Corte d'Appello Catania, sentenza 08/01/2025, n. 18

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Catania, sentenza 08/01/2025, n. 18
Giurisdizione : Corte d'Appello Catania
Numero : 18
Data del deposito : 8 gennaio 2025

Testo completo


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA
sezione prima civile
composta dai Magistrati
Dott. Giuseppe Ferreri Presidente estensore
Dott. Nicola La Mantia Consigliere
Dott.ssa Marcella Murana Consigliere
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 323/2023 R.G.*
PROMOSSA DA
Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa p.iva 01426410880 con sede a
Ragusa difesa per procura speciale in atti dall'avv. Giuseppa Micieli (c.f.
[...]).
appellante
CONTRO
IO TO nato ad [...] il [...] c.f. [...]difeso
dall'avv. Pierfranco De Luca Manaò (c.f. [...]) per
mANato in atti.
appellato
1
CONTRO
DI LI s.p.a. (già AMISSIMA Assicurazioni s.p.a. e già Carige
Assicurazioni s.p.a.) p.iva 01677750158 con sede a Milano difesa dall'avv.
Santo Spagnolo (cf [...]) per mANato in atti.
appellata
*
All'udienza del 27/11/2024 la causa è stata trattenuta in decisione con rinuncia
ai termini per conclusionali.
*
Svolgimento del processo.
Con sentenza non definitiva n. 901/2024 del 29/5/2024 sono stati definiti,
respingendoli, i motivi di gravame svolti da ASP contro la sentenza di primo
grado (ivi compreso il gravame sollevato contro il rigetto della domANa
svolta dall'Azienda nei confronti della compagnia assicuratrice) ad eccezione
delle doglianze mosse da ASP nei motivi di appello contrassegnati con i punti
1.2, 1.3 e 2, per decidere i quali la Corte, come da ordinanza di pari data, ha
ritenuto opportuno disporre supplemento di consulenza tecnica medico-legale
al fine di verificare:
1) se l'entrapment fosse patologia preesistente che aveva comportato
“alterazioni anatomiche irreversibili” da sole sufficienti a determinare
l'evento dannoso (amputazione);

2) se la protesizzazione dell'arto incida, riducendola, sull'entità del
pregiudizio biologico permanente valutato nella consulenza di primo grado
2
nel 50%.
Depositata dai consulenti la propria relazione, la causa è stata assunta in
decisione all'udienza del 27/11/2024.

Motivi della decisione.
E' opportuno richiamare sinteticamente il contenuto dell'atto di appello di
ASP con riferimento alle censure articolate contro l'impugnata sentenza con i
motivi numerati nell'atto predetto con 1.2 - 1.3 - 2, motivi non decisi con la
sentenza non definitiva.
Col punto 1.2 ha dedotto l'ASP che “l'entrapment riscontrato nel IO
– vale a dire una situazione anatomica particolare di cui i sanitari hanno
potuto avere contezza solo a seguito del primo intervento effettuato (cfr.
C.T.P. A.S.P., dott. Iuvara, doc. 5 primo grado) – rappresentava tutt'altro che
una “mera concausa” (come ritenuto dal Tribunale nella sentenza gravata –
e non già, come riferito in sentenza, anche dall'A.S.P.) quanto piuttosto una
causa di per sé sola idonea e sufficiente a determinare l'evento infausto…. Ed
in conseguenza di ciò, i ripetuti episodi di trombosi dell'innesto non sono da
attribuire ad un errore di tecnica, ma al danneggiamento del microcircolo
(presente sin dall'inizio), che riduceva drasticamente il letto di accoglimento
del flusso ematico, e alle condizioni dei vasi tibiali, che presentavano lesioni
stenosanti. pluridistrettuali. Prova ne è il fatto che sistematicamente, alla fine
dei vari interventi, si assisteva alla comparsa di uno o di entrambi i polsi
periferici. Cosa che non poteva accadere se l'innesto fosse stato confezionato
3 male, determinANo “a priori” una stenosi o una chiusura del vaso stesso.
Le difficoltà riscontrate nella rivascolarizzazione duratura dell'arto inferiore
non è imputabile ad alcuna negligenza, imperizia ed imprudenza dei sanitari
dell'ospedale, ma esclusivamente alla grave e non comune patologia di cui lo
stesso soffriva, quale l'ostruzione dell'arteria poplitea, aggravata da una
anomalia anatomica che aveva determinato un entrapment dell'arteria stessa,
e alle complicanze che ne erano derivate per un tardivo ricorso alle cure
mediche.”. Ciò esposto l'ASP ha concluso il motivo in esame affermANo che
Pertanto l'impossibilità di una rivascolarizzazione duratura dell'arto
inferiore non è imputabile ad alcuna negligenza, imperizia ed imprudenza dei
sanitari dell'ospedale, ma al complesso quadro clinico del paziente.
Col punto 1.3 l'ASP ha dedotto che “Contrariamente a quanto opinato dal
Tribunale ….il danno lamentato deriva dall'amputazione dell'arto inferiore
sinistro che è stato eseguito presso il Presidio Ospedaliero Ferrarotto di
Catania dopo una ulteriore e diversa terapia. Orbene, non ANava obliterato
– come fatto dal Tribunale - che il paziente è stato dimesso dal Presidio
Ospedaliero Guzzardi di Vittoria “contro il parere dei sanitari” e con una
diagnosi di “arteropatia obliterante cronica arti inferiori”, in condizione di
deambulare (cfr. cartella clinica P.O. di Vittoria del 12.10.2005, produzione
di controparte), che successivamente si è rivolto ad altra struttura sanitaria
dove è stato sottoposto ad altri trattamenti medici e all'esito all'amputazione
dell'arto inferiore sinistro. Infatti, nel Presidio Ospedaliero Ferrarotto di
Catania i sanitari dal 18 al 24.10.2005 hanno sottoposto il paziente ad un
4 ciclo di terapia medica finalizzato alla rivascolarizzazione, e solo il
24.10.2015 hanno effettuato l'amputazione. Di talché” – ha concluso
l'appellante ASP – “il risarcimento è stato richiesto indebitamente richiesto
ad un soggetto diverso da chi ha effettuato i trattamenti medici conclusivi ivi
compresa l'amputazione dell'arto.”.
Infine col punto 2 del proprio atto di appello ASP ha dedotto: “In subordine,
si ritiene meritevole di riforma anche il capo di sentenza in cui è stato
accertato una invalidità permanente del IO in misura pari al 50 %.
Anche sotto tale profilo, il Tribunale ibleo ha acriticamente recepito la
quantificazione determinata dai CC.TT.UU., senza in alcun modo
pronunciarsi sulle osservazioni e criticità sul punto formulate dal C.T.P.
dell'A.S.P., reiterate sino agli scritti conclusionali in primo grado Ebbene,
non si ritiene condivisibile la quantificazione dei postumi permanenti operata
dal Collegio Tecnico d'Ufficio, poiché la quantificazione della menomazione
dell'integrità psicofisica (eventualmente da riconoscersi a titolo di danno
iatrogeno) è più congruamente quantificabile in misura pari del 35-40%
(trentacinque-quaranta percento) di danno biologico permanente. Si
rammenta, infatti, che, in caso di protesizzazione di un arto, è opportuno che
la valutazione del danno permanente biologico sia effettuata in relazione al
risultato raggiunto, nonché in riferimento ad eventuali previsioni di rinnovo
della protesi e, nel caso de quo, lo stesso Sig. IO, in occasione
dell'inizio delle operazioni peritali, il 06/11/2019, riferiva ai CC.TT.UU.:
“…di portare la protesi da circa sei anni e che la stessa è, comunque, ben
5 tollerata”. Pertanto, in riforma del rispettivo capo, ANrà rideterminata la
percentuale di invalidità permanente in misura del 40%, con conseguente
riduzione del danno non patrimoniale per come liquidato.
*
A seguito dell'eseguito supplemento di indagine tecnica anche tali rilievi
vanno disattesi pervenendo in conclusione all'integrale rigetto dell'appello di
ASP.
*
E' opportuno ricordare che il Tribunale ha affermato la responsabilità dei
sanitari del Presidio Ospedaliero di Vittoria alla luce dell'esito della
consulenza tecnica svolta in primo grado con la quale i consulenti hanno in
primo luogo ricostruito gli eventi come segue: riferito dal periziANo si evince che il Sig. IO TO, di anni 70, in
data 31/08/2005 veniva sottoposto a visita specialistica di chirurgia
vascolare ambulatoriale presso l'Ospedale di Vittoria per disturbi vascolari
dove veniva refertata una arteriopatia occlusiva dell'arteria poplitea.
Veniva, quindi, consigliato esame angiografico degli arti inferiori.
Pertanto, in data 12/09/2005 veniva ricoverato presso l'U.O. di Chirurgia
Vascolare del P.O. di Vittoria. In cartella clinica, alla voce Anamnesi
Patologica Prossima veniva riportato: “il paziente riferisce da diverso
tempo la presenza di claudicatio all'arto inferiore (non meglio precisato:
n.d.r.) dopo breve percorso, con intervallo di marcia libero non ben
6
precisato”. Gli esami di laboratorio all'ingresso erano nella norma e l'ECG
rilevava: “anomalie della ripolarizzazione ventricolare”. Nelle note di
decorso si fa riferimento ad arteriografia degli arti inferiori eseguita il
16/09/2005 ma, in cartella non vi è nessun riferimento a tale esame, che
non è disponibile in atti.
Il 19/09/2005 veniva sottoposto ad intervento chirurgico così descritto:
“isolamento della poplitea e, dopo arteriotomia longitudinale sovra- e
sotto-articolare e trombectomia con Fogarty, si procede a nuovo controllo
angiografico che dimostra dissecazioni multiple della poplitea articolari. Si
procede quindi ad innesto popliteo sovrarticolare-popliteo sottoarticolare
in vena safena interna autologa omolaterale invertita. Si procede anche a
dissezione dei tralci tendinei dell'inserimento prossimale dei muscoli
gemelli, che causano stenosi sul fasciovascolare popliteo, probabile causa
iniziale dell'ostruzione arteriosa”. I fogli di anestesia presenti in cartella
sono privi di qualsiasi nota. Dalle note di decorso si rileva che il giorno
stesso, in serata, si manifestava un'ostruzione trombotica del bypass.
Pertanto, il 21/09/2005 veniva rioperato: “isolamento della biforcazione
poplitea e dell'innesto di vena precedentemente confezionato. Dopo
trombectomia dell'innesto, dell'arteria tibiale anteriore, posteriore ed
interossea, si procede ad endarterectomia della biforcazione e
riconfezionamento della sutura distale dell'innesto in corrispondenza della
biforcazione stessa. Fasciotomia della loggia tibiale anteriore. Ricomparsa
del polso tibiale anteriore e posteriore”. Il 05/10/2005 viene dimesso. In
7
cartella non si riscontrano indagini vascolari (Doppler, ecoDoppler, TC,
RMN).
Il 12/10/2005 il IO rientrava presso lo stesso ospedale per
“occlusione trombotica del bypass
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