Corte d'Appello Lecce, sentenza 02/04/2024, n. 180
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Testo completo
Appello sentenza Tribunale di Brindisi n. 1088 del 23.06.2022 Oggetto: indennità COVID lavoratori agricoli
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI LECCE
Sezione Lavoro
Riunita in Camera di Consiglio e composta dai Magistrati:
Dott.ssa Silvana Botrugno Presidente
Dott.ssa Maria Grazia Corbascio Consigliere
Dott.ssa Luisa Santo Consigliere relatore ha pronunciato la presente
S E N T E N Z A nella causa civile in materia previdenziale, in grado di appello, tra
IA AN, rappresentata e difesa dall'avv. Marcello De Vivo
Appellante
e
INPS
Appellato contumace
FATTO
Con sentenza del 23.06.2022 il Tribunale di Brindisi accoglieva l'opposizione proposta dall'INPS avverso il decreto ingiuntivo n. 151/2021 -emesso dal medesimo Tribunale, in favore di AN
AN, assunta quale bracciante agricola- con cui era stato ingiunto all'Istituto il pagamento della somma di € 3.000,00, oltre accessori, a titolo di indennità ex art. 9 co. 2, lett. a) D.L. n. 104/2020
(Decreto Agosto), convertito in legge n. 126/2020, e dagli artt. 15 co. 1 e 15 bis del D.L. n. 137/2020
(Decreto Ristori). Il Tribunale, richiamata la normativa di riferimento, pur dando atto della sussistenza dei presupposti di legge (ossia: -stagionalità del rapporto di lavoro dipendente in settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali;
-cessazione involontaria del rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1.1.2019 e la data finale indicata da ciascun decreto;
-attività lavorativa per almeno 30 giorni nel periodo contemplato da ciascun decreto;
-assenza di contratto a tempo indeterminato diverso dal contratto di lavoro intermittente alla data di presentazione della
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domanda;
-assenza di titolarità di pensione alla data di presentazione della domanda), riteneva -in linea con il messaggio n. 3160/2020 e la circolare n. 146/2020, emanati dalla Direzione Centrale
Ammortizzatori Sociali dell'INPS- che la predetta indennità non fosse dovuta ai lavoratori stagionali del settore agricolo, indipendentemente dal codice ATECO di appartenenza dell'azienda datrice di lavoro, in quanto assoggettati alla contribuzione agricola unificata, iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli e quindi beneficiari delle specifiche tutele della disoccupazione agricola e della indennità di cui all'art. 30 del D.L. n. 18/2020. Evidenziava, in particolare, che per i lavoratori del settore agricolo era stato previsto uno specifico intervento dall'art. 30 D.L. n. 18/2020 ("agli operai agricoli a tempo determinato, non titolari di pensione, che nel 2019 abbiano effettuato almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo, è riconosciuta un'indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 Euro.
L'indennità di cui al presente articolo non concorre alla formazione del reddito ai sensi del D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 9172") e tale misura era stata rinnovata per il mese di aprile 2020 e nuovamente adottata con il D.L. n. 73/2021;
la ratio di tali interventi normativi, mirati in maniera distinta sulle specifiche categorie di lavoratori, portava ad escludere che nella platea dei lavoratori stagionali avuti a mente per il bonus COVID19 dai c.d. "decreto agosto" e "decreto ristori" potessero essere ricompresi anche
i lavoratori del settore della agricoltura, a prescindere, quindi, dalla natura stagionale delle loro attività. Revocava, quindi, il decreto ingiuntivo opposto, compensando tra le parti le spese del giudizio.
Avverso tale decisione ha proposto appello AN AN con ricorso depositato il 20.12.2022, censurandola con un unico articolato motivo. In particolare, l'appellante lamenta l'erronea interpretazione, da parte del Tribunale, delle disposizioni di cui agli artt. 9 D.L. n. 104/2020, 15 e 15 bis D.L. n. 137/2020. Si duole della violazione dei criteri ermeneutici fissati dall'art. 12 delle preleggi in quanto, pur a fronte del chiaro ed univoco dato letterale delle disposizioni in commento, che hanno specificamente individuato i requisiti per l'accesso a tali misure di sostegno al reddito, il primo giudice avrebbe interpretato la norma escludendo i lavoratori agricoli dal novero dei beneficiari sul presupposto sia dell'assenza, nelle disposizioni di cui agli artt. 9 D.L. n. 104/2020, 15 e 15 bis D.L.
n. 137/2020, di uno specifico riferimento a tale categoria di prestatori, sia dell'incumulabilità (e/o incompatibilità) di tali misure con le ulteriori provvidenze statali erogate nella prima fase dell'emergenza pandemica. A dire di parte appellante, il settore dell'agricoltura, al pari di quello del turismo, costituisce il comparto produttivo nel quale emerge con assoluta evidenza la correlazione tra assunzione a termine dei lavoratori e soddisfacimento di esigenze di lavoro stagionale;
inoltre, la mancata specificazione dei lavoratori agricoli quali destinatari dell'indennizzo, valorizzata dal
Tribunale, avrebbe avuto un senso ove il legislatore avesse individuato i beneficiari della provvidenze mediante indicazione di tutti gli specifici settori produttivi (diversi dal turismo) senza menzionare
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l'area del lavoro agricolo;
ma avendo utilizzato un'espressone di carattere “generale” è evidente che il legislatore ha inteso certamente riferirsi anche al settore dell'agricoltura, in quanto tipicamente connotato dalla stagionalità. Sostiene che le disposizioni di cui agli artt. 9 D.L. n. 104/2020, 15 e 15 bis D.L. n. 137/2020 non prevedono espressamente alcuna incumulabilità con gli indennizzi già previsti a favore dei braccianti agricoli dagli artt. 30 D.L. n. 18/2020 e 84 co. 7 D.L. n. 34/2020 e che
l'erroneità dell'interpretazione del Tribunale sarebbe avvalorata proprio dalle disposizioni del successivo art. 69 D.L. n. 73/2021, che, nel prevedere l'erogazione di una nuova indennità una tantum pari a € 800,00 a favore degli "operai agricoli a tempo determinato", indipendentemente dalla natura stagionale del contratto, ha previsto in modo esplicito l'incompatibilità di tale beneficio con le misure previste per i dipendenti degli altri settori diversi dal turismo dal D.L. n. 41/2021. A dire dell'appellante, quindi, stante la puntuale ed esplicita regolazione dei casi di incompatibilità e incumulabilità operata dalle disposizioni via via adottata, non v'è spazio per una interpretazione, qual
è quella proposta dal Tribunale, che anziché applicare l'inequivocabile "lettera" della legge, avrebbe avanzato una propria soggettiva opinione della "ratio degli interventi normativi", smentita dal diritto positivo. Così operando il Tribunale avrebbe finito per manipolare il testo di legge, distorcendone il chiaro e univoco significato, piuttosto che interpretarlo secondo i canoni di ermeneutica prescritti