Corte d'Appello Lecce, sentenza 03/01/2025, n. 8

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Lecce, sentenza 03/01/2025, n. 8
Giurisdizione : Corte d'Appello Lecce
Numero : 8
Data del deposito : 3 gennaio 2025

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D'Appello di Lecce seconda sezione civile
Nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott. Antonio F. Esposito - Presidente
Dott.ssa Consiglia Invitto - Consigliere rel.
Dott. Giovanni Surdo - Consigliere
Ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al N. 238 del Ruolo Generale delle cause dell'anno 2023 promossa da
LL MA (c.f. [...]), in proprio e quale erede di CU
AN, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luca Maraglino, Quirino Mescia e Giuseppe Giglio, giusta procura allegata all'atto di citazione in appello, ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale Parigi in Lecce, Viale Otranto n. 86
appellante
e
MINISTERO DELLA SALUTE (c.f. 80242250589), in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce ed elettivamente domiciliato in Lecce, Via Rubichi n. 39
appellato

*******
1 CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da note di precisazione delle conclusioni depositate ex art. 127 ter c.p.c. in sostituzione dell'udienza collegiale del 17.09.2024.

**********
MOTIVAZIONE

1. Con sentenza n. 2611/22, pubblicata il 21.09.2022, non notificata, il Tribunale di Lecce dichiarava la prescrizione del diritto risarcitorio al risarcimento del danno richiesto con atto di citazione del 18.06.2019 da LE SS nei confronti del Ministero della Salute.
Ed invero.
SS LE, in qualità di erede della moglie, CU AN, agiva in giudizio al fine di ottenere, previo accertamento della responsabilità del Ministero della Salute, il risarcimento dei danni patiti iure proprio e iure hereditatis in conseguenza del decesso di CU AN, in seguito a contagio di epatite HCV, contratta dopo aver subito emotrasfusioni nell'agosto 1970, in occasione di un ricovero. In particolare, la de cuius, risultata positiva all'anti HCV dopo aver effettuato esami ematochimici, chiedeva al Ministero della Salute, con istanza del 14.09.1994, il riconoscimento dell'indennizzo previsto dalla legge 210/92 e successive modifiche e integrazioni, in quanto soggetto affetto da talassemia major, emotrasfuso e contagiato da epatite di tipo C. La Commissione Medica Ospedaliera dell'Ospedale Militare di Taranto, dopo averla sottoposta a visita collegiale il 21.11.94, redigeva verbale n. 500 u.s. 3783 del 30.05.95, riconoscendo il nesso causale tra la patologia contratta e le trasfusioni del 1970. La CU decedeva il
28.03.2018 a causa di “coma post-anossico, insufficienza respiratoria, ulcere esofagee sanguinanti”, come indicato nel certificato di morte. Assumeva pertanto l'attore di aver subito, a seguito della diagnosi di positività della moglie all'HCV, malattia gravissima, non curabile e trasmissibile, un profondo mutamento delle proprie abitudini di vita e delle precedenti relazioni familiari. Il LE, infatti, da un lato, aveva perso
l'appoggio e il sostegno del proprio coniuge e, dall'altro, la CU era sprofondata in uno stato di totale apatia, senza assumere alcuna iniziativa né riguardo la propria vita né quella familiare, riducendo i momenti di frequentazione sociale e i momenti di svago, preferendo isolarsi sempre più. Le frequenti visite di controllo della CU, poi rivelatisi inutili, avevano provocato nel LE, il quale era solito accompagnarla, uno profondo senso di rabbia e frustrazione. L'attore ascriveva la responsabilità dell'occorso al Ministero della Salute per non aver sorvegliato e vigilato nella produzione e distribuzione del sangue al fine di scongiurare il rischio delle infezioni virali insiste nella pratica terapeutica delle trasfusioni di sangue, oltre che per la omessa attivazione dei controlli amministrativi e tecnici previsti dalle leggi nazionali e sovranazionali. E ciò in quanto il pericolo di contagio attraverso la trasfusione del
2
sangue era avvertito dal Ministero convenuto già a metà degli anni Sessanta, avendo con apposita circolare escluso la possibilità di donare il sangue a soggetti con i valori della transaminasi e delle gpt alterati rispetto ai ranges prescritti, per cui l'evento era prevedibile non rispetto a ciascuna singola malattia (HIV, HCV,
HBV), scoperte in epoca successiva a quella della trasfusione, ma all'unitario danno alla salute derivante da trasfusione infetta. Concludeva chiedendo l'accertamento della responsabilità del Ministero della
Salute in ordine alla causazione dell'infezione HCV post- trasfusionale e del conseguente decesso della moglie, nonché la condanna del convenuto al risarcimento del danno non patrimoniale (sub specie di danno morale, esistenziale e biologico) risarcibile iure proprio da liquidarsi secondo equità dapprima per la lesione e successivamente per la perdita definitiva del rapporto parentale.
Ritualmente costituitosi in giudizio, il Ministero della Salute eccepiva, in via preliminare, il proprio difetto di legittimazione passiva stante la legittimazione esclusiva del presidio ospedaliero ove erano state effettuate le trasfusioni. Eccepiva altresì, l'intervenuta prescrizione della domanda attorea azionata iure hereditatis, essendo ormai decorso il termine quinquennale di prescrizione dalla data di presentazione della domanda di indennizzo ex L. n. 210/92. Nel merito, rilevava l'infondatezza della richiesta risarcitoria, declinando ogni addebito in punto di responsabilità in ragione del difetto dell'elemento soggettivo colposo, necessario ai fini dell'ascrivibilità dell'evento lesivo alla condotta omissiva imputata al convenuto. A tal proposito, precisava che nel 1970, anno in cui la de cuius veniva sottoposta a terapia trasfusionale, la scienza medica non aveva ancora individuato il virus dell'HCV, sicchè, per i trattamenti antecedenti al 1978, data di scoperta del virus HBV, la ricorrenza della regolarità causale tra il mancato controllo da parte del Ministero e l'infezione in questione andava esclusa. Deduceva quindi di aver ottemperato, secondo le conoscenze scientifiche dell'epoca, ai propri obblighi di normazione e vigilanza in materia di “conservazione e distribuzione del sangue umano”, svolgendo il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica, di cui alla legge n. 296/58, quale unica competenza del Ministero, il quale era invece estraneo alla preparazione delle singole unità da trasfondere, dichiarate trasfondibili sotto la responsabilità del produttore e non già del Ministero. Aggiungeva di aver esercitato l'attività di vigilanza assegnando al medico provinciale, quale organo periferico del Ministero stesso, precisi compiti in materia di funzionamento del “centri di raccolta e centri trasfusionali”, in conformità all'art. 4 della l. 296/58, oltre ad aver introdotto, con circolare n. 50/66, l'obbligo dei controlli su tutti gli emoderivati in capo alle strutture trasfusionali, non dipendenti dal Ministero, nonché, con l. n. 107/1990, l'obbligo dei test di ricerca degli anticorpi anti-HCV su ogni singola unità di sangue e di plasma donato. Rilevava
l'insussistenza del nesso di causalità tra la trasfusione e il decesso, oltre al difetto di prova degli elementi
a suffragio degli effettivi pregiudizi patiti, specie quelli in merito ai rapporti di relazione, affetto e comunanza di vita - esistenti tra l'attore e la congiunta deceduta, compromessi per effetto dell'illecito imputato alla parte convenuta. Deducendo infine l'infondatezza della pretesa risarcitoria iure proprio, concludeva chiedendo la declaratoria di inammissibilità per difetto di legittimazione passiva;
nel merito,
3
il rigetto delle domande avverse per maturata prescrizione;
in via ulteriormente subordinata, lo scomputo delle somme percepite a titolo d'indennizzo ex L. n. 210/92.
All'esito dell'attività istruttoria, esperita mediante CTU, il Tribunale dichiarava con la impugnata sentenza che era ormai prescritto il diritto al risarcimento del danno iure hereditatis patito dalla de cuius per l'infezione contratta, considerato che la causa veniva iscritta a ruolo nel 2019, allorquando era ormai decorso il termine di cinque anni dalla presentazione della domanda di
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi