Corte d'Appello Venezia, sentenza 22/02/2024, n. 81
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Testo completo
RG nr. 77/2021 Ruolo Lavoro (riunite la nr. 78/2021 e la nr. 79/2021 R.L.)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA SEZIONE LAVORO
Composta dai Signori Magistrati:
dott. G A Presidente dott. P L Consigliere dott. P T Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nelle cause riunite tutte promosse in grado di appello con ricorso depositato in data 2/2/2021 da
- C.F. - quale esercente attività Parte_1 C.F._1 imprenditoriale sotto il nome d , Parte_2 rappresentata e difesa dall'Avv. A C, del Foro di Padova, con domicilio eletto presso lo studio della stessa, sito a Padova, via Dante n. 80,
Parte appellante contro
- C.F. , Controparte_1 C.F._2
, Controparte_2 C.F._3
- C.F. , CP_3 C.F._4 difesa e rappresentata congiuntamente e disgiuntamente dall'Avv. G M del Foro di Ferrara e dall'Avv. G B del Foro di Rovigo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. G B, in Porto Tolle (RO), Via Pietro Nenni n. 19. Parte appellata
*
1 Oggetto: appello avverso le sentenze del Tribunale di Rovigo – sezione lavoro, n. 250/2020, n. 251/2020 e n. 252/2020 rispettivamente rese nei procedimenti R.G. 413/2020, R.G. 412/2020 ed R.G. 411/2020 tutte notificate in data 05.01.2021. in punto: Retribuzione.
CONCLUSIONI
Parte appellante: in RG nr. 77/2021 Ruolo Lavoro:
- La riforma integrale della sentenza n. 251/2020 del Tribunale di Rovigo, resa nel procedimento R.G. 412/2020 notificata in data 05.01.2021;
- Dichiararsi nullo e/o annullabile e/o inefficace, ovvero revocare il decreto ingiuntivo opposto, emesso dal Tribunale di Rovigo, Sezione Lavoro, del 18.02.2020, n. 59/2020, n. cron. 395/2020, R.G.CL 47/20, perché contenente pretese economiche infondate in fatto e in diritto, oltre che privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità;
- Con rifusione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio. in RG nr. 78/2021 Ruolo Lavoro:
- La riforma integrale della sentenza n. 252/2020 del Tribunale di Rovigo, resa nel procedimento R.G. 411/2020 notificata in data 05.01.2021;
- Dichiararsi nullo e/o annullabile e/o inefficace, ovvero revocare il decreto ingiuntivo opposto, emesso dal Tribunale di Rovigo, Sezione Lavoro, del 28.02.2020, n. 75/2020, n. cron. 540/2020, R.G.CL 49/20, perché contenente pretese economiche infondate in fatto e in diritto, oltre che privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità;
- Con rifusione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio. in RG nr. 79/2021 Ruolo Lavoro:
- La riforma integrale della sentenza n. 250/2020 del Tribunale di Rovigo, resa nel procedimento R.G. 413/2020 notificata in data 05.01.2021;
- Dichiararsi nullo e/o annullabile e/o inefficace, ovvero revocare il decreto ingiuntivo opposto, emesso dal Tribunale di Rovigo, Sezione Lavoro, del 17.02.2020, n. 58/2020, n. cron. 394/2020, R.G.CL 46/20, perché contenente pretese economiche infondate in fatto e in diritto, oltre che privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità;
2 - Con rifusione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio.
Parte appellata: in RG nr. 77/2021 Ruolo Lavoro:
Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello di Venezia, in funzione del Giudice del Lavoro:
- rigettare l'appello proposto da in proprio e quale titolare della ditta Parte_1 individuale nei confronti della Sig.ra Parte_2 Parte_1 Controparte_1 avverso la Sentenza n. 251/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro e per l'effetto confermare la suindicata Sentenza n. 251/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro.
Con vittoria di spese e competenze professionali del presente grado di giudizio in RG nr. 78/2021 Ruolo Lavoro:
Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello di Venezia, in funzione del Giudice del Lavoro:
- rigettare l'appello proposto da in proprio e quale titolare della ditta Parte_1 individuale nei confronti della Sig.ra Parte_2 Parte_1 [...]
avverso la Sentenza n. 252/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale CP_2 di Rovigo - Sezione Lavoro e per l'effetto confermare la suindicata Sentenza n. 252/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro.
Con vittoria di spese e competenze professionali del presente grado di giudizio in RG nr. 79/2021 Ruolo Lavoro:
Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello di Venezia, in funzione del Giudice del Lavoro:
- rigettare l'appello proposto da in proprio e quale titolare della ditta Parte_1 individuale nei confronti della Sig.ra Parte_2 Parte_1 CP_4 avverso la Sentenza n. 250/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro e per l'effetto confermare la suindicata Sentenza n. 250/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro.
- Con vittoria di spese e competenze professionali del presente grado di giudizio.
*
Svolgimento del processo e motivi della decisione
1. Le appellate tutte hanno ottenuto in proprio favore l'emissione da parte del Tribunale di Rovigo di decreto ingiuntivo. In particolare:
3 1.1. ha ottenuto l'emissione in proprio favore, da parte Controparte_1 del Tribunale di Rovigo, di decreto ingiuntivo [del 18.02.2020, n. 59/2020, n. cron. 395/2020, R.G.CL 47/20] che ha imposto alla qui appellante datrice di lavoro il pagamento delle seguenti somme:
➢ € 22.962,16 per compensi per ordinaria retribuzione, contrattualmente prevista ma non retribuita né risultante in busta paga;
➢ € 1.586,07 per TFR su ore ordinarie (quelle di cui sopra) non retribuite;
➢ € 488,20 per TFR, previsto nelle buste paga.
1.2. ha ottenuto l'emissione, da parte del Controparte_2
Tribunale di Rovigo, di decreto ingiuntivo [del 18.02.2020, n. 59/2020, n. cron. 395/2020, R.G.CL 47/20] che ha imposto alla qui ricorrente datrice di lavoro il pagamento delle seguenti somme:
➢ € 10.712,55 per compensi per ordinaria retribuzione, contrattualmente prevista ma non retribuita né risultante in busta paga;
➢ € 1.391,42 per TFR su ore ordinarie (quelle di cui sopra) non retribuite;
➢ € 739,95 a titolo di compenso per lavoro supplementare non retribuito e non risultante da busta paga;
➢ € 96,46 per TFR su ore ordinarie (quelle di cui sopra) non retribuite.
1.3. ha ottenuto l'emissione, da parte del Tribunale di CP_3
Rovigo, di decreto ingiuntivo [del 18.02.2020, n. 58/2020, n. cron. 394/2020, R.G.CL 46/20] che ha imposto alla qui ricorrente datrice di lavoro il pagamento delle seguenti somme:
➢ € 7.556,10 per compensi per ordinaria retribuzione, contrattualmente prevista ma non retribuita né risultante in busta paga;
➢ € 521,93 per TFR su ore ordinarie (quelle di cui sopra) non retribuite;
➢ € 119,19 per TFR risultante dalle buste paga;
Affermavano infatti le lavoratrici appellate avere la datrice di lavoro annotato in busta paga (e quindi remunerato) un numero di ore di lavoro ben inferiore rispetto a quello previsto contrattualmente ed effettivamente svolto su disposizione datoriale (è pacifico come le parti abbiano concordato lo svolgimento da parte dell'appellata di orario pari a 20 ore alla settimana e, per altro limitato periodo, pari a 40 ore a settimana).
4 2. Avverso il suddetto decreto ingiuntivo l'odierna appellante - Pt_1
- ha proposto il 20/7/2020 ricorsi in opposizione rilevando, quanto
[...] alla somma per compensi per ordinaria retribuzione e conseguentemente quanto alla somma maturata a titolo di TFR, avere le parti del rapporto di lavoro convenuto la riduzione dell'orario di lavoro e di avere quindi la datrice di lavoro, in virtù degli accordi verbali tra le parti intercorsi, e non avendo pertanto parte appellata effettivamente svolto alcuna ora in più rispetto a quelle risultanti delle buste paga, corrisposto alla lavoratrice quanto di spettanza.
Limitatamente alla posizione della – unica a domandare CP_2 differenze retributive da lavoro supplementare - negava l'opponente – qui appellante – lo svolgimento da parte della lavoratrice del menzionato surplus lavorativo.
3. Si costituivano in giudizio (primo grado) le lavoratrici sostenendo, con difese anche qui ribadite, la legittimità dell'azione monitoria intrapresa e riaffermando che le buste paga emesse nel corso del rapporto di lavoro riportavano un orario lavorativo inferiore a quello contrattualmente previsto ed in ogni caso effettivamente svolto.
4. Il Giudice non ammettendo alcuna istanza istruttoria (non avendo peraltro l'opponente, qui appellante, avanzato richieste istruttorie orali se non di essere ammesso alla prova testimoniale contraria sui capitoli articolati dalle lavoratrici), ha provveduto – con le sentenze in rubrica menzionate - rigettando il ricorso in opposizione e condannando il datore di lavoro al pagamento delle spese legali, ciò sul presupposto, innanzitutto, dell'assenza di prova della riduzione di orario (pur pacifico – tra le parti pure – che fosse il datore di lavoro a dover fornire la prova della riduzione dell'orario, ciò potendo comunque fare anche allegando e dimostrando vicende indicative di un intervenuto accordo anche per fatti concludenti).
Il giudice di prime cure ha poi evidenziato essere priva di rilevanza la circostanza della mancata messa in mora da parte della lavoratrice del datore di lavoro - con offerta quindi della prestazione lavorativa per l'orario contrattualmente previsto - avendo peraltro le appellate sempre allegato di avere reso la prestazione a tempo parziale (20 ore alla settimana) ovvero a tempo pieno per limitato periodo così come contrattualmente stabilito.
5
Identica decisione, sempre in assenza di attività istruttoria, è stata pronunciata anche con riferimento alla , unica a domandare, come già CP_2 sopra chiarito, la condanna della datrice di lavoro alla corresponsione di differenze retributive anche da lavoro supplementare.
5. Avverso la suddetta sentenza ha proposto appello la datrice di lavoro, articolato sulla base di due motivi;tre, con riferimento al rapporto processuale con la . CP_2
5.1. L'appellante, con il primo motivo d'appello, contesta innanzitutto la correttezza della sentenza impugnata nella parte in cui afferma non essere stata fornita la prova dell'accordo intervenuto tra le parti circa la riduzione dell'orario.
Rileva quindi la non avere il giudice del Tribunale di Rovigo Pt_1 accolto la richiesta, formulata appunto al fine di dimostrare che la riduzione oraria fosse consensuale, di acquisizione di informazioni presso l'
[...]
di Rovigo in ordine alle dichiarazioni rese dalla Organizzazione_1 lavoratrice nel corso delle ispezioni svolte nel corso dell'anno 2018;parimenti inascoltata sarebbe rimasta la richiesta di ammissione alla prova testimoniale contraria con i testi indicati nel corso dell'udienza.
Evidenzia poi l'appellante non essere necessario - come parrebbe affermare la sentenza impugnata - fornire prova scritta dell'intervenuto accordo per la riduzione dell'orario ed in ogni caso avere il giudice a quo sottovalutato il comportamento concludente delle parti così come risultante dalla mancata contestazione nel corso del rapporto di lavoro da parte di tutte le proprie dipendenti della emissione delle buste paga riportanti un determinato orario (inferiore a quello contrattualmente inizialmente pattuito) ed una ben precisa, e quindi erogata, retribuzione.
5.2. Con il secondo motivo di appello, evidenza poi ed in ogni caso l'appellante, in tal modo anche contestando la sentenza impugnata nella parte in cui non prevede che sia il lavoratore a dover fornire la prova dello svolgimento dell'orario di lavoro in relazione al quale richiede di essere retribuito, come, a fronte della propria contestazione circa lo svolgimento da parte delle dipendenti di orario pari a 20 ore settimanali ovvero pari a 40 ore alla settimana, queste ultime non abbiano fornito la prova dell'adempimento nè abbiano, in ogni caso, avanzato richiesta di risarcimento del danno, previa
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messa in mora del datore di lavoro, per unilaterale e non concordata riduzione da parte di quest'ultimo dell'orario di lavoro.
5.3. Con il terzo ed ultimo motivo di appello parte appellante – limitatamente alla posizione della - contesta la sentenza CP_2 impugnata nella porzione in cui riconosce, in assenza di prova, la sussistenza di un diritto di credito in favore della lavoratrice anche con riferimento alla richiesta retribuzione da lavoro supplementare ed alla conseguente incidenza sul tfr [il riferimento è alle somme di € 739,95 a titolo di compenso per lavoro supplementare non retribuite e di € 96,46 a titolo di TFR su supplementare non retribuito].
6. Si sono costituite – con atti praticamente sovrapponibili - le appellate ribadendo le difese formulate in sede di primo grado di giudizio, in particolare, quanto ai motivi di appello, evidenziando:
➢ Non essere emersi fatti, circostanze fattuali, dai quali desumere essere intervenuto tra le parti un accordo volto alla riduzione dell'orario di lavoro;
➢ non essere tenuta la lavoratrice, alla luce della previsione contrattuale di orario a tempo pieno, a mettere in mora il datore di lavoro ed in tal modo offrire la propria prestazione per l'intero orario di lavoro pattuito;orario peraltro in effetti rispettato con erogazione della prestazione lavorativa a tempo Pieno. Le appellate hanno quindi concluso per il rigetto del ricorso.
7. La causa, disposti due rinvii con decreti del 31/5/2022 e del 26/4/2023 stante la necessità di riequilibrare il ruolo di udienza e dopo sua riassegnazione allo scrivente giudice estensore, è stata discussa nel corso dell'udienza dell'1/2/2024 e quindi decisa nei termini di cui alla motivazione all'esito della camera di consiglio.
*
8. L'appello, fatte salve le difese esposte dall'appellante con riferimento alla debenza di di differenze retributive per lavoro supplementare, è infondato per le ragioni di seguito indicate e, come tale, deve essere respinto.
8.1 In merito al primo motivo di appello e con ciò muovendo dalla doglianza afferente la mancata acquisizione della prova, condivide il Collegio la scelta effettuata dal giudice di primo grado dovendosi rilevare, quanto alla richiesta
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acquisizione documentale, come la stessa appaia esplorativa oltre che ingiustificata ed inammissibile.
8.1.1. Sotto il primo aspetto sopra evidenziato, la richiesta deve dirsi esplorativa in quanto evidentemente funzionale a ricercare un contenuto del tutto ipotetico che la stessa appellante non descrive in termini sufficientemente precisi, di modo che l'acquisizione documentale si palese per essere frutto della speranza di rinvenire tra le dichiarazioni eventualmente rilasciate dalle dipendenti in sede di indagine utili dati da contrapporre CP_5 alle avverse difese.
8.1.2. Sotto il secondo aspetto sopra evidenziato occorre rilevare come i poteri istruttori del giudice di cui all'art. 210 ss cc., salva l'ipotesi – qui non ricorrente né segnalata dalle parti - di esercizio delle facoltà assegnate dall'art. 421 cpc., siano limitati agli atti che le parti non sono in grado di compiere. In altre parole, può il giudice ordinare a parti e terzi il deposito di un documento solo allorquando la parte che ne domanda l'acquisizione non sia in grado di provvedervi autonomamente. Non può pertanto l'ordine di esibizione per ordine del giudice sopperire all'inerzia, trasformatasi in decadenza, di una delle parti.
Ora, nel caso di specie, deve essere evidenziato come la datrice di Pt_1 lavoro coinvolta in una ispezione e, come tale, certamente legittimata a CP_5 prendere conoscenza degli atti compiuti in proprio danno, non abbia chiarito le ragioni dell'impossibilità (anche solo per mancanza di tempo in ragione delle ristrette tempistiche processuali) di autonoma acquisizione della documentazione di cui chiede ancora oggi, in appello, l'acquisizione per ordine del giudice.
8.1.3. Da disattendere è inoltre la richiesta di effettuazione della prova orale.
Occorre innanzitutto rilevare – il fatto è pacifico e comunque verrà meglio in seguito chiarito – come la fosse onerata della prova circa la Pt_1 riduzione dell'orario. È la stessa appellante, d'altronde, ad insistere sul fatto che una simile prova – che quindi ben sa di dover fornire - sarebbe comunque già in atti.
Ora, se una parte è onerata della dimostrazione di un fatto che ha previamente allegato, sarà tenuta a formulare in termini positivi (nel primo atto difensivo) la prova cosicchè, ove non lo abbia fatto, non potrà certo beneficiare, chiedendo di fornire generica prova contraria, delle richieste
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inutilmente/inammissibilmente (poiché non essenziali a sostenere le tesi esposte) formulate dalla propria controparte.
Nel caso in esame il giudice di prime cure non ha ammesso le lavoratrici a fornire la prova tanto dell'orario svolto in adempimento del contratto né, logicamente, la prova negativa dell'accordo circa la riduzione dell'orario di lavoro. Entro un simile contesto, non ammesse le lavoratrici a fornire la prova diretta, non è stata la conseguentemente ammessa a dar Pt_1 dimostrazione contraria rispetto ad un capitolo di prova non ammesso a prova diretta.
Non dovendosi qui sottacere del fatto che la sostanzialmente Pt_1 convenuta (in quanto opponente avverso decreto ingiuntivo), ha richiesto l'ammissione alla prova contraria (sui capitoli formulati a prova diretta dalle lavoratrici) solamente nell'ambito della prima udienza, con ciò nella sostanza offrendo la prova delle circostanze sulle quali fondava le proprie difese in un momento successivo a quello di deposito del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo, in tal modo ancor più inammissibilmente disarticolando il momento allegativo da quello dimostrativo.
8.1.4. Circa il merito del primo motivo di appello, aldilà di ogni considerazione che è possibile compiere con riferimento alla necessità o meno della forma scritta al fine della compressione dell'orario di lavoro previamente concordato tra le parti (sul punto va in ogni caso segnalata Cass. civ. 1375/2018 a mente della quale <Il rapporto di lavoro subordinato, in assenza della prova di un rapporto part-time, nascente da atto scritto, si presume a tempo pieno;è, pertanto, onere del datore di lavoro, che alleghi la durata limitata dell'orario, fornire la prova della riduzione della prestazione lavorativa, né la sua diminuzione può essere unilateralmente disposta dal datore di lavoro, potendo conseguire soltanto ad accordo tra le parti, la cui prova, tuttavia, può essere data per "facta concludentia", anche se il contratto sia stato stipulato per iscritto>>), non reputa il Collegio che le circostanze dall'appellante segnalate provino il raggiungimento di un accordo tra le parti circa la riduzione di orario (da “a tempo pieno” ad “a tempo parziale” ovvero da tempo parziale a 20 ore ad a tempo parziale ad orario ancor più ridotto).
Ed infatti, a prescindere dal fatto, lo si ricorda, che l'appellante non aveva formulato alcun capitolo di prova volto a fornir dimostrazione che vi era stato un simile accordo derogatorio rispetto a quanto risultante dal contratto scritto, occorre rilevare come il dato emergente dalle buste paga sia stato
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unilateralmente introdotto e gestito dal datore di lavoro che ha appunto annotato in busta paga un orario difforme da quello imposto dal contratto. Quanto emerge dalle buste paga, quindi, nulla prova in danno delle lavoratrici le quali non hanno alcun controllo/dominio su quanto il datore di lavoro redige all'atto della formazione dei cedolini.
Quanto alla mancata contestazione da parte delle lavoratrici dell'orario e della retribuzione indicata in busta paga, questa è poi ragionevolmente spiegabile - e spiegata dalle appellate le quali, peraltro, avevano chiesto di dar prova della contestazione - con il timore reverenziale verso il datore di lavoro;quel timore reverenziale che, secondo la Corte Costituzionale, impone che la prescrizione inizi a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro e non in corso di rapporto (e qui è incontroverso che si versi in ambito di rapporto di lavoro che è sempre stato, sin dalla sua origine nell'anno 2009, soggetto alla sola tutela obbligatoria).
Il motivo è pertanto da rigettare.
8.2. Quanto al secondo motivo di appello, ritiene il Collegio come sia nel caso di specie il datore di lavoro a dover fornire la prova (come sopra detto, non fornita) della riduzione dell'orario di lavoro e come il lavoratore non siano in ogni caso tenuto a fornire positiva dimostrazione dell'orario effettivamente svolto se non quando questo sia difforme – come accade allorquando di domandano differenze retributive per lavoro straordinario/supplementare – da quello contrattualmente pattuito.
8.2.1. Ed infatti, qui richiamata la pronuncia sopra menzionata (Cass. civ. 1375/2018), nel caso di specie vi è un lavoratore che chiede il pagamento della retribuzione secondo quanto previsto dal contratto e, quindi, sulla base della previsione di un orario pari a 20 ore settimanali (ovvero, per il periodo in cui ha lavorato a tempo pieno, pari a 40 ore settimanali). Onere del lavoratore è quindi quello di fornire la prova del titolo che giustifica il diritto azionato. Tale prova – in assenza di accordi modificativi che, come sopra detto, non sono dimostrati e che, quindi, non vi sono – è stata certamente fornita nel caso in esame dalle lavoratrici appellate mediante la produzione del contratto di lavoro che, appunto, prevede un orario part-time a 20 ore settimanali ovvero, per limitato periodo, un orario a 40 ore/settimana. Non deve quindi il lavoratore (sostanzialmente ricorrente in primo grado) fornire altra prova
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competendo al datore di lavoro di dimostrare il fatto impeditivo, ciò secondo quanto previsto dall'art. 2697, co. 1 e 2 cc.
Ora, competeva sul datore di lavoro l'onere di allegare e provare il fatto impeditivo ovvero limitativo e, quindi, o l'accordo per la riduzione dell'orario di lavoro rispetto a quello previamente concordato, oppure che, per qualche altra e contingente ragione, che qui non è neppure stata allegata, le lavoratrici avessero svolto un orario inferiore a quello concordato.
8.2.2. Quanto all'affermata necessità di messa in mora (nel senso chiarito dall'appellante di offerta della prestazione fino a copertura dell'orario contrattualmente stabilito), non ritiene il Collegio di condividere la ricostruzione operata dalla difesa della Pt_1
Deve al riguardo essere evidenziato, come peraltro già messo in luce dal giudice di prime cure, come le lavoratrici qui appellate non avessero in alcun modo la necessità di offrire la loro prestazione posto che le stesse hanno allegato oltre che provato (per quanto sopra motivato) di averla resa in termini del tutto coerenti con il contratto produttivo di effetti tra le parti.
Inoltre la giurisprudenza dall'appellante citata non si palesa coerente con il caso in esame posto che le pronunce menzionate logicamente richiedono, in funzione di far ottenere al lavoratore il pagamento della piena retribuzione, l'offerta al datore di lavoro della prestazione in ipotesi in cui è pacifico che la prestazione lavorativa non viene resa;cosa che in particolare accade nel caso – qui evidentemente non ricorrente - di allontanamento imposto dal datore di lavoro dal posto di lavoro.
Il secondo motivo d'appello deve, pertanto, essere disatteso.
8.3. Venendo infine, limitatamente al rapporto processuale intercorrente tra l'appellante e l'appellata , al terzo motivo di Pt_1 CP_2 appello, occorre innanzitutto far richiamo del consolidato principio di diritto in base al quale <Sul lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per lavoro straordinario grava un onere probatorio rigoroso, che esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione del fatto costitutivo, senza che al mancato assolvimento di entrambi possa supplire la valutazione equitativa del giudice>>(Cass. civ. 16150/2018).
Ora, nel caso di specie, una simile dimostrazione non risulta fornita né, a ben vedere, può dirsi che la abbia offerto mezzi di prova CP_2
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adeguati allo scopo in ragione dell'estrema genericità del capitolato di prova formulato sul punto;capitolo di prova che, ove ammesso e confermato dal testimone eventualmente escusso, non condurrebbe comunque all'accoglimento della domanda sul punto.
Deve pertanto l'appello essere accolto limitatamente al terzo motivo di gravame con le conseguenze di cui al dispositivo della presente sentenza.
9. Quanto, infine, alle spese di lite per il presente grado di giudizio, le stesse, al pari di quelle del primo grado, possono essere regolate in base al criterio della soccombenza prevalente evidentemente da attribuirsi in capo alla parte appellante e così essere liquidate per il presente grado, con la maggiorazione per la difesa di più parti, secondo valori prossimi ai medi di scaglione (valore da € 5.201 ad € 26.000 ai sensi del DM 55/2014, modif. DM 147/22) tenuto in ogni caso conto dei limitati motivi di appello, della fondatezza di uno di questi seppur avente minimale incidenza sull'esito della lite e del non svolgimento di attività istruttoria.
Deve qui essere inoltre precisato come, con riferimento all'obbligo di versamento dell'ulteriore importo di cui all'art. 13, co.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA SEZIONE LAVORO
Composta dai Signori Magistrati:
dott. G A Presidente dott. P L Consigliere dott. P T Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nelle cause riunite tutte promosse in grado di appello con ricorso depositato in data 2/2/2021 da
- C.F. - quale esercente attività Parte_1 C.F._1 imprenditoriale sotto il nome d , Parte_2 rappresentata e difesa dall'Avv. A C, del Foro di Padova, con domicilio eletto presso lo studio della stessa, sito a Padova, via Dante n. 80,
Parte appellante contro
- C.F. , Controparte_1 C.F._2
, Controparte_2 C.F._3
- C.F. , CP_3 C.F._4 difesa e rappresentata congiuntamente e disgiuntamente dall'Avv. G M del Foro di Ferrara e dall'Avv. G B del Foro di Rovigo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. G B, in Porto Tolle (RO), Via Pietro Nenni n. 19. Parte appellata
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1 Oggetto: appello avverso le sentenze del Tribunale di Rovigo – sezione lavoro, n. 250/2020, n. 251/2020 e n. 252/2020 rispettivamente rese nei procedimenti R.G. 413/2020, R.G. 412/2020 ed R.G. 411/2020 tutte notificate in data 05.01.2021. in punto: Retribuzione.
CONCLUSIONI
Parte appellante: in RG nr. 77/2021 Ruolo Lavoro:
- La riforma integrale della sentenza n. 251/2020 del Tribunale di Rovigo, resa nel procedimento R.G. 412/2020 notificata in data 05.01.2021;
- Dichiararsi nullo e/o annullabile e/o inefficace, ovvero revocare il decreto ingiuntivo opposto, emesso dal Tribunale di Rovigo, Sezione Lavoro, del 18.02.2020, n. 59/2020, n. cron. 395/2020, R.G.CL 47/20, perché contenente pretese economiche infondate in fatto e in diritto, oltre che privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità;
- Con rifusione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio. in RG nr. 78/2021 Ruolo Lavoro:
- La riforma integrale della sentenza n. 252/2020 del Tribunale di Rovigo, resa nel procedimento R.G. 411/2020 notificata in data 05.01.2021;
- Dichiararsi nullo e/o annullabile e/o inefficace, ovvero revocare il decreto ingiuntivo opposto, emesso dal Tribunale di Rovigo, Sezione Lavoro, del 28.02.2020, n. 75/2020, n. cron. 540/2020, R.G.CL 49/20, perché contenente pretese economiche infondate in fatto e in diritto, oltre che privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità;
- Con rifusione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio. in RG nr. 79/2021 Ruolo Lavoro:
- La riforma integrale della sentenza n. 250/2020 del Tribunale di Rovigo, resa nel procedimento R.G. 413/2020 notificata in data 05.01.2021;
- Dichiararsi nullo e/o annullabile e/o inefficace, ovvero revocare il decreto ingiuntivo opposto, emesso dal Tribunale di Rovigo, Sezione Lavoro, del 17.02.2020, n. 58/2020, n. cron. 394/2020, R.G.CL 46/20, perché contenente pretese economiche infondate in fatto e in diritto, oltre che privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità;
2 - Con rifusione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio.
Parte appellata: in RG nr. 77/2021 Ruolo Lavoro:
Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello di Venezia, in funzione del Giudice del Lavoro:
- rigettare l'appello proposto da in proprio e quale titolare della ditta Parte_1 individuale nei confronti della Sig.ra Parte_2 Parte_1 Controparte_1 avverso la Sentenza n. 251/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro e per l'effetto confermare la suindicata Sentenza n. 251/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro.
Con vittoria di spese e competenze professionali del presente grado di giudizio in RG nr. 78/2021 Ruolo Lavoro:
Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello di Venezia, in funzione del Giudice del Lavoro:
- rigettare l'appello proposto da in proprio e quale titolare della ditta Parte_1 individuale nei confronti della Sig.ra Parte_2 Parte_1 [...]
avverso la Sentenza n. 252/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale CP_2 di Rovigo - Sezione Lavoro e per l'effetto confermare la suindicata Sentenza n. 252/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro.
Con vittoria di spese e competenze professionali del presente grado di giudizio in RG nr. 79/2021 Ruolo Lavoro:
Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello di Venezia, in funzione del Giudice del Lavoro:
- rigettare l'appello proposto da in proprio e quale titolare della ditta Parte_1 individuale nei confronti della Sig.ra Parte_2 Parte_1 CP_4 avverso la Sentenza n. 250/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro e per l'effetto confermare la suindicata Sentenza n. 250/2020 del 18/12/2020 emessa dal Tribunale di Rovigo - Sezione Lavoro.
- Con vittoria di spese e competenze professionali del presente grado di giudizio.
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Svolgimento del processo e motivi della decisione
1. Le appellate tutte hanno ottenuto in proprio favore l'emissione da parte del Tribunale di Rovigo di decreto ingiuntivo. In particolare:
3 1.1. ha ottenuto l'emissione in proprio favore, da parte Controparte_1 del Tribunale di Rovigo, di decreto ingiuntivo [del 18.02.2020, n. 59/2020, n. cron. 395/2020, R.G.CL 47/20] che ha imposto alla qui appellante datrice di lavoro il pagamento delle seguenti somme:
➢ € 22.962,16 per compensi per ordinaria retribuzione, contrattualmente prevista ma non retribuita né risultante in busta paga;
➢ € 1.586,07 per TFR su ore ordinarie (quelle di cui sopra) non retribuite;
➢ € 488,20 per TFR, previsto nelle buste paga.
1.2. ha ottenuto l'emissione, da parte del Controparte_2
Tribunale di Rovigo, di decreto ingiuntivo [del 18.02.2020, n. 59/2020, n. cron. 395/2020, R.G.CL 47/20] che ha imposto alla qui ricorrente datrice di lavoro il pagamento delle seguenti somme:
➢ € 10.712,55 per compensi per ordinaria retribuzione, contrattualmente prevista ma non retribuita né risultante in busta paga;
➢ € 1.391,42 per TFR su ore ordinarie (quelle di cui sopra) non retribuite;
➢ € 739,95 a titolo di compenso per lavoro supplementare non retribuito e non risultante da busta paga;
➢ € 96,46 per TFR su ore ordinarie (quelle di cui sopra) non retribuite.
1.3. ha ottenuto l'emissione, da parte del Tribunale di CP_3
Rovigo, di decreto ingiuntivo [del 18.02.2020, n. 58/2020, n. cron. 394/2020, R.G.CL 46/20] che ha imposto alla qui ricorrente datrice di lavoro il pagamento delle seguenti somme:
➢ € 7.556,10 per compensi per ordinaria retribuzione, contrattualmente prevista ma non retribuita né risultante in busta paga;
➢ € 521,93 per TFR su ore ordinarie (quelle di cui sopra) non retribuite;
➢ € 119,19 per TFR risultante dalle buste paga;
Affermavano infatti le lavoratrici appellate avere la datrice di lavoro annotato in busta paga (e quindi remunerato) un numero di ore di lavoro ben inferiore rispetto a quello previsto contrattualmente ed effettivamente svolto su disposizione datoriale (è pacifico come le parti abbiano concordato lo svolgimento da parte dell'appellata di orario pari a 20 ore alla settimana e, per altro limitato periodo, pari a 40 ore a settimana).
4 2. Avverso il suddetto decreto ingiuntivo l'odierna appellante - Pt_1
- ha proposto il 20/7/2020 ricorsi in opposizione rilevando, quanto
[...] alla somma per compensi per ordinaria retribuzione e conseguentemente quanto alla somma maturata a titolo di TFR, avere le parti del rapporto di lavoro convenuto la riduzione dell'orario di lavoro e di avere quindi la datrice di lavoro, in virtù degli accordi verbali tra le parti intercorsi, e non avendo pertanto parte appellata effettivamente svolto alcuna ora in più rispetto a quelle risultanti delle buste paga, corrisposto alla lavoratrice quanto di spettanza.
Limitatamente alla posizione della – unica a domandare CP_2 differenze retributive da lavoro supplementare - negava l'opponente – qui appellante – lo svolgimento da parte della lavoratrice del menzionato surplus lavorativo.
3. Si costituivano in giudizio (primo grado) le lavoratrici sostenendo, con difese anche qui ribadite, la legittimità dell'azione monitoria intrapresa e riaffermando che le buste paga emesse nel corso del rapporto di lavoro riportavano un orario lavorativo inferiore a quello contrattualmente previsto ed in ogni caso effettivamente svolto.
4. Il Giudice non ammettendo alcuna istanza istruttoria (non avendo peraltro l'opponente, qui appellante, avanzato richieste istruttorie orali se non di essere ammesso alla prova testimoniale contraria sui capitoli articolati dalle lavoratrici), ha provveduto – con le sentenze in rubrica menzionate - rigettando il ricorso in opposizione e condannando il datore di lavoro al pagamento delle spese legali, ciò sul presupposto, innanzitutto, dell'assenza di prova della riduzione di orario (pur pacifico – tra le parti pure – che fosse il datore di lavoro a dover fornire la prova della riduzione dell'orario, ciò potendo comunque fare anche allegando e dimostrando vicende indicative di un intervenuto accordo anche per fatti concludenti).
Il giudice di prime cure ha poi evidenziato essere priva di rilevanza la circostanza della mancata messa in mora da parte della lavoratrice del datore di lavoro - con offerta quindi della prestazione lavorativa per l'orario contrattualmente previsto - avendo peraltro le appellate sempre allegato di avere reso la prestazione a tempo parziale (20 ore alla settimana) ovvero a tempo pieno per limitato periodo così come contrattualmente stabilito.
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Identica decisione, sempre in assenza di attività istruttoria, è stata pronunciata anche con riferimento alla , unica a domandare, come già CP_2 sopra chiarito, la condanna della datrice di lavoro alla corresponsione di differenze retributive anche da lavoro supplementare.
5. Avverso la suddetta sentenza ha proposto appello la datrice di lavoro, articolato sulla base di due motivi;tre, con riferimento al rapporto processuale con la . CP_2
5.1. L'appellante, con il primo motivo d'appello, contesta innanzitutto la correttezza della sentenza impugnata nella parte in cui afferma non essere stata fornita la prova dell'accordo intervenuto tra le parti circa la riduzione dell'orario.
Rileva quindi la non avere il giudice del Tribunale di Rovigo Pt_1 accolto la richiesta, formulata appunto al fine di dimostrare che la riduzione oraria fosse consensuale, di acquisizione di informazioni presso l'
[...]
di Rovigo in ordine alle dichiarazioni rese dalla Organizzazione_1 lavoratrice nel corso delle ispezioni svolte nel corso dell'anno 2018;parimenti inascoltata sarebbe rimasta la richiesta di ammissione alla prova testimoniale contraria con i testi indicati nel corso dell'udienza.
Evidenzia poi l'appellante non essere necessario - come parrebbe affermare la sentenza impugnata - fornire prova scritta dell'intervenuto accordo per la riduzione dell'orario ed in ogni caso avere il giudice a quo sottovalutato il comportamento concludente delle parti così come risultante dalla mancata contestazione nel corso del rapporto di lavoro da parte di tutte le proprie dipendenti della emissione delle buste paga riportanti un determinato orario (inferiore a quello contrattualmente inizialmente pattuito) ed una ben precisa, e quindi erogata, retribuzione.
5.2. Con il secondo motivo di appello, evidenza poi ed in ogni caso l'appellante, in tal modo anche contestando la sentenza impugnata nella parte in cui non prevede che sia il lavoratore a dover fornire la prova dello svolgimento dell'orario di lavoro in relazione al quale richiede di essere retribuito, come, a fronte della propria contestazione circa lo svolgimento da parte delle dipendenti di orario pari a 20 ore settimanali ovvero pari a 40 ore alla settimana, queste ultime non abbiano fornito la prova dell'adempimento nè abbiano, in ogni caso, avanzato richiesta di risarcimento del danno, previa
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messa in mora del datore di lavoro, per unilaterale e non concordata riduzione da parte di quest'ultimo dell'orario di lavoro.
5.3. Con il terzo ed ultimo motivo di appello parte appellante – limitatamente alla posizione della - contesta la sentenza CP_2 impugnata nella porzione in cui riconosce, in assenza di prova, la sussistenza di un diritto di credito in favore della lavoratrice anche con riferimento alla richiesta retribuzione da lavoro supplementare ed alla conseguente incidenza sul tfr [il riferimento è alle somme di € 739,95 a titolo di compenso per lavoro supplementare non retribuite e di € 96,46 a titolo di TFR su supplementare non retribuito].
6. Si sono costituite – con atti praticamente sovrapponibili - le appellate ribadendo le difese formulate in sede di primo grado di giudizio, in particolare, quanto ai motivi di appello, evidenziando:
➢ Non essere emersi fatti, circostanze fattuali, dai quali desumere essere intervenuto tra le parti un accordo volto alla riduzione dell'orario di lavoro;
➢ non essere tenuta la lavoratrice, alla luce della previsione contrattuale di orario a tempo pieno, a mettere in mora il datore di lavoro ed in tal modo offrire la propria prestazione per l'intero orario di lavoro pattuito;orario peraltro in effetti rispettato con erogazione della prestazione lavorativa a tempo Pieno. Le appellate hanno quindi concluso per il rigetto del ricorso.
7. La causa, disposti due rinvii con decreti del 31/5/2022 e del 26/4/2023 stante la necessità di riequilibrare il ruolo di udienza e dopo sua riassegnazione allo scrivente giudice estensore, è stata discussa nel corso dell'udienza dell'1/2/2024 e quindi decisa nei termini di cui alla motivazione all'esito della camera di consiglio.
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8. L'appello, fatte salve le difese esposte dall'appellante con riferimento alla debenza di di differenze retributive per lavoro supplementare, è infondato per le ragioni di seguito indicate e, come tale, deve essere respinto.
8.1 In merito al primo motivo di appello e con ciò muovendo dalla doglianza afferente la mancata acquisizione della prova, condivide il Collegio la scelta effettuata dal giudice di primo grado dovendosi rilevare, quanto alla richiesta
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acquisizione documentale, come la stessa appaia esplorativa oltre che ingiustificata ed inammissibile.
8.1.1. Sotto il primo aspetto sopra evidenziato, la richiesta deve dirsi esplorativa in quanto evidentemente funzionale a ricercare un contenuto del tutto ipotetico che la stessa appellante non descrive in termini sufficientemente precisi, di modo che l'acquisizione documentale si palese per essere frutto della speranza di rinvenire tra le dichiarazioni eventualmente rilasciate dalle dipendenti in sede di indagine utili dati da contrapporre CP_5 alle avverse difese.
8.1.2. Sotto il secondo aspetto sopra evidenziato occorre rilevare come i poteri istruttori del giudice di cui all'art. 210 ss cc., salva l'ipotesi – qui non ricorrente né segnalata dalle parti - di esercizio delle facoltà assegnate dall'art. 421 cpc., siano limitati agli atti che le parti non sono in grado di compiere. In altre parole, può il giudice ordinare a parti e terzi il deposito di un documento solo allorquando la parte che ne domanda l'acquisizione non sia in grado di provvedervi autonomamente. Non può pertanto l'ordine di esibizione per ordine del giudice sopperire all'inerzia, trasformatasi in decadenza, di una delle parti.
Ora, nel caso di specie, deve essere evidenziato come la datrice di Pt_1 lavoro coinvolta in una ispezione e, come tale, certamente legittimata a CP_5 prendere conoscenza degli atti compiuti in proprio danno, non abbia chiarito le ragioni dell'impossibilità (anche solo per mancanza di tempo in ragione delle ristrette tempistiche processuali) di autonoma acquisizione della documentazione di cui chiede ancora oggi, in appello, l'acquisizione per ordine del giudice.
8.1.3. Da disattendere è inoltre la richiesta di effettuazione della prova orale.
Occorre innanzitutto rilevare – il fatto è pacifico e comunque verrà meglio in seguito chiarito – come la fosse onerata della prova circa la Pt_1 riduzione dell'orario. È la stessa appellante, d'altronde, ad insistere sul fatto che una simile prova – che quindi ben sa di dover fornire - sarebbe comunque già in atti.
Ora, se una parte è onerata della dimostrazione di un fatto che ha previamente allegato, sarà tenuta a formulare in termini positivi (nel primo atto difensivo) la prova cosicchè, ove non lo abbia fatto, non potrà certo beneficiare, chiedendo di fornire generica prova contraria, delle richieste
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inutilmente/inammissibilmente (poiché non essenziali a sostenere le tesi esposte) formulate dalla propria controparte.
Nel caso in esame il giudice di prime cure non ha ammesso le lavoratrici a fornire la prova tanto dell'orario svolto in adempimento del contratto né, logicamente, la prova negativa dell'accordo circa la riduzione dell'orario di lavoro. Entro un simile contesto, non ammesse le lavoratrici a fornire la prova diretta, non è stata la conseguentemente ammessa a dar Pt_1 dimostrazione contraria rispetto ad un capitolo di prova non ammesso a prova diretta.
Non dovendosi qui sottacere del fatto che la sostanzialmente Pt_1 convenuta (in quanto opponente avverso decreto ingiuntivo), ha richiesto l'ammissione alla prova contraria (sui capitoli formulati a prova diretta dalle lavoratrici) solamente nell'ambito della prima udienza, con ciò nella sostanza offrendo la prova delle circostanze sulle quali fondava le proprie difese in un momento successivo a quello di deposito del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo, in tal modo ancor più inammissibilmente disarticolando il momento allegativo da quello dimostrativo.
8.1.4. Circa il merito del primo motivo di appello, aldilà di ogni considerazione che è possibile compiere con riferimento alla necessità o meno della forma scritta al fine della compressione dell'orario di lavoro previamente concordato tra le parti (sul punto va in ogni caso segnalata Cass. civ. 1375/2018 a mente della quale <Il rapporto di lavoro subordinato, in assenza della prova di un rapporto part-time, nascente da atto scritto, si presume a tempo pieno;è, pertanto, onere del datore di lavoro, che alleghi la durata limitata dell'orario, fornire la prova della riduzione della prestazione lavorativa, né la sua diminuzione può essere unilateralmente disposta dal datore di lavoro, potendo conseguire soltanto ad accordo tra le parti, la cui prova, tuttavia, può essere data per "facta concludentia", anche se il contratto sia stato stipulato per iscritto>>), non reputa il Collegio che le circostanze dall'appellante segnalate provino il raggiungimento di un accordo tra le parti circa la riduzione di orario (da “a tempo pieno” ad “a tempo parziale” ovvero da tempo parziale a 20 ore ad a tempo parziale ad orario ancor più ridotto).
Ed infatti, a prescindere dal fatto, lo si ricorda, che l'appellante non aveva formulato alcun capitolo di prova volto a fornir dimostrazione che vi era stato un simile accordo derogatorio rispetto a quanto risultante dal contratto scritto, occorre rilevare come il dato emergente dalle buste paga sia stato
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unilateralmente introdotto e gestito dal datore di lavoro che ha appunto annotato in busta paga un orario difforme da quello imposto dal contratto. Quanto emerge dalle buste paga, quindi, nulla prova in danno delle lavoratrici le quali non hanno alcun controllo/dominio su quanto il datore di lavoro redige all'atto della formazione dei cedolini.
Quanto alla mancata contestazione da parte delle lavoratrici dell'orario e della retribuzione indicata in busta paga, questa è poi ragionevolmente spiegabile - e spiegata dalle appellate le quali, peraltro, avevano chiesto di dar prova della contestazione - con il timore reverenziale verso il datore di lavoro;quel timore reverenziale che, secondo la Corte Costituzionale, impone che la prescrizione inizi a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro e non in corso di rapporto (e qui è incontroverso che si versi in ambito di rapporto di lavoro che è sempre stato, sin dalla sua origine nell'anno 2009, soggetto alla sola tutela obbligatoria).
Il motivo è pertanto da rigettare.
8.2. Quanto al secondo motivo di appello, ritiene il Collegio come sia nel caso di specie il datore di lavoro a dover fornire la prova (come sopra detto, non fornita) della riduzione dell'orario di lavoro e come il lavoratore non siano in ogni caso tenuto a fornire positiva dimostrazione dell'orario effettivamente svolto se non quando questo sia difforme – come accade allorquando di domandano differenze retributive per lavoro straordinario/supplementare – da quello contrattualmente pattuito.
8.2.1. Ed infatti, qui richiamata la pronuncia sopra menzionata (Cass. civ. 1375/2018), nel caso di specie vi è un lavoratore che chiede il pagamento della retribuzione secondo quanto previsto dal contratto e, quindi, sulla base della previsione di un orario pari a 20 ore settimanali (ovvero, per il periodo in cui ha lavorato a tempo pieno, pari a 40 ore settimanali). Onere del lavoratore è quindi quello di fornire la prova del titolo che giustifica il diritto azionato. Tale prova – in assenza di accordi modificativi che, come sopra detto, non sono dimostrati e che, quindi, non vi sono – è stata certamente fornita nel caso in esame dalle lavoratrici appellate mediante la produzione del contratto di lavoro che, appunto, prevede un orario part-time a 20 ore settimanali ovvero, per limitato periodo, un orario a 40 ore/settimana. Non deve quindi il lavoratore (sostanzialmente ricorrente in primo grado) fornire altra prova
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competendo al datore di lavoro di dimostrare il fatto impeditivo, ciò secondo quanto previsto dall'art. 2697, co. 1 e 2 cc.
Ora, competeva sul datore di lavoro l'onere di allegare e provare il fatto impeditivo ovvero limitativo e, quindi, o l'accordo per la riduzione dell'orario di lavoro rispetto a quello previamente concordato, oppure che, per qualche altra e contingente ragione, che qui non è neppure stata allegata, le lavoratrici avessero svolto un orario inferiore a quello concordato.
8.2.2. Quanto all'affermata necessità di messa in mora (nel senso chiarito dall'appellante di offerta della prestazione fino a copertura dell'orario contrattualmente stabilito), non ritiene il Collegio di condividere la ricostruzione operata dalla difesa della Pt_1
Deve al riguardo essere evidenziato, come peraltro già messo in luce dal giudice di prime cure, come le lavoratrici qui appellate non avessero in alcun modo la necessità di offrire la loro prestazione posto che le stesse hanno allegato oltre che provato (per quanto sopra motivato) di averla resa in termini del tutto coerenti con il contratto produttivo di effetti tra le parti.
Inoltre la giurisprudenza dall'appellante citata non si palesa coerente con il caso in esame posto che le pronunce menzionate logicamente richiedono, in funzione di far ottenere al lavoratore il pagamento della piena retribuzione, l'offerta al datore di lavoro della prestazione in ipotesi in cui è pacifico che la prestazione lavorativa non viene resa;cosa che in particolare accade nel caso – qui evidentemente non ricorrente - di allontanamento imposto dal datore di lavoro dal posto di lavoro.
Il secondo motivo d'appello deve, pertanto, essere disatteso.
8.3. Venendo infine, limitatamente al rapporto processuale intercorrente tra l'appellante e l'appellata , al terzo motivo di Pt_1 CP_2 appello, occorre innanzitutto far richiamo del consolidato principio di diritto in base al quale <Sul lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per lavoro straordinario grava un onere probatorio rigoroso, che esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione del fatto costitutivo, senza che al mancato assolvimento di entrambi possa supplire la valutazione equitativa del giudice>>(Cass. civ. 16150/2018).
Ora, nel caso di specie, una simile dimostrazione non risulta fornita né, a ben vedere, può dirsi che la abbia offerto mezzi di prova CP_2
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adeguati allo scopo in ragione dell'estrema genericità del capitolato di prova formulato sul punto;capitolo di prova che, ove ammesso e confermato dal testimone eventualmente escusso, non condurrebbe comunque all'accoglimento della domanda sul punto.
Deve pertanto l'appello essere accolto limitatamente al terzo motivo di gravame con le conseguenze di cui al dispositivo della presente sentenza.
9. Quanto, infine, alle spese di lite per il presente grado di giudizio, le stesse, al pari di quelle del primo grado, possono essere regolate in base al criterio della soccombenza prevalente evidentemente da attribuirsi in capo alla parte appellante e così essere liquidate per il presente grado, con la maggiorazione per la difesa di più parti, secondo valori prossimi ai medi di scaglione (valore da € 5.201 ad € 26.000 ai sensi del DM 55/2014, modif. DM 147/22) tenuto in ogni caso conto dei limitati motivi di appello, della fondatezza di uno di questi seppur avente minimale incidenza sull'esito della lite e del non svolgimento di attività istruttoria.
Deve qui essere inoltre precisato come, con riferimento all'obbligo di versamento dell'ulteriore importo di cui all'art. 13, co.
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