Corte d'Appello Bologna, sentenza 16/05/2024, n. 1056
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA In Nome del Popolo Italiano CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA II sezione civile
Composto dai Sigg. Magistrati:
-dott. Giampiero FIORE Presidente rel.
-dott.ssa Anna AR ROSSI Consigliere
-dott.ssa Bianca AR GAUDIOSO Consigliere
ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile di APPELLO iscritta al ruolo al n. 470/2020 R.G., trattenuta in decisione all'udienza del 24.1.2023 e promossa DA: GENERALI ITALIA s.p.a. rappresentata e difesa dall'Avv. Coliva Massimo ed elett.te dom.ta in Bologna presso il suo Studio. Appellante CONTRO EN IS rappresentata e difesa dall'Avv. Casini Paride ed elett.te dom.ta presso il suo Studio in Modena. Appellata e appellante incidentale
AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA POLICLINICO DI MODENA rappresentata e difesa dagli Avv.ti Leoni Mario e Calabrese Claudio ed elett.te dom.ta presso lo Studio del secondo in Bologna. Appellata e appellante incidentale
GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA U.S.L. N.16 DI MODENA e REGIONE EMILIA-ROMAGNA rappresentate e difese dall'Avv. Fazio Domenico e Micele Antonella ed elett.te dom.ta presso il loro Studio in Bologna. Appellate e appellanti incidentale
ITALIANA ASSICURAZIONI s.p.a. contumace
avverso la sentenza n. 2167/2017 emessa dal Tribunale di Modena e pubblicata il 10.2.2020.
Conclusioni delle parti: Le parti precisano le conclusioni come da separati fogli allegati al verbale della relativa udienza.
Motivi
-In primo grado, EN IS conveniva in giudizio dinanzi al
Tribunale di Modena la GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA U.S.L. N. 16 DI
MODENA, l'AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA POLICLINICO DI MODENA, la REGIONE EMILIA-ROMAGNA per ottenere il risarcimento dei danni procurati dalla gravosa vicenda sanitaria che aveva coinvolto la madre, PP AR LU, per condotte mediche colpose in occasione di due interventi chirurgici, il primo in data 22.6.81, il secondo nel 2006, a seguito del quale il 16/6/06 la PP decedeva. Specificamente, la EN, unica figlia ed erede della PP, esponeva che quest'ultima, in data 22.6.1981, era stata sottoposta ad intervento chirurgico di asportazione per leiomioma del fondo gastrico presso la Divisione di Chirurgia d'Urgenza del
Policlinico di Modena – in gestione, all'epoca, degli Istituti Ospedalieri di Modena – Ente Ospedaliero Generale Regionale – e, nel corso dell'operazione, era stato lacerato il legamento gastro- colico e recisa l'aorta addominale, con conseguente copiosa emorragia e successiva sutura dell'aorta stessa, a causa della quale si era quindi reso necessario, secondo l'attrice, somministrare alla paziente 13 unità di sangue intero. La EN allegava che, tuttavia, la trasfusione era avvenuta con sangue infetto, senza gli opportuni controlli e le adeguate modalità operative del caso, e che la madre aveva così contratto un'infezione da HCV, della quale aveva primo riscontro di positività durante il ricovero del luglio 1992 presso la Divisione Gastroenterologia del Policlinico di Modena, da cui veniva dimessa con diagnosi di epatite cronica HCV positiva cirrotizzata.
Deduceva l'attrice che il quadro clinico della madre si era poi aggravato nel corso degli anni con le tipiche complicanze riconducibili alla situazione discrasica della cirrosi – quali fibrillazione atriale permanente, ipertensione portale scompensata con varici esofago-gastriche ed encefalopatia portosistemica, litiasi colecistica, erisipela della gamba sinistra, insufficienza mitralica e tricuspidale. Per tali ragioni, la EN sosteneva l'insorgenza dell'epatopatia HCV fosse correlata all'intervento di emotrasfusione e, quindi, alla recisione dell'aorta e tale assunto
a dire della stessa trovava riconoscimento anche da parte della
Commissione Medica Ospedaliera Seconda del Ministero della Difesa. A causa poi dei postumi invalidanti derivanti dall'epatopatia contratta, rappresentava ancora la EN in atto di citazione che la PP era stata costretta ad interrompere l'attività lavorativa presso l'Istituto Charitas da cui si era dimessa a decorrere dell'1.9.1981, accedendo poi ad un trattamento pensionistico. Ancora, esponeva la EN che, in data 10.5.2006, la PP era stata nuovamente ricoverata presso il Reparto di Gastroenterologia
del Policlinico di Modena con diagnosi di “addominalgia in cirrosi epatica HCV correlata” e il 29.5.2006 era stata sottoposta ad operazione chirurgica per colecistectomia laparatomica;
in fase intraoperatoria ed in assenza di qualsivoglia informativa ed accettazione da parte della paziente, disattendo il diverso parere terapeutico del personale sanitario che l'aveva in cura,
l'operatore chirurgo aveva deciso di eseguire, contestualmente alla colecistectomia laparotomica, un intervento di derivazione coledoco-duodenale extranatomica che, a dire dell'attrice, era inappropriato ed eccessivamente gravoso in presenza di un quadro generale critico e compromesso.
Asseriva l'attrice che, in conseguenza di questo e delle complicanze post-operatorie, la PP era stata sottoposta nuovamente ad un intervento chirurgico in data 9.6.2006 per il posizionamento di punti per il consolidamento dell'anastomosi e il lavaggio di materiale biliare endoperitoneale e che, nei giorni successivi, le sue condizioni avevano visto un ulteriore progressivo peggioramento, nonostante il ricovero in terapia intensiva, con sviluppo di insufficienza epatica e renale, sino a quando la medesima, in data 19.6.2006, era deceduta nel contesto di uno scompenso multiorgano. Pertanto, concludeva la EN per la condanna al risarcimento della somma complessiva di €1.868.727,87 o quella diversa di giustizia, oltre rivalutazione e interessi, in solido fra i convenuti o, in subordine, in relazione a quanto riferibile a responsabilità diretta di ciascuno.
-Si costituiva in giudizio l'AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA
POLICLINICO DI MODENA contestando le pretese attoree poiché infondate, anche specificamente all'intervento di sua competenza del 2006.
-Anche la REGIONE EMILIA-ROMAGNA e la GESTIONE LIQUIDATORIA
DELL'UNITA' SANITARIA LOCALE N. 16 DI MODENA si costituivano congiuntamente in giudizio contestando le domande formulate nei loro confronti in quanto infondate. In via preliminare, eccepivano l'intervenuta prescrizione della domanda risarcitoria avanzata dalla EN iure successionis.
Nel merito, contestavano le pretese attoree sul piano causale circa la sussistenza di un nesso causale tra i trattamenti trasfusionali e la trasmissione del virus HCV.
Quanto all'intervento eseguito nel 2006, la REGIONE e la GESTIONE LIQUIDATORIA osservavano che la cirrosi epatica di cui aveva sofferto la PP non fosse ascrivibile alla condotta dell'UNITÀ
SANITARIA LOCALE N. 16 DI MODENA e che, quindi, anche qualora fosse valutata come concausa materiale dell'evento, non poteva essere considerata come fattore rilevante sul piano giuridico.
Domandavano inoltre, in via subordinata, di accertare e dichiarare che GENERALI ITALIA s.p.a. e ITALIANA ASSICURAZIONI s.p.a. fossero tenute a manlevare le stesse e, per l'effetto, condannarle a tenerle indenni di tutte le domande svolte nei loro confronti.
-Chiamata in causa, si costituiva anche la compagnia assicurativa
GENERALI che, fra le sue difese, contestava l'operatività del contratto di garanzia era rimasto operante dal 31.12.1978 al
31.12.1988 e che la copertura assicurativa riguardava i sinistri verificatisi in questo arco temporale, dovendosi quindi escludere che l'errore commesso nell'intervento del 2006 rientrasse nell'ambito di operatività della garanzia;
deduceva inoltre che l'obbligazione era soggetta ai limiti dei massimali pattuiti, richiamando il contratto per ogni limite ed esclusione, riportandosi per il resto alle eccezioni e difese delle Aziende convenute.
-ITALIANA ASSICURAZIONI s.p.a. che anche veniva chiamata in causa rimaneva contumace.
-Con la gravata sentenza, il Tribunale accoglieva la domanda attorea nei limiti seguenti.
In primo luogo, il Tribunale rilevava che non erano state contestate le circostanze storiche in punto di fatto inerenti le prestazioni sanitarie cui la PP si era sottoposta e, quanto alla valutazione della condotta dei sanitari e alla loro incidenza causale, richiamava l'accertamento tecnico preventivo che era stato disposto prima del presente giudizio.
Reputato l'ATP coerente con quanto emerso dal parere del 9.1.2003 del Centro Militare di Medicina Legale di Bologna, il Tribunale riteneva dimostrato che il contagio da virus HCV era avvenuto in conseguenza dell'errore professionale verificatosi durante l'intervento, che aveva reso necessaria un'emotrasfusione urgente intraoperatoria con l'utilizzo di unità di sangue intero, con ciò determinandosi un incremento del rischio da contagio nella misura del 70%, rispetto alla normale percentuale di rischio propria dell'intervento. Esclusa l'esistenza di possibili fonti alternative di contagio, da tali valutazioni il Tribunale inferiva la sussistenza di un diretto nesso di causalità tra l'errore professionale chirurgico e il contagio.
Pur ritenendo non incolpevole l'ignoranza del rischio da parte dell'ente dal momento che l'intervento verificato ad inizio anni Ottanta, il giudice, quanto alle conseguenze del contagio, riteneva che il diritto al risarcimento dei relativi danni si era
prescritto, come pure era stato argomentato dai convenuti, dal momento che la PP aveva avuto piena conoscenza del danno nel ricovero del luglio 1992.
In dettaglio, il primo giudice valutava ampiamente decorso il termine decennale di prescrizione con riguardo alle voci di danno iure hereditario della defunta PP, ma non relativamente al danno iure proprio vantato da parte attrice che, quale unica figlia, aveva sempre convissuto con la madre, prestandole assistenza e aveva subito, oltre alla sofferenza psichica per lo stato di salute della madre, condizionamenti e limitazioni sul lavoro, nella vita personale e nelle relazioni sociali;
quest'ultima voce di danno non patrimoniale era liquidata in sentenza in termini equitativi con l'ammontare complessivo di
€196.000,00.
Accertate le
Composto dai Sigg. Magistrati:
-dott. Giampiero FIORE Presidente rel.
-dott.ssa Anna AR ROSSI Consigliere
-dott.ssa Bianca AR GAUDIOSO Consigliere
ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile di APPELLO iscritta al ruolo al n. 470/2020 R.G., trattenuta in decisione all'udienza del 24.1.2023 e promossa DA: GENERALI ITALIA s.p.a. rappresentata e difesa dall'Avv. Coliva Massimo ed elett.te dom.ta in Bologna presso il suo Studio. Appellante CONTRO EN IS rappresentata e difesa dall'Avv. Casini Paride ed elett.te dom.ta presso il suo Studio in Modena. Appellata e appellante incidentale
AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA POLICLINICO DI MODENA rappresentata e difesa dagli Avv.ti Leoni Mario e Calabrese Claudio ed elett.te dom.ta presso lo Studio del secondo in Bologna. Appellata e appellante incidentale
GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA U.S.L. N.16 DI MODENA e REGIONE EMILIA-ROMAGNA rappresentate e difese dall'Avv. Fazio Domenico e Micele Antonella ed elett.te dom.ta presso il loro Studio in Bologna. Appellate e appellanti incidentale
ITALIANA ASSICURAZIONI s.p.a. contumace
avverso la sentenza n. 2167/2017 emessa dal Tribunale di Modena e pubblicata il 10.2.2020.
Conclusioni delle parti: Le parti precisano le conclusioni come da separati fogli allegati al verbale della relativa udienza.
Motivi
-In primo grado, EN IS conveniva in giudizio dinanzi al
Tribunale di Modena la GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA U.S.L. N. 16 DI
MODENA, l'AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA POLICLINICO DI MODENA, la REGIONE EMILIA-ROMAGNA per ottenere il risarcimento dei danni procurati dalla gravosa vicenda sanitaria che aveva coinvolto la madre, PP AR LU, per condotte mediche colpose in occasione di due interventi chirurgici, il primo in data 22.6.81, il secondo nel 2006, a seguito del quale il 16/6/06 la PP decedeva. Specificamente, la EN, unica figlia ed erede della PP, esponeva che quest'ultima, in data 22.6.1981, era stata sottoposta ad intervento chirurgico di asportazione per leiomioma del fondo gastrico presso la Divisione di Chirurgia d'Urgenza del
Policlinico di Modena – in gestione, all'epoca, degli Istituti Ospedalieri di Modena – Ente Ospedaliero Generale Regionale – e, nel corso dell'operazione, era stato lacerato il legamento gastro- colico e recisa l'aorta addominale, con conseguente copiosa emorragia e successiva sutura dell'aorta stessa, a causa della quale si era quindi reso necessario, secondo l'attrice, somministrare alla paziente 13 unità di sangue intero. La EN allegava che, tuttavia, la trasfusione era avvenuta con sangue infetto, senza gli opportuni controlli e le adeguate modalità operative del caso, e che la madre aveva così contratto un'infezione da HCV, della quale aveva primo riscontro di positività durante il ricovero del luglio 1992 presso la Divisione Gastroenterologia del Policlinico di Modena, da cui veniva dimessa con diagnosi di epatite cronica HCV positiva cirrotizzata.
Deduceva l'attrice che il quadro clinico della madre si era poi aggravato nel corso degli anni con le tipiche complicanze riconducibili alla situazione discrasica della cirrosi – quali fibrillazione atriale permanente, ipertensione portale scompensata con varici esofago-gastriche ed encefalopatia portosistemica, litiasi colecistica, erisipela della gamba sinistra, insufficienza mitralica e tricuspidale. Per tali ragioni, la EN sosteneva l'insorgenza dell'epatopatia HCV fosse correlata all'intervento di emotrasfusione e, quindi, alla recisione dell'aorta e tale assunto
a dire della stessa trovava riconoscimento anche da parte della
Commissione Medica Ospedaliera Seconda del Ministero della Difesa. A causa poi dei postumi invalidanti derivanti dall'epatopatia contratta, rappresentava ancora la EN in atto di citazione che la PP era stata costretta ad interrompere l'attività lavorativa presso l'Istituto Charitas da cui si era dimessa a decorrere dell'1.9.1981, accedendo poi ad un trattamento pensionistico. Ancora, esponeva la EN che, in data 10.5.2006, la PP era stata nuovamente ricoverata presso il Reparto di Gastroenterologia
del Policlinico di Modena con diagnosi di “addominalgia in cirrosi epatica HCV correlata” e il 29.5.2006 era stata sottoposta ad operazione chirurgica per colecistectomia laparatomica;
in fase intraoperatoria ed in assenza di qualsivoglia informativa ed accettazione da parte della paziente, disattendo il diverso parere terapeutico del personale sanitario che l'aveva in cura,
l'operatore chirurgo aveva deciso di eseguire, contestualmente alla colecistectomia laparotomica, un intervento di derivazione coledoco-duodenale extranatomica che, a dire dell'attrice, era inappropriato ed eccessivamente gravoso in presenza di un quadro generale critico e compromesso.
Asseriva l'attrice che, in conseguenza di questo e delle complicanze post-operatorie, la PP era stata sottoposta nuovamente ad un intervento chirurgico in data 9.6.2006 per il posizionamento di punti per il consolidamento dell'anastomosi e il lavaggio di materiale biliare endoperitoneale e che, nei giorni successivi, le sue condizioni avevano visto un ulteriore progressivo peggioramento, nonostante il ricovero in terapia intensiva, con sviluppo di insufficienza epatica e renale, sino a quando la medesima, in data 19.6.2006, era deceduta nel contesto di uno scompenso multiorgano. Pertanto, concludeva la EN per la condanna al risarcimento della somma complessiva di €1.868.727,87 o quella diversa di giustizia, oltre rivalutazione e interessi, in solido fra i convenuti o, in subordine, in relazione a quanto riferibile a responsabilità diretta di ciascuno.
-Si costituiva in giudizio l'AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA
POLICLINICO DI MODENA contestando le pretese attoree poiché infondate, anche specificamente all'intervento di sua competenza del 2006.
-Anche la REGIONE EMILIA-ROMAGNA e la GESTIONE LIQUIDATORIA
DELL'UNITA' SANITARIA LOCALE N. 16 DI MODENA si costituivano congiuntamente in giudizio contestando le domande formulate nei loro confronti in quanto infondate. In via preliminare, eccepivano l'intervenuta prescrizione della domanda risarcitoria avanzata dalla EN iure successionis.
Nel merito, contestavano le pretese attoree sul piano causale circa la sussistenza di un nesso causale tra i trattamenti trasfusionali e la trasmissione del virus HCV.
Quanto all'intervento eseguito nel 2006, la REGIONE e la GESTIONE LIQUIDATORIA osservavano che la cirrosi epatica di cui aveva sofferto la PP non fosse ascrivibile alla condotta dell'UNITÀ
SANITARIA LOCALE N. 16 DI MODENA e che, quindi, anche qualora fosse valutata come concausa materiale dell'evento, non poteva essere considerata come fattore rilevante sul piano giuridico.
Domandavano inoltre, in via subordinata, di accertare e dichiarare che GENERALI ITALIA s.p.a. e ITALIANA ASSICURAZIONI s.p.a. fossero tenute a manlevare le stesse e, per l'effetto, condannarle a tenerle indenni di tutte le domande svolte nei loro confronti.
-Chiamata in causa, si costituiva anche la compagnia assicurativa
GENERALI che, fra le sue difese, contestava l'operatività del contratto di garanzia era rimasto operante dal 31.12.1978 al
31.12.1988 e che la copertura assicurativa riguardava i sinistri verificatisi in questo arco temporale, dovendosi quindi escludere che l'errore commesso nell'intervento del 2006 rientrasse nell'ambito di operatività della garanzia;
deduceva inoltre che l'obbligazione era soggetta ai limiti dei massimali pattuiti, richiamando il contratto per ogni limite ed esclusione, riportandosi per il resto alle eccezioni e difese delle Aziende convenute.
-ITALIANA ASSICURAZIONI s.p.a. che anche veniva chiamata in causa rimaneva contumace.
-Con la gravata sentenza, il Tribunale accoglieva la domanda attorea nei limiti seguenti.
In primo luogo, il Tribunale rilevava che non erano state contestate le circostanze storiche in punto di fatto inerenti le prestazioni sanitarie cui la PP si era sottoposta e, quanto alla valutazione della condotta dei sanitari e alla loro incidenza causale, richiamava l'accertamento tecnico preventivo che era stato disposto prima del presente giudizio.
Reputato l'ATP coerente con quanto emerso dal parere del 9.1.2003 del Centro Militare di Medicina Legale di Bologna, il Tribunale riteneva dimostrato che il contagio da virus HCV era avvenuto in conseguenza dell'errore professionale verificatosi durante l'intervento, che aveva reso necessaria un'emotrasfusione urgente intraoperatoria con l'utilizzo di unità di sangue intero, con ciò determinandosi un incremento del rischio da contagio nella misura del 70%, rispetto alla normale percentuale di rischio propria dell'intervento. Esclusa l'esistenza di possibili fonti alternative di contagio, da tali valutazioni il Tribunale inferiva la sussistenza di un diretto nesso di causalità tra l'errore professionale chirurgico e il contagio.
Pur ritenendo non incolpevole l'ignoranza del rischio da parte dell'ente dal momento che l'intervento verificato ad inizio anni Ottanta, il giudice, quanto alle conseguenze del contagio, riteneva che il diritto al risarcimento dei relativi danni si era
prescritto, come pure era stato argomentato dai convenuti, dal momento che la PP aveva avuto piena conoscenza del danno nel ricovero del luglio 1992.
In dettaglio, il primo giudice valutava ampiamente decorso il termine decennale di prescrizione con riguardo alle voci di danno iure hereditario della defunta PP, ma non relativamente al danno iure proprio vantato da parte attrice che, quale unica figlia, aveva sempre convissuto con la madre, prestandole assistenza e aveva subito, oltre alla sofferenza psichica per lo stato di salute della madre, condizionamenti e limitazioni sul lavoro, nella vita personale e nelle relazioni sociali;
quest'ultima voce di danno non patrimoniale era liquidata in sentenza in termini equitativi con l'ammontare complessivo di
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