Corte d'Appello Ancona, sentenza 02/01/2025, n. 7

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Ancona, sentenza 02/01/2025, n. 7
Giurisdizione : Corte d'Appello Ancona
Numero : 7
Data del deposito : 2 gennaio 2025

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
Riunita in camera di consiglio e composta dai Magistrati:
Dott. Gianmichele Marcelli Presidente
Dott. Pier Giorgio Palestini Consigliere relatore
Dott. Cesare Marziali Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 370/2023RG vertente tra
TA AT (C.F. TNZPRZ73B2E290S), rappresentata e difesa dall'Avv. Alessandro Bontà
(C.F. [...]);

-parte appellante
e
AZIENDA SANITARIA TERRITORIALE DI ANCONA (AST DI ANCONA) (p. i.v.a.
02938930423) già ASUR Marche, rappresentata e difesa dall' Avv. Antonella Liberati (c.f.
[...]);

-parte appellata
Conclusioni delle parti: come da memoria di precisazione delle conclusioni.
Fatto e diritto

1. La presente motivazione, depositata con modalità telematica, è redatta in maniera sintetica secondo quanto previsto dall'art. 132 cpc, dall'art. 118 disp. att. cpc e dall' art. 19 del d.l. 83/2015 convertito con l. 132/2015 che modifica il d.l. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 221 del 17.12.2012 nonché in osservanza dei criteri di funzionalità, flessibilità, deformalizzazione dell'impianto decisorio della sentenza come delineati da Cass. SU n. 642/2015.

2.Con ricorso depositato in data 6.10.2022 AN PA formulava le seguenti conclusioni:
“Piaccia all'Ill.mo Tribunale di Ascoli Piceno, reietta ogni contraria istanza, eccezione, documentazione e difesa, emettere i seguenti provvedimenti di giustizia: - accertare e dichiarare


che il danno subito dalla signora AN sia riconducibile alla condotta imperita, negligente e imprudente dei sanitari dell'ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto del Tronto a cui va attribuito il ritardo diagnostico e terapeutico della paraparesi da mielopatia cervicale e del trauma facciale e la conseguente tetraparesi da danno midollare C5-C7 incompleta postraumatica ed esiti di trauma facciale incentrato sulla piramide nasale e, per l'effetto, condannare l'ASUR
MARCHE, Area Vasta 5, in persona del legale rappresentante pro tempore al risarcimento del danno, nelle componenti dianzi indicate in favore della ricorrente AN PA e pari a euro
1.556.049,00 oltre ad interessi e rivalutazione monetaria calcolati in 179.958,13 euro, per un totale di 1.736.007,00 euro o altra diversa domma che verrà riconosciuta in corso di causa, anche o per via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c.. - condannare, ai sensi e per gli effetti dell'art. 96 c.p.c., al risarcimento da lite temeraria ad una somma meglio vista dal giudice, per aver colpevolmente resistito, a scopo dilatorio, nella presente causa, aumentando i costi della causa per i ricorrenti”.
In data 6.3.2023 si costitutiva in giudizio la convenuta AST Ancona, la quale chiedeva: “ In via pregiudiziale e/o preliminare: - accertare e dichiarare la nullità e/o l'inesistenza della notifica del ricorso ex art. 702 bis c.p.c., con ogni conseguente effetto. - Nel merito: - rigettare integralmente la domanda di parte ricorrente, per tutte le ragioni esposte in narrativa;
- Con vittoria di spese e competenze professionali, oltre accessori di legge”.
All'udienza del 16.3.2023 le parti si riportavano ai propri scritti, insistendo nelle conclusioni ivi formulate e la causa era assunta in decisione.

3.Con il provvedimento impugnato il Tribunale (per la parte rilevante nel presente giudizio) motivava e decideva come segue
“(…)Quanto al merito della domanda attorea, la stessa non merita accoglimento per i motivi di seguito esposti.
Come noto, in tema di onere della prova in materia di responsabilità sanitaria della struttura ospedaliera, pur a fronte della natura contrattuale della citata responsabilità, è stato specificato che grava sul danneggiato/creditore l'onere di provare la sussistenza del nesso di causalità materiale tra l'inadempimento del danneggiante/debitore (del quale, in linea con i principi generali in materia di responsabilità contrattuale, è sufficiente la mera allegazione) e il danno evento patito.
Infatti, sebbene debba ritenersi superata la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, sia in tema di responsabilità contrattuale che in tema di responsabilità extracontrattuale, l'indagine volta all'accertamento del nesso di causalità deve comporsi di due distinti momenti: l'uno volto
all'accertamento del nesso di casualità materiale (tra condotta e danno c.d. evento) e l'altro volto all'accertamento della c.d. causalità giuridica (tra danno evento e danno c.d. conseguenza). In merito agli obblighi di natura professionale, deve valorizzarsi la circostanza per cui l'interesse del creditore non si risolve nella mera condotta diligente del debitore, bensì in un interesse ulteriore
(nel caso di specie, il diritto alla salute) la cui lesione determina il sorgere del c.d. danno evento: quest'ultimo, dunque, non si risolve nel mero inadempimento. In altri termini, nell'ambito della responsabilità professionale, a differenza di quanto accade nei restanti casi di responsabilità contrattuale, la causalità materiale non è assorbita dall'inadempimento (Cass., Sez. 6, Ordinanza
n. 26907 del 26/11/2020) e, conseguentemente, non è sufficiente la mera allegazione dello stesso:
l'onere della prova relativo alla causalità materiale grava sul creditore.
Sul punto, preme richiamare nota giurisprudenza secondo cui in tema di responsabilità sanitaria, il paziente è tenuto a provare, anche attraverso presunzioni, il nesso di causalità materiale tra condotta del medico in violazione delle regole di diligenza ed evento dannoso, consistente nella lesione della salute (ovvero nell'aggravamento della situazione patologica o nell'insorgenza di una nuova malattia), non essendo sufficiente la semplice allegazione dell'inadempimento del professionista;
è, invece, onere della controparte, ove il detto paziente abbia dimostrato tale nesso di causalità materiale, provare o di avere agito con la diligenza richiesta o che il suo inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile (Cass., Sez. 6, Ordinanza n. 26907 del
26/11/2020;
in precedenza cfr. anche Cass. n. 28991/2019, Cass. n. 13872/2020). La giurisprudenza, sul punto, deve essere ormai ritenuta pacifica.
Ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c., comma I, il ricorso deve contenere le indicazioni di cui al numero
5) del terzo comma dell'art. 163 c.p.c., dunque, l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali
l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione.
Nel caso in esame, l'odierna parte attrice, al fine di provare la sussistenza di nesso causale tra la condotta inadempiente del danneggiante e il danno alla salute subito, ha allegato esclusivamente una consulenza tecnica di parte: non viene prodotta alcuna ulteriore documentazione in merito, ad esempio, agli ingressi in pronto soccorso o all'intervenuta dimissione all'esito dell'operazione né, più in generale, alcuna documentazione sanitaria.
In merito al valore probatorio dalla CTP, deve ritenersi che questa non abbia alcun autonomo valore probatorio, in quanto ontologicamente volta ad avvalorare la tesi di parte (Cass., Sez. 6 - 3,
Ordinanza n. 23555 del 2019
;
sul punto si veda anche Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 33503 del
27/12/2018, secondo cui la perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento
proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non è obbligato in nessun caso
a tenerne conto).
Alla luce di quanto appena esposto, dunque, sulla base della mera CTP – peraltro contestata dalla parte convenuta sia in ordine alle valutazioni relative al nesso di causa tra condotta e danno evento sia in ordine ai danni conseguenza - e in assenza di ulteriore documentazione, non può ritenersi in alcun modo provata la sussistenza del nesso causale tra l'allegato inadempimento e il danno alla salute lamentato dalla ricorrente.
In particolare, in assenza di qualsivoglia documentazione in merito all'ingresso in pronto soccorso, al ricovero (e allo stesso intervento chirurgico) o alle dimissioni della paziente, non risulta neppure possibile ricorrere alla consulenza tecnica d'ufficio. Sul punto, non può che aderirsi alla giurisprudenza, pressoché unanime, secondo cui la consulenza tecnica d'ufficio non è infatti un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi (già) acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze
(Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12990 del 2013). Ancora, la CTU non può essere utilizzata per colmare le lacune probatorie in cui sia incorsa una delle parti o per alleggerirne l'onere probatorio. Le parti, infatti, non possono sottrarsi all'onere probatorio di cui sono gravate, ai sensi dell'art. 2697 cod.civ., e pensare di poter rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente. Il ricorso al consulente deve essere disposto non per supplire alle a carenze istruttorie delle parti o per svolgere una indagine esplorativa alla ricerca di fatti o circostanze non provati, ma per valutare tecnicamente i dati già acquisiti agli atti di causa come risultato dei mezzi di prova ammessi sulle richieste delle parti (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 19631 del 2020: in senso conforme
Cass. 06/12/2019, n. 31886;
Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12990 del 2013, già citata).
In virtù di quanto esposto, in considerazione anche dell'assenza di alcuna specifica istanza di integrazione probatoria da parte della parte ricorrente, non può che concludersi per il rigetto della domanda per mancata prova del nesso di causalità materiale tra inadempimento dell'asserito danneggiante e danno evento. Sebbene il procedimento di cui all'art. 702-bis c.p.c. risulti svincolato da ogni formalità non necessaria ai fini del contraddittorio, in assenza di ulteriori produzioni
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