Cass. civ., sez. I, sentenza 16/11/2007, n. 23746
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L' art. 2948 n. 4 cod. civ., che prevede la prescrizione quinquennale per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, si riferisce alle obbligazioni periodiche e di durata, caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo, sicché anche gli interessi previsti dalla stessa disposizione debbono rivestire il connotato della periodicità. La disposizione non è pertanto applicabile agli interessi moratori di fonte legale dovuti a causa del ritardo nel pagamento del saldo nel compenso revisionale, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, poiché gli stessi vanno versati in unica soluzione e, quindi, decorrono automaticamente dalla scadenza del termine stabilito dall'art. 36 cit. che li rende esigibili e segna perciò il "dies a quo" del relativo computo del decennio ai fini della prescrizione.
Il riconoscimento di un debito quanto al capitale non implica anche il riconoscimento del debito di interessi moratori e, quindi, non interrompe la prescrizione del relativo credito, ove non sia ad esso chiaramente riferito, stante l'autonomia causale delle due obbligazioni ed il legame solo genetico di accessorietà degli interessi rispetto al capitale, che rende i relativi diritti suscettibili di negoziazione autonoma.
In tema di prescrizione del credito, così come il pagamento parziale del debito non rappresenta "ex lege" rinuncia alla prescrizione, il riconoscimento parziale non propaga automaticamente il suo effetto interruttivo della prescrizione all'intera posta. In entrambi i casi la sussistenza dell'effetto estensivo scaturisce dal contesto in cui pagamento e riconoscimento sono avvenuti, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito.
In tema di pagamento della rata di saldo delle opere pubbliche, l'art. 5 della legge n. 741 del 1981, nel prevedere i termini entro i quali deve essere compiuto il collaudo, delinea con certezza il periodo superato il quale, perdurando l'inerzia dell'ente committente, quest'ultimo deve ritenersi inadempiente, con la duplice conseguenza che l'appaltatore può agire per il pagamento senza necessità di mettere in mora l'amministrazione e che, dalla scadenza del predetto termine, inizia a decorrere la prescrizione del credito.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. A M - Presidente -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. R V - Consigliere -
Dott. S M B - Consigliere -
Dott. C M R - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso proposto da:
TRE ELLE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA FERDINANDO INNOCENTI 32, presso l'avvocato M M, rappresentata e difesa dagli avvocati P A, M C, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ISERNIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso lo STUDIO GREZ, rappresentata e difesa dagli avvocati S V V, S V I, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 110/02 della Corte d'Appello di CAMPOBASSO, depositata il 13/09/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/09/2007 dal Consigliere Dott. M R C;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C G, che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del quinto e sesto motivo e rigetto degli altri motivi di ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società Tre Elle s.r.l. chiese ed ottenne dal Presidente del Tribunale di Isernia decreto ingiuntivo nei confronti dell'Amministrazione Provinciale di Isernia, emesso in data 23.4.97 per l'importo di L. 955.965.482 comprensivo d'interessi calcolati a tutto il 15.3.97, in relazione a credito, fondato su fattura n. 54 del 6.8.1984 dell'importo di L. 141.500.025, ascritto all'ultima rata del saldo dei lavori di somma urgenza, realizzati dopo l'esecuzione di quelli oggetto del contratto d'appalto n. 724/1979, che le erano stati affidati dall'amministrazione ingiunta con cottimo fiduciario 13.7.1984.
Quest'ultima, con atto d'opposizione 31.7.97 proposta innanzi al Tribunale di Isernia contestò l'avversa pretesa, deducendo che l'emissione della fattura lasciava presumere l'avvenuto pagamento e, comunque, rendendo il credito in essa documentato liquido ed esigibile, ne dimostrava se non altro l'intervenuta prescrizione, il cui dies a quo doveva computarsi dalla data del 6.8.1984 in essa indicata.
La Tre Elle, costituitasi, contrastò l'eccezione collocando il momento iniziale utile del computo del termine prescrizionale nella data della delib. Giunta 10 maggio 1991 d'approvazione del collaudo, ovvero al più dalla data dello stesso collaudo, intervenuto il precedente 16.3.90. Dedusse inoltre che il debito era stato riconosciuto dalla debitrice col menzionato atto deliberativo, e con raccomandata inviata in data 25.7.96 al Ministero dei LL. PP. e per conoscenza al suo organo rappresentativo.
Il Tribunale adito, revocata l'ingiunzione, condannò l'Amministrazione provinciale al pagamento della somma di L. 919.807.442 comprensiva d'interessi legali dalla data del 15.3.97. A seguito d'appello dell'ente soccombente, la Corte d'appello di Campobasso, con la sentenza in esame n. 110/2002, in parziale riforma della decisione impugnata ha condannato la Provincia di Isernia a pagare alla società attrice la somma di Euro 15.622,95 oltre interessi legali ex D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 35 e 36, dal 20.6.1992.
Contro quest'ultima decisione la Tre Elle ha proposto il presente ricorso per Cassazione che ha affidato a sei mezzi resistiti dalla Provincia di Isernia con controricorso. La ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 1665 c.c., e vizio di insufficiente ed illogica motivazione su punti decisivi della controversia, deducendo a conforto della censura che l'esigibilità del credito, trattandosi di corrispettivo post-numerando, deve riferirsi alla data del 16.3.90 di emissione del certificato di collaudo, che, equivalendo all'accettazione dell'opera, lo rende certo, liquido ed esigibile, ed a quella di approvazione da parte della Provincia dei relativi atti, intervenuta con delib. Giunta 10 maggio 1991, n. 410, che ha dato origine all'obbligo di pagamento.
Ed infatti, secondo gli arresti di legittimità riferiti (Cass. nn. 5530 del 1983 e 13075 e 13261 del 2000), lo svincolo della cauzione e l'obbligo di pagamento del saldo restano subordinati al collaudo, ed in caso d'inerzia nelle relative operazioni l'amministrazione risponde nei confronti dell'appaltatore del danno discendente dall'impossibilità di esercitare il diritto al pagamento del compenso. Per logico precipitato, siffatta preclusione impedisce a sua volta il decorso del termine di prescrizione.
Col secondo mezzo, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 741 del 1981, art. 5, e correlato vizio di omessa insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, ascrive al giudice del gravame di aver erroneamente equivocato la facoltà concessa all'appaltatore di agire in giudizio in caso di omesso collaudo alla scadenza del termine annuale, prevista dalla norma rubricata, atteggiandola in termini di onere ovvero di obbligo gravante sul creditore, sulla scorta di errata interpretazione della ratio legis che attribuisce alla suddetta facoltà, posta nell'interesse esclusivo dell'appaltatore, funzionalità concorrente ed aggiuntiva rispetto all'ordinario diritto di azione. Per l'effetto, il suo mancato esercizio non può risolversi a vantaggio del committente anticipando il dies a quo della prescrizione. Col terzo mezzo, denunciando vizio di omessa insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, censura l'impugnata decisione nella parte in cui attribuisce alla delib. Giunta 10 maggio 1991, valore giuridico di riconoscimento del debito, e quindi di atto interruttivo della prescrizione, non nell'intero importo di L. 171.759.280 azionato in via monitoria, ma nella minor somma di L. 30.250.255, che deriva da un calcolo che contiene e non prescinde dalla somma controversa di L. 141. 509.125, pacificamente insoluta. La menzionata delibera detraeva infatti dal totale del credito, accertato in L. 268.865.818, la somma di L. 97.106.538, con un residuo di L. 171.759.280, comprensiva di quella anzidetta, liquidata e non pagata. A conforto, rileva che l'amministrazione convenuta, non ottemperando a relativo ordine del g.i., non ha prodotto agli atti il relativo mandato di pagamento, perché mai emesso.
Secondo il prevalente orientamento esegetico (Cass. nn. 1108 del 1993 e 926 del 1996) che estende l'effetto interruttivo all'intero credito in caso di pagamento parziale, il giudice d'appello avrebbe dovuto applicare siffatto effetto alla delibera menzionata, avendo ritenuto che essa non comprendesse la somma controversa siccome l'amministrazione provinciale reputava erroneamente di averla già versata.
Col quarto motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2944 c.p.c. e vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, critica la decisione impugnata sostenendo che alla nota 25.7.96, indirizzata non solo al competente Ministero ma recapitata anche al proprio ufficio, nonostante le ragioni sopra riferite che danno conto della sua inidoneità a spiegare effetto interruttivo, devesi invece attribuire valore ricognitivo del debito sia perché menziona espressamente la posta controversa, ivi compresi gli interessi maturati sino alla data del 24.6.93, sia perché mutua tale efficacia dalla delib. Giunta sulla scorta della quale venne emessa.
A tutto concedere, siffatto valore deve comunque attribuirsi alla nota 27.5.93, trasmessa dal Presidente della Giunta Provinciale di Isernia alla CASMEZ, dichiarativa anche del credito controverso, la cui disamina è stata omessa in sede d'appello.
La motivazione della sentenza in esame è infine del tutto insufficiente, laddove fonda la sua decisione conclusiva sulla contabilizzazione espressa nella nota 25.7.96 di partite creditorie rimesse alla sola CASMEZ.
Col quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell'art.2948 c.c., criticandone l'applicazione da parte del giudice d'appello
al caso di specie, che esula invece dalla sua previsione riferendosi gli interessi richiesti alla rata di saldo da versarsi in unica soluzione e non già, come testualmente previsto nella norma rubricata, periodicamente con cadenza annuale o infrannuale. Con l'ultimo mezzo, infine, denunciando violazione del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36 e della L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 4, e vizio d'insufficiente motivazione, critica la decisione
impugnata laddove non ha esteso l'effetto interruttivo della prescrizione anche agli interessi sia perché il legame di accessorietà è solo genetico, sia perché altrimenti opinando si vanificherebbe il più breve termine di prescrizione previsto per detti accessori. Nella specie gli interessi, qualificabili moratori, decorrono automaticamente ex re, senza necessità di richiesta e seguono la sorte della rata di saldo cui accedono.
La resistente replica ai motivi deducendone l'infondatezza. I primi due motivi, i quali appaiono logicamente connessi e quindi meritano esame congiunto, appaiono privi di fondamento e quindi se ne deve disporre la reiezione.
La Corte territoriale ha risolto il nodo controverso assumendo che l'inesigibilità del credito dell'appaltatore anteriormente al collaudo perdura solo per il tempo stimato congruo in rapporto al compimento di tale operazione, che la L. n. 741 del 1981, art. 5, pone in sei mesi, prorogabile di altri sei mesi, scaduto il quale detta parte ha facoltà di agire in giudizio. Per logico corollario, il decorso della prescrizione, nella specie, devesi computarsi non oltre l'agosto 1985, vale a dire un anno dopo l'ultimazione dei lavori. Fatta salva l'efficacia dell'unico atto interruttivo intervenuto medio-tempore (in data 10.5.91), rappresentato dalla delib. di approvazione del collaudo sopra indicata, alla data del 20.6.1997 di notifica del decreto opposto, il residuo credito era dunque già prescritto.
Tale decisione conclusiva appare corretta.
È pacifico che il diritto dell'appaltatore ad ottenere il pagamento della rata di saldo delle opere realizzate, nonché lo svincolo della cauzione ed eventuali compensi aggiuntivi, sorge in seguito all'esito positivo del collaudo (per tutte Cass. n. 14460/2004). Ciò perché il collaudo vale come accettazione dell'opera da parte della stazione appaltante, ed in quanto tale segna altresì per il committente il momento di decorrenza della decadenza per far valere vizi e difformità dell'opera, ovvero della prescrizione della relativa azione (cfr. Cass. n. 10992/2004). Anteriormente all'emanazione della L. n. 741 del 1981, art. 5, non era previsto alcun termine per il compimento delle relative operazioni. La citata disposizione, nell'intento di ovviare ai rimedi sino ad allora praticati di diffidare l'amministrazione ovvero chiedere al giudice la fissazione di un termine di conclusione delle operazioni, ha previsto che:
"la collaudazione dei lavori pubblici deve essere conclusa entro sei mesi dalla data di ultimazione dei lavori- comma 1 -;
"nel caso di lavori complessi o qualora lo richieda la particolare natura dei lavori, il capitolato speciale può prolungare tale termine per un periodo non superiore ad un anno dall'ultimazione dei lavori" - comma 2 -;
"se il certificato di collaudo o quello di regolare esecuzione non sono approvati entro due mesi dalla scadenza dei termini indicati, e salvo che non dipenda da fatto imputabile all'impresa, l'appaltatore, ferme le sue responsabilità accertate in sede di collaudo, ha diritto alla restituzione della cauzione" - comma 4;
"trascorsi i termini di cui ai commi precedenti, l'impresa può proporre, ai sensi delle norme vigenti, giudizio arbitrale o ordinario per le controversie nascenti dal contratto d'appalto, anche se non è stato ancora approvato il collaudo." - comma 5 -. Come si già sostenuto in questa sede - Cass. n. 6036 del 1998 -, la norma ha recepito in via normativa l'avvertita esigenza di eliminare margini di discrezionalità del giudice circa la valutazione della congruità del tempo trascorso ai fini dell'espletamento dell'esame valutativo, ovvero circa il limite di tollerabilità entro il quale detto esame deve essere eseguito, in ragione delle normali esigenze di definire il rapporto senza ritardi ingiustificati (Cass. nn. 5530/1983, 6559/1988, v. n. 6303/2003). Ciò perché, secondo l'interpretazione richiamata, ormai affermata, l'inerzia dell'ente committente protrattasi per il tempo ritenuto ragionevole dall'interprete secondo l'economia del contratto, ne denuncia il rifiuto e quindi il suo inadempimento, ponendo le condizioni che legittimano l'appaltatore all'esercizio dei suoi diritti senza necessità di mettere in mora l'amministrazione. Non diversamente dal contraente privato, "anche la Pubblica Amministrazione è infatti tenuta ad eseguire il contratto nel rispetto delle regole generali dettate dagli artt. 1374 e - 1375 c.c. - e non può ritardare sine die le sue determinazioni in ordine al collaudo, paralizzando i diritti dell'altro contraente" (Cass. citata che richiama Cass. S.U. 1995 n. 11312;Cass. 1995 n. 7550;12014;1992 n. 12513;1988 n. 6559;1986 n. 7378;S. U. 1985 n. 4343;1976 n. 2385;S.U. 1970 n. 445). Il ritardo nelle operazioni cui è tenuta, concreta insomma ritardo in un attività di dovuta cooperazione, e dunque rappresenta altresì titolo per il ristoro di eventuali danni procurati all'appaltatore.
L'intervento del legislatore per un verso ha tolto ogni giustificazione al ritardo nel pagamento della rata di saldo (cfr. Cass. n. 6303/2007), per altro verso ha attribuito valore legale tipico di rifiuto, e quindi d'inadempimento, al protrarsi di tale inerzia per un segmento temporale la cui congruità ha prestabilito in linea generale ed astratta, il cui inutile decorso segna con certezza il momento iniziale di esercizio del complesso bagaglio dei diritti dell'appaltatore al quale, legittimandolo "alle controversie nascenti dal contratto", attribuisce la possibilità legale di richiedere in giudizio la prestazione che gli compete. Se dunque il credito alla corresponsione della rata di saldo, ancorché non liquido, diviene alla suddetta scadenza esigibile in via giudiziale ovvero con ricorso agli arbitri, per ovvio corollario la sua estinzione per effetto del decorso della prescrizione devesi porsi in stretta e necessaria correlazione con la consumazione del termine entro il quale si prescrivono le suddette azioni, previste per il suo esercizio, secondo il principio che pone siffatta coincidenza come regola interna al nostro ordinamento, salvo le eccezioni specificamente previste.
La decisione assunta dalla Corte territoriale appare perciò corretta avendo rilevato che i lavori erano terminati quanto meno nell'agosto 1983, un anno circa prima della fattura 6.8.84 relativa la saldo, che era decorso il termine di sei mesi più sei mesi senza che la stazione appaltante avesse iniziato la procedura di collaudo, e che alla data del ricorso in monitorio - 20.6.97 - era ormai decorso il termine decennale di prescrizione.
Deve disporsi la reiezione anche del terzo e quarto motivo, anch'essi meritevoli di esame congiunto poiché appaiono connessi logicamente. Secondo la Corte territoriale, la delibera di cui si discute, emessa nell'errata convinzione che la fattura di L. 141.509.025 fosse state saldata, esprimeva riconoscimento di posta creditoria inferiore a quella azionata in via monitoria, e non potendo ad essa attribuirsi portata più ampia del suo tenore letterale, doveva essere riferita alla minor somma di L. 30.250.255, risultante dalla differenza fra il debito di L. 97.106.538 accertato a carico della Tre Elle in relazione ai lavori principali, ed il credito della stessa di L. 127.536.753 ascritto ai lavori controversi, riferita al solo capitale e non anche agli interessi.
La censura esposta nel terzo motivo agita questione di mero fatto, in quanto critica nel merito l'accertamento del limite del valore ricognitivo attribuito al detto atto, e dunque la valutazione fondata sull'indagine condotta sul contenuto della delibera stessa e sulla ricostruzione della volontà che l'ente intese con essa esprimere, che è demandata in via esclusiva al solo giudice del merito (cfr. Cass. nn. 11637/1998, e 1143/2001) che, nella specie, ha dato conto del suo giudizio conclusivo con motivazione esaustiva e puntuale, oltre che scevra da vizi logici ed errori di diritto.
Non essendo ravvisabile il vizio motivazionale denunciato, unico profilo che consente l'ingresso al sindacato di questa Corte (cfr. per tutte Cass. n. 5462/2006), l'apprezzamento espresso in punto di fatto dal giudice d'appello circa il tenore attribuibile alla delibera, ai limiti della somma di cui si è in essa riconosciuto la misura del debito residuo, ed infine all'estensibilità del riconoscimento a tutto il credito indicato ovvero alla minor somma calcolata, ritenuta riconosciuta, rimesso al suo giudizio di merito, resta consacrato in via inoppugnabile.
Giova ribadire a riguardo che, se per un verso il pagamento parziale di un debito non rappresenta ex lege rinuncia alla prescrizione, per altro verso, e in senso speculare, il riconoscimento parziale del credito non propaga automaticamente il suo effetto interruttivo della prescrizione all'intera posta;in entrambi i casi la sussistenza dell'effetto estensivo scaturisce solo dall'interpretazione del contesto in cui pagamento e riconoscimento sono avvenuti (cfr. Cass.n. 11143/2001). Siffatto percorso esegetico è demandato al giudice
del merito, che, come rilevato, nella specie ha dato conto della sua conclusione con motivazione corretta.
In ordine al quarto motivo, devesi rilevare che la Corte di merito ha stabilito di non attribuire l'invocato valore ricognitivo alla nota 25.7.96 inviata dalla Provincia di Isernia al Ministero dei LL.PP. ed alla TRE Elle, in quanto inidonea allo scopo anzitutto perché proveniente da funzionario privo del potere d'impegnare l'ente eccedendo dai limiti segnati dalla delib. di Giunta;inoltre perché recava contabilizzazione dichiarata espressamente rimessa in via esclusiva alla CASMEZ, che aveva progettato e finanziato i lavori, e riportava partite creditorie per l'importo di L. 12.974.492.562, riferito a somme sottratte alla competenza dell'amministrazione provinciale, neppure poste a fondamento della stessa domanda attorca. La critica mossa a tale articolato argomentare appare del tutto infondata.
È sufficiente rilevare che già il primo dei rilievi esposti appare decisivo, dal momento che il riconoscimento del debito impegna l'ente locale nel solo caso in cui provenga dall'organo deputato ed esprimerne la volontà che, secondo le norme vigenti al momento del comportamento, era legittimato a disporre del diritto (cfr. Cass. n. 11588/2003, 651/2003). Tale non è il funzionario preposto ad uno dei suoi uffici amministrativi.
Il quinto ed il sesto motivo, anch'essi logicamente connessi e dunque da esaminare unitariamente, appaiono invece fondati e dunque meritevoli d'accoglimento.
Le censure sono indirizzate contro la duplice ratio che sorregge l'approdo della Corte molisana che, richiamando il precedente di questa Corte n. 159 del 1976, ha escluso l'estensione degli effetti dell'interruzione della prescrizione, scaturenti dal riconoscimento del debito nella somma sopra indicata, anche al credito per gli interessi, dato il loro legame solo genetico di accessorietà col capitale, che rende i relativi diritti suscettibili di negoziazione autonoma, e rilevando che la norma dell'art. 2948 c.c. diversamente opinando, sarebbe vanificata.
In ragione di tanto, dovendosi attribuire l'effetto interruttivo alla notifica del ricorso in monitorio, eseguita il 20.6.97, ad avviso del giudicante, restano affrancati dalla prescrizione solo gli interessi maturati nel precedente quinquennio, a decorrere dal 20.6.92. La premessa in jure sulla quale si fonda tale complessa statuizione, come lamenta a ragione la ricorrente, appare inficiata da duplice errore:
1.- come da principio ormai fermo e consolidato che non necessita di rivisitazione (per tutte cfr. Cass. nn. 2498/1998, 14080/2004), la prescrizione quinquennale posta dall'art. 2948 c.c., n. 4, per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi si applica alle obbligazioni periodiche o di durata, e dunque non anche agli interessi in questione, che hanno natura moratoria, e devono versarsi, ai sensi del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 36 in unica soluzione (cfr. Cass. nn. 2498/1998, 14080/2005, 23670/2006). 2. - Siffatti interessi moratori decorrono automaticamente dalla scadenza del termine stabilito dal D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 36, che li rende esigibili e segna perciò il dies a quo del relativo computo del decennio ai fini della prescrizione (v. Cass. n. 12140/2006). Ne discende che il loro importo, proprio in forza dell'autonomia del relativo credito rispetto a quello riguardante il capitale, affermata dal giudice d'appello seppur al diverso fine di escludere l'estensione dell'effetto scaturente ex art. 2944 c.c., dall'intervenuto parziale riconoscimento del diritto controverso, laddove non se ne dovesse ravvisare l'estinzione per intervenuta prescrizione calcolata dalla data indicata nel citato D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 36, sino alla data d'introduzione dell'azione, deve
essere determinato sull'intera rata di saldo che l'istante assume non corrisposta, ed il cui effettivo versamento non è stato giudizialmente ne' accertato ne' affermato.
Dal momento che la Corte molisana non ha condotto alcuna indagine in questo solco, in parte qua la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio degli atti al menzionato giudice che, conformandosi all'enunciato principio, laddove non risultasse decorso il termine di prescrizione, dovrà determinare la misura degli interessi spettanti alla società attrice a mente del citato D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 36, sull'intera rata di saldo oggetto della pretesa azionata.
Sarà compito del giudice del rinvio liquidare anche le spese del presente giudizio di legittimità.