Corte d'Appello Ancona, sentenza 12/01/2024, n. 67
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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CORTE DI APPELLO DI ANCONA
I° SEZIONE PER LE CONTROVERSIE CIVILI
Composta dai seguenti magistrati:
dr. Annalisa Gianfelice Presidente
dr. Paola De Nisco Consigliere rel.
dr. Vito Savino Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa in grado di appello iscritta al n° 179/2021 del ruolo generale e promossa
DA
SO RT, nato a [...] il [...] (c.f. [...]),
SO CI, nato a [...] il [...] (c.f. [...]), e s.r.l.
SO, in persona del legale rappresentante pro tempore (c.f./p.i. 01971780406),
elettivamente domiciliati in Ancona via Maratta n. 6, presso lo studio dell'avv. Francesca Marinelli,
che li rappresenta e difende come da mandato a margine allegato alla comparsa di costituzione di
nuovo difensore;
- appellante-
CONTRO
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore
(c.f./p.i. 09339391006), elettivamente domiciliata in Perugia, Piazza Alfani, 4 presso lo studio
dell'avv. Antonio Coaccioli, che la rappresenta e difende per scrittura privata autenticata dal Notaio
Dott. Mario Liguori di Roma in data 22.10.07 – rep. n. 151311 allegato alla comparsa di costituzione
e risposta;
- appellato-
OGGETTO
Appello avverso la sentenza n. 763 del 18-19/9/2020 pronunciata dal Tribunale di Macerata
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per l'appellante: Piaccia all'Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis reiectis, in accoglimento del
presente appello, in riforma della Sentenza impugnata, accertare l'illegittimità degli addebiti effettuati
dalla Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. su tutti i rapporti di conto corrente di causa in relazione agli
interessi debitori nonché l'illegittimità e/o inefficacia degli addebiti per perdite causate alla società
correntista derivanti dalla sottoscrizione dei contratti di finanza derivata di causa con la Banca
Nazionale del Lavoro così come rilevato nelle relazioni C.T.U. del primo grado di giudizio datate
07.11.2014 e 25.05.2019 e per l'effetto condannare la banca appellata a corrispondere in favore di
part e attrice la somma di € 559.816,39, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, con condanna
della società appellata al risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale subito dalla società
SO s.r.l. nella misura che risulterà di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria,
da liquidarsi anche in via equitativa;
per l'effetto dichiarare altresì estinte l'obbligazione di garanzia fideiussoria assunta dal sig. RT
SO con Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. e l'obbligazione di garanzia fideiussoria assunta dal
sig. CI SO con Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., con liberazione degli stessi.
Con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio.
Per l'appellato: Voglia l'Ecc.ma Corte d'Appello adita, previo rigetto di ogni avversa domanda,
istanza ed eccezione,
-rigettare l'appello avversario in quanto basato di motivi inammissibili e comunque infondati in fatto
ed in diritto, nonché su pretese non provate e per l'effetto
-confermare la sentenza n. 763/2020 resa dal Tribunale di Macerata, nei capi ex adverso impugnati;
in ogni caso
-condannare la SO S.r.l. ed i Sigg. SO RT e SO CI al pagamento
di spese e compensi professionali.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Macerata in parziale accoglimento delle domande avanzate
dalla s.r.l. SO, quale debitrice principale, e da SO RT e CI, quali garanti, ha
dichiarato la nullità della clausola anatocistica di cui all'art. 7 del contratto di conto corrente di
corrispondenza n. 12747 del 1989, con conseguente accertamento di non debenza delle somme
addebitate a tale titolo fino al 30/6/2000, rigettando per il resto.
Gli attori hanno proposto appello, articolando i seguenti motivi: 1) erroneità della decisione di rigetto
delle domande relative ai conti anticipi SBF 28134, 281013, 280940 e 280038 e dei contratti di mutuo
collegati al contratto Interest Rate Swap per la violazione dell'art. 2697 c.c. e per la non corretta
valutazione delle risultanze della CTU disposta in primo grado;
2) omessa pronuncia in relazione alla
richiesta di emissione di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.;
3) erroneità del capo di sentenza di
rigettato dell'eccezione di usurarietà dei tassi di interesse, a fronte degli accertamenti compiuti dal
nominato CTU in particolare con riferimento alla terza ipotesi di ricalcolo;
4) erroneità della decisione
nella parte in cui ha accertato da debenza di interessi anatocistici per il periodo successivo al
30/6/2000 pur in assenza di specifica pattuizione scritta e non ha comunque quantificato l'importo
illegittimamente addebitato a tale titolo;
5) erroneità della decisione per avere il primo giudice
pronunciato sentenza di mero accertamento e non di condanna alla restituzione delle somme
illegittimamente addebitate;
6) erroneità della decisione nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di
nullità delle CMS illegittimamente addebitate;
7) erroneità del capo di sentenza che ha rigettato
l'eccezione di nullità/annullabilità del contratto Interest Rate Swap;
8) omessa pronuncia o comunque
erroneità del rigetto implicito della domanda di liberazione dal vincolo dei fideiussori e di condanna
della Banca al risarcimento dei danni contrattuali ed extracontrattuali subiti dalla società correntista.
Hanno quindi concluso come in epigrafe.
La BNL s.p.a. ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto e concludendo come in epigrafe.
I primi due motivi di impugnazione, da esaminare congiuntamente stante la loro intima
connessione, non appaiono fondati.
Innanzitutto gli appellanti, sul presupposto di avere fornito prova della esistenza dei rapporti
contrattuali dedotti in giudizio mediante la produzione dei relativi estratti conto, affermano che era
onere della Banca fornire la prova scritta della valida statuizione delle condizioni contrattuali
applicate in forza del principio della vicinanza della prova.
A riguardo occorre precisare che la società correntista ed i suoi garanti non hanno mai allegato,
neanche in questa sede, la mancata pattuizione per iscritto delle clausole oggetto di contestazione,
sicché non appare applicabile al caso di specie la precisazione in punto di distribuzione dell'onere
probatorio operata dalla Suprema Corte con sentenza n. 6480 del 9/3/2021, allorché afferma che il
criterio generale di distribuzione dell'onere probatorio “si presta ad essere diversamente modulato
con riferimento a due particolari ipotesi, entrambe collegate a un'allegazione attorea circa la conclusione del contratto verbis tantum o per fatti concludenti. E' possibile che quest'ultima
allegazione sia incontroversa tra le parti, e allora il giudice deve dare senz'altro atto dell'integrale
nullità del negozio e, quindi, anche dell'assenza di clausole che giustifichino l'applicazione degli
interessi ultralegali e della commissione di massimo scoperto. Ma è possibile, pure, che la domanda
basata sul mancato perfezionamento del contratto nella forma scritta sia contrastata dalla banca
(che quindi sostenga la valida conclusione, in quella forma, del negozio): e in tale seconda ipotesi
non può gravarsi il correntista, attore in giudizio, della prova negativa della documentazione
dell'accordo, incombendo semmai alla banca convenuta di darne positivo riscontro”.
Deve quindi ribadirsi anche in questa sede il principio di diritto già affermato dal primo giudice con
conseguente affermazione dell'onere per il correntista “che agisca per ottenere la restituzione delle
somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ... di provare l'inesistenza della causa
giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto che contiene siffatte
clausole, senza poter invocare il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in
capo alla banca, tenuto conto che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti,
almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione”
(cfr. Cass. n. 33009 del 13/12/2019;
n. 6480 del 9/3/2021).
Inoltre costituisce giurisprudenza pacifica quella per cui “l'onere della prova gravante, a norma
dell'art. 2697 c.c. su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica
o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti
negativi, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere,
gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha
carattere costitutivo;
tuttavia, in tal caso, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione
di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzione dalle quali possa desumersi
il fatto negativo” (cfr. per tutte Cass. ord. n. 9201 del 7/5/2015).
Né l'onere probatorio può ritenersi assolto attraverso la produzione dei soli estratti conto, attesa la
necessità, in relazione alla domanda, dell'esame delle condizioni contrattuali indispensabili per
accertare l'eccepita nullità delle clausole. La Suprema Corte ha infatti ha espressamente affermato
che “con particolare riferimento alla situazione in cui l'illiceità della annotazione è fatta discendere
dall'applicazione di clausole contrattuali ritenute nulle, il correntista è tenuto a produrre in giudizio
il relativo contratto, onde consentire l'apprezzamento della dedotta causa di invalidità, nonché i
relativi estratti conto – o altri strumenti rappresentativi delle contestate movimentazioni – atteso che
solo attraverso tali documenti è possibile accertare il carattere indebito dell'annotazione” (cfr. Cass.
ord. n. 36585 del 14/12/2022).
Ancora il mancato assolvimento dell'onere probatorio non può ritenersi assolto in relazione ai capi di
domanda rigettati in primo grado neanche facendo richiamo alle risultanze della CTU disposta in
primo grado, atteso che solo la produzione in
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