Corte d'Appello Roma, sentenza 11/12/2024, n. 7844
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE I CIVILE
Nel collegio composto da:
Dott. Diego Rosario Antonio Pinto Presidente rel.
Dott.ssa Elena Gelato Consigliere
Dott.ssa Maria Aversano Consigliere riunito in camera di consiglio, ha pronunciato, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., all'udienza del 11.12.2024, all'esito della discussione orale, la seguente
SENTENZA EX ART. 281 – SEXIES c.p.c. nella causa civile in grado di appello iscritta al Ruolo generale affari contenziosi al numero 4722/2022
TRA
SC ND([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
E
LI CO IO IO([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
E
LO CO([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
E
EN CH([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
E
1 ZI LI RI([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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GG AN([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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2
Avv. TORTORELLA MARCO;
E
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
3 E
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EN EN([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
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NI RI IS([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
E
RA LO([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
E
IM BR([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
E
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (80188230587)
Avv. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO * ADS
E
MINISTERO DELLA SALUTE (80242250589)
Avv. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO * ADS
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 1554/2022 del Tribunale civile di Roma.
Motivi della decisione
Gli attori indicati in epigrafe – dirigenti medici - hanno proposto appello avverso la sentenza in epigrafe, che ha respinto le domande di risarcimento del danno derivante dalla non corretta attuazione delle disposizioni contenute nella direttiva 2003/88/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 in materia di riposo giornaliero, riposo settimanale e durata massima settimanale del lavoro, con riguardo
4
all'attività lavorativa del personale medico degli enti e delle aziende sanitarie del servizio sanitario nazionale.
Gli appellanti hanno dedotto al riguardo che:
1) contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, non può essere messo in dubbio il fatto che lo Stato italiano, nel dare attuazione alla direttiva 2003/88/CE abbia violato le disposizioni contenute negli articoli 3 (in materia di riposo giornaliero), 5 (in materia di riposo settimanale) e 6 (in materia di durata massima settimanale del lavoro) della direttiva;
2) sia l'art. 3, comma 85, della legge n. 244 del 2007 (che ha introdotto l'art. 17, comma
6-bis, del d.lgs. n. 66 del 2003, escludendo il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale [SSN] dal campo di applicazione della disciplina in materia di riposo giornaliero dei lavoratori contenuta nell'art. 7 del d.lgs. n. 66 del 2003), sia l'art. 41, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008 (che ha escluso il personale dirigenziale degli enti e delle aziende del SSN dal campo di applicazione della disciplina contenuta negli articoli 4 [durata massima dell'orario settimanale] e 7 [obbligo di riposo giornaliero] del d.lgs. n. 66 del 2003) hanno privato i medici del diritto ad un limite massimo dell'orario lavorativo settimanale e ad un periodo minimo di riposo giornaliero riconosciuti dalla direttiva 2003/88/CE;
3) la Commissione europea ha avviato nei confronti dell'TA una procedura
d'infrazione (procedura di infrazione n. 2011/4185), chiedendo alla Corte di giustizia dell'Unione europea di accertare che l'TA non ha applicato correttamente la direttiva sull'organizzazione dell'orario di lavoro nei confronti dei medici del SSN;
4) tale procedura d'infrazione è stata chiusa solo a seguito dell'entrata in vigore dell'art.
14 della legge n. 161 del 2014 (che ha abrogato l'art. 17, comma 6-bis, del d.lgs. n. 66 del 2003 e l'art. 41, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008);
5) la violazione delle disposizioni comunitarie in materia di orario di lavoro è fonte di responsabilità dello Stato indipendentemente dal fatto che le ore lavorate in eccedenza siano state retribuite come ore di lavoro straordinario;
6) la deroga prevista dal legislatore italiano per il personale medico non può ritenersi giustificata dall'attribuzione della qualifica dirigenziale ai medici, in quanto la facoltà di deroga all'uopo prevista dall'art. 17 della direttiva 2003/88/CE presuppone che la
5
durata dell'orario di lavoro possa essere determinata dallo stesso lavoratore (ciò che non accade con riguardo al personale medico del SSN);
7) il legislatore italiano non si è avvalso della deroga alla durata massima settimanale del lavoro prevista dall'art. 22 della direttiva per l'ipotesi in cui il lavoratore presti il proprio consenso.
Gli appellanti hanno concluso domandando – previo accertamento della violazione degli articoli 3, 5 e 6, lett. b) della direttiva 2003/88/CE – la condanna della Presidenza del
Consiglio dei Ministri al risarcimento del danno derivante dalla violazione delle norme comunitarie, nella misura indicata nel prospetto allegato nell'atto di appello.
Si sono costituite le parti appellate instando per il rigetto dell'appello.
All'odierna udienza, precisate le conclusioni, la causa è stata decisa ex art 281 sexies
c.p.c. con lettura della sentenza in udienza.
Preliminarmente deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 342 c.p.c.. Sulla base della descrizione dei motivi di appello si evincono chiaramente le parti della sentenza censurate, le specifiche ragioni a base delle censure
e l'incidenza dei vizi riscontrati sulla decisione. La Corte di Cassazione si è pronunciata
a tal proposito affermando che l'onere di specificità dei motivi di appello deve ritenersi assolto quando, anche in assenza di una formalistica enunciazione, le argomentazioni contrapposte dall'appellante a quelle esposte nella decisione gravata siano tali da inficiarne il fondamento logico giuridico (Cass. n. 18307/2015).
L'appello è infondato e va pertanto rigettato.
La direttiva 2003/88/CE
Gli appellanti hanno agito in giudizio per far valere la responsabilità dello Stato italiano per avere introdotto, con riguardo al personale dirigenziale medico degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale, alcune deroghe alla disciplina in materia di organizzazione dell'orario di lavoro contenuta nella direttiva 2003/88/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, con particolare riguardo alle norme in materia di riposo giornaliero (art. 3), in materia di riposo settimanale (art. 5) e in materia di durata massima settimanale del lavoro (art. 6).
6
L'art. 3 della direttiva (Riposo giornaliero) prevede al riguardo che “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive”.
L'art. 5 della direttiva (Riposo settimanale) prevede a sua volta che “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all'articolo 3. Se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore”.
L'art. 6 della direttiva (Durata massima settimanale del lavoro) prevede infine che “Gli
Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:
a) la durata settimanale del lavoro sia limitata mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative oppure contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali;
b) la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario”.
Le norme nazionali di recepimento della direttiva 2003/88/CE
La direttiva
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE I CIVILE
Nel collegio composto da:
Dott. Diego Rosario Antonio Pinto Presidente rel.
Dott.ssa Elena Gelato Consigliere
Dott.ssa Maria Aversano Consigliere riunito in camera di consiglio, ha pronunciato, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., all'udienza del 11.12.2024, all'esito della discussione orale, la seguente
SENTENZA EX ART. 281 – SEXIES c.p.c. nella causa civile in grado di appello iscritta al Ruolo generale affari contenziosi al numero 4722/2022
TRA
SC ND([...])
Avv. TORTORELLA MARCO;
E
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Avv. TORTORELLA MARCO;
E
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E
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2
Avv. TORTORELLA MARCO;
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Avv. TORTORELLA MARCO;
E
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (80188230587)
Avv. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO * ADS
E
MINISTERO DELLA SALUTE (80242250589)
Avv. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO * ADS
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 1554/2022 del Tribunale civile di Roma.
Motivi della decisione
Gli attori indicati in epigrafe – dirigenti medici - hanno proposto appello avverso la sentenza in epigrafe, che ha respinto le domande di risarcimento del danno derivante dalla non corretta attuazione delle disposizioni contenute nella direttiva 2003/88/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 in materia di riposo giornaliero, riposo settimanale e durata massima settimanale del lavoro, con riguardo
4
all'attività lavorativa del personale medico degli enti e delle aziende sanitarie del servizio sanitario nazionale.
Gli appellanti hanno dedotto al riguardo che:
1) contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, non può essere messo in dubbio il fatto che lo Stato italiano, nel dare attuazione alla direttiva 2003/88/CE abbia violato le disposizioni contenute negli articoli 3 (in materia di riposo giornaliero), 5 (in materia di riposo settimanale) e 6 (in materia di durata massima settimanale del lavoro) della direttiva;
2) sia l'art. 3, comma 85, della legge n. 244 del 2007 (che ha introdotto l'art. 17, comma
6-bis, del d.lgs. n. 66 del 2003, escludendo il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale [SSN] dal campo di applicazione della disciplina in materia di riposo giornaliero dei lavoratori contenuta nell'art. 7 del d.lgs. n. 66 del 2003), sia l'art. 41, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008 (che ha escluso il personale dirigenziale degli enti e delle aziende del SSN dal campo di applicazione della disciplina contenuta negli articoli 4 [durata massima dell'orario settimanale] e 7 [obbligo di riposo giornaliero] del d.lgs. n. 66 del 2003) hanno privato i medici del diritto ad un limite massimo dell'orario lavorativo settimanale e ad un periodo minimo di riposo giornaliero riconosciuti dalla direttiva 2003/88/CE;
3) la Commissione europea ha avviato nei confronti dell'TA una procedura
d'infrazione (procedura di infrazione n. 2011/4185), chiedendo alla Corte di giustizia dell'Unione europea di accertare che l'TA non ha applicato correttamente la direttiva sull'organizzazione dell'orario di lavoro nei confronti dei medici del SSN;
4) tale procedura d'infrazione è stata chiusa solo a seguito dell'entrata in vigore dell'art.
14 della legge n. 161 del 2014 (che ha abrogato l'art. 17, comma 6-bis, del d.lgs. n. 66 del 2003 e l'art. 41, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008);
5) la violazione delle disposizioni comunitarie in materia di orario di lavoro è fonte di responsabilità dello Stato indipendentemente dal fatto che le ore lavorate in eccedenza siano state retribuite come ore di lavoro straordinario;
6) la deroga prevista dal legislatore italiano per il personale medico non può ritenersi giustificata dall'attribuzione della qualifica dirigenziale ai medici, in quanto la facoltà di deroga all'uopo prevista dall'art. 17 della direttiva 2003/88/CE presuppone che la
5
durata dell'orario di lavoro possa essere determinata dallo stesso lavoratore (ciò che non accade con riguardo al personale medico del SSN);
7) il legislatore italiano non si è avvalso della deroga alla durata massima settimanale del lavoro prevista dall'art. 22 della direttiva per l'ipotesi in cui il lavoratore presti il proprio consenso.
Gli appellanti hanno concluso domandando – previo accertamento della violazione degli articoli 3, 5 e 6, lett. b) della direttiva 2003/88/CE – la condanna della Presidenza del
Consiglio dei Ministri al risarcimento del danno derivante dalla violazione delle norme comunitarie, nella misura indicata nel prospetto allegato nell'atto di appello.
Si sono costituite le parti appellate instando per il rigetto dell'appello.
All'odierna udienza, precisate le conclusioni, la causa è stata decisa ex art 281 sexies
c.p.c. con lettura della sentenza in udienza.
Preliminarmente deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 342 c.p.c.. Sulla base della descrizione dei motivi di appello si evincono chiaramente le parti della sentenza censurate, le specifiche ragioni a base delle censure
e l'incidenza dei vizi riscontrati sulla decisione. La Corte di Cassazione si è pronunciata
a tal proposito affermando che l'onere di specificità dei motivi di appello deve ritenersi assolto quando, anche in assenza di una formalistica enunciazione, le argomentazioni contrapposte dall'appellante a quelle esposte nella decisione gravata siano tali da inficiarne il fondamento logico giuridico (Cass. n. 18307/2015).
L'appello è infondato e va pertanto rigettato.
La direttiva 2003/88/CE
Gli appellanti hanno agito in giudizio per far valere la responsabilità dello Stato italiano per avere introdotto, con riguardo al personale dirigenziale medico degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale, alcune deroghe alla disciplina in materia di organizzazione dell'orario di lavoro contenuta nella direttiva 2003/88/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, con particolare riguardo alle norme in materia di riposo giornaliero (art. 3), in materia di riposo settimanale (art. 5) e in materia di durata massima settimanale del lavoro (art. 6).
6
L'art. 3 della direttiva (Riposo giornaliero) prevede al riguardo che “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive”.
L'art. 5 della direttiva (Riposo settimanale) prevede a sua volta che “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all'articolo 3. Se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore”.
L'art. 6 della direttiva (Durata massima settimanale del lavoro) prevede infine che “Gli
Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:
a) la durata settimanale del lavoro sia limitata mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative oppure contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali;
b) la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario”.
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La direttiva
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