Corte d'Appello Ancona, sentenza 12/02/2024, n. 59
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Corte d'Appello di Ancona
SEZIONE PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO E PREVIDENZA
Reg.Gen. N.92/2023
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Ancona, Sezione Lavoro e Previdenza, composta dai seguenti magistrati:
Dr. L SI Presidente relatore
Dr.ssa A QO Consigliere
Dr.ssa A S Consigliere
nella camera di consiglio tenutasi in data 8 Febbraio 2024 secondo le modalità previste dall'art.127 ter
c.p.c., lette le note scritte depositate dalle parti, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di secondo grado promossa con ricorso depositato in data 31.03.2023, e vertente tra
(appellante) contro (appellata), avente ad oggetto: appello Parte_1 Controparte_1
avverso la sentenza n°202/2022 emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno, in funzione di giudice del lavoro, in data 04.11.2022.
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E DIRITTO
L'appellante ha proposto impugnazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, Parte_1
che ha accolto solo parzialmente il suo ricorso teso alla condanna della al CP_1 Controparte_1 pagamento in suo favore dell'importo di €.45.816,72 a titolo di differenze retributive, compenso per lavoro straordinario e indennità sostitutiva permessi ROL non goduti, correlati al rapporto lavorativo in corso tra le parti a far data dal 06.12.1999, con mansioni di autista ed inquadramento nel terzo livello del
C.C.N.L. Confcommercio, con orario a tempo pieno per 40 ore settimanali distribuite su cinque giorni lavorativi (dal lunedì al venerdì). Più in dettaglio, il primo giudice ha riconosciuto il diritto del lavoratore alla corresponsione delle sole differenze tra le somme accreditate in busta paga a titolo di
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retribuzione netta e le minori somme effettivamente percepite (negando invece le differenze retributive per lavoro straordinario ed a titolo di indennità sostitutiva permessi ROL non goduti), con conseguente condanna della società resistente al pagamento dell'importo complessivo di €.10.779,28, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione del credito al saldo.
L'appellante ha censurato la predetta decisione lamentando l'erroneità della sentenza impugnata per aver negato, sulla base di una errata valutazione del compendio istruttorio (orale e documentale), il suo diritto alle somme rivendicate a titolo di R.O.L. maturati (mai goduti, né retribuiti) ed a titolo di lavoro straordinario. Ha quindi concluso come segue: “ – Accertare e dichiarare che il lavoratore ha diritto ad ottenere il riconoscimento di 72 ore di R.O.L. annue mai godute, le differenze di livello contrattuale in ordine alle mansioni effettivamente svolte, le differenze per il lavoro straordinario effettuato e mai retribuito, il tutto nei termini sopra indicati e puntualmente riportati negli allegati conteggi, oltre interessi e rivalutazione al saldo ed oltre ai contributi e a quanto dovuto a titolo di TFR maturato su tali somme. – Per l'effetto, condannare la resistente al pagamento della complessiva somma di € 35.017,44 di cui € 4.198,46 per R.O.L. non goduti ed € 30.818,98, per straordinari, il tutto oltre interessi e rivalutazione al saldo ed oltre ai contributi e a quanto dovuto a titolo di TFR maturato su tali somme. –
Vinte le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio”.
La si è costituita in giudizio ed ha resistito all'appello, del quale ha chiesto il Controparte_1
rigetto, assumendone l'infondatezza in fatto ed in diritto, con riguardo a ciascuno dei motivi di gravame.
1.- Con il primo motivo di gravame, l'appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui, sulla base di una non corretta disamina del compendio istruttorio (orale e documentale), ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento in suo favore del diritto al pagamento della retribuzione per i permessi R.O.L. maturati, ma mai goduti, né retribuiti, con i relativi accessori.
Il motivo non è fondato.
Come è noto, i permessi R.O.L. sono un istituto di origine contrattuale avente lo scopo di attuare una riduzione dell'orario di lavoro, al fine di salvaguardare l'occupazione, grazie ai quali il prestatore può astenersi dalla prestazione lavorativa senza perdere la retribuzione, per cui sono strettamente connessi con la disciplina in tema di orario di lavoro, essendo calcolati ad ore, e non a giorni.
Ritiene il Collegio di non discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di indennità sostituiva delle ferie non godute, che (sia pur con qualche recente oscillazione) esprime un principio di valenza generale, applicabile anche alla mancata fruizione dei permessi ROL. Secondo tale orientamento, il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei
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giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta, risultando irrilevante la circostanza che il datore di lavoro abbia maggior facilità nel provare l'avvenuta fruizione delle ferie da parte del lavoratore (Cass., Sez. lavoro, n. 22751 del 3 dicembre 2004).
Ebbene, tale prova non è stata compiutamente raggiunta nel corso del presente giudizio, non ritenendosi sufficienti a tal fine le incerte deposizioni testimoniali acquisite in prime cure, tenuto conto del fatto che nessuno dei testi escussi ha confermato in modo convincente la avvenuta prestazione di attività lavorativa nel corso dei giorni destinati al godimento dei permessi ROL.
Più in dettaglio, il Collegio, in linea con quanto statuito dal primo giudice, rileva come le deposizioni testimoniali raccolte si presentino lacunose e frammentarie (teste “non posso escludere che Tes_1 abbia preso permessi o ferie in altri periodi dell'anno”;teste “da quello che so la rimane Tes_2 CP_1
chiusa ogni anno due settimane ad agosto e per forza siamo tutti in ferie;per gli altri periodi dell'anno so che generalmente nel periodo di Natale si poteva usufruire di ferie ma non so se il ricorrente le chiedesse o meno e comunque non posso escludere che prendesse altri periodi oltre le due settimane di agosto”;teste “è vero (che i R.O.L. maturati durante il rapporto sono stati raggruppati, nella Tes_3
redatta e consegnata contabilità del lavoro mensile, unitamente alle ferie fino al 31 dicembre 2017 e goduti) e se non venivano goduti venivano differiti fino al giugno dell'anno successivo e goduti entro quella data”;“è vero (che dall'1.1.2018, su indicazione della D.T.L. Ascoli il monte ferie è stato diviso dai ROL nella contabilità del lavoro;quest'ultimi goduti nei termini di legge e quelli non goduti pagati nella busta di giugno 2019)”), e quindi inidonee a soddisfare l'onere probatorio gravante sul lavoratore.
In quest'ordine di concetti, deve dunque ritenersi che la genericità e la lacunosità delle deposizioni testimoniali raccolte, in ordine alla mancata fruizione dei permessi maturati, non possono che andare a pregiudizio della parte che era gravata dell'onere della prova, e quindi dell'odierno appellante.
Il primo motivo di gravame va, pertanto, disatteso.
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2.- Con il secondo motivo di gravame, l'appellante censura la sentenza impugnata Parte_1
per aver erroneamente ritenuto non provata la sussistenza dei presupposti per l'attribuzione in suo favore del compenso per il lavoro straordinario correlato al più esteso orario di lavoro che assume di aver osservato nel corso del rapporto di lavoro, lamentando che il primo giudice avrebbe erroneamente valutato gli esiti della prova testimoniale ed omesso di considerare quanto risultante dalle copie dei dischi cronotachigrafi in ordine ai giorni e agli orari di lavoro.
Il motivo non è fondato.
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In punto di diritto, è noto che, in ordine alla rivendicazione economica a titolo di lavoro straordinario, in generale, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'allegazione e la prova dei fatti costitutivi del diritto a tale compenso è a carico del lavoratore ex art. 2697 c.c., dovendo riguardare sia l'orario normale di lavoro, ove diverso da quello legale o contrattuale, sia la prestazione di lavoro asseritamente eccedente quella ordinaria, non potendo farsi ricorso al criterio equitativo di cui all'art. 432 c.p.c., stante che quest'ultimo attiene alla valutazione del valore economico della prestazione lavorativa, e non già all'esistenza e quantità di essa.
È del resto consolidato insegnamento della Suprema Corte, quello secondo il quale costituisce onere del lavoratore, che pretenda un compenso per lavoro straordinario, provare rigorosamente la relativa prestazione e, almeno in termini sufficientemente concreti e realistici, i suoi termini quantitativi. Ciò, in particolar modo, in ipotesi di lavoro discontinuo (quale quello, nella specie, di autista adibito al trasporto di merci), caratterizzato da attese non lavorate durante le quali il dipendente non è assoggettato ad alcun obbligo specifico di un facere, in cui non può ritenersi superato l'orario di lavoro normale, con conseguente diritto del dipendente al compenso per lavoro straordinario, considerando unicamente l'ora di inizio dell'attività lavorativa e quella finale di cessazione, dovendo il lavoratore provare le modalità ed
i tempi del servizio prestato in quell'arco di tempo, si dà tener conto delle pause di inattività. E' quindi il lavoratore adibito a mansioni discontinue, il quale pretenda il pagamento di prestazioni di lavoro straordinario, ad essere gravato dall'onere di allegare e provare, in modo specifico e puntuale, la tempistica della propria attività lavorativa (conduzione del mezzo, tempi di pausa, di carico e scarico ecc.), poiché l'effettuazione di lavoro straordinario va rigidamente provata nei suoi presupposti fattuali.
Sul punto va evidenziato che l'art.118 del C.C.N.L. settore Terziario Confcommercio vigente ratione temporis (prodotto dalla parte appellata senza che siano sorte contestazioni sulla sua applicabilità al rapporto di lavoro de quo) prevede una durata normale del lavoro effettivo, per la generalità delle aziende commerciali, fissata in 40 ore settimanali, con diverse opzioni in funzione di flessibilità e con possibilità per il datore di lavoro, sempre nel limite dell'orario settimanale, di chiedere prestazioni giornaliere eccedenti le 8 ore. Precisa la contrattazione collettiva che per lavoro effettivo si intende
“ogni lavoro che richiede un'applicazione assidua e continuativa” e che “non sono considerati come lavoro effettivo il tempo per recarsi al posto di lavoro, i riposi intermedi presi sia all'interno che all'esterno dell'azienda e le soste comprese tra l'inizio e la fine dell'orario di lavoro giornaliero” (v. art.118 C.C.N.L.). Ai sensi dell'art.127 C.C.N.L., infine, sono considerate ore di lavoro straordinario
“quelle eccedenti l'orario normale di lavoro previsto dall'art. 118 del presente contratto”.
Risulta evidente che le parti sociali sono addivenute ad una regolamentazione dell'orario di lavoro tesa a contemperare nel miglior modo possibile le esigenze di flessibilità delle imprese con quelle dei lavoratori, proprio al fine del contenimento del lavoro straordinario.
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Orbene, se è vero che i fatti costitutivi del diritto al compenso per lavoro supplementare/straordinario devono essere provati dal lavoratore e non può farsi ricorso al criterio equitativo di cui all'art. 432 c.p.c.,
è altrettanto vero che il giudice può legittimamente valutare gli elementi di prova raccolti, avvalendosi anche di presunzioni semplici, al fine di giungere, in termini sufficientemente concreti e realistici, ad una determinazione "minimale" delle ore prestate in aggiunta all'orario normale (Cass.Civ., sez. lav., 12 maggio 2001, n. 6623). Dalla prova testimoniale espletata in prime cure, tuttavia, non si desume una sufficientemente attendibile ricostruzione della concreta articolazione dell'orario di lavoro del lavoratore appellante.
Si deve infatti rilevare che ha dedotto di aver prestato ore di lavoro straordinario, Parte_1
non retribuite in busta paga, assumendo di aver prestato attività lavorativa, sin dalla data dell'assunzione, dal lunedì al venerdì, osservando un orario lavorativo di almeno 12 ore giornaliere (dalle ore 7.00 alle ore
19.00).
Tuttavia, essendo l'appellante adibito a mansioni discontinue, è evidente che il parametro di riferimento non può essere costituito dall'abituale orario giornaliero (o settimanale), dovendosi invece fare riferimento ad una più articolata serie di circostanze aventi ad oggetti i periodi di guida effettiva, il tempo occorrente per la collaborazione alle operazioni di carico e scarico delle merci, il tempo occorrente per la manutenzione ordinaria e straordinaria del mezzo, le attività amministrative derivanti dalle mansioni di conducente, il tempo occorrente per le operazioni di rifornimento e pulizia del veicolo
e, infine, i tempi di attesa, funzionalmente necessari per l'esecuzione del servizio.
Tali circostanze, le quali avrebbero dovuto essere oggetto di rigorosa allegazione e prova nei loro presupposti fattuali, non appaiono suscettibili di essere idoneamente provate sulla base delle generiche allegazioni di parte e della sola prova testimoniale espletata in prime cure, che ha dato esiti incerti ed ampiamente lacunosi, atteso che alcuni testi hanno fornito risposte evanescenti ed assai incomplete sui capitoli 1 e 2 dell'originario ricorso (teste “il pomeriggio a volte lo vedevo a volte no”;teste Tes_1
“a volte lo vedevo a volte no perché da dove lavoro io non si vedono i camion che arrivano”), Tes_2
mentre altri hanno dichiarato che il osservava in linea di massima i normali orari contrattuali Pt_1
(teste : “il ricorrente svolgeva attività lavorativa per non più di otto ore al giorno”). Tes_4
Quanto alle copiosa produzione documentale di parte appellante, si rileva che non può essere riconosciuto valore probatorio dirimente, in assenza di altri elementi di riscontro, alle risultanze dei c.d. dischi cronotachigrafo prodotti, atteso che, come si è detto, il lavoratore adibito a mansioni discontinue, il quale pretenda il pagamento di prestazioni di lavoro straordinario, è gravato dall'onere di allegare e provare, in modo specifico e puntuale, la tempistica della propria attività lavorativa (conduzione del mezzo, tempi di pausa, di carico e scarico etc.), poiché l'effettuazione di lavoro straordinario va rigidamente provata nei suoi presupposti fattuali. Ebbene, ritiene il Collegio che i dischi del
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cronotachigrafo prodotti non possono da soli fornire piena prova, stante la preclusione sancita dall'art.
2712 c.c., dell'eventuale straordinario, nè dell'effettiva entità dello stesso, occorrendo a tal fine che la presunzione semplice costituita dalla registrazione o rappresentazione anzidetta sia supportata da ulteriori elementi, pur se anch'essi di carattere indiziario o presuntivo, offerti dall'interessato o acquisiti dal giudice del lavoro (Cass.Civ., sez. lav., 20 giugno 2002, n.9006;Cass.Civ., sez. lav., 20 dicembre 2001,
n. 16098;Cass.Civ., sez. lav., 8 luglio 1994, n. 6437). Ne segue che nella fattispecie i dischi del cronotachigrafo sono da considerarsi inidonei alla prova dello straordinario, stante l'assenza in atti di ulteriori elementi di riscontro, che non sono sicuramente rinvenibili nell'incerto e lacunoso compendio testimoniale.
In quest'ordine di concetti, ritiene il Collegio che, nello specifico, analizzata la documentazione in atti
e all'esito della prova testimoniale espletata in prime cure, non è possibile ricostruire in modo attendibile
l'eventuale quantità di lavoro prestato in eccedenza rispetto all'orario normale, neanche in misura minimale, tenuto conto, da un lato, della circostanza che per i lavoratori discontinui il tempo di lavoro effettivo non coincide con i tempi di presenza a disposizione del datore di lavoro, e, dall'altro, del regime di flessibilità previsto dal C.C.N.L. e delle possibili compensazioni di orario con periodi di minore intensità produttiva.
Non avendo fornito tranquillante prova dei fatti costitutivi posti a sostegno della domanda, deve quindi ritenersi che la parte appellante non ha assolto al rigoroso onere di allegazione e prova su di lei gravante in materia di lavoro straordinario. In considerazione della inutilizzabilità del criterio equitativo, infatti, gli elementi istruttori raccolti non appaiono idonei a soddisfare il rigoroso onere probatorio previsto in subiecta materia.
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3.- Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, pertanto, l'appello va disatteso e respinto, con conferma della sentenza impugnata.
In applicazione del principio stabilito dall'art. 92, 2° comma, c.p.c., considerato che ricorrono gravi ed eccezionali ragioni di ordine equitativo, attesa la natura della controversia e delle parti, nonché tenuto conto delle oggettive difficoltà di prova del lavoro straordinario nei lavori discontinui e della obiettiva controvertibilità delle questioni trattate, le spese di entrambi i gradi del giudizio possono essere interamente compensate tra le parti.
Si applica l'art. 1 comma 17 della legge 228/2012, che ha modificato l'art. 13 del d.p.r. n.115/2002, mediante l'inserimento del comma 1 quater, a mente del quale, se l'impugnazione principale o incidentale è respinta integralmente, o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1 bis, salvo eventuali motivi di esenzione.
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