Corte d'Appello Napoli, sentenza 23/09/2024, n. 3704
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di OL – VI sezione civile - riunita in Camera di
Consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: dr.ssa Assunta d'Amore – Presidente Rel. dr. Giorgio Sensale – Consigliere dr. Francesco Notaro – Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 237 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell'anno 2020, avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. 9514/2019 pubblicata in data 25 ottobre 2019 dal Tribunale di OL, vertente
TRA
DE S.R.L. (già DE.PAR. s.a.s. di IS TT & C.) (05557510632), in persona dell'amministratore, IS TT, con sede in OL alla Via A.
Scarlatti n.69, rappresentata e difesa, giusta procura alle liti, dall'Avv. Giancarlo de Angelis e con lo stesso elettivamente domiciliata in OL alla Via
Chiatamone n. 11 appellante
E
F.LLI CASELLA AUTOTRASPORTI S.N.C. (01330441211), in persona del legale rappresentante pro-tempore, Ferdinando EL, con sede in Nola,
Interporto Campano, Lotto C2 n.11, rappresentata e difesa, giusta procura alle liti, dall'Avv. Maria Esposito e con la stessa elettivamente domiciliata in
Marano di OL al Corso Europa n. 270
appellata
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CONCLUSIONI DELLE PARTI
I procuratori delle Parti hanno concluso come da atti, verbali di causa e note di trattazione scritta da intendersi integralmente trascritti.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato in data 14.4.2008 la F.LL EL Autotrasporti
s.n.c., premesso di essere proprietaria di un capannone industriale dell'estensione di 470 mq. con annessa area scoperta dell'estensione di 200 mq. in AN alla Via Vittorio Emanuele n. 209, acquistato dalla VE di De OS
MA & C. s.n.c. in virtù di atto per Notaio Oliviero Lezza del 30.3.1988, esponeva che:
- la propria dante causa, VE di De OS MA & C. s.n.c., aveva, a sua volta, acquistato il predetto immobile dalla AM di AN di SS OS
S.r.l. in liquidazione, in virtù di atto per Notaio Olivero Lezza del 9.10.1987, in occasione del quale era stata costituita, in favore della società acquirente e a carico del limitrofo terreno di proprietà della medesima venditrice AM di AN di SS OS s.r.l., una servitù di passaggio, pedonale e carrabile, da esercitarsi su una striscia di terreno della larghezza costante di sette metri, congiungente Via Vittorio Emanuele con l'area pertinenziale del predetto capannone e che l'esistenza di detta servitù era stata espressamente richiamata all'art. 6 del contratto di compravendita successivamente intervenuto, in data 30.3.1988, tra la VE e la società F.LL EL Autotrasporti;
- con successiva compravendita per Notaio Oliviero Lezza del 28.7.1988, la
DE.PAR. s.a.s. di IS TT & C. aveva acquistato l'area scoperta di 1.100 mq. in AN alla Via Vittorio Emanuele n. 209, facente parte della maggiore consistenza della particella 1264, foglio 4, partita 3427, gravata dalla servitù di passaggio in favore dell'area pertinenziale antistante la proprietà industriale della F.LL EL Autotrasporti;
- di avere sempre esercitato il proprio diritto di passaggio, pedonale e carrabile, sull'area asservita, originariamente libera da costruzioni e priva di barriere e quale unico accesso possibile al proprio immobile dalla pubblica via e che,
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tuttavia, nel corso del tempo, la DE aveva ridotto la larghezza del passaggio rispetto agli originari sette metri, mediante opere realizzate in epoche diverse sul confine esterno dell'area tra le quali, da ultimo, l'apposizione di fioriere di notevole peso e dimensione sul confine tra le due proprietà;
- tenuto conto che l'immobile di proprietà del fondo dominante aveva destinazione urbanistica industriale e che ad esso accedevano quotidianamente automezzi per il trasporto delle merci, l'ingresso ne era stato reso difficoltoso e disagevole.
Tanto premesso la F.LL EL Autotrasporti s.n.c. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di OL (ex Sezione distaccata di Casoria), la DE.PAR.
s.a.s. di IS TT & C. per sentir accertare l'illegittimità della riduzione, ad opera della società convenuta, dell'area destinata all'esercizio della servitù di passaggio ad una larghezza inferiore ai sette metri con conseguente condanna della convenuta al ripristino dell'ampiezza dell'area asservita in misura conforme al richiamato atto costitutivo, oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa e vittoria di spese di lite.
Si costituiva la DE.PAR contestando di aver realizzato opere di restringimento della servitù, incluse le fioriere che, al contrario di quanto prospettato da parte attrice, erano state poste sul terreno di sua proprietà non asservito.
In ogni caso rappresentava che, sin dall'epoca della costituzione, sarebbe stato comunque impossibile l'esercizio della servitù nel tratto finale, su una fascia di terreno larga sette metri, stante la preesistenza di depositi in struttura metaLLca, posti sulla sinistra del viale per chi accede da Via OL, presenti sin dal 1985
(epoca quindi antecedente l'acquisto sia della società attrice, F.LL EL
Autotrasporti, che della propria dante causa, VE s.n.c.). Precisava infatti parte convenuta che: “….laddove parte di detti depositi limitassero, nella sola parte finale, la larghezza di m.7 istituita dalla soc. AM di AN come servitù, l'istituzione della stessa era ed è sempre stata cosa impossibile nel solo tratto finale stante la preesistenza delle sovrastanti costruzioni…” (pag. 3 della comparsa di risposta).
Per l'effetto, eccepiva la prescrizione del diritto a richiedere l'allargamento della servitù in tale tratto e domandava accertarsi l'intervenuta usucapione ex art.
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1159 c.c., in proprio favore, della porzione di terreno occupata dai depositi in metallo avendola posseduta in maniera esclusiva sin dal 1988, epoca dell'acquisto delle aree occupate dai capannoni.
Insisteva, quindi, per il rigetto della domanda attorea e per l'accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale con la quale parte convenuta chiedeva accertarsi l'inesistenza del diritto della società istante ad attraversare le aree diverse rispetto a quelle asservite e a parcheggiare i propri autoveicoli ed autotreni nell'area di proprietà della DE.PAR., con previsione di una sanzione pari a € 50,00 per ogni infrazione, condannarsi la medesima società a concorrere alle spese di manutenzione, ordinaria e straordinaria, del tratto asservito e riconoscere il diritto della società convenuta ad apporre un cancello all'ingresso del viale.
Acquisita documentazione varia, si procedeva all'espletamento della prova testimoniale articolata dalle Parti, nonché ad accertamento tecnico d'ufficio con
l'ausilio dell'Ing. Gaetano Liberti, successivamente convocato a chiarimenti.
All'esito il Tribunale, premessa la pacifica esistenza della servitù di passaggio e la qualificazione dell'azione giudiziaria ex art. 1079 c.c., ritenuto che
“Nell'interpretare la volontà delle parti secondo il senso comune delle espressioni utilizzate nell'atto, deve ritenersi che la servitù sia stata costituita sull'intero tratto di viale confinante con l'area pertinenziale del fondo dominate”, che “In ogni caso è provato che la realizzazione dei capannoni in lamiera si ebbe in epoca successiva al
1987, epoca di costituzione della servitù” e che “lungo l'intero percorso del viale ci sono dei punti in cui la sezione è inferiore ai sette metri”, sulla scorta degli atti e documenti depositati e probanti l'esistenza e la conformazione stessa della servitù, delle risultanze della prova testimoniale e dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio, quest'ultima condivisa nelle sole parti supportate da riscontro documentale o comunque non sconfessate dalle dichiarazioni testimoniali, definiva la controversia pronunciando, in data 25 ottobre 2019, la sentenza n.
9514/2019 con cui, in parziale accoglimento della domanda attorea, così disponeva: “a) accoglie la domanda di parte attrice e, per l'effetto, ordina alla DE.PAR.
s.a.s. di IS TT & C., in persona del legale rappresentante pro tempore,
- 4 - l'immediata rimozione dei manufatti e delle fioriere posti a distanza inferiore ai sette metri lineari dal confine della frontistante proprietà della F.LL EL Autotrasporti
s.r.l. e insistenti sulla fascia di terreno asservita, meglio individuata nell'atto di compravendita del 09.10. 1987 per Notaio Olivero Lezza intercorso tra la AM
AN di SS OS s.r.l. e la VE di De OS MA & C. s.n.c.;
b) rigetta le ulteriori domande formulate dalle parti in causa;
c) condanna la DE.PAR. s.a.s. di
IS TT & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della F.LL EL Traporti s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 200,00 per spese ed €
4.835,00 per compensi oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, C.P.A. ed
I.V.A. come per legge con distrazione in favore dell'Avv. Maria Esposito ex art. 93
c.p.c.;
d) pone definitivamente a carico di parte convenuta le spese di C.T.U.”.
Avverso detta sentenza proponeva appello la DE S.R.L. (già DE.PAR. s.a.s. di IS TT & C.), con atto di citazione notificato in data 10/15.1.2020, articolando quattro motivi di gravame, oltre istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza, e invocando l'integrale riforma della decisione con rigetto della domanda attorea e dichiarazione di inesistenza della servitù come fatta valere e con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio.
In particolare, parte appellante deduceva: 1) “l'omessa pronuncia e/o errata interpretazione di un punto decisivo della controversia. Inesistenza del diritto come interpretato dal Tribunale e/o come rappresentato della società attrice” dolendosi di una frettolosa disamina degli atti di causa che avrebbe indotto il Tribunale a un'errata interpretazione dell'atto costitutivo la servitù e della stessa configurazione del percorso gravato così “pervenendo ad una deduzione manifestamente errata che addirittura modifica la volontà del concedente la servitù rispetto a quanto indicato nell'atto costitutivo”;
2) “Errata valutazione delle prove” confutando la valutazione delle dichiarazioni testimoniali, dei documenti e delle risultanze peritali, quest'ultime disattese dal Tribunale;
3) “Impossibilità di una servitù lungo tutto il fronte dell'area EL – Manifesta confusione della pronunzia – Manifesta violazione dello stato di fatto iniziale accettato – Abbattimento di costruzioni” censurando il disposto ordine di rimozione in quanto determinato da una confusione nell'esame degli atti e nella configurazione del
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tratto gravato dalla servitù, e la cui esecuzione finirebbe con il provocare la modifica dello stato di fatto e di diritto preesistente a tutte le compravendite, accettato dalle parti e ben espresso negli atti pubblici;
4) “Inesistenza della servitù di passaggio della larghezza di metri sette in favore della F.LL EL dal limite della cessazione della servitù al punto di congiungimento con l'area di 200 mq antistante il capannone ex VE – Avvenuta divisione del fondo dominante” impugnando la decisione in punto di identificazione del percorso gravato dalla servitù, formulata senza tener conto dell'avvenuta divisione del fondo dominante, avvenuta per effetto dell'acquisto della F.LL EL Autotrasporti, con conseguente applicazione della disposizione di cui all'art.1071 c.c. (sia pur erroneamente indicata come 1701 c.c.).
Si costituiva la F.LL EL Autotrasporti s.n.c. eccependo, preliminarmente,
l'inammissibilità dell'appello e, nel merito, l'infondatezza.
In particolare, eccepiva preliminarmente che i grafici inseriti nell'atto di appello costituivano documenti nuovi, mai depositati in primo grado, la cui surrettizia introduzione era da ritenersi inammissibile perché in violazione dell'art. 345, secondo comma, c.p.c. trattandosi di prospettazioni tecniche nuove e/o diverse rispetto a quelle esaminate in primo grado, anche in sede di espletamento della consulenza tecnica d'ufficio, e contestava il contenuto dell'impugnativa in quanto generico e in contrasto con gli specifici limiti di cui all'art. 342 c.c..
Contestava, poi, il contenuto di tutte le tavole grafiche contenute nell'atto di appello in quanto non corrispondenti allo stato dei luoghi al momento della costituzione della servitù e soprattutto in quanto rappresentative del relativo percorso per una larghezza non costante di 7 mt., come espressamente indicato nell'atto costitutivo e, richiamando la decisione impugnata, confutava tutti i motivi di appello.
All'udienza del 25.9.2020 la Corte disponeva ordinanza di non luogo a provvedere sull'istanza di sospensione stante la rinuncia e rinviava per la precisazione delle conclusioni.
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Acquisito il fascicolo del primo grado del giudizio, la causa veniva riservata in decisione all'udienza del 23.5.2024 con concessione dei termini di cui all'art.190
c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Preliminarmente va dichiarata l'irritualità del deposito da parte dell'appellata del documenti inseriti nella produzione di parte del primo grado del giudizio unitamente alla memoria di replica ex art.190 c.p.c. e, pertanto, non se ne terrà conto ai fini della decisione posto che il termine da osservare per la restituzione in cancelleria del fascicolo di parte ritirato all'atto della rimessione della causa in decisione è stabilito dall'art. 169, secondo comma, c.p.c. "al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale".
Va sempre in via preliminare dichiarata l'ammissibilità dell'appello precisando, anche alla luce dell'eccezione di parte appellata, che i motivi di censura soddisfano i requisiti di specificità richiesti dall'art. 342 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis alla presente controversia, essendo stati individuati i passi della motivazione della sentenza gravata sottoposti a critica, la diversa ricostruzione dei fatti prospettata dall'appellante e tenuto, altresì, conto della compiuta difesa predisposta dalla parte avversaria, in tal modo evidenziando di aver compreso le ragioni delle doglianze.
Invero, con ordinanza n. 36481 del 13/12/2022 e con sentenza n. 27199 del 2017 le S.U. civili hanno affermato il principio di diritto secondo il quale “l'art. 342, nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”.
Tanto rilevato, va altresì dato atto della mancata riproposizione di molte delle domande ed eccezioni articolate in primo grado: l'appellante infatti,
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nell'invocare l'integrale riforma della decisione, chiede “il rigetto della domanda attorea e la dichiarazione di inesistenza della servitù come fatta valere
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