Corte d'Appello Reggio Calabria, sentenza 04/03/2024, n. 172
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
__________________
La Corte di Appello di Reggio Calabria -Sezione Lavoro- composta dai Signori Magistrati:
1) dott. M G_________ Presidente
2) dott. E R _________ Consigliere rel.
3) dott. G C _________ Consigliere
Nella causa celebrata con le forme cartolari ex art.127 ter cpc , ha deliberato la seguente
SENTENZA nel procedimento n.241/2022 R.G.A.C.L., avente ad oggetto
l'appello proposto avverso la sentenza n.278/2022 emessa in data 6 aprile 2022 dal Tribunale- GL di Locri e vertente tra
, in persona del suo legale Parte_1
rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avv. R
L, pec - Email_1
APPELLANTE-
E
, C.F. N. , rappresentato e CP_1 C.F._1
difeso, per procura in atti, dall'Avv. G M: Pec
Email_2
- APPELLATA -
Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti e scritti .
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in appello depositato il giorno 3 maggio 2022
l' ha impugnato la sentenza Parte_2
278/2022 emessa il giorno 6 aprile 2022 dal Tribunale Gl di
Locri con cui è stato riconosciuto in favore dell'originario ricorrente il diritto alle differenze retributive pari alla complessiva somma di € 11.343,26, di cui € 1.184,28, periodo
17.07.2012/30.11.2017, per differenze IVC ed € 10.158,98, periodo 17.07.2012/30.11.2017, per differenze indennità di divisa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo.
Con l'appello sono illustrati i motivi di cui si dirà appresso.
si è costituita spiegando le ragioni che CP_1
sostenevano la propria domanda ed assumendo la correttezza
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della decisione che aveva condiviso le sue difese, ha chiesto il rigetto del gravame.
La causa fissata con decreto del Presidente di Sezione per la trattazione con le forme di cui all'art.127 ter cpc alla scadenza del termine, stabilito in corrispondenza del 2 febbraio 2024, è stata assunta in riserva, ed il Collegio, preso atto del deposito delle note di trattazione, tenuta la camera di Consiglio in data 7 febbraio 2024 ha definito la causa sentenza pubblicata con modalità telematiche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Come già riferito nello svolgimento del processo, il Tribunale di Locri ha accolto la domanda giudiziale che aveva ad oggetto la corresponsione di differenze retributive maturate dal primo luglio 2012 al 31 novembre 2017 sia a titolo di indennità di vacanza contrattuale che quelle connesse al maggior tempo di lavoro destinato alla vestizione/svestizione dell'abbigliamento da lavoro del ricorrente (Qualifica Op. Professionale San. I Cat.
inquadrato nel periodo oggetto di domanda nella Pt_3
categoria D3), condannando l' alla Parte_1
corresponsione per il periodo dal 17 luglio 2012/30 novembre
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2017 dell'importo di euro 1.184,28, per IVC ed € 10.158,98 per indennità di divisa, ed in totale euro 11.343,26 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo.
In relazione a tale statuizione, l' muove Parte_2
alcune critiche che saranno di seguito meglio illustrate, che riguardano sia l'erroneo rigetto di questioni preliminari
(prescrizione) che l'erronea interpretazione del materiale istruttorio e della disciplina, nonché, per l'indennità di vacanza contrattuale, le erronee valutazioni contenute nella consulenza cui il Tribunale ha prestato adesione, mentre, per l'ulteriore domanda, concernente il “tempo divisa” l'assenza di allegazione
e prova su circostanze determinanti.
Nella motivazione il Tribunale ha disatteso l'eccezione di prescrizione asserendo che con riferimento agli importi complessivamente richiesti dalla ricorrente a titolo di differenze retributive, per luglio 2012/gennaio 2013, era presente atto interruttivo costituito dalla lettera del 17 luglio 2017, regolarmente ricevuta dall'Azienda, con la quale venivano richieste le spettanze per le quali oggi è causa e con la quale è stata interrotta la prescrizione .
Passando all'esame del merito, ha accolto la domanda di indennità di vacanza contrattuale, intesa a compensare la perdita del potere di acquisto nel tempo intercorrente fra la data
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di scadenza di un contratto collettivo nazionale di lavoro ed il suo rinnovo, dopo aver richiamato a titolo di premessa le previsioni normative e contrattuali che giustificavano
l'emolumento, ritenendo condivisibile la quantificazione operata dal ctu, ed affermando che l'azienda convenuta si era limitata a richiamare la giurisprudenza della Suprema Corte di
Cassazione senza illustrarne la pertinenza al caso concreto.
In relazione alla pretesa avente ad oggetto la remunerazione del tempo impiegato per indossare la divisa, il Tribunale, la riteneva fondata alla stregua dell'art. 149 D.L.gs. 106/2009 e dall'art. 1 del D.L.gs. n. 66 del 2003, attuativo della Direttiva
Comunitaria 19931104/CE e di quella 2000/34/CE che prevede
l'inserimento nell'orario di lavoro di qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia in qualche modo a disposizione del datore di lavoro, nell'esercizio della sua attività e delle sue funzioni.
Affermava che ciò trova conferma nel Regolamento Aziendale, al punto 1.7 – flessibilità, in base al quale: “Al personale che ha
l'obbligo di indossare una divisa per disposizioni datoriali, è riconosciuta d'ufficio l'eccedenza oraria ad ogni cambio turno di
15 minuti prima e dopo per la rispettiva vestizione e svestizione”.
Avverso tale statuizione l' formula i seguenti Parte_2
motivi di impugnativa.
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In primo luogo, il Tribunale avrebbe dovuto ritenere fondata
l'eccezione di prescrizione posto che il primo atto interruttivo idoneo avrebbe dovuto ritenersi la notifica del ricorso originario avvenuta il 19 gennaio 2018, con l'effetto che avrebbero dovuto ritenersi prescritti tutti i crediti anteriori al 19 gennaio 2013.
La lettera prodotta da controparte in primo grado e ricevuta il
17 luglio 2017 non avrebbe rappresentato un atto di messa in mora in mancanza di tutti gli elementi ( indicazione della natura della prestazione, del periodo in cui è maturata e la quantificazione della stessa) al fine di consentire alla pubblica amministrazione di poter valutare l'interesse alla definizione ante causam. Nel caso facendo riferimento a generiche spettanze, non avrebbe contenuto detti requisiti .
Sotto altro profilo, il Tribunale avrebbe contraddittoriamente affermato nella motivazione che il petitum concerneva le spettanze retributive dell'IVC ( indennità di vacanza contrattuale) “con decorrenza dal 2013”, per poi accordare competenze riferibili ad un periodo diverso imputabili alla previsione contenuta dai CCNLL - biennio economico
2006/2007 e biennio economico 2008/2009 incorrendo per tale via nella violazione del principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato.
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Secondo l'appellante, il parere della Ragioneria Generale dello
Stato richiamato dal ricorrente non sarebbe stato correttamente interpretato.
In ogni caso, le competenze rivendicate non sarebbero state dovute in base al tenore dei contratti collettivi oltre che per il contenuto della legge finanziaria 2009 – che all'articolo 2, comma 35 alla luce delle ultime disposizioni normative recate dal decreto legislativo n.150/2009 e dell'accordo interconfederale del 15 aprile 2009, avrebbe sostituito le regole definite del Protocollo sottoscritto fra Governo e parti sociali il
23/7/1993.
Infatti, la quantificazione operata dal ctu e condivisa dal
Tribunale si sarebbe fondata sull'erronea interpretazione della circolare applicativa della relativamente Controparte_2
alla indennità contrattuale 2010-2012 .
Quest'ultima circolare non avrebbe inteso in alcun modo consentire la protrazione dell'erogazione della indennità di vacanza contrattuale nascente dai contratti collettivi anteriori a quello del normativo 2006-2009 economico 2008/2009 nonostante e posteriormente all'intervento di tale contratto, come si sarebbe potuto ricavare dalle previsioni del contratto collettivo che disponevano (art.6 del CCNL -parte economica
2008/2009) che il nuovo trattamento economico, sostituendosi
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al precedente accresciuto dall'indennità di vacanza operante per il tempo in cui il rinnovo contrattuale non era intervenuto dopo la scadenza della precedente contrattazione, era inclusivo di tale voce.
Il senso sarebbe stato reso palese dagli stessi chiarimenti forniti dalla Ragioneria che avrebbe riaffermato: “Gli incrementi di cui al comma 1 comprendono ed assorbono
l'indennità di vacanza contrattuale per il biennio 2008-2009, qualora corrisposta ai sensi dell'art2, comma” .
Inoltre, anche alla luce della ratio legis dell'attribuzione patrimoniale e del tenore della legge finanziaria del 2009, il primo giudice non avrebbe potuto accogliere la domanda .
In relazione all'ulteriore domanda concernente le differenze traenti titolo dall'indennità di divisa, l'appellante ha evidenziato che l'accoglimento è avvenuto nonostante i presupposti normativi e giurisprudenziali richiedessero la indagine circa la permanenza del lavoratore oltre il normale orario di servizio al fine della corresponsione della indennità.
A tal proposito, il ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare che il tempo dedicato ad indossare e a dismettere la divisa si fosse collocato al di fuori del tempo di lavoro retribuito dal datore di lavoro, mentre viceversa tale onere non sarebbe stato assolto.
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Nessuna allegazione e prova sarebbe stata compiuta dal lavoratore sulla necessità che gli abiti da lavoro fossero indossati prima della timbratura o della firma in entrata e che dovessero essere dismessi dopo la timbratura o la firma in uscita.
Il regolamento aziendale dedotto a sostegno della domanda ed esaminato dal Tribunale sarebbe stato contestato dall'azienda in quanto mai deliberato e comunque in estrema ipotesi disciplinante solo per il periodo successivo al 2017.
Anche in base al nuovo CCNL 2016-2018 la prova sarebbe stata decisiva essendo previsto all'art. 27 che, quando le operazioni di vestizione e svestizione debbano avvenire
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