Corte d'Appello Roma, sentenza 24/09/2024, n. 5931
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI ROMA
SEZIONE QUARTA CIVILE
così composta:
dr.ssa Antonella Izzo presidente
dr.ssa Claudia De Martin
dr. Marco Emilio Luigi Cirillo consigliere relatore
riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile in grado d'appello iscritta al numero 1007 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2021, decisa all'udienza del giorno 20/9/2024 e vertente
TRA
SC AV (C.F. [...]) e
TI MA (C.F. [...]), con gli avvocati
Antonio Corvasce e Sofia Pasquino nel cui studio in Roma, Via Taranto 21, sono elettivamente domiciliati;
PARTE APPELLANTE
E
IN LA (C.F. [...]), con l'avvocato Maria Cristina Manni nel cui studio in Roma, Via Pierluigi da Palestrina n. 19, è elettivamente domiciliata;
PARTE APPELLATA
OGGETTO: appello contro la sentenza n. 264 pubblicata l'8/1/2021 del Tribunale di Roma.
FATTO E DIRITTO
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§ 1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata: “Con ricorso ex art. 702- bis c.p.c., SC ID e TI MA hanno agito in giudizio nei confronti di IN EL, al fine di sentir accolte le seguenti conclusioni: “I. accertarsi e dichiararsi che il contratto di vendita delle porzioni immobiliari per cui è causa, stipulato tra la sig.ra IN LI e gli odierni ricorrenti è parzialmente nullo, in particolare, all'art. 3 (pag. 3 del contratto), nella parte in cui si stabilisce il prezzo di vendita;
II. accertarsi e dichiararsi che il prezzo della proprietà superficiaria relativa ai cespiti ceduti dalla sig.ra IN LI è quello, stabilito “ex lege”, di
€ 149.781,75 o, in via gradata, di quello “ex lege” che emergerà all'esito del presente giudizio. III. Per l'effetto, voglia il sig. giudice disporre, ai sensi del combinato disposto delle richiamate norme imperative di settore, la sostituzione automatica del suddetto prezzo di vendita, come sopra dichiarato nullo, con quella stabilito “ex lege”, di € 149.781,75 o, in via gradata, a quello “ex lege” che emergerà all'esito del presente giudizio. IV. Per l'ulteriore effetto, condannarsi la sig.ra IN EL, nella sua qualità di erede della sig.ra IN LI, alla restituzione/ripetizione, in favore dei sigg.ri HI ID e TI MA, di quanto da quest'ultimi indebitamente pagato alla sig.ra IN LI, per la causali di cui sopra, pari ad € 245.218,25 o, in via gradata, a quella somma, determinata “ex lege” e che emergerà all'esito del presente giudizio”. Parte ricorrente ha esposto: 1) di aver acquistato da IN LI, per atto a rogito del notaio Liguori del 15/6/2011, rep. 167997/37805, la proprietà superficiaria dell'immobile, sito nel Comune di Roma, alla Via Ivo Pannaggi n. 3 (già via della Pisana n. 540), piano di zona C23 “Pisana Vignaccia” comparto A/p, lotto 5/p e relative pertinenze (meglio descritto in atti), versando l'importo di € 395.000,00;
2) che tale bene, costruito in edilizia agevolata, faceva parte di un complesso edificato in forza della Convenzione urbanistica, stipulata ai sensi dell'art. 35 della Legge n. 865/1971, tra la Società Immobiliare Clama srl e il Comune di Roma, con atto a rogito del notaio Ungari Trasatti, rep. n. 31083/15273 del
18/01/2002, registrato il 25/01/2002 presso Uffici atti pubblici di Roma 5 al n. 758 serie 1;
3) che l'immobile de quo era stato trasferito da detta società a Montagano Camillo, con atto pubblico del 31/03/2004 a rogito del notaio De Luca, rep. 22489 - 10305, registrato all'Agenzia delle Entrate di Roma 1, il 7/4/2004 al n. 6839, a fronte di un corrispettivo di € 130.245,00;
4) che il bene di che trattasi era gravato dal vincolo del prezzo massimo di cessione, derivante dal combinato disposto dell'art. 35 della Legge n. 865/1971, dell'art. 18 del D.P.R. n. 380/2001 nonché dell'art. 14 della predetta Convenzione, e che tale prezzo era quantificabile in € 149.781,75;
5) che parte venditrice non l'aveva informata del divieto di commercializzare l'immobile acquistato a prezzo di libero di mercato;
6) che, avendo appreso successivamente dell'esistenza di tale vincolo, aveva
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contestato a parte resistente, con lettera raccomandata del 6/7/2017, la nullità parziale del contratto di compravendita, per la parte eccedente il prezzo massimo di cessione, e di aver conseguentemente domandato la ripetizione di quanto indebitamente pagato in eccesso, pari a € 245.218,25, senza ottenere un positivo riscontro;
7) che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418, 1419 e 1339 c.c., dell'art. 14 della convenzione urbanistica ex art. 35 della Legge n. 865/1971, e di quanto affermato dalla Suprema
Corte, con la sentenza a Sezioni Unite n. 18135/2015, doveva essere dichiarata la nullità parziale dell'atto pubblico di compravendita con la sostituzione automatica della clausola nulla, relativa al prezzo di cessione, con il prezzo sopra indicato, e parte resistente doveva essere condannata alla restituzione della somma che aveva ricevuto indebitamente, pari a € 245.218,25, o, in via gradata, a quella calcolata “ex lege” in corso di causa.
Si è costituita IN EL, quale erede di IN LI, chiedendo di accertare l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del tentativo di mediazione e il proprio difetto di legittimazione passiva;
nel merito ha chiesto di rigettare le domande di controparte attesa la loro infondatezza e, in subordine, di limitarne l'accoglimento al corrispettivo per l'affrancazione dell'immobile. Parte resistente ha, a tal fine, eccepito: 1) il mancato esperimento del procedimento di mediazione;
2) il proprio difetto di legittimazione passiva;
3) l'infondatezza della domanda attorea anche sulla base di quanto stabilito da una sentenza di questo Tribunale che aveva limitato la condanna del venditore al rimborso delle spese necessarie a procedere all'affrancazione del bene. Il Giudicante, stante la necessità di espletare attività istruttoria, ha disposto il mutamento del rito ex art. 702-bis c.p.c..
Nel corso del procedimento IN EL ha dedotto e dimostrato l'avvenuta presentazione, presso il Comune di Roma, dell'istanza di affrancazione per l'immobile alienato, ai sensi della L. n. 136/2018.
Il G.I. ritenendo la causa matura per la decisione, ha rinviato per conclusioni. All'udienza del 16/9/2020, la causa è stata quindi trattenuta in decisione, con assegnazione di termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.”
§ 2. – All'esito del giudizio il Tribunale ha dichiarato improseguibile la domanda di ripetizione di indebito avanzata da SC ID e
TI MA nei confronti di IN EL;
ha dichiarato inammissibili per carenza di interesse le ulteriori domande formulate da SC ID e TI MA;
ha infine compensato le spese.
A fondamento della decisione il primo giudice ha svolto le considerazioni che seguono: “Preliminarmente, va rigettata l'eccezione,
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sollevata da IN EL, di improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria, ai sensi dell'art. 5, comma 1 bis, del D. Lgs. n. 28/2010. Si rileva, infatti, che la citata disposizione prescrive la mediazione obbligatoria a pena di improcedibilità della domanda, oltre che con riferimento alle controversie in materia di condominio, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, anche quelle in materia di diritti reali e che, in questa sede, non sono state esercitate azioni reali, esperibili erga omnes sulla base della titolarità di un diritto reale, ma azioni nascenti da un contratto a effetti reali, qual è il contratto di compravendita, esercitabili solo nei confronti del contraente, con conseguente inapplicabilità della stessa. Passando all'inquadramento giuridico e normativo della fattispecie, occorre precisare che l'edilizia convenzionata si colloca nel più ampio quadro dell'edilizia residenziale pubblica, mirante a sopperire al fabbisogno abitativo di categorie sociali di limitate capacità economiche e richiede la stipulazione preventiva di una convenzione con il Comune proprietario, con la quale viene riconosciuta al concessionario la disponibilità di un'area ai fini della sua urbanizzazione e vengono assunti obblighi relativi all'edificazione degli alloggi e alla successiva assegnazione degli stessi. Tra le tipologie di convenzioni normativamente previste vi sono quelle di cui all'art. 35 della L. 22/10/1971 n. 865, con le quali i Comuni possono concedere a soggetti privati, o pubblici, a fini edificatori, aree ricomprese nei piani di edilizia economica e popolare
(cosiddetti P.E.E.P.), che vengono espropriate dai Comuni, per essere destinate alla realizzazione di immobili di edilizia economico popolare, e successivamente cedute a questo fine ai concessionari, in piena proprietà o limitatamente al diritto di superficie. Per le aree cedute in piena proprietà, regolate dall'art. 35, comma 11, e seguenti della L. n. 865/1971 era originariamente previsto un divieto di alienazione per 20 anni, un vincolo sul prezzo di cessione e sul canone di locazione (art. 35 commi da 15 a 19), la cui determinazione era rimessa alle convenzioni e agli atti amministrativi delegati del Comune, e la nullità degli atti di cessione compiuti in violazione del divieto di alienazione (art. 35 comma 19);
con l'art. 20 della L. n. 179/1992 (Legge FerrariniBotta), come modificato dall'art. 3 della L. n. 85/1994, si è poi stabilito