Corte d'Appello Napoli, sentenza 05/03/2024, n. 993
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Testo completo
N. 2614/2016 r.g.a.c.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Napoli – settima sezione civile - riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Aurelia D'Ambrosio Presidente dott. Michele Magliulo Consigliere rel. dott. Paolo Mariani Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile iscritta al numero di Ruolo Generale degli affari contenziosi sopra indicato, avente ad oggetto: appello contro la sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. n. 266/2015 emessa dal Tribunale di Avellino in data
26.11.2015, vertente
TRA
SI ES IA (codice fiscale: GRVFNC40H6B415J), nata il
16.06.1940 a LI (AV) ed ivi residente in [...]n.1;
Di
NO RO (codice fiscale: [...]), nata il [...]
a LI (AV) ed ivi residente in [...];
Di NO
LA (codice fiscale: [...]), nata l'[...] a [...]
(AV) ed ivi residente in [...]n.1;
Di NO CE
(codice fiscale: [...]), nato ad [...] il [...] e residente in [...] in Contrada Croce Penta n.
1. Tutti quali eredi di
Di NO CO, rappresentati e difesi dall'Avv. ROnna Galgano
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APPELLANTI
E
Avv. Mattia Trofa (codice fiscale: [...]) nato ad
Avellino l'08.01.1964, difeso da sé stesso e dall'Avv. Lucio Di Milia
APPELLATO
CONCLUSIONI DELLE PARTI
I procuratori delle parti hanno concluso come da rispettivi atti e verbali di causa da intendersi integralmente trascritti.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
L'avv. Mattia Trofa ricorreva in data 30.4.2010 al Tribunale di
Sant'Angelo dei Lombardi perché fosse ingiunto a SI ES
IA, Di NO RO, Di NO LA e Di NO CE, tutti in qualità di eredi di Di NO CO, il pagamento in proprio favore della somma di euro 7.825,00, oltre accessori, nonché spese, diritti ed onorari del presente procedimento. Il ricorrente assumeva a fondamento della sua pretesa quanto segue:
- il proprio dante causa (avv. Alfonso Enrico Trofa) aveva prestato attività professionale in favore di Di NO CO (ascendente degli odierni appellanti) e OS ON, entrambi convenuti in un precedente giudizio promosso dal Di NO CE ed avente ad oggetto un'actio negatoria servitutis;
- il predetto giudizio era stato dichiarato interrotto per il decesso di Di
NO CO all'udienza del 29 marzo 2005;
- Di NO CE TO aveva riassunto il giudizio nei confronti degli eredi del Di NO CO e di OS ON;
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- gli odierni appellanti, in qualità di coeredi di Di NO CO, si si erano costituiti nel giudizio riassunto per il tramite di un diverso procuratore, dato il decesso nelle more dell'avv. Enrico Trofa;
- gli appellanti non avrebbero saldato il compenso professionale maturato dall'avv. TO Enrico Trofa ma si sarebbero limitati a corrispondere solamente un acconto di € 2.000,00.
All'esito del procedimento monitorio, l'ex Tribunale di Sant'Angelo dei
Lombardi con decreto n. 195/2010 del 21.10.2010 ingiungeva ai coeredi di
Di NO CO, ciascuno in proporzione alla propria quota ereditaria, il pagamento di euro 8.468,64, oltre spese forfettarie secondo tariffa forense sull'importo di euro 7.825,00, interessi legali e spese di procedura.
Con distinti atti di citazione ritualmente notificati, confluiti per riunione nel proc. N. 1037/10 RGC, SI ES IA, Di NO RO, Di
NO LA e Di NO CE proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo e in virtù dell'asserita nullità dello stesso, ne domandavano, in via pregiudiziale, la revoca. Nel merito, chiedevano di accertare e domandare l'infondatezza della pretesa creditoria di parte opposta e per l'effetto revocare con sentenza il decreto ingiuntivo. Gli opponenti lamentavano, infatti, un vizio di ultrapetizione del giudice di prime cure nell'aver disposto il frazionamento pro quota del debito ereditario senza che il ricorrente ne avesse fatta espressa richiesta;
contestavano, in ogni caso, la pretesa dell'asserito creditore, sostenendo che quanto lui dovuto fosse stato già regolarmente corrisposto. Per i motivi di cui innanzi, concludevano per la revoca del decreto ingiuntivo n.
195/2010 reso dal Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi il 21.10.2010.
Il Tribunale di Avellino decideva la causa con la sentenza in epigrafe indicata, rigettando l'opposizione, dichiarando la provvisoria esecutività
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del decreto ingiuntivo e condannando gli opponenti al pagamento delle spese del giudizio.
Con atto di citazione regolarmente notificato, SI ES IA,
Di NO RO, Di NO LA e Di NO CE proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Avellino n. 266/2015, lamentando: a) l'ultrapetizione del giudice di prime cure;
b) l'infondatezza del credito vantato da parte ricorrente.
Gli appellanti rassegnavano, quindi, le seguenti conclusioni: accogliere per le ragioni suesposte il proposto gravame ed in riforma integrale della sentenza N° 266/2015 resa dal Tribunale di Avellino il
26.11.2015, pubblicata in pari data, non notificata, accertare e dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo opposto e, conseguentemente, dispone la revoca con l'emananda sentenza e/o accertare e dichiarare l'infondatezza della pretesa creditoria di parte opposta e, per l'effetto, revocare con sentenza il decreto ingiuntivo opposto.
Con vittoria delle spese e delle competenze professionali di entrambi i gradi di giudizio.
Si costituiva l'avv. Mattia Trofa, deducendo l'infondatezza dell'appello, tenuto conto delle risultanze probatorie acquisite, chiedendo il rigetto del gravame e la conferma dell'impugnata sentenza, con condanna degli appellanti alla rifusione delle spese processuali.
Esaurita l'attività prevista nell'art. 350 c.p.c., dopo alcuni rinvii d'ufficio, la causa è stata riservata in decisione, assegnando i termini di cui agli artt.
190, comma 1, e 352, comma 1, c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
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L'appello è parzialmente fondato e deve, pertanto, essere accolto per quanto di ragione.
1. Non vi sono dubbi, anzitutto, sull'ammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 342 c.p.c. E' noto che, secondo la costante giurisprudenza, “Gli articoli 342 e 434 del Cpc, nel testo formulato dal Dl 83/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di