Corte d'Appello Roma, sentenza 04/12/2024, n. 4120

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Roma, sentenza 04/12/2024, n. 4120
Giurisdizione : Corte d'Appello Roma
Numero : 4120
Data del deposito : 4 dicembre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
IV SEZIONE LAVORO
La Corte, composta dai signori magistrati:
- dott. Alessandro Nunziata Presidente
- dott.ssa Gabriella Piantadosi Consigliere rel.
- dott.ssa Alessandra Lucarino Consigliere
all'udienza del 26.11.2024 ha pronunciato la presente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1451/2023 R.G. vertente
TRA
, rappresentato e difeso dall'Avv. Fabio Bersani, presso il cui studio Parte_1
elettivamente domicilia in Terracina alla Piazza della Repubblica n. 39
APPELLANTE
E
, rappresentata e difesa dall'Avv. Alfonso Remirez e dall'Avv. Controparte_1
Valentina Cozzi, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Latina, alla Via Cairoli n. 10
APPELLATA
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Latina, in funzione di giudice del lavoro, n.
499/2023 pubblicata il 18/04/2023

Conclusioni delle parti: come in atti
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ricorso depositato il 4.2.2019 innanzi al Tribunale di Latina, in funzione di giudice del lavoro, esponeva: - di essere stata assunta in data 20.4.2016 da Controparte_1 Parte_1
come collaboratrice familiare, senza vitto e alloggio, per prestare assistenza alla moglie del convenuto, non autosufficiente ed impossibilitata a compiere da sola gli atti Persona_1
quotidiani della vita;
- che il contratto di lavoro prevedeva l'inquadramento al livello B Super del
1
CCNL lavoro domestico e un orario di lavoro di 30 ore settimanali così distribuite: 6 giorni a settimana dal lunedì al sabato, dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 18.00.
Aggiungeva che: - in realtà, l'attività prestata era riferibile, in considerazione delle condizioni della persona assistita, al livello C Super anziché al livello di inquadramento contrattuale;
- l'orario di lavoro in concreto osservato era pari a 48 ore settimanali: dal lunedì al sabato dalle 9.00 alle 13.00
e dalle 16.00 alle 20.00;
- il rapporto era proseguito dal 20 aprile 2016 al 26 agosto 2017 quando, senza preavviso alcuno, l'aveva licenziata oralmente;
- pertanto, non aveva Parte_1
percepito tutte le spettanze dovute, e rivendicate per i titoli di cui al ricorso.
Chiedeva di accertare e dichiarare il suo diritto all'inquadramento nel Livello C Super del
CCNL per prestatori di lavoro domestico, dalla data di assunzione sino alla data di cessazione del rapporto, con conseguente condanna del al pagamento delle differenze retributive (maturate Pt_1
anche in ragione del maggior orario espletato, delle ferie non godute, del preavviso non ricevuto e del
TFR) quantificate nella somma complessiva di euro 17.789,21 ovvero, in via subordinata, di accertare
e dichiarare il suo diritto a percepire le differenze retributive maturate per i medesimi titoli in relazione al Livello B super CCNL, con conseguente condanna del convenuto al pagamento della somma complessiva di euro 14.881,32;
con vittoria di spese, da distrarsi.
Si costituiva in giudizio , contestando le avverse pretese. Parte_1
All'esito dell'istruttoria svolta, il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, condannava la parte convenuta al pagamento della somma complessiva di euro 8.695,40 per le differenze retributive riconosciute, nonché alla refusione delle spese di lite liquidate in euro 5.388,00 oltre spese generali e accessori come per legge.
Avverso detta decisione proponeva appello per le seguenti ragioni: Parte_1
1) “Sulle asserite differenze retributive azionate. Violazione dell'art. 2697 C.C.
Contraddittorietà e irragionevolezza della motivazione in violazione dell'art. 116 c.p.c.”: secondo parte appellante il Tribunale aveva compiuto una valutazione non precisa e circostanziata delle deduzioni e delle allegazioni offerte dal convenuto, nonché delle risultanze istruttorie e del compendio probatorio acquisito: in particolare, erroneamente aveva ritenuto provato lo “svolgimento dell'asserito lavoro supplementare dalle ore 12 alle ore 13”, sicché, non era dovuto l'importo riconosciuto a tale titolo;

2) “Sull'insussistenza dell'obbligazione di pagamento dell'indennità di mancato preavviso.
Violazione dell'art. 2697 C.C.. Contraddittorietà e irragionevolezza della motivazione in violazione dell'art. 116 c.p.c.”: deduceva l'appellante che nell'allegato 4 del fascicolo di primo grado, avente ad oggetto “Interruzione rapporto di lavoro domestico tra (datore di lavoro) e Parte_1
(lavoratore)” e datato 25.7.2017, si leggeva: “Considerato il preavviso di 30 Controparte_1
2 giorni, il rapporto di lavoro avrà termine il 31/08/2017, data in cui cesseranno le sue prestazioni lavorative”;
pertanto, il rapporto era cessato il 26 agosto 2017 (come incontestato) rispettando trenta giorni di preavviso (superiori ai quindici indicati dal giudice di prime cure) e nulla era dovuto all'odierna appellata a titolo di indennità di mancato preavviso;

3) “Sull'omessa motivazione delle asserite differenze retributive per mansioni superiori ex art. 118 disp. attuative c.p.c.. Conseguente violazione del diritto di difesa ex art. 24 Costituzione”: secondo l'appellante il Tribunale aveva richiamato i “conteggi del ricorso introduttivo, senza specificare quali” e non aveva “motivato il percorso argomentativo che ha portato … a stabilire … la somma di € 7.073,21 a titolo di differenze retributive”;

4) “Sull'abnorme condanna alla rifusione delle spese legali. Violazione dell'art. 92 c.p.c., 2° comma, in merito alla compensazione delle spese del grado di giudizio per soccombenza reciproca”:
l'appellante contestava la sentenza oggetto di gravame, ritenendo “pacifica la configurabilità della soccombenza reciproca”, posto che “la domanda del ricorrente sia stata accolta solo in parte, in quanto, a fronte della somma di € 17.789,21 (livello C Super del C.C.N.L. di Categoria) pretesa (cfr. ricorso introduttivo del primo grado, all. n. 1, pag. 7, del doc. 3 fascicolo di primo grado) il Giudice di prime cure ha condannato l'odierna appellante al pagamento della somma di € 8.695,40 a titolo di differenze retributive (di cui euro 7.073,21 a titolo di differenze sulla retribuzione, euro 434,72 per
l'indennità di mancato preavviso ed euro 1.187,47 a titolo di TFR”.
Pertanto, così concludeva: - nel merito, “in totale riforma della sentenza n. Parte_1
499/2023, del Tribunale Ordinario di Latina - Sezione Lavoro e Previdenza, del 18/04/2023, … accertare e dichiarare non dovuta la somma di € 8.695,40 a titolo di differenze retributive (di cui €
7.073,21 a titolo di differenze sulla retribuzione, euro 434,72 per l'indennità di mancato preavviso ed euro 1.187,47 a
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