Corte d'Appello Bari, sentenza 03/01/2025, n. 6

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Bari, sentenza 03/01/2025, n. 6
Giurisdizione : Corte d'Appello Bari
Numero : 6
Data del deposito : 3 gennaio 2025

Testo completo

N. R.G. 1451/2023
CORTE D'APPELLO DI BARI
Sezione Prima civile
In Nome del Popolo Italiano
La Corte di Appello di Bari, prima sezione civile, raccolta in camera di consiglio, composta dai magistrati:
Dott. Maria Mitola - Presidente
Dott. Oronzo Putignano - Consigliere
Dott. Gaetano Labianca - Consigliere rel./est. ha pronunziato la seguente
SENTENZA nella causa civile iscritta al nr. Rg. 1451/2023 promossa da:
La REV – GESTIONE CREDITI SOCIETA' PER AZIONI con sede in Roma, Via Salaria
n. 44, rappresentata e difesa, giusta mandato rilasciato su foglio autonomo dall'avv.
Giuseppe Sollazzo con studio in Napoli alla P.zza Vanvitelli n. 15
Appellante in riassunzione contro
FALLIMENTO CALZATURIFICIO NT dei F.LLI NT NA &
PA SNC in persona del curatore avv. Vito d'Amore, rappresentata e difesa dall'avv. Mariangela Rosito;

Appellata in riassunzione -
Conclusioni delle parti: le parti hanno concluso come da note scritte di cui all'udienza
“cartolare” del 8.10.2024.
Fatto.
Con atto di citazione notificato in data 11.2.2011, la curatela del fallimento Calzaturificio
TE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trani, la società Commercio e
Finanza s.p.a. (d'ora in poi, LF s.p.a.), per sentire revocato, ai sensi dell'art. 66 L.F. ed art. 2901 c.c., l'atto di compravendita del 27.06.2006 per notaio Ernesto Fornaio di
Bari (Rep. n. 171779, Racc. 25040) ed il contratto di leasing n. 2049884 (datato
7.6.2006), con i quali era stato alienato il capannone industriale in cui il calzaturificio
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esercitava la sua attività d'impresa, per essere poi riconcesso in locazione finanziaria alla venditrice.
All'uopo, chiedeva che la LF s.p.a venisse condannata alla restituzione dell'immobile o, in subordine, al versamento in favore della curatela del suo equivalente pecuniario;
in via gradata, il fallimento chiedeva di dichiarare la simulazione assoluta del contratto di leasing n. 2049884.
Assumeva che la vendita avesse arrecato pregiudizio alle ragioni dei creditori, posto che, alla data dell'atto di vendita (27.6.2006), la società alienante era notevolmente esposta nei confronti dell'Erario, delle banche e dei fornitori, oltre che nei confronti degli stessi soci, per anticipazioni effettuate in favore della società;
dunque, la vendita dell'unico cespite di proprietà, posta in essere in un quadro economico finanziario poi sfociato nell'insolvenza e nella dichiarazione di fallimento, integrava una condotta diretta ad arrecare grave pregiudizio ai creditori, avendo determinato una modificazione palesemente peggiorativa dell'assetto patrimoniale sociale, tale da rendere oltremodo difficoltosa, se non improbabile, la realizzazione dei crediti.
Si costituiva ritualmente la LF s.p.a., che osservava:
- come l'operazione realizzata si collocava nell'ambito delle ordinarie - e regolari - operazioni di leasing, con prevalente finalità di finanziamento, della quale il fallimento non aveva nemmeno dedotto la ipotetica nullità per la violazione del divieto di patto commissorio;

- che la curatela non aveva fornito elementi di prova che il preteso atto fraudolento avesse determinato o aggravato l'insolvenza del debitore (eventus damni del debitore medesimo e consilium fraudis del terzo);

- che depositava la perizia posta a corredo dell'erogazione del leasing, che valutava
l'immobile in €. 500.000,00 come valore di mercato medio, che a sua volta aveva indotto a determinare in €. 450.000,00 quello di compravendita, dovendo essere adeguato alla sua eventuale rivendibilità;

- che il leasing venne sottoscritto in data 7.6.2020, in epoca nella quale il bene non era di proprietà del Calzaturificio TE, posto che lo conduceva in leasing finanziario con altra società concedente, per cui nessuna frode - finalizzata alla futura sottrazione al ceto creditorio - poteva essere stata organizzata;

- che la successiva acquisizione dell'immobile alla proprietà del Calzaturificio, attraverso il riscatto anticipato, aveva favorito i terzi.
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Con sentenza n. 1566/2017, il Tribunale di Trani accoglieva la domanda della curatela condannando la convenuta alle spese del giudizio.
Avverso detta sentenza, proponeva appello la REV s.p.a., evidenziando l'erroneità della decisione e la sua palese carenza di motivazione, sull'evidenza:
- che nessuna prova era stata fornita dal fallimento circa la preesistenza di una debitoria
“compromettente” nel periodo anteriore alla sottoscrizione del contratto di compravendita e del connesso leasing;

- che quelle presunte (e non provate) esposizioni, relative al 2005/2006, potessero ricondursi ai crediti ammessi al passivo EN nell'anno 2010/2011;

- che l'inesistenza dell'eventus damni e della scientia decotionis risultava contraddetta dalla relazione del coadiutore EN, che riferiva, nel periodo 2005/2006, di un andamento regolare della società, “confermata, peraltro, dalla inesistenza assoluta di segnalazione in Centrale Rischi da parte di banche ovvero terzi intermediari finanziari che hanno continuato ad intrattenere rapporti finanziari con la Calzaturificio TE fino all'anno 2008//2009”.
Con sentenza n. 1252/2020, pubblicata in data 3.7.2020, la Corte di Appello confermava integralmente la sentenza di primo grado del Tribunale di Trani.
Avverso detta sentenza, interponeva ricorso per cassazione la REV – Gestione crediti società per azioni, lamentandone vari vizi e l'immotivata valutazione del leasing sottoscritto tra le parti quale operazione pregiudizievole ai creditori.
Con ordinanza n. 26415/23, depositata in data 13.9.2023, la Suprema Corte accoglieva il ricorso, ritenendo assorbente il quarto motivo formulato dalla REV.
All'uopo, evidenziava che la Corte d'appello si era soffermata solo ad accertare ciò che non era oggetto di contestazione, omettendo di «giudicare se fosse pregiudizievole ai creditori della UR EN TE (FV) un atto che:
a) non era autonomo, ma si inscriveva in una operazione più ampia (risoluzione consensuale del precedente leasing + stipula del sale and lease back);

b) aveva avuto per effetto quello di far entrare, e non uscire, nel patrimonio della FV la proprietà del capannone;

c) aveva avuto per effetto di far acquisire, e non perdere, alla FV, liquidità;

d) aveva avuto per effetto di arrecare alla FV i vantaggi fiscali derivanti dalla detraibilità dei canoni di leasing, vantaggi che sarebbero andati perduti se il capannone fosse rimasto nella proprietà della FV;
pagina 3 di 17 e) aveva avuto per effetto di consentire la prosecuzione dell'attività aziendale per quattro anni”.
Cassava dunque la sentenza con rinvio, chiedendo al giudice del rinvio, in particolare, di accertare:
“-) dando conto, sulla base delle prove già raccolte, se i crediti a tutela dei quali fu proposta l'azione revocatoria fossero anteriori o posteriori al fallimento;

-) traendone le debite conseguenze in punto di accertamento dell'elemento soggettivo;
-

) esponendo le ragioni per le quali, nel caso di specie, si debbano o non si debbano ritenere scindibili gli effetti del collegamento negoziale tra il riscatto del contratto di leasing stipulato dalla FV con la CA, e la stipula del contratto di lease and sale back stipulato dalla FV con la REV;

-) esponendo le ragioni per le quali nel caso concreto si debba o non si debba ritenere nociva per i creditori della FV una operazione finalizzata al finanziamento dell'impresa ed alla prosecuzione della sua attività”.
Con atto di citazione in riassunzione ritualmente notificato, la REV riassumeva il giudizio, evidenziando l'insussistenza dell'elemento soggettivo di revocabilità, stante l'assenza di prove in ordine alla preesistenza dei crediti rispetto all'atto dispositivo e alla pretesa consapevolezza - in capo alla società di leasing - di pregiudicare altrui diritti di credito, posto che non sussisteva alcuna situazione di debitoria pregressa che potesse far prefigurare una condizione di potenziale pregiudizio a terzi dall'operazione di leasing richiesta;
contrariamente a quanto affermato dal Tribunale di Trani, infatti, le schede delle annotazioni nella Centrale Rischi depositate non contenevano alcuna annotazione
“negativa” presuntiva di insolvenza, ma solo la testimonianza che il calzaturificio TE si affidava al sistema creditizio bancario (e tale circostanza era indicativa del ricorso al finanziamento esterno e dell'affidabilità dell'azienda, per il ceto bancario, e giammai di una “tensione” economica);
nei prospetti allegati dal fallimento non vi era né una indicazione di revoca né di sofferenza e, dunque, essi erano indicativi di un'ordinaria operatività aziendale;
nemmeno era reperibile, “sulla base delle prove già raccolte” (a quelle solo circoscriveva la nuova indagine l'ordinanza di rimessione), la prova dell'esistenza di pregressi debiti, posto che le istanze di ammissione al passivo, erano riferite a debiti del 2008 e 2010;
quella relativa a crediti Equitalia non riferiva di debenze significative relative agli anni 2005/2006.
E, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice in prime cure, non era ravvisabile, dal prospetto riepilogativo depositato da Equitalia, la riconducibilità dei crediti ammessi al
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passivo od omissioni e/o debiti verso l'Erario risalenti all'anno 2005/2006»;
anzi, il coadiutore dott. Riccardo Zingaro aveva riferito, nel periodo 2005/2006, di un andamento regolare e nella norma della realtà imprenditoriale, confermata, peraltro, dalla inesistenza assoluta di segnalazione in Centrale Rischi da parte di banche ovvero terzi intermediari finanziari, “che hanno continuato ad intrattenere rapporti finanziari con la Calzaturificio TE fino all'anno 2008/2009”.
Nemmeno era rinvenibile, dunque - e già per quanto detto dall'ausiliario - la prova dell'esistenza di debiti pregressi rivenienti dal deposito dei due inventari al 31.12.2005 ed al 31.12.2006, oltretutto “contestati”.
Nessun rilievo, infine, poteva essere assegnato al preteso, ed anch'esso contestato, acquisto dell'immobile ad un valore sensibilmente inferiore del leasing.
Quel dato, per quanto errato, avrebbe avuto rilevanza in un giudizio teso a contestare la nullità del sales and
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