Corte d'Appello Lecce, sentenza 02/01/2025, n. 2

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Lecce, sentenza 02/01/2025, n. 2
Giurisdizione : Corte d'Appello Lecce
Numero : 2
Data del deposito : 2 gennaio 2025

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce – Seconda Sezione Civile così composta
Dott. Antonio F. Esposito - Presidente
Dott.ssa Consiglia Invitto - Consigliere
Dott. Giovanni Surdo - Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1120/2021 R.G. introdotta da
AR GI (c.f. [...]) e LA UC
TO (cf: [...]), rappresentati e difesi dall'avv. Maria
Grazia Petrucci
APPELLANTI contro
COMUNE DI GALLIPOLI (c.f. 82000090751), rappresentato e difeso dall'avv.
Andrea Pedone
APPELLAT0
OGGETTO: Appello avverso la sentenza n. 3215/2021, emessa dal Tribunale di Lecce il 25.11.2021, depositata in pari data
MOTIVAZIONE

1. MA SE e EL UC ON, con atto di citazione notificato il 31.07.2020, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce il
Comune di Gallipoli chiedendo di accertare e dichiarare l'avvenuto acquisto per usucapione ex art.1158 c.c. in loro favore della proprietà di porzione di circa
250 mq. dell'immobile sito in Gallipoli alla Via Arene 10 (ex Villaggio del
Fanciullo), identificato in catasto al fg.15, p.lla 75, piano terra, nonché del diritto di servitù di passaggio pedonale e carrabile sul piazzale antistante detto immobile o in subordine di costituire tale servitù poiché la porzione dagli stessi usucapita era interclusa.


2. Con sentenza n. 3215/2021 il Tribunale ha rigettato la domanda e condannato gli attori al pagamento in favore del Comune di Gallipoli delle spese di lite. Il primo giudice ha motivato la decisione osservando che, sebbene non fosse contestato dal Comune convenuto che i coniugi MA/EL UC abitavano nell'immobile per cui è causa dal febbraio del 1994 utilizzandolo sino ad oggi come casa familiare, detta situazione giuridica non poteva essere qualificata come possesso valido ad usucapionem, “in quanto è pacifico che gli attori abbiano occupato il predetto immobile senza avere un titolo che ne legittimasse il godimento né di cui fosse a conoscenza il proprietario: con la conseguenza, imposta dall'art. 1163 c.c., che il termine ventennale decorrerebbe dal momento in cui la clandestinità è cessata, ovvero incontestatamente nel 1999”.
Annotava inoltre il giudicante che non poteva configurarsi “inerzia del proprietario”, attesa l'assunzione da parte del Comune di Gallipoli fino al 2019 degli oneri di manutenzione delle parti comuni del Villaggio in cui la porzione in contesa è compresa;
inoltre, le costanti richieste formulate per il pagamento di un canone per l'occupazione sono indicative della “contraria volontà” del proprietario, in presenza della quale deve escludersi la pacificità del possesso.

3. Avverso detta sentenza hanno proposto appello gli originari attori, chiedendo, in via preliminare, di accogliere le richieste istruttorie formulate in primo grado, e, nel merito, di accertare e dichiarare l'avvenuto acquisto per usucapione ex art.1158 c.c. in loro favore della piena proprietà di porzione dell'immobile sito in Gallipoli alla Via Arene 10 (ex Villaggio del Fanciullo) e del diritto di servitù di passaggio pedonale e carrabile sul piazzale antistante
l'immobile medesimo. A sostegno hanno dedotto i seguenti motivi di impugnazione:
a) erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato le richieste di prova orale formulate ritualmente nel giudizio di primo grado e ribadite in sede di precisazione delle conclusioni;

b) erroneità e illogicità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la situazione giuridica vantata dagli attori non si possa qualificare come possesso valido ad usucapionem, nonché erroneità ed illegittimità della sentenza per violazione degli artt. 1140, 1141, 1158, 1163, nonché per violazione degli artt.
115
e 116 c.p.c. e 2697 c.c., stante l'errata e contraddittoria valutazione delle
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prove documentali. Il possesso non può essere escluso dalla mancanza di un titolo che legittimi il godimento dell'immobile o della mancata conoscenza del proprietario, come sostenuto in sentenza, poiché nella specie trova applicazione la presunzione di possesso di cui all'art. 1141 c.c., che stabilisce che: “si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo semplicemente come detenzione”. Quando è dimostrato il potere di fatto, pubblico e indisturbato, esercitato sulla cosa per il tempo necessario a usucapirla, ne deriva, a norma dell'art. 1141, 1 comma c.c., la presunzione che detto potere integri il possesso, mentre incombe sulla parte che assume la detenzione, provare il suo assunto, in mancanza dovendosi ritenere l'esistenza della prova della "possessio ad usucapionem" (Cass. n.
26984/2013).
Il possesso esercitato dagli appellanti è un possesso valido ai fini dell'usucapione, poiché connotato da tutti i requisiti contemplati dall'art.1158
c.c., ossia si tratta di un possesso continuo, non interrotto, pacifico, pubblico, protratto per oltre vent'anni nella completa inerzia del proprietario, senza che possa avere rilevo a tale fine la circostanza che quest'ultimo non ne fosse inizialmente a conoscenza. Il requisito della non clandestinità, richiesto dall'art.
1163 c.c., va riferito al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile e non occulto, così da palesare l'animo del possessore di voler assoggettare la cosa al proprio potere senza che sia necessaria l'effettiva conoscenza da parte del preteso danneggiato. Le affermazioni del primo giudice sul punto sono contraddette proprio dalla documentazione acquisita, in particolare da alcune missive dalle quali si evince che il Comune di Gallipoli era ben consapevole del possesso uti dominus esercitato dagli attori: già nella prima lettera del 16.02.1999, allegata in atti al fascicolo di controparte (all. 3) il Comune, scrivendo al MA, riconosce che lo stesso “occupa senza titolo da diversi anni parte dei locali dell'immobile denominato ex Villaggio del Fanciullo”, di proprietà comunale, adibendolo ad abitazione, senza corrispondere alcun canone di affitto.
c) erroneità e illegittimità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il
Comune di Gallipoli abbia nel tempo manifestato una volontà contraria, “in presenza della quale deve escludersi la pacificità del possesso”;
il Tribunale, equivocando sul concetto di possesso pacifico, ha dato rilievo alla volontà contraria del proprietario. In realtà, la nozione di possesso pacifico si ricava
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dall'art. 1163 c..c., secondo il quale il possesso acquistato in modo violento o clandestino può giovare per l'usucapione solo dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata. E' pacifico il possesso non acquistato con violenza, e non quello incontroverso o esercitato in presenza della contraria volontà del proprietario. Ne consegue che la pacificità non può venir meno per effetto di diffide o messe in mora poste in essere dal proprietario, come costantemente affermato dalla giurisprudenza. Il requisito del possesso pacifico non viene escluso dalla manifestazione di una volontà contraria all'altrui possesso, trattandosi di elemento rilevante al diverso fine di evidenziare la mala fede del possessore, con la conseguente applicabilità del termine ventennale. Nel caso di specie, nessuna delle condotte dell'ente comunale, indicate dal giudice a quo, può ritenersi manifestazione di una facoltà inerente il suo diritto dominicale, in quanto il Comune di Gallipoli non ha mai goduto dell'immobile, né ha mai posto in essere alcuna azione giudiziale volta al suo recupero. Gli interventi effettuati dal Comune sullo stabile non costituiscono esercizio della facoltà di godimento del proprietario, ma sono atti dovuti a tutela della pubblica incolumità. In ogni caso, tali interventi urgenti sono stati attuati solo a partire dal 2016, ben oltre il ventennio necessario ad usucapire, già maturato nel 2014, e non hanno in alcun modo interessato la porzione di immobile posseduta dagli appellanti.
Inoltre, non è sufficiente ad escludere l'inerzia del proprietario neppure la mera richiesta di un canone di occupazione.

4. In data 30.3.2023, si è costituito il Comune di Gallipoli, contestando le argomentazioni degli appellanti e ribadendo la correttezza dell'operato del giudice di prime cure.

5. Acquisito il fascicolo di primo grado, la Corte ha ammesso le prove orali articolate dagli appellanti e, dopo la loro assunzione, ha disposto CTU diretta ad individuare esattamente la porzione di immobile oggetto della domanda di usucapione. All'udienza del 17 settembre 2024 le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata riservata per la decisione, con assegnazione dei termini ex art.190 cpc per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

6. Con la comparsa conclusionale depositata il 15.11.2024 il Comune di
Gallipoli ha dedotto la non usucapibilità dell'immobile oggetto di causa in quanto facente parte dello stabile “ex Casa del Fanciullo” sottoposto a vincolo
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quale immobile di interesse culturale di cui all'art. 12 del Codice dei Beni
Culturali e del Paesaggio
(D.Lgs.
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