Corte d'Appello Venezia, sentenza 19/02/2024, n. 40

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Venezia, sentenza 19/02/2024, n. 40
Giurisdizione : Corte d'Appello Venezia
Numero : 40
Data del deposito : 19 febbraio 2024

Testo completo

RG. nr. 397/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA- sezione Lavoro
Composta dai Magistrati
Dr. Gianluca ALESSIO Presidente
Dr. Piero LEANZA Consigliere
Dr. Lorenzo PUCCETTI Consigliere rel.
Nella causa promossa in appello con ricorso depositato in data 15 giugno 2020, da
CA CR (c.f.: [...]), rappresentata e difesa in forza di procura alle liti in calce al presente atto dagli avvocati Giancarlo Moro (pec: giancarlo.moro@ordineavvocatipadova.it) e Mirta Fasolo (pec: mirta.fasolo@ordineavvocatipadova.it), appellante contro
COMUNE DI VENEZIA (c.f.: 00339370272), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Antonio Iannotta (pec: antonio.iannotta@venezia.pecavvocati.it), e Nicoletta Ongaro (pec: nicoletta.ongaro@venezia.pecavvocati.it) dell'Avvocatura Civica ed elettivamente domiciliato nella sua sede municipale in NE – San Marco
4091, in forza di separata procura depositata all'interno del fascicolo telematico contestualmente al presente ricorso in appello, appellato contro
QA CH UN A.G. (p.i.: ATU 15362907), in persona dei suoi legali rappresentanti dr. Gerhard Wagner e Peter Bartl, con sede in Vienna (Austria), Untere Donaustrasse n. 21, in forza di mandato steso
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in calce alla memoria di costituzione di primo grado a mezzo del difensore avv.
Paolo Brancato del foro di NE (pec: pao- lo.brancato@venezia.pecavvocati.it), appellata/terza chiamata
Oggetto: appello avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di
NE n. 104/2020 del 14.02.2020, non notificata.-
In punto: art. 2087 c.c.
CONCLUSIONI
CA CR:
“integralmente riformando la sentenza impugnata, accertarsi e dichiararsi, per i titoli di cui al ricorso ex art. 414 c.p.c., la responsabilità dell'Ente appellato nella causazione della malattia professionale di cui la ricorrente è portatrice e conseguentemente condannarsi il COMUNE di VENEZIA (C.F.: 00339370272) in persona del sindaco pro-tempore, con sede legale in Ca' Farsetti – S. Marco
4136, a risarcire alla signora RI CA il danno biologico permanente
a lei spettante, da quantificarsi in complessivi € 5.230,00, o nella diversa misura che apparirà equa e di giustizia, oltre ad interessi di legge dalla data della diagnosi all'effettivo saldo ed oltre alla rifusione delle spese mediche pari ad
911,06;
Con vittoria di spese e compensi professionali per entrambi i gradi del giudizio, con rifusione delle spese di C.T.U. di primo grado e delle spese di C.T.P. documentate dalla fattura allegata alla nota spese depositata in primo grado

(pari ad € 732,00), da distrarsi a favore degli scriventi procuratori distrattari, che hanno anticipato le spese dei consulenti e non hanno percepito i propri compensi.
COMUNE DI VENEZIA:
1) in via principale di merito, si chiede il rigetto del presente appello in quanto infondato per le ragioni di cui in narrativa, con la conseguente integrale conferma dell'impugnata sentenza n. 104/2022;

2) in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento del presente appello, dichiararsi la prescrizione della pretesa risarcitoria per il periodo antecedente all'anno 2005 per le ragioni di cui in narrativa;

2 3) in via ulteriormente subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale della domanda di condanna svolta dall'appellante, condannarsi la società UN Osterreich, come sopra individuata, in forza della polizza
n.2134/001605, a rifondere al Comune di NE tutto quanto lo stesso è tenuto
a pagare a titolo di risarcimento danni a favore della odierna appellante.
Spese rifuse, oltre a oneri riflessi”.
QA CH UN A.G:
Nel merito, in principalità: respingere l'appello proposto da SC CR poiché inammissibile e comunque infondato in fatto e in diritto.
Nel merito, in via subordinata: nella denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, dell'appello principale, accertare e dichiarare l'inoperatività della garanzia assicurativa prestata da UN Österreich Versicherungen A.G. per le ragioni esposte in narrativa;
per l'effetto, respingere la domanda di manleva proposta dal Comune di NE.

Sempre nella denegata ipotesi di ritenuta responsabilità del Comune di NE, contenersi nell'ambito del giusto e del provato il risarcimento dovuto all'appellante, liquidando il danno non patrimoniale mediante applicazione analogica dei criteri di cui all'art. 139 cod. assicurazioni.
In ogni caso: con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con l'impugnata sentenza il giudice del lavoro del Tribunale di NE rigettava la domanda risarcitoria azionata da CA CR nei confronti del Comune di
NE per violazione di norme di sicurezza tipiche e in generale dell'obbligo di prevenzione di cui all'art. 2087 c.c..
L'esponente, dipendente dell'ente comunale in qualità di educatrice di asilo nido del Comune di NE dall'ottobre 1981 lamentava di aver operato svolgendo mansioni che avevano provocato un rilevante sovraccarico del rachide lombare, con successivo riconoscimento da parte dell'INAIL di una patologia lombare di origine professionale.
Ad avviso della ricorrente trattavasi di patologia (con postumi del 4%) da ascrivere alla responsabilità del datore di lavoro che non aveva valutato in modo
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adeguato il rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. In particolare, l'ente comunale non l'aveva sottoposta a adeguata sorveglianza sanitaria, non l'aveva formata e informata in modo specifico in merito ai rischi professionali con riferimento alla movimentazione dei carichi e aveva omesso di organizzare il servizio in modo tale da ridurre ed evitare i movimenti a rischio.
Assumeva che soltanto in anni successivi - 2002 – l'ente aveva cominciato ad introdurre gradualmente arredi (fasciatoi lettini, armadietti) che favorissero posture ergonomicamente idonee ad evitare il sovraccarico come pure
l'affidamento ad altri dipendenti dell'attività di pulizia e disinfezione di giochi e strutture.
Contestava la violazione degli artt. 3, 21, 22, 47, 48, 49 del Dlgs. n. 626/1994 ed art. 4 del Dpr. n. 547/1955, disposizioni riproposte con gli artt. 36, 37, 71,
167, 168, 169 del Dlgs. n. 81/2008.
Il primo giudice, su richiesta del Comune disponeva la chiamata in causa dell'assicurazione QA CH UN A.G…
All'esito della consulenza medico legale e della produzione dei verbali di prova testimoniale assunti in altri giudizi analoghi promossi da ex colleghe della ricorrente (r.g. n. 229/218 ric. MIOTTI Sabrina, r.g. n. 1524/2018 ric. lavoratrice
CORNELI Chiara), rigettava la domanda a spese compensate.
In particolare, il giudice lagunare riteneva che la manifestazione della patologia
- peraltro di origine multifattoriale - non possa essere ricondotta all'attività lavorativa che è indubbiamente connotata dalla presenza di un rischio specifico cui il Comune, nel momento in cui ne ha avuto consapevolezza ha cercato di porvi rimedio con la sostituzione degli arredi, la previsione di specifici interventi
(DVR del 2007), formazione del personale, sorveglianza sanitaria.

2. Avverso la sentenza propone appello la lavoratrice che insta per la riforma integrale della decisione.

2.1. Con il primo motivo censura la sentenza nel punto in cui il giudice aveva negato il nesso causale nonostante gli esiti della consulenza d'ufficio fossero favorevoli alla ricorrente;
il medico legale aveva confermato che se le condizioni di lavoro
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erano quelle allegate dalla ricorrente le stesse erano sufficienti ad assumere il ruolo di concausa nella patologia manifestata nel 2011.
Critica pertanto la decisione nel capo in cui il giudice si era discostato dal parere del proprio consulente senza motivare le ragioni del dissenso.
A sostegno del motivo invoca gli esiti di consulenze mediche realizzate anche in altri giudizi che avevano confermato egualmente la natura concausale dell'attività lavorativa svolta dalle educatrici di asili nido.

2.2. Con il secondo motivo censura la sentenza nel punto in cui il giudice aveva valorizzato l'anno di manifestazione della malattia senza considerare che si tratta di patologia da sforzo prolungato biomeccanico e che il periodo di contrazione poteva essere ricondotto al periodo lavorativo pregresso ed anteriore al 2011.
In particolare, in punto imputabilità evidenzia che era mancata una valutazione del rischio specifico ai sensi dell'art. 3 legge 626 del 1994 considerato che il
Comune aveva valutato lo stesso nel DVR soltanto nel 2007.
Eccepisce la tardività e comunque la parzialità della considerazione, poiché almeno fino all'anno 2011 era continuata la ricerca di arredi ergonomicamente idonei a ridurre il rischio de quo.
Analogamente contesta la mancanza di sorveglianza sanitaria specifica con riferimento all'apparato muscolo scheletrico e la sua tardività rispetto alla manifestazione del 2016.
Assume che la formazione specifica sugli aspetti ergonomici era stata introdotta tardivamente soltanto nel 2012;
e quindi era mancata l'adeguata informazione del rischio prescritta dal legislatore.
Per quanto riguarda gli arredi evidenziava che nel 2017 era emersa la mancanza
o l'inadeguatezza in alcuni asili della situazione ambientale, oltre che degli arredi
e invoca l'esito della prova orale assunta in altri giudizi e prodotta nel presente da cui emergeva che anche gli spazi e la collocazione del mobilio non era adatta alla tipologia di attività svolta dalle educatrici.
Ripropone pertanto tutte le conclusioni del primo grado insistendo per la condanna dell'ente comunale al risarcimento dei postumi come quantificati dal
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consulente d'ufficio a fronte della prova della nocività dell'ambiente di lavoro e del nesso causale.

3. Radicatosi il contradditorio il Comune conclude per il rigetto della impugnazione
e, in subordine, ripropone la domanda di manleva nei confronti dell'assicurazione già chiamata in garanzia in primo grado.
In particolare, rileva che il processo di valutazione del rischio delle operatrici aveva avuto uno sviluppo prolungato nel tempo, che il Comune era stato
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