Corte d'Appello Lecce, sentenza 02/05/2024, n. 200
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Testo completo
Appello Sentenza Tribunale Lecce
N. 2458 pronunciata il 18/06/2021
Oggetto: Ripetizione indebito assistenziale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d'Appello di Lecce
Sezione Lavoro riunita in Camera di Consiglio e composta dai Magistrati:
Dott.ssa Silvana Botrugno Presidente
Dott.ssa Maria Grazia Corbascio Consigliere
Dott.ssa Mariantonietta Zingrillo Giudice Ausiliario Relatore ha emesso la seguente
SENTENZA nella causa civile, in materia assistenziale, in grado d'appello, iscritta al n. 1108/2021 del Ruolo
Generale A.C. Appelli, promossa
da
INPS, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonello
Lamanna,
APPELLANTE
contro
OL Antonio, nato a [...] l'[...], rappresentato e difeso dall'avv. Claudia
Valentini,
APPELLATO
All'udienza dell'08/03/2024 la causa è stata decisa sulle conclusioni come in atti rassegnate.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Lavoro di Lecce, OL Antonio, titolare di pensione cat.
INVCIV n. 070634968, esponeva di aver ricevuto un provvedimento INPS datato 25.6.2015 con il quale gli veniva resa nota l'indebita corresponsione di € 3.139,64 per il periodo gennaio 2015-luglio
2015 derivante dalla comunicazione dei redditi per l'anno 2011. Deduceva preliminarmente che
l'INPS era incorso in errore atteso che nel 2011 egli aveva percepito un reddito di soli € 529,00;
e comunque, anche a voler considerare i redditi percepiti nell'anno 2015, secondo quanto previsto
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dalla circolare INPS n. 101/2004, il beneficio concesso agli invalidi civili andava revocato dall'1° gennaio dell'anno successivo a quello nel quale si era verificato l'evento del superamento del limite reddituale;
in ogni caso, contestava la violazione degli artt. 52, L. 88/89, e 13, L. 412/91, secondo i quali, nel caso in cui siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato.
Evidenziava sul punto che, nella fattispecie di causa, nessun comportamento doloso era a lui imputabile, atteso che l'indebito sarebbe scaturito da una verifica reddituale. Concludeva chiedendo di dichiarare illegittima la richiesta di ripetizione delle somme di cui al provvedimento del
25.06.2015 e condannare l'INPS alla restituzione delle somme trattenute, con vittoria di spese e competenze di lite da distrarsi.
Si costituiva in giudizio l'INPS, chiarendo che il provvedimento impugnato era scaturito dall'accettazione della domanda di pensione di vecchiaia VOART, presentata dal ricorrente
l'1.4.2015 e liquidata il 10.4.2015 con decorrenza dall'1.5.2015, di importo mensile pari a € 760,39;
questo reddito, cumulato per l'intero periodo residuo, aveva comportato il superamento del limite reddituale per poter percepire l'assegno di invalidità e, dunque, determinato l'indebito. Pertanto, all'Ente previdenziale non poteva essere imputato alcun errore, né violazione di disposizioni di legge o omessa comunicazione dell'indebito. L'unico difetto imputabile al provvedimento INPS era costituito dall'errore materiale relativo all'indicazione dell'anno di riferimento del reddito incidente sulla prestazione INVCIV revocata, che non era il 2011 ma il 2015. Infine, sempre ad avviso del resistente, del tutto privo di attinenza appariva il richiamo alla circolare n. 101/2004 in quanto riguardante la liquidazione nell'anno di arretrati per anni precedenti e, dunque, fattispecie del tutto diversa da quella sottoposta all'odierno esame. Concludeva chiedendo il rigetto del ricorso con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite.
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Lecce accoglieva il ricorso.
Richiamata la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (n. 13223/2020), secondo cui
l'indebito assistenziale per carenza dei requisiti reddituali abilita alla restituzione solo dal provvedimento di accertamento del venir meno dei presupposti, il G.U. di I grado precisava che la prestazione di invalidità civile per i mesi del 2015 in cui era stata percepita dal ricorrente si doveva ritenere erogata legittimamente in quanto solo da maggio 2015 OL aveva cominciato a percepire la pensione di vecchiaia. Inoltre, l'indebito, riguardante il periodo 1.1.2015-31.7.2015, era stato comunicato il 25.6.2015, quando erano state versate le rate di assegno INVCIV da gennaio 2015 a giugno 2015, quindi non poteva ricomprendere il rateo di luglio 2015, mai corrisposto al ricorrente.
Pertanto, in considerazione della criptica motivazione contenuta nella comunicazione di indebito e delle deduzioni sopra riportate, riteneva che le somme richieste in restituzione non fossero dovute e
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che dovessero essere restituite dall'INPS quelle eventualmente trattenute a tale titolo, oltre interessi legali sino al soddisfo e spese di giudizio.
Con ricorso depositato il 30.11.2021 l'INPS ha proposto appello deducendo, con il primo motivo,
l'illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui non aveva tenuto in alcun conto la circostanza che proprio la liquidazione della pensione di vecchiaia VOART dall'1.5.2015 aveva prodotto il superamento dei limiti reddituali fissati per conservare la prestazione assistenziale di invalidità civile;
né aveva considerato il comportamento meritorio dell'INPS che aveva anticipato la verifica del possesso di redditi dell'avente diritto a pochi mesi successivi alla data di corresponsione del trattamento pensionistico, in quanto erogatore di tale prestazione, senza attendere i tempi di legge