Corte d'Appello Catania, sentenza 13/05/2024, n. 433
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA
SEZIONE LAVORO composta dai magistrati dott.ssa Graziella Parisi Presidente relatore dott.ssa Viviana Urso Consigliere dott.ssa Caterina Musumeci Consigliere ha emesso la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. 901/2021 R.G., promossa da
INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (cod. fisc. 80078750587), in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, anche quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps, rappresentato e difeso dall'avv. V. Schilirò
Ricorrente in riassunzione -
CONTRO
COESI COSTRUZIONI GENERALI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. G. Cannizzaro,
Resistente in riassunzione -
E NEI CONFRONTI
AGENZIA DELLE ENTRATE - RICOSSIONE, già RISCOSSIONE SICILIA
S.P.A., (cod. fisc. 13756881002), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. C. Spina
Resistente in riassunzione -
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 9370/21, il Supremo Collegio - premettendo che l'INPS aveva impugnato la sentenza di questa Corte d'Appello (in diversa composizione) n.
518/2014, che aveva dichiarato estinto il giudizio avente ad oggetto l'opposizione proposta dalla COESI avverso la cartella esattoriale emessa per il pagamento della somma di euro 527.220,95 per contributi previdenziali e sanzioni, ritenendo tardiva la riassunzione del 5.12.2021 del giudizio interrotto a seguito della sentenza dichiarativa di fallimento della COESI del 31.8.2010 - riteneva fondato il motivo di gravame ribadendo il principio che “in caso di interruzione del processo determinata, ai sensi dell'art.43, comma 3, l.fall., dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine per la riassunzione non decorre dalla data dell'evento interruttivo, ma da quella in cui la parte interessata ne ha avuto conoscenza legale, per tale dovendosi intendere quella acquisita non già in via di mero fatto, ma attraverso una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento stesso, assistita da fede privilegiata”.
La Suprema Corte rinviava a questa Corte per “esaminare funditus se la comunicazione dell'intervenuto fallimento ex art. 92 l.f., così come eccepito dal
Fallimento, avesse i requisiti richiesti per produrre l'effetto della decorrenza del termine per la riassunzione alla stregua del principio espresso nonché secondo quanto affermato dalle altre pronunce di questa Corte in precedenza richiamate”, con conseguente statuizione sulle spese di lite.
In data 22 luglio 2021, l'INPS proponeva ricorso in riassunzione ex art. 392 c.p.c;
resisteva la società chiedendo l'accertamento della tardiva riassunzione del giudizio interrotto;
Agenzia delle Entrate - Riscossione ribadiva il proprio difetto di legittimazione passiva.
Ripristinatosi il contraddittorio, la causa è stata decisa all'esito dell'udienza del 21 marzo 2024, fissata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., scaduti i termini assegnati alle parti per il deposito di note telematiche.
MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Sostiene l'odierno ricorrente che la riassunzione del giudizio, interrotto a seguito del fallimento della COESI, sia stata proposta tempestivamente, ovvero nei termini di cui alla pronuncia n. 9370/2021 della Suprema Corte e n. 12154/2021 delle
Sezioni Unite.
Quindi, ribadisce, nel merito, le conclusioni di cui al precedente atto di appello.
2. La sentenza di questa Corte, cassata dal giudice di legittimità, aveva ritenuto che, a seguito della modifica dell'art. 43 R.D. n. 267 del 1942 ad opera del d.gs n. 5 del 2006, che ha previsto l'interruzione automatica del processo a seguito dell'apertura del fallimento, con conseguente irrilevanza, ai fini della decorrenza del termine semestrale per la riassunzione, del provvedimento del giudice dichiarativo dell'interruzione medesima, l'INPS, appellante, informato dell'intervenuto fallimento sin dagli inizi dell'anno 2011, avrebbe dovuto attivarsi immediatamente per riassumere il giudizio nei confronti della curatela entro sei mesi dalla data dell'apertura del fallimento, pena l'estinzione del giudizio.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9370/2021, richiamando propri precedenti, pur confermando che la conoscenza dell'evento interruttivo non deve provenire necessariamente dal difensore della parte che ne è colpita, potendo provenire anche dal curatore fallimentare, ha tuttavia affermato che la comunicazione deve essere diretta al procuratore che assiste la parte nel processo della cui interruzione deve valutarsi la conoscenza legale, deve contenere esplicito riferimento alla lite pendente ed interrotta e deve essere corredata da copia autentica della sentenza di fallimento. Ha dunque affermato il seguente principio: “In caso di interruzione del processo determinata, ai sensi dell'art. 43, comma 3, l. fall., dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine per la riassunzione non decorre dalla data dell'evento interruttivo, ma da quella in cui la parte interessata ne ha avuto conoscenza legale, per tale dovendosi intendere quella acquisita non già in via di mero fatto, ma attraverso una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento stesso, assistista da fede privilegiata”.
Nel caso in esame, pur non rivenendosi in atti l'avviso ex art. 92 L.F. inviato dal
curatore all'istituto e ricevuto il 4.1.2011 (l'allegato n. 5 alla memoria difensiva della società non lo contiene), tuttavia la resistente in riassunzione nella memoria difensiva neanche allega che tale comunicazione avesse le caratteristiche richieste dal giudice di legittimità e cioè fosse destinata non alla parte ma al procuratore e facesse chiaro riferimento al procedimento colpito dall'evento interruttivo, per cui deve escludersi che la riassunzione effettuata dall'INPS dopo la dichiarazione di interruzione del procedimento da parte di questa Corte potesse essere tardiva.
3. Può, dunque, esaminarsi il merito del giudizio, cioè la fondatezza o meno dei motivi di appello proposti dall'INPS.
3.1. La sentenza del Tribunale di Catania ha accolto l'opposizione alla cartella esattoriale avente ad oggetto contributi e sanzioni relativi al periodo luglio 1999 – agosto 2002, conseguente ad un verbale ispettivo, ritenendo che fosse onere dell'ente impositore dimostrare il fondamento delle omissioni contributive contestate, onere non assolto essendo l'INPS rimasto contumace.
3.2. L'istituto con l'atto di appello, richiamando il contenuto del verbale ispettivo, formula le seguenti censure:
l'omissione contributiva per i lavoratori RI AR e ZI AL trova conferma nelle dichiarazioni rese agli ispettori;
in ordine alle agevolazioni contributive indebitamente fruite dalla società, è a carico della stessa l'onere di provare i fondamenti del relativo diritto, qualunque sia la posizione processuale rivestita nell'ambito del giudizio;
gli ispettori hanno accertato che la società ha usufruito indebitamente delle agevolazioni contributive previste dall'art. 8 l. n. 407/1990 per alcuni lavoratori, avendo operato licenziamenti e assunzioni nei dodici mesi precedenti la loro assunzione;
hanno, altresì, accertato che per il periodo da ottobre 1999 a gennaio 2000 sono state denunciate retribuzioni di importo inferiore a quanto previsto dal contratto integrativo di categoria, con conseguente omesso versamento dei contributi dovuti pari ad euro 302,00 e la perdita degli sgravi per euro 323,00;
il pagamento delle differenze
contributive non esclude la recuperabilità degli sgravi, essendo stato effettuato a seguito della notifica del verbale ispettivo ed oltre il termine di 60 giorni e non essendo accompagnato dal pagamento delle differenze retributive;
è stata accertata la violazione dell'art. 29 l. n. 341/1995, sul minimale contributivo nelle aziende edili e la società non ha provato la ricorrenza delle ipotesi derogatorie previste da tale legge nonché dal successivo decreto ministeriale (DM del 16 dicembre
1996);
legittimamente sono stati recuperati gli sgravi usufruiti per alcuni lavoratori licenziati per ultimazione delle opere cui erano addetti o per
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