Corte d'Appello Catania, sentenza 03/01/2025, n. 4
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI CATANIA
Seconda Sezione Civile
La Corte, composta dai signori magistrati
Dr Giovanni Dipietro Presidente
Dr.ssa Maria Stella Arena Consigliere rel. est.
Dr Massimo Lo Truglio Consigliere
Ha emesso la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di appello iscritta al n. 964/2023 R.G., avente ad oggetto:
“Ripetizione di indebito”, promossa: da
ORTOGEL S.p.a., , in persona del legale rappresentante pro-tempore Vincenzo
RI (P. IVA 00678650870),
elett.te dom.ta in Catania, Via Genova n. 49, presso lo studio dell'Avv. Barbara
Corsaro Boccadifuoco, del Foro di Catania, che la rappresenta e difende giusta procura in atti;
APPELLANTE nei confronti di
1 SO EN s.p.a. con sede in Milano, Foro Buonaparte 31, C.F. e P. IVA
08526440154, in persona dell'Amministratore delegato e legale rappresentante
p.t.,
rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Patron, giusta procura in atti;
APPELLATA
****************
Nell'udienza di discussione orale del 19.11.2024 la causa veniva posta in decisione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 481/2023 pubblicata il 27.01.2023 (resa nel procedimento iscritto al n. 3765/2023 R.G.), il Tribunale di Catania, in composizione monocratica (adito da OR SP per la condanna di SO EN S.p.a. al pagamento, in favore della società ricorrente, della complessiva somma di euro
54.534,80, oltre IVA e interessi legali dall'esborso al soddisfo, a titolo di ripetizione di indebito, relativamente alle somme versate da quest'ultima a titolo di addizionale provinciale alle accise sull'energia elettrica per gli anni 2010 e
2011), così statuiva: “
1) rigetta le domande proposte dalla parte attrice.
2) compensa per intero le spese processuali”.
Con atto di citazione ritualmente notificato, OR SP proponeva appello avverso la menzionata sentenza, formulando due motivi di gravame.
Si costituiva in giudizio SO EN SP, e proponeva a sua volta appello incidentale fondato su due motivi – incompetenza per territorio e mancanza di rappresentanza sostanziale e processuale dell'amministratore unico di OR-
e, nel merito, deduceva l'infondatezza delle pretese attoree.
All'udienza di discussione del 19.11.2024, la causa veniva posta in decisione.
Motivi della decisione
Appello incidentale
2
Preliminarmente, va rilevato che l'appello incidentale formulato da SO
EN – che va esaminato per primo in quanto attiene a questioni pregiudiziali- appare inammissibile, atteso che la parte appellata non si è costituita tempestivamente nel rispetto dei termini di cui all'art. 166 c.p.c. così come previsto dall'art. 343 c.p.c. (la società si è costituita il 27 dicembre 2023 e, quindi, meno di venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata per il 10 gennaio 2024 nell'atto di citazione, non potendosi tener conto della data del
16.1.2024, cui l'udienza è stata rinviata d'ufficio ai sensi dell'art. 168 bis, 4° comma, c.p.c., poiché in tale ipotesi il termine di venti giorni va calcolato comunque dall'udienza fissata in citazione e non da quella di effettivo e differito svolgimento).
Tuttavia, a prescindere dalla necessità di un appello incidentale, ritiene la Corte di dover comunque esaminare l'eccezione relativa al difetto di rappresentanza sostanziale e processuale dell'amministratore unico di OR in quanto attiene alle condizioni dell'azione e alla regolare instaurazione del rapporto processuale.
Eccepisce in particolare l'appellata che, essendo la società OR in concordato preventivo con conseguente nomina di un commissario giudiziale, la rappresentanza spetterebbe a quest'ultimo.
L'eccezione non è fondata.
Ed invero, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, “il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno «spossessamento attenuato», in quanto conserva, oltre ovviamente alla proprietà (come nel fallimento),
l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all'esecuzione del concordato. In particolare, nel concordato con cessione dei beni, la legittimazione a disporne viene attribuita al commissario liquidatore, che agisce in una veste generalmente qualificata come di mandatario dei creditori, mentre il debitore in ogni caso mantiene (oltre che la proprietà dei beni) la legittimazione processuale, mancando nel concordato una previsione
3
analoga a quella dettata dall'art. 43 l. fall. per il fallimento.” (così, Cass. n.
4728/2008).
Ne consegue che "il liquidatore ha legittimazione processuale nelle sole controversie relative a questioni liquidatorie e distributive, e non anche in quelle di accertamento delle ragioni di credito e pagamento dei relativi debiti, ancorchè influenti sul riparto che segue le operazioni di liquidazione, atteso che, in queste ultime può, ove esperite nei confronti del debitore cedente, spiegare intervento senza essere litisconsorte necessario" (Cass. n. 17606 del 04/09/2015;
conf.
Cass. n. 24683 del 19/10/2017;
Cass. n. 14052 del 07/07/2015).
Appello principale
Con il primo motivo di gravame la società appellante deduce l'”erroneità del capo della sentenza appellata nella parte in cui afferma che il Giudice di uno
Stato membro dell'Unione europea, in una controversia tra privati, non può disapplicare la normativa nazionale in contrasto con quella europea – Omessa valutazione dei principi di diritto espressi in materia dalla Corte di Giustizia
Europea”.
Con il secondo connesso motivo parte appellante deduce “l'erroneità del capo della sentenza appellata nella parte in cui si afferma che il consumatore finale/acquirente di energia elettrica, per ragioni di mero diritto non legate alla posizione del Fornitore, ha legittimazione straordinaria all'esercizio dell'azione diretta nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria per il rimborso di quanto illegittimamente versato”.
Parte appellante, al riguardo, rileva che: a) secondo la giurisprudenza di legittimità, il consumatore finale dell'energia elettrica, a cui sono state addebitate le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica da parte del fornitore, può agire nei confronti di quest'ultimo con l'ordinaria azione di ripetizione di indebito;
b) l'illegittimità dell'addizionale provinciale, di cui si chiede il rimborso, è stata espressamente dichiarata dalla Corte di Giustizia dell'Unione
Europea, che, con le sentenze del 5 marzo 2015, in causa C-553/13, e del 25
4
luglio 2018, in causa C-103/17, ha affermato che le norme interne che istituiscono (come ha fatto l'art. 6, comma 2, DL 511/88) un'imposta addizionale priva di finalità specifica, si pongono in contrasto con il diritto dell'Unione e, in particolare, con la direttiva 2008/118/CE, e, pertanto, l'addizionale provinciale all'accisa è illegittima;
c) con la sentenza n. 22343/2020, la Corte di Cassazione ha, quindi, ribadito il potere del giudice nazionale di disapplicare la normativa in questione sulla scorta del principio secondo cui l'interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia UE è immediatamente applicabile nell'ordinamento interno e impone al giudice nazionale di disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che, sia pure all'esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa.
I due motivi, che saranno trattati congiuntamente, sono fondati nei limiti e per le ragioni che seguono.
Giova premettere che l'odierna appellante ha agito in giudizio al fine di ottenere la restituzione, ex art. 2033 c.c., delle somme versate in bolletta a SO
EN S.p.a. a titolo di addizionale provinciale alle accise.
L'imposta addizionale alle accise sull'energia elettrica è stata introdotta in Italia con D.lgs. 511/1988, che, all'art. 6, prevedeva espressamente: “E' istituita una addizionale all'accisa sull'energia elettrica …… nelle misure di: … c) euro 9,30 per mille kWh in favore delle province per qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di
200.000 kWh di consumo al mese.
2. Con deliberazione, da adottarsi entro i termini di approvazione del bilancio di previsione, le province possono incrementare la misura di cui al comma 1, lettera c), fino a euro 11,40 per mille
kWh.”
Successivamente, nell'anno 2008, la Comunità Europea, con direttiva n.
2008/118/CE, ha chiarito che la possibilità, per gli Stati membri UE, di poter applicare ai prodotti già sottoposti ad accisa (tra cui l'energia elettrica), altre imposte indirette, come, ad esempio, l'addizionale provinciale alle accise
5
sull'energia elettrica, doveva essere subordinata al rispetto di alcune condizioni, tra cui il perseguimento di una finalità specifica che non sia di puro bilancio.
Tale direttiva comunitaria è stata recepita dallo Stato italiano con D. Lgs. 29 marzo 2010 n. 48, che ha modificato numerose disposizioni del D. Lgs.
504/1995 (TU delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative) a far data dal 1° aprile 2010.
Ritenendo l'addizionale all'accisa sull'energia elettrica in contrasto con la direttiva n. 2008/118/CE, la Commissione europea ha avviato nel 2011 una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, sicché lo Stato italiano, al fine di evitare provvedimenti sanzionatori, con D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44, ha abrogato l'art. 6 del D. Lgs.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI CATANIA
Seconda Sezione Civile
La Corte, composta dai signori magistrati
Dr Giovanni Dipietro Presidente
Dr.ssa Maria Stella Arena Consigliere rel. est.
Dr Massimo Lo Truglio Consigliere
Ha emesso la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di appello iscritta al n. 964/2023 R.G., avente ad oggetto:
“Ripetizione di indebito”, promossa: da
ORTOGEL S.p.a., , in persona del legale rappresentante pro-tempore Vincenzo
RI (P. IVA 00678650870),
elett.te dom.ta in Catania, Via Genova n. 49, presso lo studio dell'Avv. Barbara
Corsaro Boccadifuoco, del Foro di Catania, che la rappresenta e difende giusta procura in atti;
APPELLANTE nei confronti di
1 SO EN s.p.a. con sede in Milano, Foro Buonaparte 31, C.F. e P. IVA
08526440154, in persona dell'Amministratore delegato e legale rappresentante
p.t.,
rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Patron, giusta procura in atti;
APPELLATA
****************
Nell'udienza di discussione orale del 19.11.2024 la causa veniva posta in decisione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 481/2023 pubblicata il 27.01.2023 (resa nel procedimento iscritto al n. 3765/2023 R.G.), il Tribunale di Catania, in composizione monocratica (adito da OR SP per la condanna di SO EN S.p.a. al pagamento, in favore della società ricorrente, della complessiva somma di euro
54.534,80, oltre IVA e interessi legali dall'esborso al soddisfo, a titolo di ripetizione di indebito, relativamente alle somme versate da quest'ultima a titolo di addizionale provinciale alle accise sull'energia elettrica per gli anni 2010 e
2011), così statuiva: “
1) rigetta le domande proposte dalla parte attrice.
2) compensa per intero le spese processuali”.
Con atto di citazione ritualmente notificato, OR SP proponeva appello avverso la menzionata sentenza, formulando due motivi di gravame.
Si costituiva in giudizio SO EN SP, e proponeva a sua volta appello incidentale fondato su due motivi – incompetenza per territorio e mancanza di rappresentanza sostanziale e processuale dell'amministratore unico di OR-
e, nel merito, deduceva l'infondatezza delle pretese attoree.
All'udienza di discussione del 19.11.2024, la causa veniva posta in decisione.
Motivi della decisione
Appello incidentale
2
Preliminarmente, va rilevato che l'appello incidentale formulato da SO
EN – che va esaminato per primo in quanto attiene a questioni pregiudiziali- appare inammissibile, atteso che la parte appellata non si è costituita tempestivamente nel rispetto dei termini di cui all'art. 166 c.p.c. così come previsto dall'art. 343 c.p.c. (la società si è costituita il 27 dicembre 2023 e, quindi, meno di venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata per il 10 gennaio 2024 nell'atto di citazione, non potendosi tener conto della data del
16.1.2024, cui l'udienza è stata rinviata d'ufficio ai sensi dell'art. 168 bis, 4° comma, c.p.c., poiché in tale ipotesi il termine di venti giorni va calcolato comunque dall'udienza fissata in citazione e non da quella di effettivo e differito svolgimento).
Tuttavia, a prescindere dalla necessità di un appello incidentale, ritiene la Corte di dover comunque esaminare l'eccezione relativa al difetto di rappresentanza sostanziale e processuale dell'amministratore unico di OR in quanto attiene alle condizioni dell'azione e alla regolare instaurazione del rapporto processuale.
Eccepisce in particolare l'appellata che, essendo la società OR in concordato preventivo con conseguente nomina di un commissario giudiziale, la rappresentanza spetterebbe a quest'ultimo.
L'eccezione non è fondata.
Ed invero, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, “il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno «spossessamento attenuato», in quanto conserva, oltre ovviamente alla proprietà (come nel fallimento),
l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all'esecuzione del concordato. In particolare, nel concordato con cessione dei beni, la legittimazione a disporne viene attribuita al commissario liquidatore, che agisce in una veste generalmente qualificata come di mandatario dei creditori, mentre il debitore in ogni caso mantiene (oltre che la proprietà dei beni) la legittimazione processuale, mancando nel concordato una previsione
3
analoga a quella dettata dall'art. 43 l. fall. per il fallimento.” (così, Cass. n.
4728/2008).
Ne consegue che "il liquidatore ha legittimazione processuale nelle sole controversie relative a questioni liquidatorie e distributive, e non anche in quelle di accertamento delle ragioni di credito e pagamento dei relativi debiti, ancorchè influenti sul riparto che segue le operazioni di liquidazione, atteso che, in queste ultime può, ove esperite nei confronti del debitore cedente, spiegare intervento senza essere litisconsorte necessario" (Cass. n. 17606 del 04/09/2015;
conf.
Cass. n. 24683 del 19/10/2017;
Cass. n. 14052 del 07/07/2015).
Appello principale
Con il primo motivo di gravame la società appellante deduce l'”erroneità del capo della sentenza appellata nella parte in cui afferma che il Giudice di uno
Stato membro dell'Unione europea, in una controversia tra privati, non può disapplicare la normativa nazionale in contrasto con quella europea – Omessa valutazione dei principi di diritto espressi in materia dalla Corte di Giustizia
Europea”.
Con il secondo connesso motivo parte appellante deduce “l'erroneità del capo della sentenza appellata nella parte in cui si afferma che il consumatore finale/acquirente di energia elettrica, per ragioni di mero diritto non legate alla posizione del Fornitore, ha legittimazione straordinaria all'esercizio dell'azione diretta nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria per il rimborso di quanto illegittimamente versato”.
Parte appellante, al riguardo, rileva che: a) secondo la giurisprudenza di legittimità, il consumatore finale dell'energia elettrica, a cui sono state addebitate le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica da parte del fornitore, può agire nei confronti di quest'ultimo con l'ordinaria azione di ripetizione di indebito;
b) l'illegittimità dell'addizionale provinciale, di cui si chiede il rimborso, è stata espressamente dichiarata dalla Corte di Giustizia dell'Unione
Europea, che, con le sentenze del 5 marzo 2015, in causa C-553/13, e del 25
4
luglio 2018, in causa C-103/17, ha affermato che le norme interne che istituiscono (come ha fatto l'art. 6, comma 2, DL 511/88) un'imposta addizionale priva di finalità specifica, si pongono in contrasto con il diritto dell'Unione e, in particolare, con la direttiva 2008/118/CE, e, pertanto, l'addizionale provinciale all'accisa è illegittima;
c) con la sentenza n. 22343/2020, la Corte di Cassazione ha, quindi, ribadito il potere del giudice nazionale di disapplicare la normativa in questione sulla scorta del principio secondo cui l'interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia UE è immediatamente applicabile nell'ordinamento interno e impone al giudice nazionale di disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che, sia pure all'esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa.
I due motivi, che saranno trattati congiuntamente, sono fondati nei limiti e per le ragioni che seguono.
Giova premettere che l'odierna appellante ha agito in giudizio al fine di ottenere la restituzione, ex art. 2033 c.c., delle somme versate in bolletta a SO
EN S.p.a. a titolo di addizionale provinciale alle accise.
L'imposta addizionale alle accise sull'energia elettrica è stata introdotta in Italia con D.lgs. 511/1988, che, all'art. 6, prevedeva espressamente: “E' istituita una addizionale all'accisa sull'energia elettrica …… nelle misure di: … c) euro 9,30 per mille kWh in favore delle province per qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di
200.000 kWh di consumo al mese.
2. Con deliberazione, da adottarsi entro i termini di approvazione del bilancio di previsione, le province possono incrementare la misura di cui al comma 1, lettera c), fino a euro 11,40 per mille
kWh.”
Successivamente, nell'anno 2008, la Comunità Europea, con direttiva n.
2008/118/CE, ha chiarito che la possibilità, per gli Stati membri UE, di poter applicare ai prodotti già sottoposti ad accisa (tra cui l'energia elettrica), altre imposte indirette, come, ad esempio, l'addizionale provinciale alle accise
5
sull'energia elettrica, doveva essere subordinata al rispetto di alcune condizioni, tra cui il perseguimento di una finalità specifica che non sia di puro bilancio.
Tale direttiva comunitaria è stata recepita dallo Stato italiano con D. Lgs. 29 marzo 2010 n. 48, che ha modificato numerose disposizioni del D. Lgs.
504/1995 (TU delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative) a far data dal 1° aprile 2010.
Ritenendo l'addizionale all'accisa sull'energia elettrica in contrasto con la direttiva n. 2008/118/CE, la Commissione europea ha avviato nel 2011 una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, sicché lo Stato italiano, al fine di evitare provvedimenti sanzionatori, con D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44, ha abrogato l'art. 6 del D. Lgs.
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