Corte d'Appello Napoli, sentenza 14/06/2024, n. 2659
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte D'Appello di Napoli
- sezione persone e famiglia - riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati: dott. E G Presidente dott. S S Consigliere rel. dott. S R Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel processo in grado di appello n. 1335 /2023
TRA
, nato a NAPOLI (NA) il 27/12/1953, ), rappresentato e Parte_1 C.F._1 difeso dall'avv. ), studio in VIA BRACCO STUDIO Parte_1 C.F._1
AVV. PETROLATI 45 NAPOLI;appellante
E
, nata a BENEVENTO (BN) il 30/10/1953 ), CP_1 C.F._2 rappresentata e difesa dall'avv. MRTONE CLEMENTE ( ), studio in VIA A. C.F._3
MEOMRTINI 3 BENEVENTO, come da mandato in atti;appellato
CONCLUSIONI
I procuratori delle parti si sono riportati alle domande formulate nei rispettivi atti di appello e di costituzione in giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Benevento, con decreto emesso il 28.11.2018, depositato il 4.12.2018 e notificato al debitore il 9.1.2019, ingiunse a di pagare in favore di la somma di € Parte_1 CP_1
51.000,00 oltre interessi legali dalle singole scadenze sino al soddisfo per arretrati di mantenimento ed alimenti in favore della moglie, spese e competenze legali del procedimento.
Con atto di citazione notificato l'8.2.2019, il propose opposizione avverso il suindicato Pt_1 provvedimento monitorio, sostenendo che le somme ingiunte non erano dovute, per cui chiese la revoca del decreto opposto. Dedusse che la sentenza del tribunale di Benevento del 29 aprile, depositata il 7 maggio 2008, pur indicando, in motivazione, la pattuizione intercorsa tra gli ex coniugi in
ordine al versamento, da parte del di un assegno mensile di € 1.000,00, non l'aveva riportata nel Pt_1 dispositivo, con la conseguenza che non poteva ritenersi emessa alcuna statuizione al riguardo. Inoltre, anche a voler ritenere che il tribunale si fosse pronunciato in ordine al mantenimento, la sentenza in esame costituiva titolo per l'iscrizione ipotecaria, per cui non era ammissibile l'adozione di un decreto ingiuntivo per l'evidente duplicazione di titoli.
Si costituì la e resistette, chiedendo il rigetto dell'opposizione. CP_1
Concessa la sospensione dell'esecutorietà del decreto opposto con decreto del 26 marzo 2019, depositate da entrambe le parti memorie ex art. 183, VI comma c.p.c., precisate le conclusioni, la causa fu riservata per la decisione all'udienza del 29 marzo 2022, con la concessione dei termini di cui all'art.
190 cod. proc. civile.
Con sentenza del 14 settembre, pubblicata il 16 settembre 2022, il Tribunale rigettò l'opposizione e condannò il al pagamento delle spese processuali, con attribuzione all'avv. Clemente Martone, Pt_1 antistatario.
Nel motivare rilevò quanto segue.
1.Il tribunale non aveva richiamato nel dispositivo gli accordi raggiunti dai coniugi, seppur riportati testualmente in parte motiva. Tale omissione rendeva necessario il ricorso al provvedimento monitorio, sussistendo comunque un'obbligazione inter partes. Invero, in sede divorzile le parti avevano concordato il versamento di un assegno mensile di € 1.000,00 in favore della come precisato CP_1 nella sentenza, tanto che il aveva corrisposto l'importo mediante bonifico, con l'indicazione del Pt_1 mese di riferimento e della causale “mantenimento”.
2.Le spese processuali dovevano essere poste a carico del soccombente . Pt_1
Ha proposto appello il con atto notificato l'11 marzo 2023, chiedendo che, in riforma Pt_1 dell'impugnata sentenza, sia accolta l'opposizione con reiezione della pretesa della CP_1
Con comparsa di risposta, si è costituita l'appellata e ha chiesto dichiararsi inammissibile e, comunque, rigettarsi l'appello, con vittoria di spese ed attribuzione al difensore anticipatario.
Depositate le note di trattazione scritta e disposto lo scambio delle note conclusionali, all'udienza del 17 aprile 2024 la causa è stata riservata in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Risulta anzitutto infondata l'eccezione di inammissibilità dell'appello, formulata dalla per CP_1 ragioni connesse al ritenuto contrasto con le tassative prescrizioni del novellato art. 342 cod. proc. civile.
Invero, l'appellante ha chiaramente indicato le “parti della sentenza” oggetto di impugnazione, le ragioni delle critiche mosse alle statuizioni del primo giudice e la loro rilevanza ai fini della diversa decisione auspicata dal . Pt_1 2. Con l'unico complesso motivo di gravame il si è doluto della pronuncia dei primi giudici, Pt_1 atteso che era carente la prova del credito vantato dall'ex coniuge in ordine al mantenimento ed agli alimenti. Assume che:
a)la pattuizione relativa all'assegno periodico in favore della non era stata riportata nel CP_1 dispositivo della sentenza di divorzio, né l'appellata aveva impugnato tale decisione. Discendeva da tali considerazioni che non sussisteva un titolo che riconoscesse il diritto dell'ex coniuge di percepire un assegno di mantenimento, trattandosi con evidenza di omessa pronuncia;
b)nell'ipotesi in cui poteva reputarsi sussistente una statuizione relativa al mantenimento dell'appellata, la sentenza di divorzio era già titolo idoneo per l'eventuale iscrizione ipotecaria, ai sensi dell'art. 2818 cod. civ. e dell'art. 8, comma due, L. 898/70.
Il motivo così proposto è fondato, sicché la sentenza impugnata non merita conferma per le ragioni che di seguito si passa ad illustrare.
Giova premettere che con sentenza su ricorso congiunto del 7 maggio 2008 il tribunale di Benevento pronunciò la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da e Parte_1 CP_1 dichiarando, altresì, la perdita, da parte della moglie, del cognome del marito che, per effetto del matrimonio, aveva aggiunto al proprio.
Nel motivare, il tribunale, dopo aver dato atto della ricorrenza di presupposti di cui all'art. 3, lettera b) della L. 898/70, come modificata dalla L. 74/87, della richiesta pronunzia, riportò le condizioni concordate dai coniugi in ordine agli aspetti economici, e, segnatamente, l'obbligo del di Pt_1 contribuire al mantenimento della con la corresponsione di un assegno mensile di € 1.000,00, CP_1 oltre rivalutazione secondo gli indici Istat, da versarsi entro il giorno 30 del mese tramite assegno circolare.
E', quindi, avvenuto che il tribunale di Benevento, dopo aver menzionato testualmente l'accordo dei coniugi in ordine all'assegno divorzile ed averlo, altresì, valutato nella sua non contrarietà alle norme imperative ed all'ordine pubblico, non ha, poi, inserito nel dispositivo la relativa statuizione impositiva.
Una tale dimenticanza, però, non integra omissione di pronuncia, bensì materiale, emendabile con il procedimento di correzione ai sensi degli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità in tema di spese processuali allorché ha ritenuto che "nell'ipotesi in cui sia mancata la liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza (emessa anche ex art. 429 c.p.c.), benchè in motivazione si riscontri la statuizione che le pone a carico del soccombente, l'interessato deve esperire il procedimento di correzione ai sensi dell'art. 287 c.p.c. per ottenerne la quantificazione” (Cass. Sez. Un. 29029/2018;conf. Cass.7276/2019).
Orbene, se il procedimento di correzione è utilizzabile qualora sia stata omessa la liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, sebbene la relativa previsione sia indicata in parte motiva, a maggior ragione è esperibile nel caso in cui il giudice del divorzio su ricorso congiunto, dopo avere riportato gli accordi delle parti in relazione all'assegno periodico in favore dell'ex coniuge, che è stato
quantificato in € 1.000,00 e di cui sono state anche indicate le modalità di corresponsione, ometta poi in dispositivo la corrispondente statuizione a carico dell'ex coniuge obbligato e in favore dell' avente diritto.
Sotto altro profilo, deve rilevarsi che nello specifico ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, la facoltà di iscrivere ipoteca giudiziale è rispettivamente contenuta nell'art. 156, quinto comma, cod. civ., e nell'art. 8, secondo comma, legge n. 898/1970, entrambe nella formulazione applicabile ratione temporis alla presente fattispecie. Occorre aggiungere che il legislatore ha, in seguito, voluto estendere tale ipotesi anche in ambito di negoziazione assistita finalizzata alla separazione o al divorzio, ribadendo all'art. 5, comma 1, del D.L. 132/2014 che: "l'accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale". Alla luce di tali disposizioni emerge, con sufficiente chiarezza, che il legislatore, in tutte le occasioni in cui ha disciplinato la materia, si è preoccupato di tutelare il coniuge a cui non sia addebitabile la separazione e che sia beneficiario di un assegno divorzile mettendolo al riparo dalle disposizioni di carattere patrimoniale dell'ex coniuge non attuali e non prevedibili alla data del provvedimento giudiziale, idonei a non garantire il particolare adempimento di tipo assistenziale dovuto in suo favore.
Ne consegue che per consentire tale funzione, protetta dunque anche costituzionalmente, occorre inevitabilmente garantire attraverso gli strumenti di legge l'esatto adempimento contenuto nell'assegno.
Peraltro, si deve porre in luce che in tale specifico ambito il credito vantato dal coniuge separato, salvo
l'eccezione della soluzione unica, dà luogo ad un'obbligazione periodica, avente ad oggetto prestazioni autonome e distinte nel tempo che diventano esigibili alle rispettive scadenze, evidentemente destinato così a mantenere la sua validità in un tempo futuro generalmente molto lungo e sottoponendosi quindi alla mutevolezza delle condizioni socio-economiche di entrambi i coniugi, elemento che se da un lato potrebbe eliminare i presupposti dell'assegno, da un altro potrebbe pregiudicare la posizione creditoria del coniuge beneficiario. Pertanto, anche in considerazione di possibili atti di disposizione del coniuge obbligato non preventivabili e pregiudizievoli nei confronti del creditore, il credito in questione deve essere tutelabile, come tale, sin dal momento della sua insorgenza in forza di provvedimento giudiziale
(Cass. 5618/2017). Così interpretando, l'ipoteca giudiziale ex art. 156, comma 5, cod. civ. e art. 8, comma 2, della L. 898/70, risulta essere un adeguato strumento di garanzia preventiva attivabile unicamente e immediatamente all'emissione di un provvedimento giudiziale di cui all'art. 2818 cod. civ., senza la necessità di ulteriori requisiti.
Discende da tali considerazioni che le statuizioni della sentenza di divorzio, anche su ricorso congiunto, costituendo titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 cod. civ., non abilitano
l'avente diritto all'assegno divorzile, per difetto di interesse, a reclamare, con il rito ordinario o con quello monitorio, come nel caso in esame, una pronuncia di condanna all'adempimento, la quale si tradurrebbe nella reiterazione di un titolo di cui già gode (Cass. 9393/94;Cass. 18248/2004).
Ne consegue il rilievo del difetto "ab origine" delle condizioni di proponibilità della domanda della
attesa la mancanza dell'interesse ad agire determinato dalla disponibilità del titolo costituito CP_1 dalla sentenza di divorzio con la conseguenziale caducazione del provvedimento monitorio.
Le spese processuali del doppio grado del giudizio devono essere poste a carico della soccombente
CP_1
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte D'Appello di Napoli
- sezione persone e famiglia - riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati: dott. E G Presidente dott. S S Consigliere rel. dott. S R Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel processo in grado di appello n. 1335 /2023
TRA
, nato a NAPOLI (NA) il 27/12/1953, ), rappresentato e Parte_1 C.F._1 difeso dall'avv. ), studio in VIA BRACCO STUDIO Parte_1 C.F._1
AVV. PETROLATI 45 NAPOLI;appellante
E
, nata a BENEVENTO (BN) il 30/10/1953 ), CP_1 C.F._2 rappresentata e difesa dall'avv. MRTONE CLEMENTE ( ), studio in VIA A. C.F._3
MEOMRTINI 3 BENEVENTO, come da mandato in atti;appellato
CONCLUSIONI
I procuratori delle parti si sono riportati alle domande formulate nei rispettivi atti di appello e di costituzione in giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Benevento, con decreto emesso il 28.11.2018, depositato il 4.12.2018 e notificato al debitore il 9.1.2019, ingiunse a di pagare in favore di la somma di € Parte_1 CP_1
51.000,00 oltre interessi legali dalle singole scadenze sino al soddisfo per arretrati di mantenimento ed alimenti in favore della moglie, spese e competenze legali del procedimento.
Con atto di citazione notificato l'8.2.2019, il propose opposizione avverso il suindicato Pt_1 provvedimento monitorio, sostenendo che le somme ingiunte non erano dovute, per cui chiese la revoca del decreto opposto. Dedusse che la sentenza del tribunale di Benevento del 29 aprile, depositata il 7 maggio 2008, pur indicando, in motivazione, la pattuizione intercorsa tra gli ex coniugi in
ordine al versamento, da parte del di un assegno mensile di € 1.000,00, non l'aveva riportata nel Pt_1 dispositivo, con la conseguenza che non poteva ritenersi emessa alcuna statuizione al riguardo. Inoltre, anche a voler ritenere che il tribunale si fosse pronunciato in ordine al mantenimento, la sentenza in esame costituiva titolo per l'iscrizione ipotecaria, per cui non era ammissibile l'adozione di un decreto ingiuntivo per l'evidente duplicazione di titoli.
Si costituì la e resistette, chiedendo il rigetto dell'opposizione. CP_1
Concessa la sospensione dell'esecutorietà del decreto opposto con decreto del 26 marzo 2019, depositate da entrambe le parti memorie ex art. 183, VI comma c.p.c., precisate le conclusioni, la causa fu riservata per la decisione all'udienza del 29 marzo 2022, con la concessione dei termini di cui all'art.
190 cod. proc. civile.
Con sentenza del 14 settembre, pubblicata il 16 settembre 2022, il Tribunale rigettò l'opposizione e condannò il al pagamento delle spese processuali, con attribuzione all'avv. Clemente Martone, Pt_1 antistatario.
Nel motivare rilevò quanto segue.
1.Il tribunale non aveva richiamato nel dispositivo gli accordi raggiunti dai coniugi, seppur riportati testualmente in parte motiva. Tale omissione rendeva necessario il ricorso al provvedimento monitorio, sussistendo comunque un'obbligazione inter partes. Invero, in sede divorzile le parti avevano concordato il versamento di un assegno mensile di € 1.000,00 in favore della come precisato CP_1 nella sentenza, tanto che il aveva corrisposto l'importo mediante bonifico, con l'indicazione del Pt_1 mese di riferimento e della causale “mantenimento”.
2.Le spese processuali dovevano essere poste a carico del soccombente . Pt_1
Ha proposto appello il con atto notificato l'11 marzo 2023, chiedendo che, in riforma Pt_1 dell'impugnata sentenza, sia accolta l'opposizione con reiezione della pretesa della CP_1
Con comparsa di risposta, si è costituita l'appellata e ha chiesto dichiararsi inammissibile e, comunque, rigettarsi l'appello, con vittoria di spese ed attribuzione al difensore anticipatario.
Depositate le note di trattazione scritta e disposto lo scambio delle note conclusionali, all'udienza del 17 aprile 2024 la causa è stata riservata in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Risulta anzitutto infondata l'eccezione di inammissibilità dell'appello, formulata dalla per CP_1 ragioni connesse al ritenuto contrasto con le tassative prescrizioni del novellato art. 342 cod. proc. civile.
Invero, l'appellante ha chiaramente indicato le “parti della sentenza” oggetto di impugnazione, le ragioni delle critiche mosse alle statuizioni del primo giudice e la loro rilevanza ai fini della diversa decisione auspicata dal . Pt_1 2. Con l'unico complesso motivo di gravame il si è doluto della pronuncia dei primi giudici, Pt_1 atteso che era carente la prova del credito vantato dall'ex coniuge in ordine al mantenimento ed agli alimenti. Assume che:
a)la pattuizione relativa all'assegno periodico in favore della non era stata riportata nel CP_1 dispositivo della sentenza di divorzio, né l'appellata aveva impugnato tale decisione. Discendeva da tali considerazioni che non sussisteva un titolo che riconoscesse il diritto dell'ex coniuge di percepire un assegno di mantenimento, trattandosi con evidenza di omessa pronuncia;
b)nell'ipotesi in cui poteva reputarsi sussistente una statuizione relativa al mantenimento dell'appellata, la sentenza di divorzio era già titolo idoneo per l'eventuale iscrizione ipotecaria, ai sensi dell'art. 2818 cod. civ. e dell'art. 8, comma due, L. 898/70.
Il motivo così proposto è fondato, sicché la sentenza impugnata non merita conferma per le ragioni che di seguito si passa ad illustrare.
Giova premettere che con sentenza su ricorso congiunto del 7 maggio 2008 il tribunale di Benevento pronunciò la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da e Parte_1 CP_1 dichiarando, altresì, la perdita, da parte della moglie, del cognome del marito che, per effetto del matrimonio, aveva aggiunto al proprio.
Nel motivare, il tribunale, dopo aver dato atto della ricorrenza di presupposti di cui all'art. 3, lettera b) della L. 898/70, come modificata dalla L. 74/87, della richiesta pronunzia, riportò le condizioni concordate dai coniugi in ordine agli aspetti economici, e, segnatamente, l'obbligo del di Pt_1 contribuire al mantenimento della con la corresponsione di un assegno mensile di € 1.000,00, CP_1 oltre rivalutazione secondo gli indici Istat, da versarsi entro il giorno 30 del mese tramite assegno circolare.
E', quindi, avvenuto che il tribunale di Benevento, dopo aver menzionato testualmente l'accordo dei coniugi in ordine all'assegno divorzile ed averlo, altresì, valutato nella sua non contrarietà alle norme imperative ed all'ordine pubblico, non ha, poi, inserito nel dispositivo la relativa statuizione impositiva.
Una tale dimenticanza, però, non integra omissione di pronuncia, bensì materiale, emendabile con il procedimento di correzione ai sensi degli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità in tema di spese processuali allorché ha ritenuto che "nell'ipotesi in cui sia mancata la liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza (emessa anche ex art. 429 c.p.c.), benchè in motivazione si riscontri la statuizione che le pone a carico del soccombente, l'interessato deve esperire il procedimento di correzione ai sensi dell'art. 287 c.p.c. per ottenerne la quantificazione” (Cass. Sez. Un. 29029/2018;conf. Cass.7276/2019).
Orbene, se il procedimento di correzione è utilizzabile qualora sia stata omessa la liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, sebbene la relativa previsione sia indicata in parte motiva, a maggior ragione è esperibile nel caso in cui il giudice del divorzio su ricorso congiunto, dopo avere riportato gli accordi delle parti in relazione all'assegno periodico in favore dell'ex coniuge, che è stato
quantificato in € 1.000,00 e di cui sono state anche indicate le modalità di corresponsione, ometta poi in dispositivo la corrispondente statuizione a carico dell'ex coniuge obbligato e in favore dell' avente diritto.
Sotto altro profilo, deve rilevarsi che nello specifico ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, la facoltà di iscrivere ipoteca giudiziale è rispettivamente contenuta nell'art. 156, quinto comma, cod. civ., e nell'art. 8, secondo comma, legge n. 898/1970, entrambe nella formulazione applicabile ratione temporis alla presente fattispecie. Occorre aggiungere che il legislatore ha, in seguito, voluto estendere tale ipotesi anche in ambito di negoziazione assistita finalizzata alla separazione o al divorzio, ribadendo all'art. 5, comma 1, del D.L. 132/2014 che: "l'accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale". Alla luce di tali disposizioni emerge, con sufficiente chiarezza, che il legislatore, in tutte le occasioni in cui ha disciplinato la materia, si è preoccupato di tutelare il coniuge a cui non sia addebitabile la separazione e che sia beneficiario di un assegno divorzile mettendolo al riparo dalle disposizioni di carattere patrimoniale dell'ex coniuge non attuali e non prevedibili alla data del provvedimento giudiziale, idonei a non garantire il particolare adempimento di tipo assistenziale dovuto in suo favore.
Ne consegue che per consentire tale funzione, protetta dunque anche costituzionalmente, occorre inevitabilmente garantire attraverso gli strumenti di legge l'esatto adempimento contenuto nell'assegno.
Peraltro, si deve porre in luce che in tale specifico ambito il credito vantato dal coniuge separato, salvo
l'eccezione della soluzione unica, dà luogo ad un'obbligazione periodica, avente ad oggetto prestazioni autonome e distinte nel tempo che diventano esigibili alle rispettive scadenze, evidentemente destinato così a mantenere la sua validità in un tempo futuro generalmente molto lungo e sottoponendosi quindi alla mutevolezza delle condizioni socio-economiche di entrambi i coniugi, elemento che se da un lato potrebbe eliminare i presupposti dell'assegno, da un altro potrebbe pregiudicare la posizione creditoria del coniuge beneficiario. Pertanto, anche in considerazione di possibili atti di disposizione del coniuge obbligato non preventivabili e pregiudizievoli nei confronti del creditore, il credito in questione deve essere tutelabile, come tale, sin dal momento della sua insorgenza in forza di provvedimento giudiziale
(Cass. 5618/2017). Così interpretando, l'ipoteca giudiziale ex art. 156, comma 5, cod. civ. e art. 8, comma 2, della L. 898/70, risulta essere un adeguato strumento di garanzia preventiva attivabile unicamente e immediatamente all'emissione di un provvedimento giudiziale di cui all'art. 2818 cod. civ., senza la necessità di ulteriori requisiti.
Discende da tali considerazioni che le statuizioni della sentenza di divorzio, anche su ricorso congiunto, costituendo titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 cod. civ., non abilitano
l'avente diritto all'assegno divorzile, per difetto di interesse, a reclamare, con il rito ordinario o con quello monitorio, come nel caso in esame, una pronuncia di condanna all'adempimento, la quale si tradurrebbe nella reiterazione di un titolo di cui già gode (Cass. 9393/94;Cass. 18248/2004).
Ne consegue il rilievo del difetto "ab origine" delle condizioni di proponibilità della domanda della
attesa la mancanza dell'interesse ad agire determinato dalla disponibilità del titolo costituito CP_1 dalla sentenza di divorzio con la conseguenziale caducazione del provvedimento monitorio.
Le spese processuali del doppio grado del giudizio devono essere poste a carico della soccombente
CP_1
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi