Corte d'Appello Milano, sentenza 12/11/2024, n. 1010

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Milano, sentenza 12/11/2024, n. 1010
Giurisdizione : Corte d'Appello Milano
Numero : 1010
Data del deposito : 12 novembre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d'Appello di Milano
Sezione Lavoro
N.R.G. 734/2023
La Corte di Appello, in persona dei magistrati:
Roberto Vignati Presidente
Giovanni Casella Consigliere
Laura Bertoli Consigliere rel. nella causa di appello avverso la sentenza n. 12/2023 del Tribunale di Monza, pubblicata in data 17.1.2023, est. Crispino, promossa da
RE ER (C.F. [...]), rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Maria Guerra e Paolo Guerra, elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori in Tolentino (MC) in Galleria Europa, n. 14
appellante contro
MINISTERO DELL'INTERNO (C.F. 80014130928), rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliato ex lege presso gli uffici dell'avvocatura in
Milano, via Freguglia n. 1 appellato in data 12/11/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sulle conclusioni delle parti come di seguito precisate: per l'appellante:
Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello Sezione Lavoro adita, in accoglimento del presente gravame, riformare la sentenza del Tribunale di Monza Sezione Lavoro n. 12/2023 pubblicata in data 17.01.2023, resa a definizione del giudizio iscritto al n. 854/2020, e per lo effetto, contrariis reiectis,
- dichiarare in favore dell'appellante lo status di “vittima del terrorismo” con ogni consequenziale suo diritto ai connessi benefici, da erogarsi nei modi e nelle misure di legge, tenuto conto del giudizio di inidoneità al servizio e del grado di invalidità complessiva del 76% indicata nelle perizie in atti, ovvero nella diversa misura percentuale che verrà accertata a seguito di eventuale ctu;

- dichiarare altresì in favore del ricorrente lo status di “equiparato a vittima del dovere” con ogni consequenziale suo diritto ai connessi benefici, da erogarsi nei modi
e nelle misure di legge, tenuto conto del giudizio di inidoneità al servizio e del grado di invalidità complessiva del 76% indicata nelle perizie in atti, ovvero nella diversa misura percentuale, ma salvo gravame, che verrà accertata a seguito di eventuale ctu;

- condannare il Ministero convenuto alla rifusione di tutte le spese competenze ed onorari di giudizio da distrarsi in favore dei difensori dichiaratisi antistatari.” per l'appellato:
Voglia codesta Corte di Appello di Milano adita:
In via preliminare
Dichiarare inammissibile il ricorso in appello
Nel merito
rigettare integralmente il ricorso in appello in quanto destituito di fondamento;

conseguentemente, condannare alle spese ed onorari di entrambi i gradi di giudizio, che, fin d'ora, avuto riguardo ai parametri del D.M. 55/2014 e ss.mm.ii., si richiede siano liquidate nei valori medi avuto riguardo al valore della controversia”.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza n. 12/2023 il Tribunale di Monza respingeva il ricorso con cui LV
BU, Maresciallo Capo dell'Arma dei Carabinieri, aveva convenuto in giudizio il
MINISTERO DELL'INTERNO per ottenere il riconoscimento del proprio status di vittima del terrorismo e di soggetto equiparato a vittima del dovere a seguito di un conflitto a fuoco di cui era rimasto vittima.
In particolare, nel ricorso ex art. 414 c.p.c. BU aveva dedotto:
di avere partecipato alla missione di Polizia Internazionale EUPOL in
Afghanistan;

di essere ivi stato coinvolto, in data 19.07.2014, in un attentato con conflitto a fuoco mentre era a bordo di un convoglio blindato;

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di avere conseguentemente riportato gravi invalidità permanenti (ipertensione arteriosa e disturbo post traumatico da stress di tipo cronico);

di essere stato dichiarato dalla Commissione Medica Ospedaliera, in data
11.01.2017, permanentemente inidoneo al servizio e non idoneo alla riserva;

di aver ricevuto parere negativo del Comitato di Verifica sulla “dipendenza dalla causa di servizio” dei disturbi lamentati;

di essersi viste respinte in sede amministrativa le domande presentate al
Ministero che, con decreto n. 826/2019 dell'11.02.2019, aveva recepito detto parere negativo.
A fronte di dette allegazioni, disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Ministero, esaminata l'incontestata dinamica dell'accaduto, il Tribunale rilevava che il parere del Comitato di Verifica non era stato impugnato in sede amministrativa dal ricorrente e reputava, dunque, che si fosse cristallizzato
l'accertamento in merito all'assenza del nesso causale tra la patologia lamentata
(disturbo da stress post traumatico di tipo cronico ed ipertensione) e la causa di servizio.
Inoltre, ad avviso del primo giudice, non ricorrevano i presupposti della straordinarietà delle circostanze e dell'esposizione a rischi maggiori rispetto a quello
“ordinari” propri della missione in Afganistan, presupposti che invece erano necessari per il riconoscimento dello status di soggetto equiparato a vittima del dovere.
Quanto alla domanda di riconoscimento dello status di vittima del terrorismo, il primo giudice non ravvisava il fine terroristico del conflitto a fuoco, posto che quel che emergeva dagli atti rendeva qualificabile detto conflitto come un “ordinario” episodio di violenza genericamente mirato a colpire un determinato bersaglio militare, in tempo di guerra, diversamente da quanto richiesto dalla giurisprudenza penale secondo la quale
la connotazione terroristica di un dato evento è mutuabile dalla sussistenza di atti di natura violenta, caratterizzati da una depersonalizzazione della vittima in quanto non volti a colpire specifici destinatari preventivamente individuati quanto a seminare nella collettività uno stato di terrore generalizzato e diffuso ed a destabilizzare l'ordine
pag. 3/14 pubblico, costringendo un governo o un'organizzazione internazionale a compiere o ad emettere un determinato atto”.
Avverso la sentenza ha proposto appello BU.
Con il primo motivo di gravame, BU ha prospettato l'erroneità della sentenza nella parte in cui essa ha ritenuto di attribuire valore vincolante al parere negativo del comitato di verifica, ritenendo a torto necessario che detto atto venisse impugnato in sede amministrativa e concludendo erroneamente che la mancata impugnazione dell'atto in sede amministrativa precludesse l'accertamento del diritto rivendicato avanti al giudice ordinario.
Con il secondo motivo di impugnazione BU ha lamentato la violazione, da parte del primo giudice, dell'art. 1, comma 564, legge n. 266/2005, per avere erroneamente escluso la sussistenza del requisito delle “particolari condizioni ambientali od operative” nel contesto nel quale si era verificato l'episodio che aveva arrecato danno all'appellante.
Nella prospettiva del gravame, il primo giudice avrebbe dovuto attribuire rilievo al fatto che BU era stato comandato a svolgere attività di mentorship in favore degli ufficiali della polizia e dell'autorità giudiziaria afgana per rendere efficaci gli organi di controllo e sicurezza interni dopo il rovesciamento del regime talebano, in un contesto ambientale e operativo straordinariamente pericoloso.
L'esecuzione di detta attività di formazione era destinata a svolgersi in un contesto di particolare (ed inusuale) pericolosità, tale da integrare appieno gli estremi di cui all'art. 1, comma 564, legge n. 266/2005.
Con il terzo motivo di gravame, BU ha censurato la decisione di primo grado per avere fatto errata applicazione delle disposizioni previste dalle leggi n. 302/90,
407/98, 206/2004, e successive modifiche, in materia di riconoscimento della condizione di vittime del terrorismo.
Come accertato dal giudice di prime cure, era pacifico che le due jeep coinvolte nell'attentato, con a bordo i quattro contractors e i due addestratori (tra cui BU)
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fossero facilmente individuabili come convoglio miliare. Il loro passaggio era stato segnalato addirittura da un bambino. Era altrettanto pacifico che l'attentatore avesse esploso colpi d'arma da fuoco utilizzando un Kalašnikov, riuscendo a perforare la carrozzeria e i cristalli dell'auto sulla quale viaggiava BU, nonostante la vettura fosse blindata.
Richiamando le coordinate ermeneutiche elaborate dalla giurisprudenza di legittimità in materia penale sul concetto di finalità terroristica, secondo cui “la connotazione terroristica di un dato evento è mutuabile dalla sussistenza di atti di natura violenta, caratterizzati da una depersonalizzazione della vittima in quanto non volti a colpire specifici destinatari preventivamente individuati quanto a seminare nella collettività uno stato di terrore generalizzato e diffuso ed a destabilizzare l'ordine pubblico, costringendo un governo o un'organizzazione internazionale a compiere o ad emettere un determinato atto”, la dinamica così come acclarata, ad avviso dell'appellante, avrebbe dovuto condurre alla formulazione di in giudizio opposto a quello cui era giunto il
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