguiti dalla ex dipendente in eccedenza rispetto al diritto di credito effettivo.
Si costituiva in giudizio la quale innanzi tutto evidenziava che il titolo CP_1
esecutivo contestato, in parte, ex adverso consisteva nel verbale di conciliazione del 9.3.2017, sottoscritto in pari data alla presenza del giudice del lavoro del Tribunale di Roma, che definiva il giudizio proposto dalla contro il licenziamento subito (R.G. 31821/2016) e una serie di altre CP_1
domande e richieste relative al rapporto lavorativo intercorso tra le parti. Tanto premesso, deduceva che, “mantenendo l'ovvia adesione a quanto deciso nel merito dal giudice di primo grado”, trattandosi di opposizione a un titolo esecutivo, al giudice spettava solo di valutare se il creditore avesse correttamente azionato il titolo nella fase esecutiva secondo quanto statuito e pattuito nello stesso atto;
nessun sindacato di merito competeva, invece, al giudice dell'opposizione all'esecuzione, chiamato solo a verificare la persistente validità ed efficacia per an e quantum, di tale titolo.
Pertanto, sosteneva che non risultava corretto il confronto effettuato dal primo giudice tra la
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busta paga e il verbale di conciliazione;
la validità ed efficacia del titolo, infatti, sia per l'an che per il quantum, andavano analizzate sulla base degli accordi contenuti nel verbale;
pertanto, utte le somme versate prima del 9.3.2017 da controparte sia alla dipendente che agli enti preposti CP_1 erano “superate” dall'accordo raggiunto e anche la somma di euro 6.474,74, sospesa dal giudice dell'esecuzione andava riconosciuta in favore della creditrice.
Tanto premesso, la parte appellata eccepiva l'inammissibilità del gravame ex art 348 bis c.p.c. in quanto non sussisteva, nemmeno in parte, una ragionevole probabilità di essere accolto. Ribadiva che l'impugnazione era tutta incentrata sull'esame delle voci e dei dati che componevano l'ultima busta paga della mentre il titolo esecutivo era costituito dal verbale di conciliazione. CP_1
Deduceva, altresì, che in assenza di opposizione agli atti esecutivi (ex art. 617 c.p.c.) avverso
l'ordinanza di assegnazione e nei confronti di quella del 14.12.2019 di definizione della fase cautelare, il giudizio di merito non poteva focalizzarsi sul resto dell'importo assegnato poiché controparte risultava decaduta dalla possibilità di contestare la complessiva assegnazione, con passaggio in giudicato di tale provvedimento, donde la cessazione della materia del contendere per tutte le somme non vincolate dal giudice dell'esecuzione.
Sosteneva, quindi, l'inammissibilità della domanda di restituzione delle somme già assegnate
e così concludeva: “- Confermare in toto la sentenza n. 5756/2020 del Tribunale di Roma, Sez.
Lavoro, …;

- Rigettare l'impugnazione proposta ex adverso in quanto destituita di fondamento sia in fatto che in diritto nonché inammissibile e non proponibile nei termini di cui alle varie articolazioni e motivi illustrati in narrativa;

- In via preliminare e pregiudiziale dichiarare la cessazione della materia del contendere per la parte restante dell'importo assegnato (indicato nel verbale di conciliazione), derivante dall'esclusione del solo importo di € 6.747,74;

- In via preliminare e pregiudiziale dichiarare l'inammissibilità e decadenza del proposto giudizio di merito poiché esperito in assenza di contestazione ed opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione del G.E.;

- Nel merito, per il rigetto integrale delle domande contenute nell'atto di appello avversario
e di tutte le richieste, anche istruttorie, formulate in quanto infondate per la relativa inconferenza e genericità delle argomentazioni proposte, con ogni conseguente provvedimento ed effetto di legge;

- In via preliminare e pregiudiziale, dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione proposta ex art 348 bis c.p.c. per la evidente assenza di una ragionevole probabilità di essere accolta;
con vittoria di spese da distrarsi in favore dei procuratori antistatari”
.
All'udienza del 24 settembre 2024, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata decisa
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mediante lettura del dispositivo di seguito riportato.
2. Preliminare ad ogni altra questione è il rilievo della mancata integrazione del contraddittorio, nel giudizio di primo grado, nei confronti dei terzi pignorati.
2.1. Risulta, infatti, dagli atti che nell'ambito della procedura esecutiva n. 1349/2016 R.G.E.
- da cui è scaturito il giudizio di opposizione all'esecuzione definito dal Tribunale capitolino, in funzione di giudice del lavoro, con la sentenza oggi gravata - vi sono stati pignoramenti presso terzi, anche, per quanto in questa sede rileva, nell'interesse di CP_1
E invero, dall'ordinanza di assegnazione del 2.3.2020, prodotta dalle parti, risulta che il giudice dell'esecuzione in parte ha assegnato, anche all'odierna appellata, le somme vincolate presso terzi e per il resto ha disposto “che il terzo pignorato mantenga il vincolo sulle restanti CP_4 somme in attesa della definizione del giudizio di opposizione all'esecuzione proposto dal
[...]
nei confronti di … e ”. Parte_1 CP_1
Risulta per tabulas che al giudizio di primo grado (che ha ad oggetto l'opposizione all'esecuzione dell'intero credito fatto valere da non solo quello la cui assegnazione CP_1
è stata sospesa dal giudice dell'esecuzione) hanno partecipato esclusivamente il debitore (
[...]
) e il creditore ( , non già i terzi pignorati, che risultano essere - Parte_1 CP_1
Contr per quanto risulta dall'ordinanza di assegnazione suindicata - oltre alla per CP_5
l'importo di euro 127.240,30 (salvo altri, da individuarsi a cura delle parti, sulla scorta degli atti del giudizio di esecuzione, al momento della riassunzione).
Orbene, con la pronuncia n. 13533 del 18 maggio 2021, la Corte di Cassazione - superando il precedente orientamento a mente del quale il terzo pignorato non è parte necessaria nel giudizio di opposizione esecutiva, qualora non sia interessato alle vicende processuali relative alla legittimità e alla validità del pignoramento dalle quali dipende la liberazione dal relativo vincolo, potendo assumere, invece, tale qualità solo quando abbia un interesse all'accertamento dell'estinzione del suo debito per non essere costretto a pagare di nuovo al creditore del suo debitore (cfr. Cass., sez. 3,
05/06/2020, n. 10813) - ha statuito che il terzo pignorato deve essere considerato parte necessaria nei procedimenti di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi sempre e senza alcuna distinzione per ragioni sia di sistema, sia di semplicità, sia di coerenza. A tale approdo la Corte è pervenuta osservando, in particolare, che, da tempo, il concetto di ‹‹interesse›› è stato ampliato in modo così ampio tanto «da ricomprendervi tutte le ipotesi più frequenti e rilevanti», tanto che si è ammesso
l'intervento del terzo giustificato dalla volontà di controllare la destinazione delle somme pignorate
o di sostenere le ragioni dell'opponente, nonché se ne è ritenuta necessaria la chiamata in causa quando l'opposizione abbia ad oggetto l'invalidità del pignoramento o l'illegittimità dell'ordinanza
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dichiarativa dell'inefficacia di esso (Cass., n. 13533/2021, cit.).
Si è, pertanto, ritenuto che il terzo pignorato sia sempre un litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione all'esecuzione od agli atti esecutivi, perché egli è destinatario, in ragione del pignoramento, di una serie di obblighi, ossia di astenersi da certe attività, o di compierne altre (artt.
545 e 546 cod. proc. civ.), e che tali obblighi persisteranno o verranno meno in base all'esito dell'opposizione eventualmente proposta, di talché l'esito di questa non può mai dirsi indifferente per il terzo pignorato. Ciò comporta che, seppure in punto di fatto possa accadere che il terzo non abbia interesse all'esito dell'opposizione, in punto di diritto un interesse del terzo ad interloquire sulla fondatezza dell'opposizione esecutiva e ad essere reso direttamente partecipe degli esiti del giudizio sussiste sempre, quale che dovesse essere l'atteggiamento da questi assunto dopo il pignoramento
(Cass., sez. 3, 21/03/2022, n. 9000).
A tale indirizzo, al quale successivamente si è uniformata la giurisprudenza della Suprema
Corte (v., tra le altre, Cass., sez. 3, 27/09/2021, n. 26114;
Cass., sez. 3, 14/12/2021, n. 39973;
Cass., sez. 3, 13/04/2022, n. 12075;
Sez. L, Ordinanza interlocutoria n. 23756 del 2022;
Cass., sez. 3,
23/06/2022, n. 20318;
Sez. 3, Ordinanza n. 2810 del 2024;
Sez. 3, Ordinanza n. 19554 del 2024;
Sez.
3, Ordinanza n. 20878 del 2024), occorre dare continuità.
E ciò anche in considerazione del fatto che lo stesso ha trovato ulteriore conferma nel provvedimento del Presidente Aggiunto della Corte di Cassazione che, in data 28-29/11/2023, ha – con ampia ed articolata motivazione – rigettato un'istanza di parte di assegnazione della questione alle Sezioni Unite, fondata sulla pretesa sussistenza di un contrasto, osservando che l'esposto orientamento, dopo la statuizione di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13533 del 18/05/2021, è stato
«applicato, in maniera ferma e costante, dalla successiva giurisprudenza della Corte, assumendo i connotati dell'indirizzo consolidato».
Peraltro, nel caso di specie, sussiste evidentemente l'interesse dei terzi a partecipare al giudizio, se si considera che si discute, tra l'altro, dell'eventuale cessazione della materia del contendere in ordine al credito azionato in sede esecutiva per effetto dell'avvenuto pagamento delle somme assegnate con ordinanza ex art. 553 cod. proc. civ. (cfr. per un caso analogo Sez. 3, Sentenza
n. 13350 del 2024).
Nella specie, come innanzi evidenziato, il giudizio innanzi al Tribunale si è svolto a litisconsorzio non integro, il che ne determina la nullità, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del giudizio;
si impone, pertanto, la rimessione della causa al giudice di primo grado a norma dell'art. 354 c.p.c.
2.2. È appena il caso di evidenziare che, trattandosi di questione processuale rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del processo, non opera l'art. 101 c.p.c..
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E invero, costituisce ius receptum che, in tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell'art.
101, comma 2, c.p.c., se rilevate d'ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l'esercizio delle domande giudiziali (cfr. ex multis Sez. 6 -2, ordinanza n. 17456/2022;
Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 7356 del 07/03/2022;
Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 6218 del 04/03/2019;
Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19372 del
29/09/2015).
3. Le spese di lite del grado possono essere compensate, sussistendo gravi ed eccezionali ragioni rilevanti ex art. 92 c.p.c., rappresentate dall'essere stato il gravame definito a seguito di risoluzione di questione rilevata d'ufficio dal Collegio, sulla scorta di un orientamento della giurisprudenza di legittimità, ormai pacifico, ma maturato successivamente all'instaurazione del giudizio di primo grado e consolidatosi nel corso del presente grado.
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