Corte d'Appello L'Aquila, sentenza 25/03/2024, n. 152
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Testo completo
n. 306/2023 r.g.lav.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI L'AQUILA
Sezione Lavoro
La Corte, composta dai magistrati: dr. Fabrizio Riga - Presidente
d.ssa Anna AR Tracanna - Consigliera dr. Massimo De Cesare - Consigliere relatore all'udienza del 14/03/2024 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente
sentenza ex artt. 429 e 437 c.p.c., nella causa indicata in epigrafe, pendente tra
LA RI, rappresentata e difesa dall'avv. RAMICONE FRANCESCA, elettivamente domiciliata come in atti;
-appellante-
e
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE E DEL MERITO, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA DISTRETTUALE dello STATO di L'AQUILA, presso i cui uffici domicilia, ope legis;
INPS, rappresentato e difeso dagli avv.ti TROVATI ANTONELLA e CAPANNOLO
EMANUELA, elettivamente domiciliato come in atti;
-appellati-
Oggetto: Altre ipotesi. Appello avverso la sentenza n. 33/2023 del 15/02/2023, emessa dal
Tribunale di L'Aquila in funzione di Giudice del Lavoro.
Conclusioni: come da verbale dell'udienza del 14/03/2024.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 19/07/2023 AR LA, collaboratrice scolastica alle dipendenze del Ministero appellato, ha impugnato la sentenza indicata in oggetto, pronunciata il
15/02/2023, depositata in pari data e non notificata, con la quale erano state respinte le domande, proposte con ricorso del 30/09/2021, di riconoscimento ai fini giuridici ed economici di tutti gli anni di servizio pre-ruolo prestati e di condanna del Ministero datore di lavoro alla conseguente ricostruzione della carriera ed al pagamento delle differenze retributive maturate e di quelle conseguenti agli scatti di anzianità maturati durante il servizio pre ruolo, nonché al versamento della relativa contribuzione previdenziale in favore dell'INPS, il tutto previa disapplicazione degli artt. 526 e 570 d.lgs. n. 297/1994 per contrasto con la clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.
L'impugnata sentenza ha respinto la domanda, affermando di porsi in consapevole contrasto con la giurisprudenza della S.C. in materia, ritenendo che il differente trattamento del personale ATA a tempo determinato previsto dagli artt. 569 e 570 d.lgs. n. 297/1994 quanto al riconoscimento dei servizi pre ruolo all'atto dell'immissione in ruolo, rispetto ai servizi prestati dal personale di ruolo, fosse giustificato da ragioni oggettive in considerazione della diversità della prestazione del personale supplente rispetto a quello di ruolo, sia quanto alle modalità di accesso all'insegnamento, sia quanto alla natura dell'attività lavorativa.
L'appellante, nei motivi articolati, ha dedotto violazione dell'art. 133 (recte: 132) c.p.c. ed illogicità ed ingiustizia della sentenza, essendo la motivazione fondata non su un consapevole contrasto interpretativo con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, ma su errati convincimenti personali, poiché l'operata differenziazione tra l'attività dei supplenti e quella del personale di ruolo è in contrasto con le previsioni del CCNL di comparto, che non distingue i contenuti dell'attività in base alla durata degli incarichi, e poiché l'ordinamento interno prevede l'assunzione in ruolo del personale scolastico anche per soli titoli.
L'appellante ha quindi chiesto, in riforma della sentenza impugnata, l'accoglimento delle domande proposte in primo grado.
Il Ministero dell'Istruzione e del Merito si è costituito in giudizio deducendo l'infondatezza dei motivi di appello e la carenza di interesse ad agire per i periodi successivi al 1/3/2018 essendo le retribuzioni del personale della fascia 0-8 state aumentate ed essendo esse maggiori di quelle spettanti ai lavoratori già inseriti nella preesistente fascia 3-8, e riproponendo
l'eccezione di prescrizione quinquennale delle differenze retributive vantate per il periodo anteriore alla notifica del ricorso in primo grado, eseguita il 30/11/2021, già sollevata in primo grado.
L'INPS si è costituito in giudizio chiedendo decidersi l'appello secondo giustizia, con limitazione ai periodi non coperti da prescrizione dell'eventuale riconoscimento di accrediti contributivi, e con compensazione delle spese nei propri confronti.
Instauratosi il contraddittorio, all'odierna udienza la causa è stata discussa e decisa come da dispositivo.
Motivi della decisione
L'appello è parzialmente fondato, e la motivazione dell'impugnata sentenza va integralmente corretta, per le seguenti considerazioni.
Viene in rilievo la corretta interpretazione dell'espressione: “condizioni di impiego” di cui alla clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28/6/1999 n. 1999/70/CE.
Tale clausola, intitolata: “Principio di non discriminazione”, dispone al c. 1 che per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive, e, al c. 4, che i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive.
La CGUE, nella sentenza 13/9/2007 in causa C-307/05, ha osservato che risulta tanto dalla formulazione della direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro, quanto dal loro sistema generale nonché dalla loro finalità, che le prescrizioni ivi enunciate sono applicabili ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e con altri enti del settore pubblico (sentenze 4/7/2006, causa C-212/04, AD e a., nonché 7/9/2006, causa
C-53/04, OS e NO e causa C-180/04, AS). La clausola 4, inoltre, deve ritenersi incondizionata e sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo dinanzi ad un giudice nazionale (così CGUE, 15/4/2008, n. 268/06, Impact, punti 62 e 68 della motivazione).
La CGUE (sent. 18/10/2012 in cause riunite da C 302/11 a C 305/11) ha, inoltre, ritenuto: che la clausola 4 dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un'autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l'anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di
ruolo nell'ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da "ragioni oggettive" ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra;
che il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato, anche se stipulato a seguito di procedura di reclutamento differente da quella prevista per le assunzioni a tempo indeterminato, non configura una ragione oggettiva di tal genere, in quanto non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate.
Inoltre, la citata clausola 4 impone al datore di lavoro pubblico di riconoscere, ai fini della progressione stipendiale e degli sviluppi di carriera successivi al 10/7/2001, l'anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato, nella medesima misura prevista per il dipendente assunto ab origine a tempo indeterminato, fatta salva la ricorrenza di ragioni oggettive che giustifichino la diversità di trattamento, e tale principio è applicabile anche nell'ipotesi in cui il rapporto a termine sia anteriore all'entrata in vigore della direttiva perché, in assenza di espressa deroga, il diritto dell'Unione si applica agli effetti futuri delle situazioni sorte nella vigenza della precedente disciplina (cfr. Cass. Sez. L. n. 15231 del 16/07/2020 rv.
658186 – 01).
Analogamente, l'applicabilità di detta clausola 4 non può essere esclusa nei casi in cui il rapporto abbia acquisito stabilità (anche non per effetto di specifica procedura di stabilizzazione, ma) attraverso la definitiva immissione in ruolo. Della disposizione, infatti, si deve fornire un'interpretazione non restrittiva perché l'esigenza di vietare discriminazioni dei lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato viene in rilievo anche qualora il rapporto a termine, seppure non più in essere, venga fatto valere ai fini dell'anzianità di servizio (cfr. Corte di Giustizia 8.11.2011 in causa C 177/10 Rosado Santana punto 43;
Corte di Giustizia 18.10.2012 in cause riunite da C- 302/11 a C-305/11, Valenza ed altri, punto 36;
Cass. sez. L. n. 15231/2020 cit., punto 6.2. della motivazione).
Applicando tali principi alla fattispecie, va osservato che i cd. scatti di anzianità hanno la funzione di parametrare il trattamento retributivo alla progressiva acquisizione di maggiore professionalità e competenza del lavoratore, conseguente al protratto svolgimento di una determinata mansione, tenendo così conto della maturazione della sempre più ampia
esperienza che ciascun impiegato consegue in forza del protratto svolgimento della