Corte d'Appello Roma, sentenza 27/11/2024, n. 7416
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
SECONDA SEZIONE CIVILE
SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
Composta dai Sigg.ri Magistrati
Dott. Gianna Maria Zannella Presidente
Dott. Camillo MAndini Consigliere
Dott. Maria Delle Donne Consigliere rel.
riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 3583 del registro generale degli affari contenziosi dell'anno 2020, passata in decisione all'udienza cartolare del 26 novembre 2024 e vertente tra
TRA
SA CC (C.F. [...]), rappresentato e difeso, per procura in atti, dall'Avv. Marina Wongher;
APPELLANTE
E PE CA S.p.A (C.F.: 01153230360) - quale incorporante per fusione della Cassa di Risparmio della Provincia di L'Aquila S.p.A. - rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Francesco Astone, prof.
Andrea Zoppini, Massimiliano Vento, Maurizio Cervellino e Antonella Carnevali per procura in atti;
APPELLATA
FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA
§ 1 — La vicenda che ha dato origine alla lite è la seguente.
SA CC conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale Civile di MA la PE – CA
Popolare dell'Emilia MAgna Soc. Cooperativa (ora PE CA S.p.A., già IS – Cassa di
Risparmio della Provincia dell'Aquila S.p.A., di seguito PE), per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “a) accerti e dichiari la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., diretta o indiretta della CA Popolare dell'Emilia MAgna Soc. Coop., nella qualità di società incorporante
per fusione la IS – Cassa di Risparmio della Provincia dell'Aquila S.p.A. (di seguito per brevità: PE) nella causazione degli accadimenti di cui alla narrativa che precede;
b) per l'effetto, condanni la PE medesima alla rifusione dei danni patiti dal sig. SA CC, da quantificarsi nell'importo di euro 1.000.000, quanto al danno patrimoniale, e nell'importo di euro
100.000 quanto al danno extrapatrimoniale, ovvero nella diversa, maggiore o minore, somma che dovesse essere ritenuta di giustizia, in ogni caso con interessi e rivalutazione, anche ai sensi del secondo comma dell'art. 1224 cod. civ., dal giorno del dovuto fino al soddisfo”.
A fondamento di tali domande l'attore esponeva che la propria vicenda si inseriva nel caso di cronaca
“ Madoff dei Parioli” caratterizzato da una organizzazione di più persone tra le quali FR
DE e OB RE che, dismessi i ruoli di promotori finanziari in alcune note banche, avevano da anni operato mediante società anche con sede all'estero nella raccolta di investimenti presso centinaia di clienti, fino a quando il sistema non era “crollato” e molti di detti investitori avevano visto perduti i loro patrimoni investiti.
Richiamava, quindi, l'attore gli esiti dei processi penali che avevano visto condannati i due protagonisti citati – insieme ad altri – tra l'altro per truffa aggravata, deducendo di aver subito danni anche dal comportamento tenuto dalla banca convenuta che aveva accettato le girate con accredito sul conto corrente della DH Holding SA di due assegni di traenza non trasferibili da egli emessi uno su conto NI in data 20.10.08 per l'importo di Euro 300.000,00 ed uno su conto Monte dei
Paschi di Siena in data 17.2.10 per l'importo di euro 700.000,00 e precisando che l'accredito era appunto avvenuto sul conto della società ricevente da quest'ultima acceso presso IS.
Ricordato, poi, che la alla IS non era stato possibile applicare l'art. 185 C.P. – sicchè i giudici penali avevano dovuto escludere il suo coinvolgimento nelle responsabilità penali e quale responsabile civile – in quanto DE e RE (e gli altri) non erano riconducibili alla compagine della banca e che anche il procedimento penale nei confronti di tre direttori di IS si era concluso con il proscioglimento di tutti gli imputati, l'attore fondava la sua domanda sulla condotta che
IS – con riguardo sia alle operazioni di HA LD SA sia a quelle di IM NC
(entrambe titolari di conti presso la detta banca) – aveva tenuto con violazione della normativa antiriciclaggio – sia penale che amministrativa – tramite la condotta di alcuni suoi dirigenti e dipendenti, con riguardo agli obblighi di segnalazione e di collaborazione attiva che invece non erano stati adempiuti.
Proseguiva l'attore nell'illustrare il rapporto tra il “gruppo DE” – costituito da molteplici società tutte a lui riconducibili con denominazioni anche similari e ripetute – e la IS come evidenziato dall'ispezione della CA d'IT del 12.4.11, dalla verifica di funzionamento interno del 10.6.11 e dalla sentenza penale, ricostruendo nel dettaglio temporale le attività delle società del DE e le verifiche effettuate e/o omesse della banca ed evidenziando che vi erano molteplici operazioni sospette delle quali detta banca non aveva formulato alcuna segnalazione come invece era dovuto per la detta disciplina vincolante, sicchè IS avrebbe quindi attivamente cooperato coi truffatori al fine di poter attuare il loro piano illecito, mediante una falsa e fuorviante costruzione documentale atta a prevenire l'eventuale intervento dell' UIC o dell' A.G.O sul reato di abusivismo finanziario.
Concludeva, sul punto, l'attore che – ricordata l'operatività e la funzionalità del sistema denominato
“GI” ( Generatore Indici di Anomalia per Operazioni Sospette) che vi era stata una sostanziale assenza di segnalazioni di “inattesi” GI nella vicenda, con conseguente rafforzamento della tesi che il difettoso censimento dei soggetti titolari dei conti fosse premeditatamente dovuto alla
deliberata volontà di consentire alla DH (e prima ancora alla IM) di operare in assenza delle debite autorizzazioni alla raccolta del risparmio tra il pubblico. Ciò contrariamente a quanto previsto dal Decalogo della CA d'IT e dal D. Lgs. 231/07. In tal modo contravvenendo al precetto di cui al citato art. 648 bis C.P.
Illustrava, quindi, il CC l'elemento soggettivo ed il nesso causale , affermando “che qualora
IS avesse assunto i provvedimenti che le competevano per legge, anziché celare la loro abusiva attività, i truffatori non avrebbero potuto incassare gli assegni del CC e , conseguentemente non avrebbero potuto procurargli la perdita economica”, consistita nell'accreditamento alle dette società correntiste presso IS delle somme portate dai due assegni sopra indicati, utilizzati poi dai truffatori – che se ne erano appropriati - per profitto personale
e non recuperati dal CC.
Si costituiva la PE – quale incorporante la IS – resistendo a tutte le allegazioni ed alle domande attrici, formulando eccezioni anche ex art. 1227 C.C. e richiamando le svariate sentenze che in sede penale (e non solo) erano via via intervenuta sull'intera vicenda che vedeva coinvolte una molteplicità di persone offese.
§ 1.1 — Il tribunale, espletata l'istruttoria necessaria, ha respinto tutte le domande del CC, condannando quest'ultimo alla rifusione delle spese di lite.
§ 1.2 — A fondamento della decisione, il primo giudice ha ricostruito – anche alla luce delle sentenze penali acquisite agli atti – tutta la vicenda, evidenziando che i clienti (come il CC) venivano contattati da RE e De RZ quali promotori finanziari, facenti parte di una associazione a delinquere con il DE, e che venivano utilizzate più società ( HA, IM, EGP) per effettuare la raccolta dei risparmi, società non tutte abilitate all'attività di intermediazione.
Tutto ciò, afferma il primo giudice, ha funzionato dal 2000 fino al 2006 anche per il CC, mentre nel 2009 e nel 2011, sulla base di denunce dei clienti in quanto DH non forniva pià proventi, profitti e rimborsi, si era verificata una situazione di insolvenza.
Il Tribunale, quindi, ai fini della decisione riteneva rilevanti alcuni elementi: 1) le sentenze emesse in sede penale ormai definitive;
2) l'ispezione della CA d'IT del 3.11.10, terminata con la relazione del 6.4.11 relativa ai c/c accesi da dette società presso IS;
3) la sopravvenuta situazione di fallimento per EGP SPA e la liquidazione coatta amministrativa per HA;
4) la condanna di
DE in sede penale al risarcimento dei danni alle parti civili, ivi compreso il CC;
5)
l'esclusione di responsabilità della IS quale responsabile civile.
Precisava, ancora, il primo giudice che in sede penale era stata accertata la sussistenza del reato di truffa aggravata per l'importo di Euro 1.495.000,00 - in cui ricadevano anche i due assegni emessi dal CC che , però, aveva aderito allo scudo fiscale e che aveva scelto tale modalità di investimento perché consentiva rendimenti “quintuplicati” rispetto ai titoli correnti;
che il passaggio di denaro/capitale da IM a EGP aveva assoluta regolarità, che IS era stata dichiarata esente da responsabilità civile trattandosi di condotta della banca scissa da quella degli imputati, così come
i suoi direttori erano stati tutti prosciolti.
Tale ragionamento, poi, il Tribunale ha utilizzato per respingere l'eccezione di giudicato che la banca convenuta aveva formulato, precisando che l'azione ex art. 2043 C.C. si fondata su fatti costitutivi diversi rispetto a quelli esaminati in sede penale e segnatamente veniva denunciata, a fondamento
della richiesta risarcitoria ex art. 2043 C.C. , una condotta omissiva per negligenza, senza alcun effetto preclusivo pertanto di quel giudicato.
Nell'esaminare, poi, la sentenza di proscioglimento dei dipendenti della banca , il Tribunale ha rilevato che in quella sede era stata valutata la condotta colposa per le perdite finanziarie conseguenti alle frodi ma che tutti gli elementi indiziari deponevano per l'esclusione di detto comportamento colposo, considerando che gli effetti pregiudizievoli si erano già tutti verificati.
A tale proposito, il primo giudice indica nel comportamento del CC una “sprovvedutezza” notevole, considerato che si era rivolto a soggetti estranei alle due banche (NI e MP) che avevano a disposizione dei clienti (tra i quali il CC stesso) adeguati e seri uffici di consulenza titoli, sicchè il danno si era già realizzato