Corte d'Appello Roma, sentenza 04/01/2025, n. 38
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI ROMA SEZIONE SECONDA SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA così composta: dr. Benedetta Thellung de Courtelary presidente relatore dr. Marina Tucci consigliere dr. Maria Delle Donne consigliere riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in grado d'appello iscritta al numero 3063 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2019, posta in decisione all'udienza del giorno 25.11.2024 e vertente TRA ER IA, C.F. [...]con gli avvocati Riccardo Fiorentini ed Ernesto Pitorri PARTE APPELLANTE E
SINO ITALIAN SERVICE AGENCY S.R.L., (cancellata) PARTE APPELLATA contumace E REAL ESTATE AND CHARTER SRL UNIPERSONALE, C.F. 08279951001 con l'avvocato Simona D'Alò PARTE INTERVENUTA ex art. 111 c.p.c.
OGGETTO: appello avverso la sentenza non definitiva del Tribunale di Roma n. 705 del 14.1.2015 e avverso la sentenza definitiva del Tribunale di Roma n. 4399 del 26 febbraio 2019. FATTO E DIRITTO
§ 1. — Con atto di citazione la IN Italian Service Agency S.r.l., conveniva dinanzi al Tribunale di Roma AM RR per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, contrariis rejectis: nel merito: accertare e
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“Sinergie di AM RR”;
per l'effetto condannare il Sig. AM RR, in proprio e/o nella qualità di titolare dell'impresa individuale “Sinergie di AM RR” al risarcimento dei danni subiti e subendi dalla IN Italian Service Agency s.r.l. unipers, che si quantificano in una somma complessivamente non inferiore a € 260.000,00 (duecentosessantamila), o nella diversa maggiore o minore somma che emergerà all'esito della esperenda istruttoria e/o che sarà ritenuta di giustizia e/o determinata anche in via equitativa;
sempre nel merito: ordinare, ai sensi dell'art. 126 del D. Lgs. 10 febbraio 2005 n.30, la pubblicazione del dispositivo della sentenza, per due giorni consecutivi, con caratteri doppi, su almeno due quotidiani a rilevanza nazionale ed almeno due riviste specializzate di settore, a cura di IN Italian Service Agency s.r.l. unipers, e a spese del soccombente;
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.” Si costituiva AM RR il quale contestava quanto ex adverso dedotto rassegnava le seguenti conclusioni: “voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, e per tutte le causali indicate in premessa, con l'adozione di ogni relativo e consequenziale provvedimento di legge:1) in via pregiudiziale e/o preliminare, accertare e dichiarare la propria incompetenza funzionale, per essere competente il tribunale civile di Roma, in funzione del giudice del lavoro, con l'adozione di ogni connesso e conseguente provvedimento di legge;2) in via preliminare, accertare e dichiarare, per i motivi suesposti l'improcedibilità della domanda stante il mancato esperimento del tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 410 c.p.c.;3) in via principale: a) per tutti i motivi esposti nel paragrafo c) disporre lo stralcio di tutta la documentazione in lingua originale depositata da parte attrice, stante il contenuto e la provenienza incerti;
b) rigettare tutte le domande attoree, in quanto infondate in fatto ed in diritto per tutti i motivi suesposti.” Esperita l'attività istruttoria, mediante l'escussione di testi e produzione documentale, all'udienza del 28 maggio 2014 le parti precisavano le conclusioni ed il Giudice tratteneva la causa in
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decisione concedendo i termini di legge per lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Con sentenza parziale-non definitiva n. 705/2015 del 13.01.2015 il Tribunale di Roma così decideva: “accerta il comportamento sleale del convenuto ai danni della attrice, 2: Dispone con ordinanza separata quanto alla prosecuzione del giudizio”. Il Tribunale, per quanto interessa il presente giudizio di appello, ha coì motivato: Ricostruzione del fatto di parte attrice La società attrice fornisce servizi alle imprese tessili e di moda italiane che intendono procurarsi manifattura in Cina.
In particolare, la IN tiene i contatti tra alcune società italiane e quelle cinesi nel senso di impartire a queste ultime le istruzioni necessarie per realizzare il prodotto seguendo dunque l'intero ciclo dalla commissione alla realizzazione. Non si tratta di attività di sola mediazione volta a mettere in contatto il committente italiano con il produttore cinese, quanto piuttosto di istruire quest'ultimo perché realizzi un prodotto finito che sia gradito al committente, insegnando al fornitore i criteri della moda italiana. La IN ha sviluppato all'uopo dei software utili proprio per istruire i cinesi nel confezionamento del capo finale.
In particolare, la IN aveva due clienti italiani, la IR GR, e la YC
US, mentre i più importanti fornitori cinesi sono stati la ZZ e la
PA. Il 20.9.2006 IN ha sottoscritto un contrato di collaborazione, meglio un contratto di lavoro a progetto, con il convenuto, AM RR, con scadenza al 19.3.2008, prorogato però fino al 18.9.2009, finalizzato alla realizzazione di capi di moda cinese da esportare in Italia.
Il 9.3.2009, il RR ha dato però le dimissioni.
Poco dopo la società attrice ha avuto conoscenza del fatto che il RR ha agito per proprio conto, stipulando contratti con i fornitori cinesi clienti della attrice, e sostituendosi a questa nei rapporti con i committenti italiani.
In sostanza secondo l'attrice il RR avrebbe sottratto la clientela alla IN, tanto è vero che i committenti italiani hanno da lì a poco disdetto gli incarichi alla IN ed hanno invece preso a lavorare con il RR.
Quest'ultimo, secondo la società attrice, ha peraltro fatto copia dai computer dell'ufficio di tutti i software utilizzati per le istruzioni da dare ai clienti cinesi, con i modelli che questi avrebbero dovuto realizzare, nonché dei files relativi ai rapporti con i clienti, in sostanza del know how creato con il lavoro degli anni precedenti, ed in particolare delle schede tecniche, delle indagini di mercato e dei modelli da realizzare.
La società attrice assume dunque una condotta di concorrenza sleale da parte dell'ex dipendente, consistente nell'avere copiato i file necessari a consentire ai cinesi di realizzare i prodotti secondo i desideri dei committenti italiani, e nell'avere poi sviato i fornitori cinesi, mettendosi a trattare con loro e concludendo per suo conto contratti con i committenti italiani fino ad allora clienti della società attrice.
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Quest'ultima dunque denuncia una condotta di concorrenza sleale e chiede il risarcimento dei danni, consistenti nella perdita di fatturato e di guadagni conseguente alla sottrazione dei clienti.
Ricostruzione del fatto parte convenuta
Il RR si è costituito ed ha eccepito innanzitutto l'incompetenza per materia, posto che la causa spetterebbe al giudice del lavoro, per via dell'assunta violazione degli obblighi inerenti a quel tipo di rapporto;
ha poi eccepito la irrilevanza dei documenti prodotti in quanto scritti in cinese;
ha sostenuto di non avere copiato alcun segreto commerciale, dal momento che
l'accesso ai software era libero e consentito a tutti i dipendenti;
di non aver commesso alcun illecito di concorrenza sleale poiché le condotte che gli sono attribuite sarebbero state tutte compiute dopo la cessazione del rapporto di lavoro, mentre il divieto di concorrenza sleale presuppone la costanza del rapporto.
Fondatezza della domanda attrice quanto alla violazione ex art. 2598 c.c.
Il fatto è provato. Innanzitutto i documenti a sostegno della tesi attrice non sono soltanto quelli in cinese, ma alcuni altri in lingua italiana, e tra questi le stesse mail inviate dal RR ai committenti ed ad alcuni responsabili della società attrice.
Per il vero il convenuto non contesta di avere intrapreso rapporti con i fornitori cinesi e con i committenti italiani, ossia di avere operato in quei rapporti commerciali che fino alle sue dimissioni erano gestiti dalla società per cui lavorava. Egli piuttosto nega che tale condotta possa essere ritenuta di concorrenza sleale, per i motivi che abbiamo visto e che sono però infondati.
In primo luogo egli assume che, se posti in essere dall'ex dipendente, quei comportamenti non possono considerarsi illeciti, poiché la norma (art. 2105
c.c.) prevede un divieto di concorrenza limitato alla durata del rapporto di lavoro.
Questa tesi è suggestiva, ma fuorviante. Infatti, la società attrice non contesta al convenuto la violazione dell'obbligo di fedeltà, che il lavoratore deve rispettare durante il rapporto di lavoro. Piuttosto la società attrice contesta ad un soggetto, non più lavoratore e dunque non più soggetto all'obbligo di fedeltà, di avere comunque adottato comportamenti di concorrenza sleale nei confronti dell'ex datore di lavoro.
Peraltro anche se si trattasse di un comportamento di slealtà differito, ossia posto in essere dopo la cessazione del rapporto, ma fidando nelle conoscenze acquisite prima, resterebbe la valutazione di illiceità. Infatti, non basta replicare che il convenuto non era più vincolato dall'obbligo di fedeltà, e che dunque era libero di avviare iniziative economiche concorrenti con l'ex datore di lavoro.
Infatti, innanzitutto, l'ex dipendente non può adottare, nella sua nuova attività, condotte parassitarie, ossia sfruttare le conoscenze del datore di lavoro per avviare l'attività propria. E tale divieto opera in generale: "In materia di concorrenza, nel momento in cui l'ex dipendente utilizzi la professionalità acquisita alle dipendenze di altro imprenditore si rendono applicabili le regole della correttezza professionale, che rinviano