Corte d'Appello Milano, sentenza 27/02/2024, n. 182

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Milano, sentenza 27/02/2024, n. 182
Giurisdizione : Corte d'Appello Milano
Numero : 182
Data del deposito : 27 febbraio 2024

Testo completo

SENTENZA N. 182/2024
N. R.G. 1278/2023 Appello Lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d'Appello di Milano, sezione lavoro, composta da:
Dott.ssa B PLI Presidente
Dott. G C Consigliere
Dott.ssa G L Giudice Ausil. Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile, in grado di appello, iscritta al n. R.G. 1278/2023, avverso la sentenza n.
2084/2023, del Tribunale di Milano, Dott.ssa C C, promossa da:
(C.F. e P.IVA ), in persona del legale rappresentante pro- Parte_1 P.IVA_1
tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti P I, L M D e L
M, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei propri difensori in Milano, Via
Mascheroni n. 31
APPELLANTE
C/
(C.F: ), rappresentata e difesa dall'Avv. Controparte_1 C.F._1
C E M ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. R A
sito in Milano, via Podgora, 4 pagina 1 di 31


APPELLATA
I procuratori delle parti, come sopra costituiti, così precisavano le
CONCLUSIONI
PER L'APPELLANTE
In riforma della sentenza n. 2084/2023 del Tribunale di Milano,


1. revocare e/o annullare il decreto ingiuntivo opposto nel primo grado di questo giudizio;



2. rigettare comunque tutte le domande ex adverso proposte in sede monitoria e/o nella
successiva fase di opposizione per tutti i motivi in narrativa, dichiarando in ogni caso che
[...]
non è tenuta a effettuare i pagamenti richiesti dalla , ovvero in Parte_1 Parte_2
subordine ridurre il quantum richiesto in via monitoria e/o nella successiva fase di opposizione
dalla nella misura ritenuta di giustizia;
Parte_2


3. con vittoria di spese, diritti e onorari di entrambi i gradi di giudizio.
PER L'APPELLATA


1.Rigettare l'avverso atto di appello siccome del tutto infondato e privo di pregio,
confermando in toto la sentenza gravata.


2.Condannare alla rifusione di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi di Parte_1
giudizio, con attribuzione al sottoscritto procuratore antistatario.
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 2084/23, decidendo sull'opposizione a Decreto
Ingiuntivo proposto da nei confronti di , ha così disposto:” il Parte_1 Controparte_1
Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, rigetta l'opposizione. pagina 2 di 31
Condanna alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € Parte_1
1.500,00 oltre spese generali e accessori come per legge, da distrarsi in favore dei
procuratori costituiti.
Sentenza provvisoriamente esecutiva”.
In motivazione il primo Giudice ha ritenuto del tutto irrilevanti i fatti successivi, ivi compresa
l'accettazione della riammissione presso a far data da aprile 2023, a Organizzazione_1
seguito della rinunzia formalizzata da all'appello avverso la sentenza Parte_1
Tribunale di Napoli del 10 luglio 2019, n. 5129;
peraltro, la riammissione in servizio presso
risulta accettata da “senza alcuna acquiescenza Organizzazione_1 Controparte_1
rispetto alla pretesa titolarità del rapporto di lavoro in capo a unicamente al fine di Org_1
garantire la propria sussistenza” e con la precisazione che la cessionaria “sarà riconosciuta
unicamente quale datore di lavoro di mero fatto, e solo in attesa che si Parte_1
decida finalmente a dare corso al comando giudiziale impartitole e ormai definitivo,
ricostituendo l'unico rapporto di lavoro giuridicamente esistente” (cfr. doc. 25, fascicolo
opponente, e produzione di parte opposta del 29 maggio 2023).
Avverso detta decisione ha interposto appello formulando quattro motivi. Controparte_2
Primo motivo di appello:
IN VIA PRELIMINARE E ASSORBENTE


1. Primo motivo di appello: l'erroneità della sentenza impugnata per aver respinto
Par l'eccezione/argomentazione formulata da nel primo grado di questo giudizio di radicale
inaccoglibilità delle pretese creditorie avversarie, perché relative al periodo successivo al 31
agosto 2021:
pagina 3 di 31
Par L'appellante riafferma le allegazioni già svolte in primo grado, ovvero che aveva attivato
uno spin-off societario mediante la scissione delle unità di business a livello globale relative al
confluite nella nuova multinazionale indipendente Organizzazione_2
quotata alla Borsa di New York: tale operazione era stata preceduta per la Org_1 Parte_1
dalla procedura prevista dall'art. 47 L. n. 428/1990, conclusasi con accordo sindacale del
[...]
21.6.2021, approvato con un referendum interno con il voto favorevole di circa l'80% dei
lavoratori.
In tale operazione di scissione e conferimento a erano compresi anche oltre mille Org_1
Par rapporti di lavoro ricostituiti in precedenza ope iudicis in capo ad a seguito della
declaratoria di invalidità della cessione del ramo di azienda a da parte di varie Corti CP_3
italiane, essendo ubentrata in tutti gli obblighi derivanti dalle pronunce giudiziali. Org_1
Aggiunge l'appellante che ra anche subentrata nel contratto di appalto intercorso fra Org_1
Par
e a far data dal 1.9.2021. CP_3
La società appellante contesta la sentenza nella parte in cui rigetta l'eccezione di
Par legittimazione passiva di sulla domanda monitoria, affermando che l'atto di scissione
societaria è certamente esistente rispecchiando un fatto ed un atto rientrante in uno schema
negoziale tipico.
Inoltre, l'appellante ha dedotto che l'onere di provare il soggetto passivo della propria pretesa
creditoria incombeva sulla lavoratrice e non sulla società opponente non potendosi, peraltro,
sostenere l'esclusione della posizione della appellata dalla scissione a cui, comunque, si
devono riconoscere gli stessi effetti di cui all'articolo 2112 c.c.
pagina 4 di 31
Tale operazione è efficace nei confronti della parte appellata, in quanto il rapporto di lavoro
ricostituito giudizialmente ha piena effettività anche se di fatto il datore di lavoro non l'abbia
ripristinato.
Nel caso in esame il rapporto di lavoro dell'appellata era ricompreso nel compendio aziendale
Org Orga
nel quale erano confluiti il ramo – già ceduto a – come indicato negli allegati CP_3
A e B all'atto di scissione societaria mediante il codice identificativo aziendale della stessa
parte appellata.
Né l'appellante ritiene necessaria l'iscrizione al LUL della stessa parte appellata dopo la
sentenza di ripristino del rapporto di lavoro ceduto, in quanto l'effetto giuridico di ripristino del
rapporto si era automaticamente verificato, non rilevando a tali fini il mero aspetto
amministrativo/formale di iscrizione al LUL.
Quindi, l'atto di scissione e conferimento aveva determinato la cessione a della Org_1
Orga Org divisione nella quale operava il ramo d'azienda , ad eccezione del settore di attività
Parte
.
La società appellante deduce, inoltre, che la parte appellata non ha mai impugnato ai sensi
Par dell'art. 32 L. n. 183/2010 la cessione del rapporto di lavoro operata da mediante la
scissione societaria e conseguente cessione del ramo scisso a Org_1
Sostiene l'appellante che il termine di decadenza dell'impugnazione decorre dalla data del
trasferimento e che non vi era alcun obbligo di comunicazione specifica al singolo lavoratore
del trasferimento, avvenuta peraltro con la consultazione ex art. 47 L. n. 428/1990.
L'appellante conclude sul punto chiedendo in via preliminare ed assorbente la riforma della
sentenza, e in accoglimento dell'eccezione/argomentazione principale svolta dalla Società nel
pagina 5 di 31
primo grado di questo giudizio, voglia riconoscere l'inammissibilità, o comunque respingere,
tutte le pretese creditorie avversarie oggetto del presente giudizio.
SECONDO MOTIVO DI APPELLO: L'erroneità della sentenza impugnata per avere
Pa qualificato in termini di creditore moroso e comunque per avere ritenuto che dall'asserita
Par condizione di mora credendi di sarebbe derivato il diritto della lavoratrice a percepire
l'intera controprestazione retributiva (in subordine possibili profili di illegittimità costituzionale
delle norme di riferimento per come interpretate dall'orientamento giurisprudenziale fatto
proprio dalla sentenza impugnata)
Par L'appellante sostiene che non si possa ritenere valida ed efficace la costituzione in mora
di quel lavoratore che, offrendo la propria prestazione a un datore di lavoro, al contempo
mantenga un distinto rapporto lavorativo con un altro datore. La messa in mora è funzionale
alla richiesta di adempimento (ex art. 1453 c.c.), ragion per cui nel momento stesso in cui
questa viene formulata il lavoratore dovrebbe avere già esercitato la sua scelta. In definitiva la
richiesta di adempimento presuppone necessariamente che, nel momento in cui questa viene
formulata, chi la formula sia concretamente e immediatamente nelle condizioni di adempiere.
Ma nel caso di specie la lavoratrice, nel momento in cui ha offerto la propria prestazione
Par lavorativa a si trovava alle dipendenze di un altro imprenditore. Dunque, nella fattispecie
ella si trovava (e si trova tutt'oggi) nell'impossibilità di adempiere alla propria prestazione nei
Par confronti di ove da questa richiamata immediatamente in servizio.
In relazione a tale profilo, l'appellante chiede alla Corte di sollevare questione di legittimità
costituzionale degli artt. 1206, 1207,1208, 1217, 1256, 2043, 2094 e 2099 c.c., per come
interpretati dalla giurisprudenza di cassazione più recente, in relazione agli artt. 3 e 36 Cost.
pagina 6 di 31
TERZO MOTIVO DI APPELLO: Ulteriori profili di erroneità della sentenza di primo grado per
Par avere escluso qualsiasi effetto liberatorio per l'ex cedente delle retribuzioni pacificamente
versate dall'ex cessionario alla lavoratrice (in subordine possibili profili di illegittimità
costituzionale delle norme di riferimento per come interpretate dall'orientamento
giurisprudenziale fatto proprio dalla sentenza impugnata)
L'appellante ritiene non condivisibile l'opzione ermeneutica fatta propria dal primo Giudice,
secondo cui alla configurazione in termini retributivi dell'obbligazione in capo al datore di
lavoro non ottemperante all'ordine di riammissione in servizio, come da Cass. SSUU n.
2990/2018, dovrebbe conseguire l'irrilevanza a fini liberatori dei pagamenti effettuati a titolo
retributivo dal cessionario. L'appellante lamenta quindi l'erroneità della decisione impugnata
per avere ritenuto sussistente il diritto rivendicato;
ciò alla luce dei principi generali in tema di
adempimento del terzo, aventi valenza generale, e che dunque secondo l'appellante devono
applicarsi anche al caso di cui si discute. Nell'ottica del gravame, opinare diversamente
significherebbe sancire un'esplicita disparità di trattamento tra situazioni del tutto assimilabili,
vale a dire la cessione di azienda, da un lato, e, dall'altro, l'appalto illecito e la
somministrazione di lavoro, in cui per espressa disposizione di legge i pagamenti retributivi e
previdenziali eseguiti dall'appaltatore e dal somministratore valgono a liberare l'effettivo
utilizzatore della prestazione.
Un ulteriore elemento non esaminato dal Tribunale è che le sentenze della Corte di
Cassazione del luglio 2019 non si sono pronunciate sulla perdurante validità ed efficacia del
contratto commerciale di cessione di azienda, nonché sul parallelo contratto di appalto per la
fornitura di servizi al cedente stesso, nel cui contesto il cessionario ha impiegato il lavoratore.
L'appellante, sulla base di tale rilievo, si ricollega anche sistematicamente all'art. 29, comma
pagina 7 di 31
2 D. Lgs. n. 276/2003, che stabilisce l'efficacia liberatoria della retribuzione pagata
dall'appaltatore in caso di appalti irregolari. Non è mai stato contestato, infatti, che dal
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