Corte d'Appello Roma, sentenza 08/03/2024, n. 826
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI ROMA IV Sezione lavoro
La Corte composta dai signori Magistrati:
dott. Alessandro Nunziata Presidente dott.ssa Gabriella Piantadosi Consigliere dott.ssa Alessandra Lucarino Consigliere rel.
il giorno 21.11.2023 ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nelle cause civili in grado di appello riunite n. 2046/2021 e n. 2232/2021 Registro Generale Lavoro, vertenti
TRA
RI MA, elett.te domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avv. Federica Murineddu che lo rappresenta e difende, come da procura in atti
appellante nella causa n. 2046/2021 R.G. e appellato nella causa n. 2232/2021 R.G.
E
INPS, in persona del legale rappresentante p.t., elett.te domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria 29, presso l'Avvocatura Distrettuale IN, rappresentato e difeso dall'avv. Daniela Maria Giuseppina Adimari, come da procura in atti
appellato nella causa n. 2046/2021 R.G. e appellante nella causa n. 2232/2021 R.G.
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 715/2021 pubblicata il 27.1.2021
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 11.6.2020, AR CR, ex lavoratore dello spettacolo, esponeva: di essere titolare della pensione di anzianità dall'1.9.95 e di supplementi decorrenti dall'1.9.01, dall'1.10.06 e dall'1.2.12;
di aver percepito detti supplementi pensionistici in misura inferiore al dovuto;
che, in particolare, l'ammontare della quota B dei supplementi era stato determinato sulla base della media delle retribuzioni ridotta entro il limite giornaliero massimo di lire 315.000
1
(rivalutato anno per anno a decorrere dall'01/01/1998);
di avere, invece, diritto alla determinazione della predetta quota B sulla base della media effettiva delle migliori 1900 retribuzioni giornaliere, considerando altresì n. 504 contributi giornalieri di competenza del supplemento decorrente dall'1.9.01 e n. 608 contributi giornalieri di competenza del supplemento decorrente dall'1.2.12;
di aver richiesto inutilmente, in data 22.3.19, la ricostituzione dei supplementi pensionistici in questione per mancato conteggio di una parte della contribuzione versata e per errata applicazione dell'art 4 comma 8 del d.lgs. 181/97.
Tanto premesso, adiva l'intestato Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, per ottenere: a)
l'accertamento del diritto ai maggiori importi pensionistici, come da calcoli analitici, b) la condanna dell'INPS al pagamento delle differenze pensionistiche, a decorrere dall'1.9.01, per l'importo mensile di € 42,71 per tredici mensilità annue, a decorrere dall'1.10.06, per l'importo mensile di €
55,80 per tredici mensilità annue, a decorrere dall'1.2.12, per l'importo mensile di € 81,74 per tredici mensilità annue, oltre accessori e spese.
Si costituiva in giudizio l'IN eccependo la nullità del ricorso;
la decadenza ai sensi dell'art. 47
d.P.R. n. 639/1970, come modificato dall'art. 38, co. 1, lett. d), d.l. n. 98/2011 conv. in L. n.
111/2011;
la parziale estinzione del credito per prescrizione quinquennale, ai sensi dell'art. 47 bis
d.P.R. n. 639/1970, come modificato dal medesimo art. 38 cit., Nel merito, contestava la fondatezza della domanda, di cui chiedeva il rigetto.
Con la sentenza indicata in oggetto, il Tribunale di Roma, ritenendo coperte dall'eccepita decadenza le differenze sui ratei dei supplementi di pensione anteriori al triennio computato a ritroso rispetto al deposito del ricorso, dichiarava “il diritto della parte ricorrente al ricalcolo della base di calcolo della quota B dei supplementi di pensione con i parametri di cui in parte motiva, tenendo conto dei contributi risultanti dall'estratto contributivo” e, per l'effetto, condannava l'IN “a corrispondere le seguenti differenze mensili per tredici mensilità all'anno, maggiorate di interessi legali, dalla maturazione di ogni rateo mensile a decorrere da luglio 2017 sino al soddisfo:
- € 42,71 con riferimento al supplemento di pensione riconosciuto dal 1.9.01;
- € 55,80 con riferimento al supplemento di pensione riconosciuto dal 1.10.06;
- € 81,74 con riferimento al supplemento di pensione riconosciuto dal 1.2.12”;
compensava le spese di lite.
Avverso tale decisione ha proposto appello AR CR (causa n. 2046/2021 R.G.) censurando la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 38, comma 4, lett. d), del D.L. n.
98/2011, convertito in L. n. 111/2011, e dell'art. 47 del D.P.R. n. 63/1970 in relazione all'art. 252 disp. att. c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), in riferimento ai supplementi di pensione con decorrenza
1.9.2001 e 1.10.2006
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Ha, quindi, concluso chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, di condannare l'IN a corrispondere all'appellante le differenze tra la pensione spettante e quella, inferiore, effettivamente percepita a seguito degli errori dell'Ente, dal giorno a decorrere dal quale è stato riconosciuto il diritto a quello dell'effettiva riliquidazione degli stessi, e, per l'effetto, di condannare l'IN a corrispondere a parte appellante l'importo differenziale pari a: € 42,71 per il primo supplemento di pensione, dall'1 settembre 2001, per tredici mensilità l'anno, e fino alla data dell'1 luglio 2017;
€
55,80 per il secondo supplemento di pensione, dall'1 ottobre 2006, per tredici mensilità l'anno, e fino alla data dell'1 luglio 2017, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo;
con vittoria delle spese di lite del doppio grado.
Si costituiva in giudizio l'IN resistendo al gravame e chiedendone il rigetto.
Avverso la medesima sentenza ha proposto appello l'IN (causa n. 2046/2021 R.G.) lamentando:
l'erronea motivazione relativa all'eccezione di decadenza e l'inapplicabilità della c.d. decadenza mobile;
nel merito, lamentando l'erroneità della sentenza per avere il giudice di primo grado riconosciuto gli aumenti sui supplementi di pensione disapplicando la regola del c.d. massimale giornaliero pensionabile, sostenendo, in particolare, che anche per il calcolo della quota B di pensione resta fermo il limite del tetto massimo delle £ 315.000, rivalutato ai sensi dell'art. 1, comma 10, del D.lgs. n. 182/1997, atteso che il suddetto art. 1 ha innalzato il limite massimo dell'art. 12, comma 7, del D.P.R. n. 1420/1971 e che l'art. 4, comma 8, del D.lgs. n. 182/1997 rinvia all'art. 12 del D.lgs. n. 502/1992.
Ha concluso chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, di rigettare tutte le domande proposte con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e di condannare parte appellata alla restituzione di quanto eventualmente percepito per effetto della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado.
Si è costituito in giudizio AR CR resistendo al gravame con ampie argomentazioni, ribadendo l'illegittimità del provvedimento dell'IN di liquidazione dei supplementi di pensione nella parte in cui determina la quota B utilizzando come base di calcolo la media delle retribuzioni giornaliere del periodo di competenza, ridotta al limite di lire 315.000, rivalutate, a decorrere dal 1 gennaio 1998, anno per anno sulla base dell'indice Istat, in luogo della media delle retribuzioni giornaliere del periodo di competenza, ridotte al limite della retribuzione pensionabile e quindi a lire 1.000.000, rivalutate secondo l'indice Istat dall'1.1.1998;
ribadendo l'errore dell'IN nel conteggio dei contributi giornalieri per la liquidazione della prestazione pensionistica.
All'esito della discussione orale e della successiva camera di consiglio, la causa è stata decisa come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3 1. Con l'unico motivo di appello AR CR ha censurato la sentenza impugnata per violazione
e falsa applicazione dell'art. 38, comma 4, lett. d), del D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011,
e dell'art. 47 del D.P.R. n. 63/1970 in relazione all'art. 252 disp. att. c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), in riferimento ai supplementi di pensione con decorrenza 1.9.2001 e 1.10.2006, sostenendo che la decadenza non si applica alle domande di riliquidazione di prestazioni pensionistiche aventi ad oggetto l'adeguamento di prestazioni già riconosciute, ma in misura inferiore a quella dovuta, liquidate prima del 6.7.2011, data di entrata in vigore della nuova disciplina.
Il motivo è infondato.
La Corte di Cassazione, con un recente orientamento a cui questo Collegio intende aderire e dare continuità, in ipotesi di riliquidazione della pensione IN – nella quale la Corte territoriale aveva rigettato l'eccezione di decadenza ex art. 47 D.P.R. n 639/1970 ritenendo che non fosse applicabile
l'art 38 D.L. n 98/2011 convertito in L. n 111/2011, in quanto disposizione innovativa e come tale applicabile alle sole prestazioni riconosciute dal 06.07.2011, data della sua entrata in vigore – ha espresso il contrario principio di diritto nel senso dell'applicabilità del termine decadenziale in questione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ancorché soltanto a decorrere dall'entrata in vigore della citata norma, ossia dal 6.7.2011 (Cass. n. 28416/2020;
Cass. ord. n. 11909/2021).
La S.C. ha anche precisato che l'unico atto individuato dal legislatore come idoneo ad impedire la decadenza è il ricorso giudiziario (Cass. n. 28416/2020 cit.;
Cass. n. 22820/2021).
Tuttavia la decadenza va intesa in senso c.d. mobile, secondo quanto precisato dalla stessa Corte di
Cassazione, secondo cui “in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza triennale di cui all'art. 47 del d.P.R. n.
639 del 1970, come modificato dall'art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif., dalla l. n. 111 del 2011, si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale” (Cass. n. 17430/2021).
Afferma la Corte: “Una guida alla soluzione della questione deriva dalla piana lettura della lettera delle norme applicabili: in particolare, l'art. 47, comma 6, estende alle azioni di riliquidazione i commi 2 e 3, in relazione ai quali
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