Cass. pen., sez. III, sentenza 14/11/2024, n. 45586

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Sentenza
14 novembre 2024
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14 novembre 2024

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Integra il delitto di violazione dei sigilli aggravato dalla qualifica soggettiva dell'agente di cui all'art. 349, comma secondo, cod. pen., e non quello di omessa denuncia previsto dall'art. 361 cod. pen., la condotta del custode giudiziario di un bene in sequestro cui siano apposti i sigilli che, inosservante del proprio dovere giuridico di impedire l'evento, omette di avvisare tempestivamente l'Autorità giudiziaria della loro violazione ad opera di terzi, sussistendo tra le indicate disposizioni incriminatrici un concorso apparente di norme, da risolversi attraverso il principio di specialità per addizione, posto che, in entrambe, la condotta è realizzata da un pubblico ufficiale e può consistere nell'omessa denuncia, ma solo nella fattispecie circostanziata di violazione di sigilli essa può essere posta in essere esclusivamente dal custode del bene.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 14/11/2024, n. 45586
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 45586
Data del deposito : 14 novembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 45586/2024 Roma, lì, 11/12/2024 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da CA CC - Presidente - Sent. n. sez. 1891/2024 ALESSIO SCARCELLA UP - 14/11/2024 LORENZO ANTONIO BUCCA R.G.N. 22729/2024 ALBERTO GALANTI - Relatore - GIUSEPPE NOVIELLO ha pronunciato la seguente SENTENZA Sul ricorso presentato da LO RO, nato a [...] il [...] avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli data 28/03/2024. visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Luigi Giordano, cui il medesimo P.G. si è riportato in udienza, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. udito, per l'imputato, l'Avv. Gaetano Inserra del Foro di Napoli, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 28 marzo 2024 la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 21 dicembre 2021, condannava RO LO in ordine ai reati di cui agli artt. 349, secondo comma, cod. pen., 44 lett. c), 83-95 d.P.R. 380/2001, 181 d. lgs. 42/2004, alla pena di anni 1 di reclusione ed euro 220,00 di multa.

2. Avverso la sentenza il LO propone ricorso per cassazione. Con il primo e unico motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'articolo 349 cod. pen., non essendo lo stesso né proprietario né titolare di alcun diritto reale o di godimento sull'immobile de qua. A fronte della analoga censura, sollevata con l'atto di appello e relativa alla innocenza da tutte le imputazioni contestate (ivi comprese quelle dichiarate prescritte), nulla risponde la Corte territoriale, la quale omette anche di confrontarsi con la deduzione secondo cui il ricorrente non era presente sul posto, ma fatto intervenire dagli operanti in occasione del controllo. Nell'atto di appello si era anche aggiunto che, per effetto della nomina dello stesso imputato come custode, il LO avrebbe dovuto denunciare i propri genitori che avessero commesso il reato, condotta inesigibile. Evidenzia infine che, al più, allo stesso avrebbe potuto essere contestata la condotta di cui all'illecito amministrativo punto dall'art. 350 cod. pen. (v. Cass. n. 7371/2017, Rv. 165146), o di cui al reato di omessa denuncia di cui all'art. 361 cod. pen.. La riqualificazione del fatto avrebbe dovuto quindi condurre ad una rideterminazione della pena. La Corte territoriale non ha poi risposto alla richiesta del pubblico ministero di applicazione dell'articolo 131-bis cod. pen.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è complessivamente infondato.

2. Quanto alla dedotta violazione di legge, le doglianze sono infondate.

2.1. In proposito il Collegio evidenzia che, in ordine ai rapporti tra l'articolo 349 e l'articolo 350 cod. pen., nella giurisprudenza della Corte è dato rinvenire due distinti approdi interpretativi. Secondo un primo orientamento (Sez. 3, Sentenza n. 29040 del 20/02/2013, Conti, Rv. 256670 – 01; Sez. 3, n. 19424 del 24/05/2006, Donato, Rv. 233830 – 01; Sez. 3, n. 2989 del 28/01/2000, Capogna, Rv. 215767; Sez. 6, n. 4815 del 26/02/1993, Pistillo, Rv. 194548), il custode giudiziario - per la sua qualità di soggetto destinatario di uno specifico obbligo di vigilanza sulla cosa affinché ne venga assicurata o conservata l'integrità - risponde della violazione di sigilli a meno che non dimostri che si verte in ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore. Secondo diverso e più restrittivo orientamento (Sez. 3, Sentenza n. 7371 del 13/07/2016, dep. 2017, Marra, Rv. 269192 – 01; Sez. 3, n. 50984 del 10/10/2013, Saladino, Rv. 257920; Sez. 3, n. 16900 del 19/03/2015, Rv. 263406), ai fini della configurazione del reato di violazione di sigilli previsto dall'art. 349, secondo comma, cod. pen., nei confronti di colui che ha in custodia la cosa, la prova della

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