Corte d'Appello Messina, sentenza 01/10/2024, n. 852

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Messina, sentenza 01/10/2024, n. 852
Giurisdizione : Corte d'Appello Messina
Numero : 852
Data del deposito : 1 ottobre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Messina, seconda sezione civile, riunita nelle persone dei sigg. magistrati
Dott. EP Minutoli - Presidente
Dott. Antonino Zappalà - Consigliere rel.
Dott.ssa Vincenza Randazzo - Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel procedimento n. 71/2019 r.g.a. promosso
DA
EO MA, nata a [...] il [...], c.f. MRR MRN 70E46
C351K, avv. EO EP, nato a [...] il [...], c.f. MSS
GPP 72C09 C351B, e EO EN, nato a [...] il
13.5.1979, c.f. [...], nella qualità di eredi di
EO SC, rappresentati e difesi dall'avv. EO
EP;

E
EO VA IC, nata a [...] il [...], c.f. MSS
VRD 74D60 C351Z, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni
Ingrascì.
Attori in riassunzione
NEI CONFRONTI DI
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, c.f.
80184430587, e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del
Presidente pro-tempore, c.f. 80188230587, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Messina.
Convenuti in riassunzione
1


OGGETTO: giudizio di rinvio a seguito della sentenza n. 13389/2018 con cui la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza n. 402/2016 emessa dalla Corte d'Appello di Messina.
Conclusioni: come da note depositate ai sensi dell'articolo 127 ter
c.p.c.
.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.L'odierno giudizio di rinvio scaturisce dalla sentenza n. 13389/2018 con cui la Suprema Corte ha annullato la sentenza della Corte
d'Appello di Messina n. 402/2016 che aveva confermato la sentenza
n. 304/2010 con cui il Tribunale di Messina aveva, fra le altre statuizioni, dichiarato inammissibili le domande risarcitorie avanzate dall'avv. EO SC nei confronti del Ministero della
Giustizia e della Presidenza del Consiglio dei Ministri in relazione a tre “note”, rispettivamente a firma del Procuratore della Repubblica di AT, dott. Busacca Mario, del Sostituto Procuratore della
Repubblica, dott.ssa Scavo, e del Sostituto Procuratore Generale, dott. Bua SC, ritenute dal citato avvocato aventi contenuto diffamatorio nei suoi confronti.
Per meglio illustrato la vicenda processuale è utile riportare quanto evidenziato dalla Suprema Corte nella parte espositiva della sentenza
n. 13389/2018: “

1. Con atto di citazione notificato in data 2 aprile

1998 EO SC convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Messina la Presidenza del Consiglio dei Ministri chiedendo il risarcimento del danno con riferimento a tre distinte forme di illecito:
a) richieste di rinvio a giudizio da parte della Dott.ssa Scavo, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di AT;

b) tre diverse note informative, offensive dell'onore e della reputazione, redatte rispettivamente dai magistrati Bua, sostituto
2 procuratore generale presso la Procura generale di AT, Scavo e
Busacca, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
AT, la prima diretta al Ministero di RA e Giustizia, la seconda e la terza indirizzate al Procuratore generale, nelle quali il
EO veniva definito "grafomane", "calunniatore", con
"preoccupante delirio accusatorio...ampiamente beneficiato del vistoso malgoverno dell'ente I.A.C.P. di AT";
c) il ritardo e incompleto invio (non comprendente il provvedimento interdittivo) presso la Corte di Cassazione da parte del personale degli uffici di cancelleria e segreteria del Tribunale di AT degli atti concernenti il ricorso presentato dal EO avverso un provvedimento interdittivo emesso a suo carico, condotta che aveva determinato la declaratoria di improcedibilità per essere venuta meno nelle more della trattazione del ricorso la misura cautelare.

Con ordinanza del 13 novembre 1998 il giudice istruttore,
"impregiudicata la questione concernente le domande non rientranti nell'ambito della legge n. 117/88”, fissò l'udienza camerale ai sensi dell'art. 5 legge n.. 117 del 1988, art. 5, all'esito della quale con decreto di data 17 dicembre 1998 dichiarò inammissibile la domanda. Con ordinanza depositata in data 7 gennaio 2000 la Corte
d'appello di Messina confermò il decreto e con sentenza n. 2567 del
22 febbraio 2002 fu da questa Corte rigettato il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza. Premesso che costituivano oggetto del giudizio di ammissibilità soltanto le domande proposte nei confronti dei soli magistrati, restando impregiudicata la valutazione delle ulteriori domande dirette contro altri soggetti, osservò in particolare questa Corte, per quanto qui rileva, a proposito delle note informative redatte dai magistrati Bua, Scavo e Busacca, che "tali note, in quanto dirette a fornire soltanto notizie circa lo stato dei
3 procedimenti penali conseguenti alle denunce del M., non possono farsi rientrare nell'ambito dell'attività di indagine, che deve essere svolta dal P.M. per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale (cfr. artt. 326 e 358 c.c.). Tantomeno possono essere ricondotte all'esercizio di poteri processuali, riconosciuti dalla legge al P.M., quale parte, nella dialettica del processo e di fronte al giudice. Esse rientrano, invece, nell'attività di controllo, di carattere amministrativo ed interno, sull'osservanza da parte del pubblico ministero dei poteri-doveri inerenti all'esercizio della sua funzione;
controllo demandato dalla legge, nell'ambito dell'ufficio stesso del pubblico ministero, al Procuratore Capo della Repubblica e al

Procuratore Generale, anche al fine dell'eventuale esercizio del potere di avocazione, ed, esternamente, al Ministero della Giustizia, al fine dell'eventuale esercizio dell'azione disciplinare. Dal che deriva l'inammissibilità dell'azione risarcitoria, proposta per i fatti summenzionati nei confronti della Presidenza del Consiglio dei
Ministri (da ritenersi promossa - data la parte convenuta e la procedura seguita - ai sensi della legge 117/88), non rientrando tale azione nell'ambito di applicazione della citata legge 13 aprile 1988,
n. 117, disciplinando questa esclusivamente il risarcimento dei danni cagionati da magistrati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie". 2.
EO SC notificò in data 2 ottobre 2002 atto di citazione nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del
Ministero della Giustizia innanzi al Tribunale di Messina, il quale con sentenza di data 11 febbraio 2010 dichiarò la propria incompetenza per territorio in ordine alla domanda nei confronti del personale degli uffici di cancelleria e segreteria del Tribunale di
AT e dichiarò inammissibile la domanda relativa alle condotte dei magistrati in quanto, in difetto della costituzione di parte civile
4 nel processo penale o di giudicato di condanna, la domanda non si sottraeva al giudizio di ammissibilità di cui all'art. 5 della legge n.
117 del 1988. 3. Avverso detta sentenza proposero appello MA
EO, EP EO, EN EO e VA
EO, nella qualità di eredi SC EO….

4. Con sentenza di data 23 giugno 2016 la Corte d'appello di Messina rigettò

l'appello. Premesso quanto rilevato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 2567 del 2002 a proposito della natura dell'attività svolta dai magistrati con le note informative in questione, osservò la corte territoriale che l'art. 13 della legge n. 117 del 1988, relativo alla responsabilità civile per fatti costituenti reato, si riferisce ad ipotesi che, rispetto a quella di dolo di cui all'art. 2, presentano l'ulteriore connotato rappresentato dalla costituzione di parte civile nel processo penale instaurato a carico del magistrato, ovvero da un giudicato penale di condanna, e che qualora il soggetto in difetto di tali presupposti lamenti il danno ingiusto da reato la relativa domanda non si sottrae al giudizio di ammissibilità di cui all'art. 5 della legge n. 117 del 1988, …. Osservò quindi che mancando i presupposti indicati l'azione era inammissibile. Aggiunse che l'atto di citazione del 2 ottobre 2002 non costituiva riassunzione del precedente giudizio, il quale risultava formalmente definito, ma rappresentava l'introduzione di un nuovo giudizio, stante anche la diversità delle parti (il secondo atto di citazione era stato notificato anche al Ministero della giustizia) e la nuova iscrizione a ruolo, e che pertanto era tempestiva l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla controparte, la quale era però inammissibile perchè formulata in modo incompleto…”.
Con la sentenza n. 13389/2018 la Corte di Cassazione accoglieva il secondo motivo di ricorso proposto dagli eredi dell'avv. EO
5
sulla base della seguente motivazione: “Il giudice di appello ha fatto applicazione del principio di diritto secondo cui l'art. 13 della lelle
n. 117 del 1988, nel prevedere l'azione diretta nei confronti del magistrato e dello Stato, quale responsabile civile, in caso di reati commessi dal magistrato medesimo nell'esercizio delle proprie funzioni, si pone su di un piano diverso da quello delle ipotesi di responsabilità contemplate dagli artt. 2 e segg. della Legge stessa e si riferisce a fattispecie che presentino - rispetto all'ipotesi di dolo di cui all'art.

2 - un ulteriore connotato, rappresentato dalla costituzione di parte civile nel processo penale eventualmente instaurato a carico del magistrato, ovvero da una sentenza penale di condanna del medesimo, passata in giudicato: ne consegue che, qualora il soggetto leso
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