Corte d'Appello Lecce, sentenza 03/01/2025, n. 7

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Lecce, sentenza 03/01/2025, n. 7
Giurisdizione : Corte d'Appello Lecce
Numero : 7
Data del deposito : 3 gennaio 2025

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D'Appello di Lecce
Seconda Sezione civile
Nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott. Antonio Francesco Esposito - Presidente
Dott. Consiglia Invitto - Consigliere rel.
Dott. Giovanni Surdo - Consigliere
Ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al N. 994 del Ruolo Generale delle cause dell'anno 2022 promossa da
CO RM (C.F. [...]), CO
TO (C.F. [...]), IS RI OS (C.F.
[...]), in proprio e nella qualità di eredi di ME EN, tutti assistiti
e difesi dall'Avv. Luca Maraglino, giusta mandato allegato all'atto di costituzione in primo grado, ed elettivamente domiciliati presso lo studio legale Parigi in Lecce, Viale Otranto n. 86
appellanti
e
MINISTERO DELLA SALUTE in persona del Ministro pro tempore, difeso dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Lecce, giusta mandato in atti, ed elettivamente domiciliato in Lecce, Via
Rubichi, n. 23
appellato

1 *******
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da come da note scritte depositate in sostituzione dell'udienza collegiale del 17.9.2024 ex art. 127 cpc da intendersi qui per integralmente riportate.
**********
MOTIVAZIONE

1.Con sentenza n. 1541/2022, pubblicata il 26.05.2022, il Tribunale di Lecce rigettava la domanda risarcitoria proposta da ME LA, ME TA, AG AR OS nei confronti del Ministero della Salute per i danni sofferti iure proprio in conseguenza del decesso del proprio congiunto ME EN, occorso il 23.07.2015, a causa dell'epatite C contratta in seguito ad alcune emotrasfusioni praticate nel 1985 presso l'ospedale di Massafra.
Ed invero.
Con atto di citazione notificata il 04.02.2019 gli attori adivano il Tribunale di Lecce chiedendo
l'accertamento della responsabilità del Ministero della Salute in relazione all' infezione da HCV di cui era rimasto vittima il congiunto ME EN e al successivo decesso dello stesso in conseguenza dell'evolversi della malattia in cirrosi epatica classe 11 di Child con scompenso ascittico
e, per l'effetto, la condanna del Ministero convenuto al risarcimento dei danni iure proprio e iure hereditatis.
Si costituiva in giudizio il Ministero della Salute, il quale eccepiva il giudicato già formatosi in relazione alla domanda iure hereditatis, nonché la litispendenza della domanda di riconoscimento del beneficio di cui all'art. 2 l. 210/1992 in favore degli eredi. Da ultimo, deduceva l'insussistenza e la prescrizione dei danni personali lamentati dagli attori prima della morte del dante causa.
In seguito alle deduzioni mosse dal Ministero convenuto, gli attori rinunciavano alla domanda proposta iure hereditatis, insistendo comunque nella domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale.
La causa veniva istruita mediante consulenza tecnica.
Preliminarmente, il giudice di prime cure richiamava le risultanze dell'espletata CTU, nella quale era emerso il nesso causale tra le trasfusioni praticate nel 1985 e il manifestarsi della epatopatia cronica
HCV di cui era affetto il de cuius degli attori, nonché il nesso di causalità tra “la cirrosi epatica classe
“C11” di Child con scompenso ascitico” e il decesso dello stesso. Tuttavia, pur condividendo tali emergenze istruttorie, il tribunale riteneva infondata la domanda, in quanto il de cuius, contratto il virus, dopo una fase di quiescenza della malattia da cui era affetto protrattasi per circa 20 anni dalle
2
diagnosi (1996), era morto ad 88 anni, ben oltre, quindi, la aspettativa di vita prevista in Italia, sicché non si rinveniva alcuna efficienza causale tra la malattia, ascrivibile alle emotrasfusioni, e il dolore conseguente al decesso dei congiunto provato dagli attori, considerata l'età avanzata del congiunto già ben preparati a tale evento, che si sarebbe verificato comunque anche per via naturale in epoca pressoché prossima, generando in essi un dolore di pari grado ed intensità. Da ultimo, il
Tribunale sosteneva che “lo spettro della morte” subito, a dire degli attori, prima del decesso del proprio congiunto fosse un comune stato di sentire patito dai familiari di soggetti che divengono anziani e, pertanto, non potesse configurare un concreto e diverso pregiudizio risarcibile agli stessi, perché derivato dalla patologia contratta in sede di trasfusione.
Le spese di lite e di CTU erano definite secondo soccombenza.
->>>

2. Con atto di citazione notificato il 13.12.2022 ME LA, ME TA e
AG AR OS hanno proposto appello avverso la sentenza n. 1541/2022, affidandosi a tre motivi di gravame, e segnatamente:
a) Errata valutazione dei fatti di causa, violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 e dell'art. 2058 c.c.;
insufficienza, illogicità, contraddittorietà ed erroneità della motivazione sul punto e violazione dell'art. 113 c.p.c.:
gli appellanti deducono l'erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di prime cure ha ritenuto che il risarcimento del danno subito iure proprio non spettasse ai medesimi in ragione del fatto che la vittima fosse deceduta all'età di 88 anni, superando di circa 8 anni l'aspettativa media di vita in Italia, tale che la malattia non avrebbe avuto alcuna rilevanza sul dolore lamentato dagli attori, già preparati al “trapasso” del dante causa, in quanto la morte del sig. ME EN sarebbe comunque avvenuta anche per via naturale e che il clima di morte incombente sarebbe situazione tipica di tutti i familiari di persone anziane, ed indipendente dalla malattia. Ebbene, gli appellanti sostengono che l'età della vittima rileva ai soli fini della determinazione del quantum del risarcimento da perdita del rapporto e non incide invece ai fini della spettanza. Il risarcimento in esame spetta, difatti, in ipotesi di morte di un familiare in conseguenza dell'azione o dell'omissione colposa ( o dolosa) del terzo. Gli appellanti deducono altresì che le conseguenze psicologiche della perdita di un congiunto o il clima patito dai familiari di un soggetto malato che vedono avvicinarsi la morte del proprio caro sono circostanze rilevanti ai fini della personalizzazione del danno, a nulla rilevando ai fini della decisione sulla risarcibilità del danno oggetto di causa. Da ultimo, i deducenti rilevano l'assenza di supporto probatorio in relazione all'ulteriore argomento secondo il quale la morte sarebbe comunque sopraggiunta per via naturale in quell'epoca.
Alla luce di tanto, gli appellanti chiedono, in riforma dell'impugnata sentenza, il riconoscimento del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, da quantificarsi, in via equitativa e
3
considerando le tabelle del Tribunale di Roma 2019 o Milano 2022, nella misura di € 284.394,30 (o
€ 215.360) in favore di AG AR OS, moglie del de cuius, di € 235.350,80 (o € 195.170) in favore di ME LA, figlia della vittima e di € 235.350,80 (o € 195.170) in favore di
ME TA, figlio della vittima;

b) Responsabilità del Ministero della Salute e nesso di causalità: gli appellanti deducono la responsabilità dell'appellato Ministero della Salute per l'infezione da HCV contratta dal sig.
ME in seguito alle emotrasfusioni e per il suo successivo decesso, così come emerso nella
CTU medico-legale. Nel dettaglio, sostengono che sul Ministero incombeva il dovere di vigilanza in materia sanitaria al fine di evitare o, quanto meno, ridurre il rischio di infezioni virali tramite la trasfusione di sangue e l'assunzione di emoderivati. A parere dei deducenti, tale responsabilità del
Ministero per omessa vigilanza si sostanzia nell'inerzia nell'attuazione del c.d. Piano Sangue e Plasma nazionale previsto dalla legge del 1967, ma attuato solo nel 1994 in applicazione della legge n.
107/1990, nella colposa mancanza di controlli tanto sul sangue intero importato dall'estero o prelevato ai donatori in Italia, quanto sulla fabbricazione e commercializzazione di plasma e, da ultimo, nel colposo ritardo della determinazione delle transaminasi resa obbligatoria solo con il DM
21.07.1990, sebbene ne fosse nota l'utilità sin dal 1966;

c) Regolazione delle spese di primo grado: gli appellanti chiedono, in riforma dell'impugnata sentenza, la condanna dell'appellato al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, con conseguente ripetizione delle somme eventualmente versate dai medesimi nelle more a titolo di spese del giudizio di primo grado.
Ritualmente costituitosi, il Ministero della Salute conclude per il rigetto dell'impugnazione o, in subordine, per la riduzione del quantum risarcitorio, tenuto conto delle gravi patologie delle quali soffriva il congiunto degli appellanti, delle malattie tipiche della vecchiaia, dell'avvenuto riconoscimento dell'indennizzo previsto dalla legge 210/1992, dell'età avanzata del de cuius e del fatto che quest'ultimo, secondo quanto emerso nella CTU, avesse di gran lunga superato la speranza di vita prevista in Italia per anno di morte.
Sulle conclusioni come innanzi precisate, la causa è stata riservata in decisione ai sensi dell'art. 190 cod. proc. civ., con i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
->>>>
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi