Corte d'Appello Lecce, sentenza 03/01/2025, n. 655
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Testo completo
Appello sentenza Tribunale Lecce n. 3425 del 16.11.2023 Oggetto: ricalcolo indennità fine servizio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI LECCE
Sezione Lavoro
Riunita in Camera di Consiglio e composta dai Magistrati:
Dott. Gennaro Lombardi Presidente
Dott.ssa Silvana Botrugno Consigliere
Dott.ssa Luisa Santo Consigliere relatore ha pronunciato la presente
S E N T E N Z A nella causa civile in materia previdenziale, in grado di appello, tra
OL ON, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Maggio
Appellante
e
INPS, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Fanara
Appellato
FATTO
Con atto depositato il 14.12.2021, LI AN -premesso di: aver lavorato alle dipendenze del
Comune di Squinzano dal 23.10.1981 al 31.01.2018, data del collocamento in quiescenza;
aver svolto dapprima le mansioni di insegnante di doposcuola e assistente scolastico e, dal 5.02.1988, le mansioni di impiegata;
aver osservato, dall'inizio del rapporto al 20.09.1998, un orario lavorativo ridotto rispetto a quello pieno (66% dell'orario pieno);
aver ottenuto, con provvedimento datato 4.2.2019 dell'INPS di Lecce, la liquidazione dell'indennità di fine servizio (da ora in poi t.f.s.), calcolata in complessivi € 41.055,71 lordi, sulla base di un periodo di servizio di 30 anni, 6 mesi e 8 giorni
(arrotondato a 31 anni), nonostante che avesse prestato servizio a tempo indeterminato per 36 anni e
3 mesi- chiedeva di accertare il proprio diritto alla percezione del t.f.s. in misura corrispondente a un'anzianità di iscrizione non inferiore a 36 anni e 3 mesi, da arrotondare a 36 anni e, per l'effetto, di condannare l'INPS a versare la differenza fra l'importo dell'indennità di fine servizio calcolato secondo l'anzianità innanzi invocata (€ 47.677,59) e quello effettivamente corrisposto (€ 41.055,71),
1
pari ad € 6.621,88, salvo miglior conteggio, oltre interessi legali. A fondamento della domanda richiamava la previsione di cui all'art. 8, comma 2, l.n. 554/88, secondo cui “ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione a carico dell'amministrazione interessata e del diritto all'indennità di fine servizio, gli anni di servizio ad orario ridotto sono da considerarsi utili per intero”, evidenziando che l'INPS, in sede di quantificazione del t.f.s., aveva verosimilmente operato una riduzione del numero degli anni di iscrizione dell'istante (che costituisce il moltiplicatore della suindicata operazione di calcolo del trattamento) in proporzione alla misura percentuale dell'orario ridotto che ella aveva osservato nei primi anni del rapporto. Riteneva al contrario che, in forza della disposizione normativa richiamata, gli anni di servizio a orario ridotto dovessero computarsi per intero. Rassegnava, quindi, le conclusioni sopra riportate.
L'INPS si costituiva in giudizio contestando gli avversi assunti e rilevando, in particolare, che, ai fini del calcolo del t.f.s., gli anni a orario ridotto dovevano essere ricondotti ad anni interi, moltiplicando gli stessi per il coefficiente dal rapporto tra orario settimanale di servizio e orario di servizio a tempo pieno, ciò ai sensi dell'art. 8, comma 3, l.n. 554/88. Concludeva per il rigetto della domanda.
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Lecce rigettava la domanda attorea e compensava le spese di giudizio. Individuata la normativa di riferimento nell'art. 4 l.n. 152/68 e nell'art. 8 l.n.
554/88, il Tribunale giudicava corretto il criterio di computo utilizzato dall'INPS, che aveva moltiplicato il “quindicesimo della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi, considerata in ragione dell'80 per cento” (art. 4 l.n. 152/68), per ogni anno di iscrizione all'Istituto, applicando però -per i periodi a orario ridotto- il correttivo previsto dal comma 3 dell'art. 8 cit., secondo cui “Per il calcolo del trattamento di pensione e di fine rapporto, tutti gli anni ad orario ridotto vanno ricondotti ad anni interi, moltiplicando gli stessi per il coefficiente risultante dal rapporto tra orario settimanale di servizio ridotto ed orario di servizio a tempo pieno”. In particolare, riteneva che i periodi di servizio ridotto -se pure utili per intero ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione e del diritto al t.f.s. (art. 8, comma 2 cit.)- fossero da computare secondo il succitato criterio di riduzione proporzionale per il calcolo del trattamento di pensione e di t.f.s. (art. 8, comma 3), senza che in contrario avviso potesse indurre il fatto che la retribuzione relativa agli anni di servizio a orario ridotto non venisse utilizzata per la quantificazione del t.f.s., atteso che l'applicazione del succitato coefficiente di riduzione era