Corte d'Appello Brescia, sentenza 07/10/2024, n. 223

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Brescia, sentenza 07/10/2024, n. 223
Giurisdizione : Corte d'Appello Brescia
Numero : 223
Data del deposito : 7 ottobre 2024

Testo completo

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O
La Corte d'Appello di Brescia, Sezione Lavoro, composta dai
Sigg.:
Dott. Giuseppina FINAZZI Presidente
Dott. Silvia MOSSI Consigliere
Dott. Laura CORAZZA Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile promossa in grado d'appello con ricorso depositato
in Cancelleria il giorno 26.02.2024 iscritta al n. 51/2024 R.G. Sezione
Lavoro e posta in discussione all'udienza collegiale del 13.06.2024
d a
DOUMBIA BAKARI, rappresentato e difeso dall'avv. Livio Neri
del foro di Milano, domiciliatario giusta delega in atti.
OGGETTO:
RICORRENTE APPELLANTE
Assegno-pensione c o n t r o
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dagli avv.
Floriana Valeria Maria Collerone e Alessandro Mineo
dell'Avvocatura Distrettuale INPS di Brescia, come da procura
generale in atti.
RESISTENTE APPELLATO
In punto: appello a ordinanza ex art. 702 bis del 25.01.2024 e
pubblicata in pari data iscritta al n. R.G.310/2023 del Tribunale di


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Bergamo.

Conclusioni:
Del ricorrente appellante:
Come da ricorso
Del resistente appellato:
Come da memoria
Fatto e diritto
Con ordinanza n. 344/2024, pubblicata il 25 gennaio 2024, il
Tribunale di Bergamo, Sezione Lavoro, ha rigettato il ricorso
proposto il 9 febbraio 2023, ai sensi dell'art. 28 del D. Lgs. n.
150/2011
e dell'art. 4 del D. Lgs. n. 216/2003, da RI DO
nei confronti dell'Inps.
Con lo stesso, il ricorrente aveva chiesto di dichiarare il
carattere discriminatorio del provvedimento di esclusione dal
beneficio degli assegni per il nucleo familiare e per sentir ordinare
all'Inps di cessare detto comportamento e di rimuoverne gli effetti,
riconoscendogli il diritto di ricevere l'erogazione degli assegni per il
nucleo familiare per il periodo compreso tra il 17.4.2016 ed il
30.6.2021, con conseguente condanna dell'ente previdenziale
all'erogazione in suo favore di euro 43.599,13 a titolo di assegni per il
nucleo familiare o, in alternativa, di risarcimento del danno per
ingiusta discriminazione. A sostegno della propria domanda,
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DO RI, premesso di essere titolare di permesso di soggiorno
UE per lungo soggiornanti di durata illimitata e di lavorare
regolarmente in Italia dal 2008, aveva allegato di avere coniuge
(GU RA) sposata il 27.12.2012, residente in Italia e con lui
convivente e sei figli (SA DO nato il [...], AT
DO il 10.5.2002, MA DO nata il [...], SI
DO nato il [...], SS DO nato il [...] e
MA DO nata il [...]), tutti residenti in [...]d'IO.
Aveva quindi richiesto, il 16.4.2021, il riconoscimento del suo diritto
a percepire gli assegni per il nucleo familiare. Il ricorrente, nel dare
atto che la domanda era stata respinta non potendo essere inseriti nel
nucleo familiare i residenti all'estero, aveva lamentato il carattere
discriminatorio di tale comportamento, sussistendo il diritto, in tema
di prestazioni assistenziali, dei cittadini non comunitari titolari di
permesso di soggiorno CE per lungo soggiorno alla parità di
trattamento con i cittadini nazionali.
Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che la res
litigiosa non potesse essere risolta esclusivamente facendo
applicazione dei principi di non discriminazione invocati dal
ricorrente, poiché nel caso di specie a precludere il riconoscimento
del diritto invocato non era lo status di cittadino straniero
extracomunitario, bensì il radicale difetto della configurabilità dei
presupposti di fatto (diversi dalla cittadinanza) per l'accesso alla
provvidenza di cui all'art. 2, comma 6, D.L. 69/1988. Ed infatti,
secondo il Tribunale, il ricorrente non aveva prodotto documenti
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idonei a comprovare paternità e maternità dei sei minori per i quali
aveva chiesto l'erogazione della provvidenza oggetto di domanda. In
particolare, la dichiarazione consolare prodotta individuava la
“famiglia a carico fiscale” del ricorrente, ma il “carico fiscale” non
era idoneo a comprovare il rapporto di filiazione. Per il medesimo
motivo, anche la produzione del modello 730 non era sufficiente a
comprovare alcunché, non solo perché documento di formazione
unilaterale compilato direttamente dall'istante, ma anche perché
contenente indicazioni del tutto contrastanti;
pur deducendo di essere
padre già dal 2002 e di avere sei figli (di cui l'ultima nata nel 2011), il
ricorrente non aveva indicato alcun figlio fiscalmente a carico nelle
dichiarazioni dei redditi relative agli anni di imposta 2014 e 2015
(modelli 730/2015 e 2016), aveva indicato tre figli a carico negli anni
di imposta 2016 e 2018 (modelli 730/2017 e 2019) e quattro figli a
carico negli anni di imposta 2017, 2019, 2020 e 2021 (modelli
730/2018, 2020, 2021 e 2022);
inoltre nei predetti modelli 730 (doc.
14) il ricorrente aveva indicato i codici fiscali dei familiari a carico
qualificando ciascuno come “F” (figlio), “A” (altro familiare), “D”
(disabile). In ogni caso, secondo il Tribunale, mancava comunque la
prova di uno dei presupposti del diritto azionato, posto che i sei figli
naturali vivevano all'evidenza in un nucleo familiare diverso da
quello del ricorrente e della moglie. Infine, applicando il principio
della soccombenza, il primo giudice ha condannato il ricorrente alla
rifusione delle spese di lite sostenute dall'Inps.
Con atto depositato il 26 febbraio 2024, RI DO ha
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chiesto la riforma dell'ordinanza, con integrale accoglimento delle
domande proposte.
Con memoria del 28 maggio 2024, si è costituito l'Inps,
chiedendo il rigetto dell'impugnazione.
***
All'odierna udienza, la causa è stata discussa e trattenuta in
decisione.
***
Con il primo motivo, RI DO ha censurato
l'ordinanza per avere ritenuto indimostrato il rapporto di filiazione
con i sei minori residenti in [...]d'IO. Ha evidenziato come la
dichiarazione consolare prodotta sub doc. 7 certificasse
espressamente il rapporto di filiazione e non fosse contraddetta dalle
dichiarazioni dei redditi prodotte in quanto, se per difficoltà di
procurarsi la documentazione necessaria o per mera ignoranza di tale
possibilità, aveva richiesto le detrazioni in modo incompleto, ciò non
dimostrava certo l'insussistenza del legame di filiazione. Semmai, il
Tribunale avrebbe dovuto considerare che dall'anno fiscale 2018
erano stati inseriti i figli a carico con i relativi codici fiscali, attribuiti
dall'Agenzia delle Entrate a fronte della presentazione di
un'attestazione consolare circa il numero e l'identità dei figli
fiscalmente a carico.
Con il secondo motivo, RI DO, dato atto che i figli
non erano tutti dell'attuale moglie e dunque, in parte, erano figli
naturali, ha censurato l'ordinanza nella parte in cui aveva, d'ufficio,
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attribuito rilevanza a tale circostanza, senza previamente sottoporla al
contraddittorio delle parti. Peraltro, RI DO ha evidenziato
come la definizione di nucleo familiare non presupponga né la
convivenza, né l'essere a carico e come i figli naturali debbano
ricevere lo stesso trattamento dei figli legittimi.
Quanto al requisito reddituale, questione sulla quale il
Tribunale non si è pronunciato in quanto implicitamente ritenuta
assorbita, RI DO ha invocato i documenti prodotti e, in
particolare, il certificato dell'Ambasciata della CO D'IO
prodotto come doc. 7, secondo il quale i figli e la moglie erano
fiscalmente a carico suo.
L'Inps ha ribadito le difese già spese in primo grado,
eccependo in via pregiudiziale l'inammissibilità della domanda di
condanna al pagamento della prestazione in via diretta per assenza di
domanda amministrativa, avendo RI DO richiesto solo
l'autorizzazione all'inserimento dei familiari residenti all'estero nel
proprio nucleo familiare, e per mancanza di prova dei presupposti del
pagamento diretto da parte dell'ente (lavoratore domestico, lavoratore
iscritto alla gestione separata, lavoratore in aspettativa sindacale,
lavoratore di ditte cessate o fallite, soggetto beneficiario di prestazioni
previdenziali per le quali è prevista l'erogazione dell'assegno, ecc…).
Inoltre, pur dato atto che la domanda amministrativa era stata rigettata
perché si trattava di cittadino extracomunitario e che tale posizione
era stata nel frattempo superata alla luce della sentenza n. 67/2022
della Corte Costituzionale, ha evidenziato come la domanda non
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potesse in ogni caso venire accolta. Ed infatti, RI DO non
aveva fornito la prova né che i soggetti posti a carico fossero
effettivamente moglie e figli suoi, né del reddito dei medesimi nel
paese di provenienza (sul punto, secondo l'ente, l'attestazione del
Consolato era insufficiente perché basata sulle dichiarazioni dello
stesso ricorrente). Inoltre, l'Inps ha osservato che le somme
quantificate con il ricorso erano frutto di un conteggio non dettagliato
e riguardavano anche crediti comunque prescritti per decorso del
termine quinquennale.
***
L'impugnazione è fondata nei limiti che seguono.
L'istituto dell'assegno per il nucleo familiare è disciplinato
dall'art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, convertito in legge n. 153 del 1988,
a norma del quale “1. Per i lavoratori dipendenti, i titolari delle
pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali derivanti da
lavoro dipendente, i lavoratori assistiti dall'assicurazione contro la
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